Di Associazione Italiana Persone Down
AIPD critica il cortometraggio di Cosimo Scarpello, realizzato dagli studenti di una scuola di Mesagne. La storia di un ragazzo con disturbi dell’apprendimento che tenta il suicidio per le difficoltà che incontra a scuola, a causa – secondo la scuola – dell’“ostinazione” della madre
“Un caso particolare”: così lo definisce una delle sue professoresse. “Sa solo disegnare”, aggiunge. E’ uno studente con difficoltà d’apprendimento il protagonista del cortometraggio “Un pezzo di carta”, del regista Cosimo Scarpello, realizzato dagli studenti di una scuola di Mesagne, film che sarà diffuso a fine settembre. Un ragazzo che di fronte a programmi scolastici ostici e inadeguati e alle difficoltà che incontra ogni giorno a scuola, tenta il suicidio. Dall’altra parte ci sono professori che da tempo consigliano alla madre di rinunciare al “pezzo di carta” e far intraprendere al figlio un percorso differenziato. Solo di fronte alla tragedia sfiorata, la madre si “rassegna” e il figlio trova la serenità.
“Questa trama racconta tutto il contrario della necessaria collaborazione scuola-famiglia – spiega Gianfranco Salbini, presidente nazionale di AIPD –. Quella madre che nel cortometraggio e negli articoli sui giornali locali che ci sono stati segnalati dalla nostra sede territoriale in Puglia, viene presentata come ostinata, quasi capricciosa, attaccata a un ‘pezzo di carta’, potrebbe essere una delle tante mamme che fanno parte della nostra associazione e che ogni giorno si battono per il riconoscimento dei diritti dei figli a scuola e nel mondo. La scuola dovrebbe accompagnare la famiglia piuttosto che accusarla. Ci siamo lasciati alle spalle le scuole speciali e la scuola italiana offre più alternative per individuare con la famiglia il percorso scolastico più adatto per ogni alunno: un cortometraggio che propone i percorsi differenziati come unica opzione valida per gli alunni con disabilità è fuorviante e pericoloso. Ancor più pericoloso è stigmatizzare le famiglie come controparti incapaci di collaborare con la scuola. Doverosamente attendiamo di vedere il cortometraggio per un giudizio più completo, ma se il messaggio sarà quello stereotipato che si evince dal trailer e dal suo articolo di presentazione, auspichiamo che non venga mai pubblicato o almeno chiediamo di poterlo visionare in anteprima per suggerire, con spirito di collaborazione, delle eventuali opportune modifiche”.
Commenta Nicola Tagliani dell’Osservatorio scolastico di AIPD: “Abbiamo letto l’articolo pubblicato su Il Gazzettino di Brindisi l’8 settembre e visto il trailer del cortometraggio che invece non abbiamo potuto vedere integralmente, in quanto non ancora pubblicato. Ci è saltata agli occhi innanzitutto l’inesattezza normativa, in quanto una programmazione didattica differenziata – lo ricordiamo – è prevista solo per gli alunni con disabilità certificata e non per quelli con un disturbo dell’apprendimento, come invece viene definito (forse erroneamente?) il protagonista del video. Ma soprattutto ci ha colpito il tono accusatorio rivolto dalla scuola ai genitori, definiti nell’articolo ‘adulti che li considerano [i propri figli – n.d.r.] proiezioni delle proprie aspirazioni represse e li utilizzano come pedine per cercare un improbabile riscatto dai propri insuccessi e dalle proprie comprensibili frustrazioni’. Ancora, la scuola motiva la scelta di realizzare il video per raccontare ‘storie di ostacoli che spesso appaiono insormontabili, creati dall’egoismo di genitori riluttanti ad accettare la diversità dei propri figli’. Teniamo a sottolineare che il ‘lieto fine’ non necessariamente corrisponde per tutti alla scelta di un percorso didattico differenziato, ma è certamente indispensabile una sinergia tra scuola e famiglia (che in questo caso sembra totalmente mancare) che può far scegliere il percorso didattico adatto a ciascun alunno. Siamo realmente convinti che questa sinergia sia l’unica chiave efficace per realizzare percorsi scolastici di successo per gli alunni con disabilità ed i loro compagni, ma per fare questo scuola e famiglia devono innanzitutto riconoscersi reciprocamente come partner attivi, competenti e significativi in un percorso di cooperazione e condivisione. Crediamo e lavoriamo da anni per una scuola di qualità per tutti, una scuola inclusiva, dove le differenze sono viste come una risorsa e non come un inevitabile ostacolo da sopportare più o meno pazientemente”.