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Di Vittorio Venditti

Quando Si Va In Chiesa, Non Avendo Altro Da Fare

Da circa tre anni, è tornata in me la voglia d’incontrare Dio, nei modi più inconsueti, ma anche secondo i normali canoni, fra i quali, quello di trovare il suo amore per me, andando a trovarlo nella Casa che, noi cattolici, abbiamo dedicato al suo culto:
La Chiesa.

Ovviamente, sia pure da ignorante, sò che per Chiesa, s’intende la comunità nella sua interezza, ma io, almeno in questo caso, intendo definire “chiesa”, proprio il luogo di culto, obbiettivo di questo, come sempre, inutile articolo.

Perché ne parlo?

Presto detto.

Frequentando questo luogo da adolescente, ho sempre trovato, entrandovi, che il Posto, era un ottimo luogo ove poter riflettere in silenzio e, così, entrare in sintonia con Dio, e “parlare” con lui del più e del meno.
Così, allora, a Gambatesa come in altri siti simili.

Da altre parti le cose non sono cambiate; a Gambatesa, sarà per il “progresso” raggiunto dalla nostra gente, sarà per l’avanzare dell’età di chi è deputato alla gestione del luogo stesso, fatto sta, che entrando oggi giorno in Chiesa per ascoltare la Messa, a volte, tutto si sente, tranne quanto si vorrebbe e si dovrebbe sentire.

Passerò per fariseo, ma sono convinto che se Dio me lo permettesse, in certi casi, sarei nelle condizioni di ridurre il numero dei Suoi fedeli, visto il loro modo di comportarsi prima, durante e dopo ogni Messa, che mi costringe a pensieri di hitleriana memoria, nei confronti di questa gente.

Ma che fanno di tanto grave da disturbarmi?

Parlano, parlano, parlano! spesso ad alta voce, qualche volta anche durante la Messa, magari mentre la scola cantorum li disturba con i propri canti.

Il titolo di fariseo me lo sono dato, quindi lo sfrutto:
“ma se avete tanto da chiacchierare, perché non andate a farlo in piazza o in locali più idonei?
In Chiesa, che diavolo ci venite a fare”?

Per la verità, Don Fabio, (il vice parroco), in più di un’occasione ha tentato di far capire a costoro che “la Chiesa non è una piazza”, ma, a quanto pare, le sue parole sono state gettate al vento.

Un paio di domeniche fa, proprio durante l’esecuzione dell'”agnello di Dio”, sono stato costretto a girarmi per redarguire tre persone, più che cinquantenni, mentre, alla faccia dell'”agnello di Dio”, si stavano accapigliando sulla differenza fra Inter e milan; credimi, in quel momento, nell’esprimermi verso i Nostri, stavo sinceramente pensando di sostituire l’animale che la preghiera assegna alla proprietà del Signore.
Da dire che, fra i litiganti, spiccava la presenza di un uomo che, per il lavoro che fa, dovrebbe aver avuto il comportamento esattamente contrario.

Non prendere questo mio sfogo come forma di paternale perché non lo è; con ciò, sto cercando solo di richiamare l’attenzione sul problema che è alla base dell’andare a Messa: la Comunione con chi ci ha creato.

Mi domando e ti domando:

Se non può esistere più neppure la possibilità di concentrarsi a sentire ciò che il Padrone di casa ci vuol dire, a che prò andare a disturbarlo ogni Santa Domenica?