Di Vincenzo Colozza
Domani alle ore 18, presso Palazzo Colagrosso di Bojano, ci sarà la presentazione del libro di Vinicio D’Ambrosio dal titolo: “La giustizia in Italia – il Sistema Molise”. Il sottotitolo spiega bene di cosa si tratta: “Le indagini, le sentenze, la vita giudiziaria degli ultimi dieci anni nel Regno del Molise. Tante storie, un solo copione”.
Si può comprendere pertanto la forza d’urto sociale del lavoro di D’Ambrosio, il quale non si muove nel campo degli “errori giudiziari” che possono anche essere fisiologici e seppur non sempre, riparabili nei successivi gradi di giudizio, ma affronta il tema dal punto di vista del cittadino-utente e cioè del titolare di quella sovranità nazionale da cui promanano i tre poteri fondamentali dello Stato: il legislativo (attribuito al Parlamento) l’esecutivo (assegnato al Governo) ed il giudiziario, esercitato dalla Magistratura. Un lavoro quindi che esula dalla frammentazione in “singoli episodi”, ma analizza il “sistema complessivo della Giustizia” così come si manifesta nel Molise. Naturalmente D’Ambrosio prende spunto da avvenimenti giudiziari locali, ma sapientemente identifica quelli che travalicano lo specifico contesto e diventano indicatori del “Sistema Molise” citato nel titolo, con tutte le analisi che ne possono derivare da parte di una politica “attenta”. Qui la politica ne avrebbe di cose da dire, se esistesse una “politica molisana”; ce ne sarebbero di domande da fare, capitoli da aprire, responsabilità da perseguire in quanto documentalmente accertate. Invece cosa succede in questo Molise quando appare un saggio come quello in questione? Scatta, come dice lo stesso autore, la strategia del silenzio, i media locali non pongono domande, non aprono inchieste, insomma non fanno quella parte di lavoro che è la più bella e fondamentale dell’“Informazione” che deve aiutare la società a capirsi e comprendere il contesto in cui vive. L’“Informazione” dovrebbe fornire al popolo lo strumento della “conoscenza”, l’unico che consente il reale esercizio di quella “Sovranità” attribuita dall’articolo 1 della Costituzione. In qualsiasi società minimamente evoluta gli avvenimenti riportati nel libro di D’Ambrosio, tutti puntualmente e documentalmente provati, avrebbero sollevato un mare d’indignazione, un susseguirsi d’incontri-studio, di assemblee delle cosiddette forze sociali, incontri politici, insomma un riappropriarsi dei ruoli che competono alle diverse realtà sociali, ed istituzionali operanti sul territorio. Tanto per non restare nel vago, leggendo il saggio di D’Ambrosio, qualche domanda la si pone anche in questo post: quanto la Magistratura molisana, debordando dal vincolo di imparzialità, influisce sull’economia locale e quindi sulla politica istituzionale e non? C’è nel Molise una gestione di danaro pubblico che non trova adeguato controllo da parte della Magistratura? Questa sostanziale impunità nell’uso distorto di fondi pubblici altera il normale processo democratico delle elezioni? Infine, cosa più importante, in che misura simili dinamiche travolgono la vita di singoli cittadini? Insomma, abbiamo un problema “Magistratura” in questa Regione e lo studio di quest’anomalia dovrebbe avere una collocazione prioritaria nella locale agenda politica, sindacale e sociale. Vinicio D’Ambrosio, del resto, abbatte il muro di tabù e luoghi comuni sull’intoccabilità di molti politici molisani e dei magistrati, a cui spetta il compito di garantire la correttezza dell’operato degli amministratori pubblici. Non ci sono “intoccabili”, ci sono solo cittadini con una cultura civica degna di questo nome e cittadini abituati a tenere la testa piegata per i più svariati motivi. Dopo questo libro non ci sono più scusanti, i casi documentati sono troppi perché l’ignavia continui ad essere imperante sulla responsabilità civile che grava su ognuno di noi per le sorti della società di cui facciamo parte. Tutto il libro è un esempio di come i rapporti tra società e Magistratura si risolvono (di fatto) in una sostanziale sottomissione della prima alla seconda, diventata un corpo “a parte” che non tollera la normale dialettica in una società organizzata. Citare in questo commento qualcuno dei fatti narrati è inutile. Il libro è un tutt’uno organico e come tale va letto, ma c’è un episodio che fa capire il punto in cui eravamo arrivati e dal quale, in virtù dell’assenza del freno giudiziario, non ci siamo certamente staccati: in una intercettazione ambientale si accerta che un noto politico molisano, di vertice, riferendosi a due ragazzi dice: “… non sono più allineati li possiamo pure togliere”. Ovviamente si parla di lavoro. Ora, se Vinicio D’Ambrosio ha avuto accesso a quell’intercettazione ambientale del 12 dicembre 2012 significa che l’ha letta in un fascicolo di indagine, e se l’ha letta lui l’avrà letta sicuramente il Procuratore della Repubblica o un suo Sostituto. Credo che da cittadini, abbiamo il diritto/dovere di chiedere se c’è stato un seguito o meno a quel fatto gravissimo perché è innegabile che se sei padrone “politico” di posti di lavoro sei anche padrone di voti, naturalmente in maniera illecita, in quanto il tutto è subordinato all’essere o meno “allineato” e non al diritto. In questo modo si spiegano anche le genesi di cospicui patrimoni elettorali (ed economici) a disposizione di personaggi che non brillano certo per particolari qualità amministrative o politiche. Invece il dibattito politico si svolge sui viaggi del nuovo presidente a Roma per rimediare un po’ di soldi in più o sui malesseri di chi rimane fuori dalle poltrone che contano. Insomma, arriva pure il momento in cui la parte sana del popolo si cerca, si riunisce, discute e contrappone la cultura civica della legalità al potere che usa i mediocri quale esercito d’occupazione dei territori. Per questo speriamo che ci siano tantissimi incontri come quello di Matrice e che si allarghi il fronte di resistenza civile a questo stato di degrado nel quale, da troppi anni, è precipitato il Molise.