Di Ouday Ramadan
LA VITA IN SIRIA LASCIA IL SEGNO
Ti lascia sbalordito, incredulo, fiducioso. Una vita fatta di posti di blocco, ma anche delle facce dei soldati sorridenti che con estrema cortesia e con la parola gentile, ti chiedono il documento. Soldati che vorrebbero scambiare una chiacchiera con te, ma non possono, altrimenti si allunga la fila.
La vita in Siria è fatta delle mamme dei martiri, le quali con facce luminose, sorridenti, ti ringraziano umilmente, e ti incitano a continuare la vita.
La vita in Siria ti lascia il segno, la vita degli impiegati onesti e degli operai instancabili che lottano tutti i giorni nonostante tutte le conseguenze nefaste di una guerra per assicurarsi un tozzo di pane. La vita di un direttore di un centro di accoglienza, uomo patriottico, onesto. La sua vita è fatta della responsabilità di 800.000 profughi provenienti da Aleppo, con tutte le difficoltà del caso, in un paese dove l’economia è disastrata e dove l’Onu, organo criminale, non dona alcun aiuto ai profughi siriani ubicati nelle regioni sotto il controllo del governo siriano. La massima donazione è stata, per le popolazioni colpite, una fornitura di fili per stendere i panni lavati.
La vita in Siria lascia il segno. La vita di molti giornalisti che cercano di contrastare le menzogne di quasi tutti i mass media di questo mondo, senza possedere in tasca un centesimo di dollaro (e nemmeno di lire) cronisti che ti chiedono: “come mai l’Europa non vuole ascoltare la nostra voce?”
La vita in Siria ti lascia il segno, la vita di un mio amico italiano, che ha cantato alla Casa dell’Opera di Damasco, e ha donato il suo compenso alle famiglie dei Martiri.
La vita in Siria ti lascia il segno, la vita di un popolo che continua leggendariamente a resistere, probabilmente perché armato di tanta dignità.
Arrivederci Siria, alla prossima!