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Il Regolamento Di Conti: A Trent’Anni Dall’Esecuzione

Di Vittorio Venditti

Prima Parte

A differenza di ogni giorno che Dio ha comandato da quando è stata aperta questa ‘Voce fuori dal coro’, per una volta mando avanti un mio collaboratore per poter far mie le sue parole e riprendere il collegamento ipertestuale al suo articolo, eventuale aggravamento di un reato più che condiviso da me che scrivo quest’aggiunta, dopo aver percorsa la stessa strada della ‘Mina Vagante’ in termini di convinzioni sull’odierno tema, cosa leggibile in archivio perché mi fa schifo persino recuperare i link.

Italia

Esattamente trent’anni fa, io stavo per compiere ventisei anni, avevo già percorse tutte le strade che dovevano portarmi a trovare un lavoro per poi… chissà… magari sposarmi e procreare, ma l’impiego non arrivava perché c’è stata gente che con la scusa di pensare al bene dei non vedenti, ha portati avanti i propri affari in nome di Leggi travisate, ma mai verificate… atteggiamento diverso da quanto sta accadendo in questi giorni, cosa rileggibile, se vi regge lo stomaco, cliccando qui, cosa differente dal normale comportamento mafioso?

Giustizia

Avvicinandoci un passo alla volta all’ambiente, due anni dopo quanto viene ricordato oggi alla stregua di un giorno da calendario, ecco che arriva il lavoro, ma il soggetto di cui al periodo precedente e la perfetta professionalità del casellario giudiziario, sede di Campobasso, allora in via Garibaldi, provano a mettermi i bastoni tra le ruote. La burocrazia prevede il bisogno di consegnare un documento che attesta la ‘verginità’ in fatto di procedimenti e condanne penali e dagli uffici sopra richiamati, in data ventitré dicembre millenovecentonovantaquattro, ecco che mi viene consegnato un certificato attestante che io avevo in corso un processo per truffa. L’imputato di quel procedimento è stato poi assolto, ma la figura marrone di chi dice di gestire la giustizia in Italia è rimasta perché se la mia data di nascita è come anno il millenovecentosessantasei, quella riferita al mio omonimo risale al millenovecentotrentanove, ragion per cui bisogna chiedersi quanto sapevano leggere le tre occupanti l’ufficio in questione che qualche giorno dopo tal affronto, mi hanno visto irrompere in quella stanza per ordinare con violenza la redazione di un nuovo documento con i dati corretti, pena l’averle buttate dalla finestra una ad una senza tanti complimenti dopo aver sparato ad ognuna di loro. Se erano solo donne non è colpa mia. Quanto di mafioso c’è stato in quel comportamento verso un cittadino che pagando, ha solo richiesto un pezzo di carta, (con marca da bollo da tremila lire), scartoffia da redigere copiando? All’epoca non esistevano ne blog ne giornali telematici perché di sicuro quel documento lo avrei messo in Rete. Raccontando però il fatto per radio, mi sono sentito dire da un collega radioamatore di stanza in provincia di Bari e di professione cancelliere in un tribunale della città appena menzionata che “quei certificati vanno tenuti segreti, pena il reato di divulgazione di atti d’ufficio”, come se l’articolo seicentoventuno del codice penale lo avesse violato chi ha ricevuto il danno. La cosa è stata corretta e chi ‘lavorava’ in quel periodo presso il casellario giudiziario ricorda ancora indelebilmente la mia reazione che come detto, sarebbe potuta essere ben più grave in caso di mancata sostituzione del foglio incriminato, atteso che mi sia recato in quell’ufficio a mano armata.

Giovanni Falcone

Oggi però c’è da ‘onorare’ il ‘festeggiato’, quindi mi astengo dal raccontare fatti che ho dovuto produrre artificialmente ed a mie spese per provare sulla mia pelle cosa volesse dire essere pregiudicato da soggetti che si vendono al miglior offerente, evitando spesso persino di consegnare i documenti che arrivano per posta elettronica certificata agli avvocati difensori o solo parte dei processi ‘celebrati’ in quelle aule ‘polverose, sorde e grige’ e via compagnia cantante, (è tutto registrato e consegnato a persone che sanno come tener nascosti ad occhi ed orecchie indiscreti tutto ciò che ha il medesimo valore di quell’agenda rossa della quale tornerò a parlare nella seconda parte che verrà messa in Internet il prossimo diciannove luglio se non mi avranno ucciso prima), oggi dobbiamo accuratamente evitare di accendere radio e televisioni per non venir ammorbati da sterili resoconti su navi della legalità piene di giovani che dopo aver assistito a tali cerimonie, per mettere in pratica gli ‘Insegnamenti’ ricevuti e ripetuti anno per anno in questo ed in diversi altri giorni con le stesse valenza ed enfasi del presente, magari senza aspettare nemmeno di uscire dai diplomifici che portano alla disoccupazione diretta, superano abusivamente la fila alle poste et similia o pensano a come trovare qualcosa con la quale sbarcare il lunario, coprendosi gli occhi e turandosi il naso come fossero peccatori confessati di fresco, appena fuori dalla chiesa per tornare a peccare, ?tanto poi c’è il perdono cristiano che sistema tutto’, cosa chissà quanto diversa dall’operare di quella Mafia che viene condannata dallo Stato, ma diligentemente resta all’opposizione perché sa bene che da quel pulpito si può predicare e di conseguenza comandare senza ricevere critica alcuna. Oggi stiamo ‘ricordando’ un soggetto che condannato a morte, sapeva che avrebbe fatta quella fine perché come anticipato da Mario, in guerra si sa che si può venir colpiti, soprattutto se si opera in prima linea e sotto i riflettori gestiti spesso proprio da chi pazienta dall’opposizione, guardandosi bene però dal dare troppa corda a chi ne richiede più di quanto serva. Oggi io, pregiudicato da quando sono nato, mi spingo a dire che non è vero, (come espresso dal mio collaboratore) che Mafia e Stato, in rigoroso ordine alfabetico, siano la stessa cosa perché lo Stato è anti-Mafia e la Mafia è anti-Stato, quindi sono due enti alla pari contrapposti ed in guerra o pace, dipende dai momenti e dalle necessità di entrambi. Va data però ragione a chi esplodendo ha espresso il personale pensiero, se si considera l’onestà d’azione dei due eterni contendenti, atteso che l’agire mafioso, quello militante e militare, sia più vero, concreto e soprattutto rapido nell’arrivare a conclusione, rispetto al tergiversare di soggetti che appartenendo a chi promulga le Leggi, prima di emettere verdetti, devono verificare se il gruppo d’interesse che poi determina ciò che viene fatto passare per ordine costituito, è in pieno accordo con la sentenza che si sta per sputare, a spese dei contribuenti che per pagare le tangenti, a differenza di quanto avviene con chi è considerato ‘il male oscuro’, al danno sono ‘democraticamente’ obbligati ad aggiungere la beffa derivante dal costringere chi viene derubato a sottostare a disposizioni il più possibile burocraticamente vincolanti, segno dell’incapacità d’azione di chi, se poi fai notare questa loro nullità, si trincera dietro mezzi di coercizione, tollerati finché non si arriva al limite di esplodere, con la conseguenza che porta a scoppi a grappolo o a più precise e chirurgiche distruzioni da mettere in calendario finché non accadrà qualcosa di ancor più dirompente per coloro che il giorno sono avvezzi alle commemorazioni, fregandosene altamente di risolvere i problemi che portano alla ragione stessa di tali reazioni.

Quanto appena messo nero su bianco, serve dunque ad annunciare ciò che farà da argomento per domani, qualcosa di più dirompente che nel caso specifico è stata definita ‘l’ingresso dell’Italia nella prima guerra mondiale’ e perciò anche domani ci sarà da riflettere per non dire da ridere.

Per Concludere La ‘Dissertazione’ Sull’Attuale Argomento, Appuntamento Al Diciannove Luglio.