Di Vittorio Venditti
Come Il ‘Succo’ D’Altra Frutta?
In onore dell’appena trascorsa pasquetta e da presidente d’un partito goliardico che per varie ragioni ormai fa parte del passato, (la CGPelle), laddove giustappunto per pelle a Gambatesa s’intende la sbornia, oggi, ad una settimana dalla chiusura e mentre nessuno ne ricorda l’esistenza perché il mal di testa è passato, chi scrive tornerà a parlare da queste pagine del recente Vinitaly che tante soddisfazioni dà a chi vuole averne.
In quella manifestazione si ‘decantano’, (con la speranza che si agisca da sobri), qualità e peculiarità del vino che proviene dal frutto della vite: l’uva. Nella fattispecie, si annunciano anche le quantità che i vari luoghi di produzione pongono sul mercato annualmente e qui viene qualche dubbio sull’effettiva genuinità di ciò che il consumatore medio, per non parlare di collezionisti e soggetti che spendono fortune per accaparrarsi bottiglie che nella fattura sembrano tutte uguali, acquista giorno per giorno o in più o meno prestigiose aste
Si sa che ad esempio per i succhi di frutta, la percentuale di effettivo derivato dalla polpa di mele, pere et similia, secondo ciò che vuole l’Europa, non supera il venti per cento del contenuto dei recipienti più o meno riciclabili che propongono tal merce; ciò, quando si rispettano le ‘regole’ per rientrare nei prezzi imposti a chi compra. Gli appezzamenti di terreno coltivati a vite ricoprono una parte ben delimitata delle terre emerse a livello mondiale. Si parla di quantità abnormi di prodotto venduto annualmente ed i conti, fatti da chi, oltre a berlo, sa anche per privata produzione che il vino derivato esclusivamente dall’uva, lo fa per il cinquanta per cento del quantitativo totale della stessa a disposizione di chi vendemmia, questi conti non tornano, nemmeno ubriacandosi.
Per Caso: Troppe Regole = Nessuna Regola?