Di Vittorio Venditti
Per La Serie: “Cristo, La Croce La Dà A Chi La Può Portare”
A differenza d’altri, io di me ne parlo, e come se ne parlo! Anche se più che parlarne, considerando il mio deficit, io in genere ci rido sopra e lo faccio da quando sono nato, non come (purtroppo per lui), capita alla Persona di cui leggerai di seguito, che patisce quanto scritto nell’ultimo periodo della sua vita.
Pensando al “lavoro” (chiamiamolo così) di questa Persona, facile sarebbe dire: Finalmente peste ti coglie!
Sinceramente però, io non sto assolutamente godendo di quanto capiti a Luigi, visto che prima di valutarlo come politico d’alto rango, lo considero una Persona per l’appunto, Persona che si è trovata a convivere con qualcosa che comunque è un problema, definito “non proprio”, solo da chi non lo patisce o da chi, (delinquente matricolato di prim’ordine, zozzone che si protegge dietro paramenti che gli spettano sulla terra, solo in seguito ad accordi terreni, ma che nulla hanno a che vedere con ciò che amministra), proprio perché “cieco” ed irrecuperabile, si permette di dire che: “Io amministro una comunità, questo è un problema che non tocca la maggior parte della comunità di Gambatesa, quindi non spetta a me occuparmi di un problema che è solo tuo!”: Qui per tornare al fatto.
Ecco dunque il racconto dell’esperienza che sta vivendo un uomo che, dall’alto della sua Potenza, deve fare i conti come il più disgraziato e povero dei suoi concittadini, con qualcosa che è realtà e la si capisce solo se la si patisce; insomma: una Persona a cui non si può non voler bene.
In coda troverai qualche altra mia considerazione in merito.
“Di CARLO VERDELLI
Manconi: io, quasi cieco e la mia vita tra le ombre
“Per esempio, io non so che faccia abbia Obama. Nel 2008, quando venne eletto, non ero già più in grado di memorizzarne il volto. Direi che ha una testa ovaloide. È così?”. Mentre parla, non ti centra, guarda un po’ altrove. “Anche Giovinco, per dire, eroe della mia epopea sportiva. È venuto dopo, e io non so immaginare i tratti del suo viso, né riconoscerne movenze e traiettorie sul campo”.
“Tutto quello che non ho filmato nel cervello prima della mia patologia, mi è visivamente sconosciuto”.
Luigi Manconi, 65 anni, sardo di Sassari, senatore del Pd e fresco presidente della Commissione per i Diritti Umani, oltre a un altro sacco di cose, dalla sociologia alla militanza politica fino a una conoscenza dottorale in musica leggera e popolare, non vede praticamente da 7 anni e non ne ha mai parlato. Per pudore, forse, o per volontà di rimozione. Resta il fatto che, anche se la definizione clinica è “ipovedente”, per la Asl è un “cieco civile”, con un “residuo visivo non superiore a un ventesimo” all’occhio sinistro e zero al destro. In un parlamento di non larghissime vedute, lui è l’unico a non vederci sul serio. Ma non porta il bastone, né gli occhiali scuri, gira spesso da solo, attraversa la strada come un pazzo. Non che la cecità per Manconi sia un segreto da celare, ma neanche un handicap da esibire. “Lo dico a quelli con cui entro in contatto, molti lo apprendono all’improvviso. Di solito, mi danno una pacca lieve sul braccio e mormorano: scusa, non sapevo. Scusa di che? Io sono più cose: politico, docente universitario, padre di tre figli. E c’è Bianca (Berlinguer, direttore del Tg3, ndr). In più ho anche un handicap. Anche, capisce. Handicap che, oltretutto, posso affrontare con i privilegi di classe e di censo che comporta la mia condizione sociale”. Suona un telefono. Le assistenti che gli danno sei occhi, le due Valentine (Calderone e Brinis) e Cecilia (Aldazabal), sono fuori dalla stanza per discrezione. Lui raggiunge disinvolto l’apparecchio e risponde, poi si sdraia con la faccia sulla tastiera per comporre un numero. Sulla scrivania, fogli di appunti scritti con grafia enorme. Per leggerli, li schiaccia contro l’angolo dell’occhio sinistro, l’unico da cui filtra un micro raggio di visione. Poi torna a sedersi e mi dice: “Lei porta una camicia con le maniche rimboccate, un gilet, visto che non sembra tipo da panciotto, ed è un peccato, e ha un blocco a spirale. Il viso non so”. Vede delle ombre? “No, è come se fosse tutto sfumato”.
Quando tutto ha cominciato a sfumare?
“Già dal 2005 sapevo del glaucoma, che si sommava a una forte miopia, a un distacco della retina, e a tanti altri guai dei miei occhi. Ma non immaginavo un peggioramento tanto rapido”.
Ricorda il momento del non ritorno?
“Ho una totale, e addirittura suicida ignoranza del mio corpo, e non riesco a collocare con precisione quel momento. So però che è irreversibile. Allo stato attuale, neanche le staminali, dice il professor Mario Stirpe che mi ha in cura, potrebbero invertire il processo”.
Quando le accadde? Non può non esserci l’istante preciso in cui la vista svanisce e te ne rendi spaventosamente conto.
“Novembre 2007, credo. Ero sottosegretario alla Giustizia e alla Camera dovevo dare il parere del governo su emendamenti e mozioni. Da un po’ mi ero accorto che la situazione del mio visus si stava aggravando, così avvisai il presidente di turno, Giorgia Meloni, che avrei potuto avere delle difficoltà. Cominciai, ma da lì a poco mi accorsi di non riuscire a leggere neanche mezza riga. Mi venne in soccorso un funzionario, suggerendomi le parole, ma io faticavo a ripeterle. L’opposizione prese a rumoreggiare. Quando la protesta si fece più vivace, mi rivolsi all’aula: “Per un problema di salute non sono più in grado di proseguire”. Da quel momento non sono stato più capace di leggere un testo, né gli appunti per i miei interventi, che curavo maniacalmente. Decifro a malapena qualche riga, scritta a mano in grandi caratteri”.
Lei, una persona che vive di parole scritte, colpita al cuore della passione. Come reagì?
“Qualcuno mi considera un depresso. Ed è possibile che questo sia un tratto del mio carattere che allora si accentuò per un breve periodo e che ancora, occasionalmente, si manifesta. Per converso, ho accentuato il mio iperattivismo e l’agitazione psicomotoria di tante iniziative, parole, scritti”.
Conseguenze pratiche?
“Giro con un fascio di contanti come un camorrista perché non posso usare il bancomat. Io che sono titolare di una moltitudine di cravatte, e che me ne regalai una di Bardelli il giorno del mio ventesimo compleanno, facendo una follia, appena espulso dalla Cattolica di Milano e senza una lira, adesso corro rischi terribili con gli abbinamenti. Mi aiuta spesso mia figlia Giulia, ma prima era una scelta gelosamente mia”.
Passando a mutazioni più traumatiche?
“Prima leggevo 6 quotidiani al giorno in due ore. Li ho sostituiti con 6 rassegne stampa radiofoniche più tre gr. Comincio alle 6.30 con Radio1 e vado avanti fino alle 9.30 con Terza pagina di Radio3; in mezzo, l’imperdibile Massimo Bordin su Radio Radicale. Va molto peggio con i libri: mi vengono letti i capitoli essenziali di quelli scientifici, sociologia e politologia, e ne apprendo il succo. Ma la narrativa e la poesia sono la vera privazione. Mi hanno appena regalato un Meridiano di Amelia Rosselli. So che è lì e non posso farci niente. E abbiamo un bellissimo quadro tutto bianco di Gianni Dessì: per vederlo, devo toccarlo con le mani. Va un po’ meglio con i film: mi attacco il lettore dvd all’occhio sinistro e qualcosa riesco a seguire. Con Django di Tarantino sarà dura perché c’è tanta azione, ma con Amour di Hanneke, meravigliosamente parlato da Trintignant ed Emmanuelle Riva, è andata bene”.
Mai pensato di ricorrere a strumenti che agevolano la vita dei ciechi?
“Ho 65 anni, trovo più faticoso apprendere nuove tecniche piuttosto che farmi aiutare all’interno di “A buon diritto”, che ho fondato nel 2001 e dove mi sento a casa”.
L’Italia è un Paese che sta attento ai ciechi?
“Vent’anni fa, lessi un’indagine Istat che quantificava il numero dei portatori di handicap. Ci scrissi un saggio: Cinque milioni di disabili e il predellino del tram di Milano. Scalini altissimi, un ostacolo insormontabile per portatori di handicap, donne incinte o con passeggino. Oggi, prendere un treno, specie se regionale, comporta le stesse difficoltà”.
In Senato invece…
“C’è un cortile interno, che avrò fatto centinaia di volte. Mi ero scordato che nel mezzo si trovano due gradini e così, tornatoci quest’anno, sono incespicato pericolosamente. Ho segnalato a un assistente parlamentare che, per legge, su tutti i gradini va tracciata una striscia nera. Si è scusato, l’ha fatta mettere e mi ha raccontato di quando anche Andreotti, coi suoi passettini, rischiò di cadere proprio lì, ma lui, l’assistente, si buttò e lo raccolse al volo, cosa che gli valse la prima nota di merito”.
Lei ha una vita politica insolita. A parte l’antica militanza in Lotta Continua, è stato portavoce dei Verdi, con dimissioni date immediatamente dopo la sconfitta alle Europee del ’99, sottosegretario di Prodi, senza essere parlamentare, fino al 2008. In mezzo c’è l’attività di “A buon diritto”, che, tra l’altro, ha reso pubblico lo scandalo di Stefano Cucchi. Come mai, dopo 12 anni, il Pd l’ha candidata?
“Non spetta a me dirlo. Credo che qualcuno si sia ricordato che già nel ’95 presentai il primo disegno di legge sulle unioni civili e nel ’96 il primo sul testamento biologico. Persino in politica, talvolta questo può contare”.
Che differenze nota con le altre legislature che ha vissuto?
“Oggi, sia perché un qualche rinnovamento in effetti c’è stato sia perché le larghe intese hanno modificato il quadro, tutto appare più difficilmente riconoscibile e classificabile: le dislocazioni politiche e le opzioni individuali. Persino la distinzione tra maggioranza e opposizione risulta più sfumata”.
E sul piano personale?
“Politicamente io mi definirei un radicale di sinistra estrema, tuttavia sempre interessato a trattare le questioni intrattabili e, se possibile, a governarle. Comunicando assiduamente, parlando, incontrando. Per esempio, passando molto tempo nei settori dell’aula dove siedono i miei avversari politici. Ecco, se devo discutere di libertà religiosa col valdese Malan, del Pdl, o di unioni civili con Bondi, devo prima chiedere all’assistente se si trovano in aula, poi farmi accompagnare da loro o chiedere loro di raggiungermi; e così con 5 Stelle”.
Qualche volta riesce a ridere della sua disgrazia?
“Spesso. Pensi che il primo giugno ho presentato a Cremona, in piazza del Duomo, il mio La musica è leggera, con Maurizio Maggiani, altro ipovedente. Al termine, lui dice: io e Luigi non possiamo salutarci con un “ci vediamo un’altra volta”, perché non ci vediamo proprio. Poi attacca una canzone popolare del primo Novecento, che fa così (Manconi si mette a cantarla, con bella voce bassa ben temperata, ndr): “Son cieco e mi vedete /devo chieder la carità/ho 4 figli, piangono,/ del pane non ho da dar.//. Noi anderemo a Roma / davanti al papa e al re / noi grideremo ai potenti / che la miseria c’è””.
Come fa a prenderla così?
“La Chiesa parla di stato di grazia, un qualcosa che ti offre risorse impensabili per affrontare circostanze particolarmente dolorose o comunque gravose. L’ho sperimentata su di me e, per esempio, sui familiari di vittime di ingiustizie atroci. Ilaria Cucchi ha avuto il bene di questa grazia, nonostante tutto”.
(14 giugno 2013)”
Fonte: www.repubblica.it
Che dire?
Come spesso da me gridato ai quattro venti e ribadito in testa a questa farneticazione, per capire certe difficoltà bisogna patirle; neppure se capitano a chi ti è più caro, possono essere comprese a pieno.
E’ questo il motivo per il quale, con la solita impertinenza che mi contraddistingue, mi vedo costretto a dire al Senatore Manconi, (a cui d’ora innanzi mi rivolgerò in esclusiva): O Luigi, tu che sei là dove forse qualcosa si può decidere, nel considerare il tuo, (come il mio), un deficit non certo desiderato, anziché un handicap, prova a pensare positivo ed a “costringere” (con la forza e la dialettica insite nella democrazia, s’intende!), il parlamento presso il quale lavori ad allargare il proprio orizzonte, magari imponendo con Leggi serie una radicale ristrutturazione di ciò che serve ad ognuno di noi per la vita, non soltanto per migliorare determinati settori, magari in mano a gruppi d’interesse che poco hanno a che spartire con i reali fini da raggiungere con la proposizione di Leggi, nate per il bene di tutti e finite con il foraggiare il male, (bene per pochi), inteso come il dare soldi a chi già ne ha, tralasciando le esigenze di chi non ha appoggi politici, ma, ai sensi dell’articolo tre della Costituzione che volete cambiare, ha gli stessi diritti e le stesse aspettative di vita di tutti gli italiani, compresi i raccomandati.
A differenza tua, o Senatore, a me non frega niente di che faccia abbia Obama, prima di tutto perché ho il difetto che oggi non va più di moda: Mi piacciono le Donne, specie se oltre alla bellezza fisica possano mostrare anche quell’intelligenza che le rende e di molto, superiori a tanti appartenenti al nostro sesso, poi perché al volto o al corpo del presidente di uno Stato, io preferisco il suo saper fare.
Da interista (rimasto ai tempi di Mazzola) poi, preferirei che i calciatori di quella squadra, così come quelli del resto delle compagini che vengono definite “Professioniste del Calcio”, giocassero un po’ meglio e prendessero meno soldi, tornando ad essere più umani e per questo più sportivi.
Neppure io porto occhiali scuri, (non vedo perché dovrei farlo, visto che il sole non mi può dar fastidio e la mia faccia è pulita ed onorata), ne porto il bastone, che se facesse parte di ciò che giornalmente ho con me, più che bianco e di plastica, dovrebbe essere nero e di ferro pieno, non tanto per ragioni ideologiche, quanto per tutt’altra destinazione d’uso.
Tornando a bomba e mettendo a frutto questo mio farneticare per il bene di chi è involontariamente nostro collega, oltreché per noi prima di tutto, passo a proporti qualcosa di pratico su cui riflettere e magari per cui far partire iniziative utili alla soluzione, propria di quanto comunicato.
Ti propongo dunque il problema che da un paio d’anni a questa parte attanaglia chi, come te e me, non ha la fortuna di vedere.
Da quando si parla di Crisi, alla faccia della solidarietà fra gli uomini, succede che lo sviluppo ed il progresso tecnologico, stanno sempre più marginalizzando noi, che magari, diversamente da te, vogliamo apprendere quanto ci viene proposto per vivere meglio, ma nello stesso tempo ci viene negato.
Così, accade di trovarci sempre più spesso di fronte a dispositivi di alta tecnologia che, se una volta erano quasi perfettamente accessibili, con il passare del tempo tornano ad essere inaccessibili, in nome del risparmio nelle spese, ma di un sempre maggior profitto per chi produce gli oggetti in questione.
Insomma: Si stanno via via riducendo le possibilità di trovare telefonini con sintesi vocale, a meno di non voler spendere cifre astronomiche e ritrovarsi con in mano dispositivi parlanti che ci vietano quasi di telefonare o mandare messaggi, a meno di non voler scendere a compromesso con disposizioni impartite dalle case produttrici di tali apparati, disposizioni che facendoci vedere lucciole per lanterne, più che utili a noi utenti, (e non parlo solo di chi non vede), sono foriere di lauti e legittimi guadagni per chi le propone, guadagni giusti, ma non necessariamente necessari a chi compra.
Si combatte giorno per giorno con l’arrivo di nuovi computer che per essere utilizzati da chi non vede devono venir addomesticati come fossero cavalli da rodeo.
Io stesso, per gestire quest’inutile sito che più di qualcuno vorrebbe che cessasse di parlare, devo ringraziare le capacità di Riccardo D’Antonio, (il mio webmaster), che ha dovuto trovare il giusto compromesso per potermi permettere di fare danno, alla faccia di Leggi proposte da quel lontano ente che risponde al nome di comunità economica europea, Leggi che proprio per la distanza che separa i comuni cittadini da chi le propone, vengono allegramente ignorate.
Accade inoltre che i dispositivi comunemente utilizzati per stampare magari una lettera da inviare a chi, come te, non vuole saperne di computer ed arzigogoli similari, o leggere e tradurre in digitale le lettere che tu ci potresti rimandare come risposta, permettendo poi a noi di ascoltarne il contenuto mediante sintesi vocale, accade (dicevo) che questi apparati complementari al p c, oggi vengano costruiti con esclusivi touch screen, che sono schermi da toccare per poter inviare ai suddetti dispositivi i comandi necessari al loro funzionamento; peccato però che i tasti virtuali da toccare siano solo disegnati, per cui a chi non vede risulta automaticamente inibito l’uso di tali attrezzature.
Se poi vogliamo esaminare il problema nel problema da te proposto nell’articolo di cui sopra, va detto che la moderna tecnologia è in grado di permetterci di utilizzare tranquillamente i bancomat.
Come?
Ma con la sintesi vocale che ci può guidare in tutti i passaggi!
Anch’io, come te, normalmente sono costretto a portare banconote, ma non mi sento un camorrista, visto che i soldi che ho me li guadagno onestamente e da pioniere nel lavoro che faccio.
A ciò, devi aggiungere che se è vero che il Signore mi ha tolto del tutto (anzi, per dirla meglio non me lo ha praticamente mai dato seriamente), l’uso degli occhi, in cambio mi ha concessa la facoltà di menare le mani, (già provate dai corpi di parecchi importuni), Possibilità che diventa Necessità qualora a qualcuno vengano strane idee…
Tornando però all’uso dei bancomat e considerando di farlo presso l’ente Poste Italiane, (che ha ancora qualcosa a che vedere con lo Stato), va detto che se non si possono utilizzare gli sportelli per acquisire danaro o svolgere altri servizi con questa nuova modalità di interazione con il danaro per l’appunto, (anche perché in paesi come Gambatesa (CB), dove vivo di questi sportelli non ce ne sono proprio), risulta ancora più difficile utilizzare il conto corrente in Rete.
Ciò, perché alla stipula del contratto di apertura del conto, ci viene consegnato un lettore di scheda muto, cioè con il solo visore, utile per tutti, tranne che per chi non vede, a meno di non volersi far aiutare da occhi caritatevoli, a scapito però della privacy.
Di contro, so per certo che per esempio, la B. N. L. ai suoi clienti privi di vista, consegna lettori di schede muniti di sintesi vocale, così, come so per certo che alcune banche, nel nord Italia, hanno messo a disposizione di chi ne ha bisogno sportelli bancomat parlanti.
Io e un altro pazzo che ha il nostro stesso deficit, già da tempo abbiamo chiesto a Poste Italiane di fornirci almeno il lettore parlante, ma presso l’ente appena nominato non sanno neppure dell’esistenza di tali apparecchi.
Ci vuoi pensare tu a risolvere il problema e magari a tornare a poter usare anche tu ciò che lamenti di non avere più in tuo sacrosanto diritto?
Meglio poi evitare di parlare di certe associazioni che dovrebbero aiutare chi si rivolge a loro, almeno nelle più elementari esigenze, se non proprio nel rispetto dei diritti di queste Persone: Queste, non so se per nostalgia o incapacità, ancora si ostinano a celebrare ed autocelebrarsi in nome di codici come il Braille, cosa onorevole ma ormai desueta, sacrificando a questo altare la possibilità di correre dietro al progresso e chiedere una maggiore considerazione per i nostri problemi.
Io, nel mio piccolo ed in varie occasioni ho recensito quanto trovo di nuovo e valido , mettendo a disposizione di chi mi legge ciò che ho appreso, magari distruggendo apparecchiature comprate con i miei soldi, pur di arrivare a conoscere qualcosa di utile per me e chi ne può aver bisogno.
Perché voi politici non tenete conto di questi problemi in maniera seria e non agite di conseguenza?
Perché, per risolvere un problema che compromette la vita di pochi, (grazie a Dio), nessuno di voi si rimbocca le maniche e lavora a questo fine?
Per concludere in bellezza, anche in relazione a quanto sta accadendo alla ministra Kyenge, mettiamo in positivo ciò che a tutti gli effetti è negativo, dicendo che sia tu, o Luigi, (che almeno vedi le ombre), sia a maggior ragione io, (che non vedo nemmeno quelle), possiamo dire di “vedere” le persone tutte dello stesso colore.
Per questo, posso dirmi felice.
Noi siamo più fortunati di chi, con la scusa di vedere, in realtà è il vero handicappato.