Di Neuromed
Al Neuromed il Memorial dedicato al luminare italiano con la promozione di un nuovo corso di addestramento internazionale
Il mese di aprile in Neuromed è da anni dedicato al ricordo della figura del professor Giampaolo Cantore, il luminare che ha posto le basi per lo sviluppo della Neurochirurgia dell’Istituto di Pozzilli. Nel solco della sua impostazione sono cresciuti e hanno lavorato i migliori neurochirurghi italiani, migliorando la qualità degli approcci alle patologie che colpiscono il Sistema Nervoso.
È il caso delle attività di alta formazione promosse dal Centro di Medicina Necroscopica ‘Giampaolo Cantore’ dell’I.R.C.C.S. Neuromed che proprio nei giorni scorsi, in occasione del Memorial dedicato al Neurochirurgo, ha nuovamente accolto a Pozzilli specialisti provenienti da tutto il mondo, Stati Uniti, Francia, Brasile, Svizzera, per confrontarsi sulle ultime tecniche di intervento e per addestrare coloro che si affacciano a questa professione.
Presenti tra gli altri i professori Antonio Bernardo del Weill Cornell Medical College di New York, Sebastien Froelich Direttore della Neurochirurgia dell’Ospedale Lariboisière di Parigi, Joao Paulo de AlmeidaJacksonville della Mayo Clinic Florida, Mahmoud Messerer dell’Università di Losanna e capo della specifica Unità di Neurochirurgia Pediatrica, Arsen Seferi Professore Associato di Neurochirurgia presso l’Università di Medicina di Tirana.
I corsi sono organizzati dai dottori Nicola Gorgoglione, Paolo di Russo, Arianna Fava e Michelangelo De Angelis, della Neurochirurgia guidata dal professor Vincenzo Esposito.
“Il professor Giampaolo Cantore è stato il nostro maestro e colui che ha dato molte energie per creare il Centro di Neurochirurgia del Neuromed – ha commentato il professor Vincenzo Esposito – ed ha segnato la vita di noi allievi. Ha sempre dato peso al lavoro che per lui è stato il valore più importante nella vita. Non contano i titoli ma il lavoro che nella sua impostazione doveva essere svolto con il massimo della dedizione per cercare di migliorare la qualità di un’attività così complessa e rischiosa quale la neurochirurgia. Il nostro lavoro è rappresentato dunque da questa battaglia quotidiana tesa a ridurre al minimo l’incidenza delle patologie che colpiscono il sistema nervoso e lo facciamo in un clima di costante collaborazione”.
“Con questi corsi puntiamo a migliorare le tecniche avanzate per la chirurgia del basicranio – spiega la dottoressa Arianna Fava, neurochirurgo –. Parliamo di tecniche che non rientrano nella routine della sala operatoria, ma che sono ugualmente fondamentali per trattare patologie complesse come meningiomi, neurinomi della base del cranio o patologie vascolari che necessitano di approcci specifici per ridurre morbilità e complicanze sul cervello. La tecnica serve a raggiungere queste patologie localizzate essenzialmente alla base e al centro del cranio quindi profonde. Non abbiamo conosciuto il professor Cantore – continua il neurochirurgo –, ma credo di essere, insieme ai miei colleghi, seguace dal punto di vista intellettuale dei suoi insegnamenti, dei messaggi della base della neurochirurgia che tutti i giorni ci trasmette anche il professor Esposito con cui lavoriamo. Ciò significa dedicarsi interamente a questo lavoro, non solo in sala operatoria, ma anche nella formazione continua, indispensabile nella carriera di un neurochirurgo, sia perché le tecniche migliorano costantemente, sia perché bisogna allenarsi per far fronte a patologie sempre più complesse e per ridurre le complicanze per il paziente in sala operatoria. La collaborazione con altri specialisti come neuroradiologi interventisti, neurologi, radioterapisti – precisa Arianna Fava – è fondamentale anche nella formazione, oltre alla normale condivisione clinica. Avere dei momenti di discussione e confronto su particolari patologie o sedi anatomiche è fondamentale. Significa affrontare una patologia nella sua interezza, partendo dalla diagnosi quindi con i radiologi, alla parte clinica di supporto come può essere quella dei neurologi, fino a noi neurochirurghi che portiamo il paziente in sala operatoria. Un approccio multidisciplinare che studia il paziente in maniera globale. Garantiamo così un flusso di informazioni e di contatti che possono essere poi traslati in Clinica e sul campo operatorio”.