Di Luca Giordano
Può sembrar un film degno della sceneggiatura di Dario Argento o di Tim Burton dove una persona viene ammazzata e nascosta in una chiesa per più di quindici anni. Invece a Potenza, la chiesa della Santissima Trinità è stata il luogo dell’ormai conosciuto caso di Elisa Claps che nel 1993 è stata uccisa e riposta nel sottotetto del luogo di culto sopra citato dall’assassino Danilo Restivo aiutato da un prete amico di famiglia.
Oggi, a trent’anni esatti da quel brutale fatto (tredici dal ritrovamento del corpo avvenuto in maniera casuale), il vescovo di Potenza Salvatore Ligorio ha deciso di riaprire quella chiesa e di celebrare una messa che ha il sapore di un ennesimo smacco per la famiglia Claps.
In tanti si chiedono (me compreso), come si possa glorificare Dio in un luogo macchiato dal sangue, dov’è stato infranto il comandamento cardine della religione cattolica ovvero quello di non uccidere.
D’altronde la Chiesa Cattolica non è nuova a questi fatti intricati nei quali il presunto bene si mischia al male, così come ci ricorda l’altro caso di cronaca nera: quello di Emanuela Orlandi cittadina vaticana scomparsa e mai ritrovata, il tutto contornato dal fatto che un boss della banda della Magliana (Enrico De Pedis, detto renatino) fosse sepolto nella cripta di una basilica romana forse come ringraziamento per aver avuto un ruolo importante nel depistaggio delle indagini.
Che si badi bene a chi ci libera dal male perché molto probabilmente quello è il primo peccatore. O uno dei tanti.