Di Cesare Scalabrino
ANIELLO ASCOLESE: GLI OTTIMI RISULTATI DELL’ATTIVITÀ DI CONTRASTO DELLE FORZE DELL’ORDINE CONFERMANO LA NECESSITÀ DI TENERE ALTA LA GUARDIA
Crescono gli interessi delle organizzazioni criminali nel settore del cibo, divenuto una delle aree prioritarie d’investimento della malavita che ne comprende la strategicità in tempo di crisi perché consente d’infiltrarsi in modo capillare nella società civile e condizionare la via quotidiana delle persone. Ne è ben conscia Coldiretti Molise che proseguendo la sua battaglia contro l’illegalità ad ogni livello, invita a non abbassare la guardia contro il rischio delle infiltrazioni malavitose sul territorio a partire dal settore primario.
“Il Molise – sottolinea Aniello Ascolese Direttore regionale di Coldiretti Molise – ancorché di piccole dimensioni è una regione a forte vocazione agricola ed è per questo che il business delle agromafie può divenire particolarmente appetibile”.
Il grido d’allarme dell’Organizzazione arriva a pochi giorni dal convegno ‘La Mafia dei pascoli – Il nuovo business della criminalità organizzata’ che Coldiretti Molise ha tenuto a Monteroduni, cui ha partecipato anche Giuseppe Antoci, Presidente onorario della Fondazione Nazionale Caponnetto, già Presidente del Parco dei Nebrodi ed autore, insieme con Nuccio Anselmo, del libro La Mafia dei Pascoli. Nel best seller l’autore descrive il meccanismo perverso ideato dai clan mafiosi che riuscivano ad affittare grandi appezzamenti di terreno nel Parco dei Nebrodi, in Sicilia, terrorizzando allevatori e agricoltori onesti ed incassando così, in maniera apparentemente “legale”, i contributi dell’Unione Europea. Un meccanismo che oltre a frodare l’UE, impediva l’attività di pascolamento agli allevatori e quella di coltivazione agli agricoltori.
Scendendo più nel dettaglio del fenomeno, Ascolese spiega come le mafie, sfruttando la crisi economica, “mirino ad appropriarsi di vasti comparti dell’agroalimentare, dai campi agli scaffali, dai tavoli dei ristoranti fino ai banchi di bar e pasticcerie, distruggendo la concorrenza e il libero mercato legale e soffocando l’imprenditoria onesta, ma anche compromettendo in modo gravissimo la qualità e la sicurezza dei prodotti, con l’effetto indiretto di minare profondamente l’immagine dei prodotti italiani e il valore del marchio Made in Italy”. Infatti, dai mercati ai supermercati, dai trasporti ai ristoranti, dall’agricoltura all’allevamento, dalla carne alla frutta oltre all’utilizzo illecito dei fondi comunitari destinati all’agricoltura come il PSR, il volume d’affari delle agromafie cresce con attività che riguardano l’intera filiera agroalimentare.
“Gli ottimi risultati dell’attività di contrasto, poste in essere dalle Forze dell’ordine, confermano la necessità di tenere alta la guardia e di stringere le maglie ancora larghe della legislazione – insiste Coldiretti Molise – con la riforma dei reati in materia agroalimentare, perché l’innovazione tecnologica e i nuovi sistemi di produzione e distribuzione globali rendono ancora più pericolose le frodi agroalimentari che per questo vanno perseguite con un sistema punitivo più adeguato mediante l’approvazione delle proposte di riforma dei reati alimentari presentate da Giancarlo Caselli, presidente del comitato scientifico dell’Osservatorio Agromafie promosso dalla Coldiretti nazionale”.
Difatti, con i classici strumenti dell’estorsione e dell’intimidazione, le agromafie impongono i prezzi dei prodotti agricoli, l’affidamento di servizi e appalti, la vendita di determinate produzioni agli esercizi commerciali che a volte, approfittando della crisi economica, arrivano a rilevare direttamente grazie alle disponibilità di capitali ottenuti da altre attività criminose. I poteri criminali si “annidano” nel percorso che uva da vino, olio, frutta e verdura, carne e pesce, devono compiere per raggiungere le tavole degli italiani passando per alcuni grandi mercati di scambio fino alla grande distribuzione.
“Capitolo a parte merita, infine – conclude Coldiretti Molise – il mercato parallelo di prodotti agricoli provenienti da migliaia di chilometri di distanza, super processati, molto spesso realizzati attraverso un vero e proprio sfruttamento della manodopera al di fuori del rispetto di ogni regola sulla sicurezza dei luoghi di lavoro; alimenti che vengono spesso spacciati per prodotti di qualità, quando di qualità non sono, per cui viene illegalmente utilizzato il marchio ‘made in Italy’, a danno dell’imprenditoria agricola nazionale e regionale, nonché dei cittadini-consumatori”.