Di Vittorio Venditti
Ma Quando Mai Ne Siamo Stati Partecipi!
Razzolando fra i vari siti internet della nostra regione, nei giorni scorsi mi sono accorto di un bell’articolo che in maniera molto dettagliata parlava dei futuri progetti messi in campo dal governatore del Molise, in merito alle prossime celebrazioni per il centocinquantesimo anno dall’avvenuta unificazione geografica dell’Italia.
Stefano Venditti, con la maestria di cui è capace, indorando un po’ la pillola, ci ha mostrato come, alla faccia delle difficoltà in cui, giorno per giorno, tutti noi ci troviamo, il nostro governatore ha voluto pomposamente mettere in luce una parte della storia in cui, probabilmente solo lui e pochi altri interessati si riconoscono.
Non ti tedierò con il racconto di quanto Michele Iorio e collaboratori, vorranno proporci utilizzando i nostri soldi; per questo, ti rimando al sito del nostro valente Giornalista: www.ecodelmolise.com.
A me, preme fare una breve analisi storica per cercar di trovare, se ci riesco, l’appiglio cui il nostro governatore si è voluto agganciare per poter giustificare un simile spreco di danaro pubblico.
Per quanto ne so io, la nostra piccola, insignificante, ma “vivibile” regione, il cui attuale potere politico espresso in votanti equivale a quello di un quartiere di roma, già durante il regno borbonico, recitava la parte della provincia che, paragonata ad uno studente poco ligio al dovere, si siede all’ultimo banco, nascondendosi ad ogni tipo di osservazione.
Lo stesso comportamento nei confronti della “grande Storia”, lo si evince riguardo agli eventi del secolo scorso, ventennio fascista, seconda guerra mondiale ecc.
Questo fatto, in tal caso un bene, ha permesso di costruirne l’attuale “vivibilità”.
Di contro, la storia ci ha rimandato memorie di valenti uomini politici, militari di alto grado e o intellettuali, figli del Molise, o al Molise legati, vedi, ad esempio: Vincenzo Cuoco, Gabriele e Raffaele Pepe, Giuseppe Maria Galanti ecc.
Tornando al periodo in cui le nazioni europee lasciavano, (in maniera più o meno interessata), la possibilità a Garibaldi di compiere la scorreria che, in seguito, avrebbe permessa l’unificazione geografica della nostra attuale Italia, fatta eccezione per una battaglia combattuta sul macerone, cui solo i molisani di quelle parti danno grossa importanza, mi sento di escludere la fattiva partecipazione del nostro Molise a quell’appuntamento con la “grande Storia”.
In merito, si sentono tanti strani riassunti di quella battaglia, a mio avviso sicuramente arrabbattati alla meglio, allo scopo di costruire l’immagine dell’eroe molisano, dimenticando che, nella maggior parte dei casi, coloro che hanno passato le linee per, poi, essere considerati “patrioti”, erano persone che alle dipendenze dei Borboni avevano fatto il bello e il cattivo tempo e che, per ordini superiori, ovvero per maggiori guadagni promessi dall'”invasore”, avevano semplicemente deciso di cambiare casacca.
Nulla di nuovo sotto il cielo del Molise!
Vero è, invece, che nel Molise, come in quasi tutte le regioni che componevano l’allora regno borbonico, una volta assodato che le promesse garibaldine non sarebbero mai state mantenute, si è sviluppato un movimento di guerriglia che, in seguito, prese il nome di Brigantaggio.
Questi Briganti, poi definiti dal “vincitore piemontese”, volgari rapinatori, o similari, avevano ben compreso che, più dell’unità d’Italia, il piemonte desiderava impadronirsi delle capacità d’azione, di cui i meridionali, allora come ora, erano più forniti degli stessi piemontesi.
La riprova di quanto dico, può venir fuori leggendo le “gesta” dell’allora CapoCamorra, Pardon! Ministro della polizia borbonica di Napoli, Don Liborio Romano, un vero Maestro del trasformismo.
Si dice, e sottolineo Si Dice, che prima dell’ingresso dell’Eroe dei Due Mondi in Napoli, Costui sia dovuto scendere a patti proprio con il nostro Don Liborio.
Così, si spiega l’entrata in Napoli senza colpo ferire;
Così, si spiega, che alla prima elezione utile, il nostro Don Liborio sia diventato deputato per la zona di Napoli, nientemeno che al parlamento del regno d’Italia, allora sito ancora a Torino.
Fra l’altro, questo pagliaccio, Ripardon! politico navigato! l’ha fatta contemporaneamente al conte Cavour e al re Francesco II, (Franceschiello), cui aveva giurato fedeltà come Ministro.
In quel periodo, Franceschiello, (l’ultimo Re Borbone), stava abbandonando il suo Regno.
Un Re scappa… Un capetto (così veniva considerato Don Liborio Romano), diventa parlamentare…
C’è qualcosa che non mi torna!…
Non spetta a me dire che in quel periodo, le corti europee che contavano, rispettassero più la dinastia borbonica che quella sabauda.
Tolto quanto appena esposto, la mia ignoranza caprina fatica a trovare un punto d’appiglio, da poter mostrare all’Italia unita.
In definitiva:
Allora, come ora, il Molise contava quanto il due di spada quand’è briscola denari.
Perciò: a che pro tutto questo dispendio di soldi da parte dei nostri governanti?
Desidero ricordare a costoro che, mentre loro si arrovellano il cervello su come “investire” quel poco che resta nelle casse, ammesso che ci sia ancora qualcosa,
In Molise, nel Molise ex borbonico, cresce la disoccupazione, alimentata da futuribili speranze proposte per aumentare il clientelismo, questo sì! derivante dalla questione meridionale posta subito dopo l’unità d’italia!
In Molise, quel Molise combattente ed ardito, abbiamo delle strade che, queste sì! ricordano le vie percorse dalla “gloriosa Armata dei Mille”!
In Molise, quel Molise “vivibile”, c’è acqua per dissetare tutto il regno borbonico e non solo, ma, riguardo alla rete idrica, siamo tornati a prima della rivoluzione napoletana cui, mettendosi in luce, hanno partecipato i molisani Vincenzo Cuoco e Gabriele Pepe, unitamente a tanti altri intellettuali loro colleghi.
Potrei continuare fino a scrivere un libro grosso come la Sacra Bibbia: posso?
Meglio di nò! potrei perdere la tua proverbiale pazienza nel volerti ostinare a leggermi!
Detto tutto ciò, dopo aver “denigrato” abbondantemente il Molise, il Molise reale, ti chiedo:
Sono io il disfattista, catastrofista, quello che vede il bicchiere mezzo vuoto e che, da buon ubriacone, aspetta di finir di svuotarlo, o lo spreco inutile di danaro pubblico denunciato va effettivamente considerato, e fatto presente ai nostri “rappresentanti”?