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Pasquale Abiuso, (pucin): Candidato Ideale?

Di Pasquale Abiuso

La Risposta

Gentile Direttore,

ti ringrazio per le note di stima che, cortesemente, hai espresso nei miei confronti e la fiducia che apertamente hai voluto dimostrarmi (sei coraggioso !) assicurando il tuo sostegno al mio prossimo impegno elettorale
Sapere che qualcuno nutre benevolenza nei nostri confronti fa sempre piacere, specie quando è fatto in maniera spontanea e lontano da ogni forma di retorica.

Condivido la tua ricerca della verità nuda e cruda e l’obiettività fondata sull’onestà intellettuale. Grazie davvero, per la stima che è reciproca, ma soprattutto per le considerazioni che hai svolto, per le tue riflessioni ad alta voce che io intercetto e conservo come preziosi consigli stimolanti che utilizzerò come investimento in progetti futuri.
Grazie, infine, per i complimenti che mi rivolgi che, però, vorrei condividere con tutti coloro che lavorano con me per la crescita del nostro paese, e se per il paese un giorno conseguirò un qualche risultato diremo che “dietro ogni successo c’è sempre un lavoro di squadra”.

La stima si conquista sul campo, e non già compiendo gesta eroiche ma offrendo semplicemente il proprio contributo: a seconda delle possibilità, a seconda della propria sensibilità, della propria motivazione e l’interesse per la propria comunità. In quella comunità, dove viviamo con le nostre famiglie, i nostri parenti, i nostri amici e le persone che riteniamo care. Ogni paese è un piccolo mondo, orgoglioso di una sua specificità. Tant’è che fino a qualche anno addietro ci si riempiva la bocca di identità storico-culturale, di autonomie statutarie e finanziarie, di peculiarità ambientali e ora invece si parla solo di mettere e mettersi insieme per sopravvivere; ma tanti paesi sono destinati a sparire entro pochi decenni, a meno di una inversione di tendenza demografica.

Da decenni combattiamo la nostra battaglia per la sopravvivenza, ormai siamo ridotti a riserve indiane in cui si viene solo per depredare quel poco di buono che è rimasto.
Da noi non si investe, non conviene, i nostri politici spingono ovviamente di più per le zone che offrono un maggior bacino di consensi e la possibilità di lavoro per i nostri giovani diventa sempre più una chimera.
Sapevamo che i piccoli comuni, specie quelli montani, hanno il destino segnato (già con la mia prima esperienza politica del ’94 ho cercato di sottolinearlo) ed ora tutti ce ne siamo accorti e avvertiamo la drammaticità in maniera tangibile della realtà.
Tanti comuni del Molise diverranno presto vere città fantasma: spopolamento e invecchiamento sono fattori determinanti per l’estinzione di “popoli” dell’entroterra molisano.
Assisteremo alla scomparsa, lenta e dolorosa, anche del nostro paesello di collina la cui esistenza non trova più riscontro nella logica di una società moderna, distante dai valori dell’uomo montanaro che alla radice si nutriva di sapori e tradizioni.
I nostri paesi non hanno più da tempo un ruolo nell’economia e le attività produttive hanno perduto quasi importanza. Vivono questo tempo come un inarrestabile declino da cui è difficile difendersi. Ancor più per l’aggravarsi della situazione economica nazionale che mette a dura prova tante famiglie italiane, attanagliate in una crisi irreversibile, indotte a provare vergogna per la nuova condizione di (quasi) povertà. Un’epoca lascia la scena e un’altra albeggia articolando precarietà e disagi: il quadro della vulnerabilità non è solo relazionale, è anche economica, ma riguarda più profondamente un nuovo orientamento delle persone prodotto da un radicale mutamento del clima culturale. Anche i giovani mettono in scena, con trasparenza disarmante, i condizionamenti culturali ma non reagiscono nella loro innocente timidezza.
Lo zaino colmo di speranze e ambivalenze, di progettualità e distruttività potrebbe portare solo ad un atteggiamento di malinconia e di avvilimento.

Nel bilancio del mezzo secolo di vita abbiamo scontato la crisi della precarietà e dell’approssimazione, del post-bellico e del post-industriale, e ora siamo al post-boom economico. Una condizione di post, le cose che passano sopra la nostra testa e poi scompaiono.
E fra poco questi piccoli centri, cadranno nell’isolamento totale e sarà drammatico non essere in grado di garantire i servizi minimi.
Si comprende bene ormai come questi Comuni sono destinati a rimanere totalmente isolati da qualsiasi ipotesi di sviluppo e valorizzazione.

Tutto fa presagire che non ci sia la soluzione per arginare questo problema, e anzi la situazione sembrerebbe volgere al peggio.
Domina la demagogia della catastrofe attribuita all’avversario, a chi ha amministrato poco prima, magari incontrando difficoltà e ostacoli insormontabili. E’ pur vero che errori sono stati commessi negli ultimi sessanta anni.
Le prospettive non sono davvero rosee.

Dal canto mio, prendo atto di una realtà ferita e agonizzante. Devo rilevare, però, come circostanze storiche hanno dimostrato una volontà e una capacità di sopravvivenza quasi miracolose. Bisogna ritornare al tempo del Medioevo, quando i fuochi (famiglie) e le anime (abitanti) subivano certamente decimazioni, ma conservavano comunque ritmi e armonie demografiche di alti e bassi a seconda degli eventi. Allora, purtroppo, non si poteva sfuggire ad ogni genere di epidemie, catastrofi naturali e fame. Eppure Gambatesa è sopravvissuta.

Vale, dunque, la pena di affrontare problematiche e problemi. Semmai valorizzare ciò che esiste ancora. Certamente non dire solo”di occuparsi del bene altrui” ma, piuttosto, capire cosa è bene fare insieme per migliorare e mantenere vivo il paese natìo.
Bisogna, innanzitutto, mettere in campo tutte le forze con sinergie in ogni settore della vita politica, culturale, sociale di una comunità per tentare di reagire ad una morte lenta inesorabile ed ineluttabile.

Come?

A mio avviso, occorre dare una forte spinta che investa energie e sinergie verso una rinascita culturale, sociale, economica e, perché no?, anche politica; quella politica lontana dai luoghi comuni che dobbiamo riscoprire e praticare, a costo di divenire impopolari.

Senza indossare maschere, come tu sottolinei!

Con una visione nuova della politica, guardando ai problemi, cercando soluzioni concrete, realizzabili, utili. Evitando di camminare tappeti rossi e consegnare trofei, ma incamminarsi su una via tortuosa.
Per puntare ad un risveglio, dare valore a cose, persone, situazioni in controtendenza.

Occorre operare scelte coraggiose e forse avventate e inventarsi, perché no?, cose nuove, traendo ispirazione da quelle vecchie e antiche, mettendo in campo idee, capacità ed esperienze…ma sempre con estrema correttezza e mirando agli obiettivi utili a tutta la comunità.
Al di là delle specifiche deleghe di competenza dell’ente Provincia.
Poi ci incontreremo al bar o in mezzo alla strada a discutere sulla via giusta da percorrere o sulla scelta da operare, controbattendo proposte, opinioni, modi di dire e di fare e alla fine dire e fare ciò che è giusto fare per il paese, per la nostra comunità, perché dopo aver preso coscienza della dura realtà dei fatti occorre affrontare la questione, confrontarsi e cercare le soluzioni, senza regalare trionfi a nessuno. Assumendo, invece, un atteggiamento intelligente con umiltà e capacità di ascolto per raccogliere stimoli, e quindi, dare impulso alla rivitalizzazione del territorio, del tessuto economico e sociale.

Seminiamo insieme, cominciamo dal paese e poi scendiamo nella Valle del Fortore, e siccome nessuno è immune da difetti ti dico che io un difetto ce lo. Cerco di dire quello che penso. Allora penso che, a prescindere dalla ufficialità di una mia nuova esperienza politica occorre comunque fare delle cose, anche senza una carica politica e un incarico istituzionale. Per svolgere un’attività bisogna prima scegliere il proprio ruolo.

Se fosse necessario anche costituire un Comitato di sopravvivenza. Qui se vuoi potrai trovare il tuo appiglio per ricominciare, a 360° e insieme ad altri soggetti sensibili, a impegnarti per la comunità e per migliorare la qualità della vita, semplicemente, cosi possiamo anche cristianamente ricominciare a credere nella politica se la politica si fa per passione e nell’interesse di una comunità, e soprattutto la politica resta una missione intesa come insieme di valori e comportamenti per raggiungere determinati obiettivi. Missione che, nel servire gli altri, deve guidare e motivare i politici nella loro azione, proprio per ridare credibilità alla politica. Poi penseremo alla strategia ideale. Bisogna, dunque, cercare il coraggio di credere nell’obiettivo e nelle azioni e di fare delle cose tutti insieme, per il bene comune, con entusiasmo e motivazione, con l’anima e lo spirito, con la capacità di emozionarci.

Questo non è il mio manifesto elettorale ma solo la mia idea, il mio pensiero fondamentale che ho cercato di esporre, e dato che il destino del nostro paese e di quelli intorno al nostro con stesse caratteristiche senz’altro merita un serio approfondimento, ritengo utile scambiarci ancora punti di vista sempre nell’ottica di una speranzosa crescita e sviluppo della nostra comunità, e della qualità della vita di chi ha deciso di rimanere a vivere in questa valle.
Continueremo a immaginare e progettare un nuovo ruolo nostro e di chi lo vorrà in relazione alla tutela del territorio, trasformare le qualità naturalistiche ed ambientali in un patrimonio da utilizzare come base per uno sviluppo
Questo richiede un impegno costante e serio nei tempi in cui i paesi dovranno essere più vivi e attivi.

In definitiva, non so se sono l’unico che può “mettere d’accordo noi gambatesani, al fine di avere l’univoca volontà di creare con le nostre forze, un valido rappresentante per questa comunità, da sempre divisa su tutti i fronti”.

Non so se sono il “candidato ideale per Gambatesa”. Chi voleva dedicarsi alla vita politica nell’antica Roma doveva percorrere il cursus honorum, “la carriera del potere”. Partendo dal gradino più basso, quello degli edili, poteva raggiungere il grado massimo, il consolato. Per ottenere questo risultato, doveva candidarsi, cioè indossare una toga candida (simbolo di onestà) e cercare di ottenere i voti necessari all’elezione nelle assemblee del popolo.

Il fatto che bisognasse partire dal basso per salire sempre più in alto dimostra il carattere pratico dei Romani: essi ritenevano che un uomo avesse bisogno di molta esperienza e onestà per diventare un buon amministratore.
Oggi tutto questo è trascurabile e non contano neanche più le idee e le prospettive, ma solo le strategie politiche e opportunistiche. E si rileva in fondo uno scarso buon senso e un comportamento miope e poco costruttivo.

Non so veramente se posseggo i requisiti minimi per fare una buona politica; possiamo tranquillamente metterci in discussione e, per il “bene del paese”, lavorare per individuare un “più ideale candidato per Gambatesa”, e noi saremo capaci di fare due passi indietro.

Con stima e gratitudine pensando al futuro della nostra terra
Pasquale Abiuso