Di Vittorio Venditti
Il Regalo Più Bello
A sèi anni dalla sua Ascesa all’eterno Padre, finalmente si comincia a mettere mano al conto da pagare in favore di un Uomo, scomodo alla maggior parte dei potenti, (Santa Romana Chiesa compresa), ma ben voluto da chi, come me, conta quanto il due di spada quand’è briscola denari.
Parlo del Grande Karol Wojtyla, o Papa Giovanni Paolo II, permettimi di dire, in molti casi, anche lui “Voce fuori dal coro”.
Non mi soffermerò su quest’azione di real politique, ma mi permetterò di raccontarti qualcosa che da lui, a suo tempo, ho ricevuto in dono ma che, vuoi per il mio esser geloso dei pochi regali ricevuti, vuoi perché magari tu potresti farmi passare per pazzo invasato, ho quasi sempre tenuto per me.
I fatti:
Poco dopo il ritorno in campo, reduce dall’attentato del tredici maggio millenovecent’ottantuno, Sua Santità, veniva a visitare la parrocchia romana presso la quale, per residenza forzata anch’io mi trovavo.
Quel pomeriggio di domenica di fine novembre, il sole faceva capolino fra le nuvole, ma era possibile uscire visto che, anche se in pieno autunno, a Roma la temperatura era mite.
Così, decidemmo di andare a trovare il nostro Ospite, portando con noi una macchinetta fotografica, per la serie:
“hai visto mai, se ci scappa una foto al Papa, in maniera ravvicinata”.
Parafrasando il Dire che ci aveva fatto conoscere proprio questo Papa qualche anno prima, “mai avrei immaginato quello che stava per succedere”.
Non si sà come, fatto sta che riuscimmo ad arrivare proprio alla transenna, e proprio sul tratto che il Papa avrebbe dovuto fare per raggiungere la chiesa e l’altare.
Nell’attesa, dissi a chi mi accompagnava di preparare la macchinetta fotografica che avevamo con noi, perché sicuramente avremmo avuto un bel ricordo da custodire in seguito.
Già ottimo regalo per una coppia che all’epoca aveva complessivamente trent’anni di vita.
Mentre ci preparavamo, ecco che, sia pur lentamente, si avvicina la macchina che trasportava il Papa, intento a benedire la folla che lo applaudiva.
Questa macchina si ferma e, (tremo ancora oggi mentre scrivo), sento avvolgere la mia testa da due mani, calde e morbide, che più che tali, (perdonami Santità), sembravano due bistecche fiorentine per quanto erano grandi.
Pensa, che le due mani Sante, avevano quasi completamente avvolta la mia testa.
E’ stato a questo punto, che mi sono sentito dare un bacio in fronte, ed ho sentito dirmi:
“Ti benedico di cuore, figlio mio”.
Sarà durato una decina di secondi questo straordinario incontro, tempo nel quale io ero rimasto imbambolato e completamente senza parole.
Avrei voluto ringraziarlo per aver dimostrata nei miei confronti tanta attenzione, attenzione che, sicuramente, non meritavo.
Avrei voluto dirGli tante cose, ma di fronte alla Storia, storia di quell’Uomo, e storia eterna di Cristo, rappresentata in quel momento da quell’Uomo, e rivolta esclusivamente a me, non riuscii ad aprir bocca; anzi, la bocca mi rimase semiaperta, ma non ne uscì una parola, neanche per dirgli Grazie.
Terminati quei momenti, ancora tremante, mi girai verso chi mi accompagnava, (persona per altro più alta di me), per chiederle se fosse riuscita ad immortalare quell’evento.
Lei, tremando forse ancora più di me, mi disse di avere ancora il dito sul tasto della macchinetta fotografica, ma di non aver avuta la forza di premerlo.
Come Dio ha voluto, siamo arrivati al termine della Messa (della quale non ricordo una parola) e, come da prassi, ci siamo allontanati per rientrare.
In quel momento, parlando fra noi, abbiamo confessato, l’uno all’altra e viceversa, un nostro strano “sentirci più leggeri”, fatto che, quasi senz’accorgercene, ci faceva camminare saltellando, come due bambini d’asilo.
Eravamo via via pervasi da una gioia sempre più incontenibile, senza renderci minimamente conto del fatto che, al di là di tutto, eravamo stati fatti oggetto di qualcosa di sicuramente non più ripetibile.
Quella stessa gioia che in seguito si sarebbe sprigionata da noi, nel raccontare quanto ci era accaduto ai nostri conoscenti, che a loro volta erano felici per noi, e c’incoraggiavano quasi con lo stesso spirito che si dovrebbe avere nel far tifo per la propria squadra del cuore in uno stadio.
Chi quel giorno era con me, ormai da tempo sta nel mondo della verità, e sà benissimo che quant’ho scritto è quello che ci è successo.
Se finora l’ho quasi tenuto per me, è stato per pura gelosia, di condividere un regalo così bello.
Se però, oggi decido di dirlo al mondo, è per offrire il ringraziamento che non sono riuscito a dire quel giorno, a quell’Uomo, Vero Vicario di Cristo in terra, Vero Capo di una Chiesa non sempre tale, Vero Amico dei giovani e dell’intera umanità, insomma, Vero Santo.