Di Luca Giordano
Le questioni crime negli ultimi anni hanno acquisita sempre più attenzione mediatica, tanto da generare una (immorale quasi) spettacolarizzazione dei più importanti casi di cronaca nazionale con tanto di film e serie, spesso esaltando la figura dell’assassino.
In estate ha suscitato clamore la serie televisiva sull’omicidio di Yara Gambirasio. Il protagonista principale della storia è stato Massimo Bossetti (per la magistratura l’assassino della giovane) che dal carcere, vestito e truccato come una star, ha raccontata la propria versione dei fatti quasi come stesse recitando un copione, il proprio.
Ma il programma de ‘Le Iene’ s’è spinto ancora oltre in quella che in molti definiscono ‘morbosità del dolore’, passando dei giorni con Michele Misseri condannato ad otto anni per l’occultamento del cadavere della nipote Sara Scazzi, (assassinio per il quale la moglie e la figlia sono state condannate), uccisa proprio in quella casa dove ‘Le Iene’ hanno inscenata una sorta di reality show.
L’intervista s’è svolta principalmente tra i campi dove il famigerato ‘Zio Michele’ passa le giornate, luogo nel quale ha spiegato punto per punto dove voleva seppellire la povera Sarah e dove a detta sua voleva violentarla, per poi buttarla in un pozzo artesiano.
Ma è all’interno della casa che l’intervista diviene surreale. Lì, tra un piatto di pasta, una ricotta ed un litro di vino, s’è parlato di dove Sara è stata ammazzata con precisione e con quale modalità per poi andare tutti a nanna, prima di lavarsi i denti tutti insieme come un’allegra famiglia.
Che la nostra società abbia persa ogni moralità, ormai è cosa risaputa, ma quello che fa riflettere è che per vendere un prodotto (in questo caso un’intervista), non si riesca più a capire qual è il punto limite da non superare… veder parlare la combriccola di come è stata uccisa quella ragazza (proprio in quei luoghi) con la bocca piena non è stato un bello spettacolo.