Di Vittorio Venditti
Altra Picconata Alle Barriere
Stando all’articolo che nei giorni scorsi il mio amico Stefano Venditti mi ha voluto inviare, dandomi l’onore ed il permesso di pubblicarlo, sembrerebbe che, anche in molise, la dirigenza scolastica stia cominciando a capire che i disabili sono come gli altri, con gli stessi doveri, e, (UDITE UDITE), anche con gli stessi diritti.
Si sta iniziando a capire che il disabile, molto spesso, è tale perché costretto dalle azioni della cosiddetta “Società Civile”, che ne restringono la possibilità di affermazione, perché si ritiene il disabile un essere inferiore, quindi da trattare con “riguardo”.
Ma Chi Glie Lo Chiede?
Sembrerò disprezzare la “Società” (cosiddetta) “Civile”, ed in parte è così; in parte, da “Voce fuori dal coro”, sto cercando di sputare nel piatto in cui mangio.
Tutto ciò, perché se è vero che in questo piatto ci mangio da una vita, è altresì vero che da sempre, ci sono molti “Giuda” che, insieme a me, intingono il loro pane nello stesso piatto, modificando alla radice l’essenza stessa del “riguardo” in cui la “Società Civile” tiene i disabili.
Mi spiego meglio:
A suo tempo, (come per altro anche ora), chi è definito disabile, per poter avere l’onore e l’onere di essere trattato alla stessa stregua di chi è ritenuto normodotato, deve fare “due”, se non “tre”, per ottenere “uno”.
Tutto ciò, non sarebbe niente se non si ripercuotesse nella vita di tutti i giorni, spesso in modo non recuperabile.
Chi ha un deficit, (cosa definita dai normodotati “handicap”), spesso è costretto in maniera impari, a lottare con pregiudizi d’ogni sorta, per cui, le possibilità sono due: o ci si arrende o si diventa talmente odiosi al Prossimo, da far ricordare i peggiori uomini della storia.
Ovviamente, tutto ciò non vale per i “Giuda” di cui sopra, ordinarie sanguisughe che, approfittando del ruolo dato loro dalla stessa “Società Civile”, inzuppano il biscotto nelle numerose possibilità di guadagno, offerte loro dai sussidi e, spesso, da quanto dato a chi ha deficit, in termine di possibilità lavorative riservate.
E’ in questo schifo di contesto che, ventinove anni fa, decidendo di tornare al mio paese, mi trasferii, armi e bagagli, anche presso la scuola corrispondente a quella che frequentavo nel luogo di provenienza.
Risultato?
Che ho rischiato seriamente di non poter più frequentare la scuola, visto che avrebbero voluto evitare di farmi entrare.
Ebbi una fortuna grandissima, nel trovare due Persone altamente capaci, fra i tanti stupidi che, a vario titolo, ricoprivano incarichi scolastici e parascolastici; uno di questi, fu il carissimo Don Antonio Macchiarola, (Totonn), e l’altro, è stato colui che in seguito è diventato il mio Insegnante di matematica: il Professor Gabriele Rago.
Costoro, riuscirono a convincere l’allora Preside della scuola da me frequentata, del fatto che io potessi tranquillamente studiare, senza, per questo, infangare il buon nome della scuola stessa.
Queste due Persone Intelligenti ci misero la faccia, altre persone, (tra cui una, di Gambatesa, impiegata parascolastica nella scuola che stavo per frequentare, di cui non faccio il nome perché oggi me ne vergogno io), la faccia, cercarono di coprirsela, visto che si vergognavano della mia presenza nelle loro scuole blasonate.
Sì, si nascondevano e facevano finta di niente: “tanto che può studiare quel povero cieco”!
Nascosero la faccia finché, quasi con loro disappunto, le cose si misero per il verso giusto, (anche grazie alla collaborazione gratuita dei miei coetanei di Gambatesa, ancor oggi rinfacciatami da chi, per la verità, ha collaborato fino ad un certo punto), tanto da far loro cambiare idea, per poter salire sul carro del vincitore, sport tipicamente italiano…
L’unica cosa, che ora pare risolversi, fu che in questa provincia non mi fu permesso di fare educazione fisica pratica, visto che si adduceva la paura che io, nel fare sport, potessi farmi male; come se non fosse cosa possibile per tutti!
Per inciso:
A me, fecero un grosso favore e io non mi ribellai più di tanto, visto che io e lo sport siamo agli antipodi.
Diverso è, (e ci volevano i liguri per spiegarlo ai molisani), negare la possibilità più bella e facile da attuare, a chi, a differenza del sottoscritto, vuol usufruirne per meglio e più naturalmente integrarsi con chi è ritenuto un passo superiore.
Da sempre, sono stato convinto del fatto che l’integrazione, (fra disabili e non, fra italiani e non ecc), sia possibile, se attuata dalla più tenera età, e, soprattutto, secondo tutti i canali possibili.
Ben venga dunque il suggerimento dato alla scuola molisana; ciò, nella speranza che, almeno per il futuro, non si abbiano a patire discriminazioni a suo tempo patite, e da cui, nonostante tutto, resta ancora difficile venir fuori a pieno.