Sul “Ponte” sVendola Bandiera Sbiadita
8 Novembre 2012
Enius, giovedì 8 novembre 2012
9 Novembre 2012
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Diritto Di Voto = Diritto Di Lavoro

Di Vittorio Venditti

Perché Non Far Fruttare Quest’Opportunità?

Smaltita la sbornia mediatica relativa alle elezioni statunitensi, torniamo alla nostra Italietta ed andiamo ad esaminare qualcosa che ci può toccare da vicino, atteso che ancora interessi a qualcuno dei votanti la Legge elettorale.
E’ vero infatti che il dibattito in tema è a cuore a chi va alla mangiatoia, ma quanto può ancora preoccupare chi ha il ruolo di missile per quegli affamati?

E’ in quest’ottica che, dopo aver sfatato il mito che impaurisce i più, leggenda secondo la quale, non andando a votare per più volte si perde il diritto di voto, come se questo scadesse alla stregua di una mozzarella, passerò a suggerirti un modo per riciclare il voto stesso, come se dovessi fare una frittata con i maccheroni avanzati dal giorno prima, posto che tu ne abbia d’avanzo.

Dopo l’imbroglio referendario che sostituì la monarchia con la prima repubblica, pur di costringere la gente ad andare liberamente a votare, furono varate varie “imposizioni democratiche” (Leggi elettorali), che per il modo di esser “proposte” al popolino ignorante, fecero rimpiangere il codice Rocco ed il vituperato Ventennio.
E’ il caso della prima di queste “modalità”, la Legge 6 febbraio 1948, n. 29, partorita immediatamente dopo l’entrata in vigore ed alla faccia di quella Costituzione che a parole permetteva e permette libertà di espressione, ed ogni altra libertà d’azione a tutti gli italiani, in maniera uguale di fronte alla Legge.
E’ questa la Legge/spauracchio, con la quale generazioni di politicanti hanno ricattato mandrie di raccomandati, cui è stato chiaramente detto che la mancanza del loro supporto all’avvio del loro protettore verso la sospirata mangiatoia, avrebbe precluso a questi la possibilità di accedere a concorsi e quanto di simile, con la regolare tangente, costringendo chi, imperterrito, avesse pretesa comunque la raccomandazione, a sborsare un supplemento, più o meno congruo, per riparare alla mancanza del “supporto” citato.
Tutta questa manovra, ovviamente ed italianamente ipocrita, doveva avere una eccezione che confermasse la regola, pizzino trasparente necessario, trovato proprio nella Legge sopra citata e nelle successive modificazioni, finché il filo troppo tirato e poi spezzato dall’era “tangentopoli”, pur di riavvicinare il popolino sfiduciato alle urne, non decise di dare un dito per poi richiedere tutta la mano ed il braccio, comprensivo degli anelli alle dita e del bracciale, rigorosamente d’oro, ripresi allo stesso popolino che ora si accorge di star pagando il relativo mutuo.

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Quando si tratta di risolvere gli affari loro e sono in pieno accordo…

La cosa che interessa questa farneticazione, estrapolata dalle Leggi che ho rimesse al tuo esame, così si può sintetizzare:

Il Voto, da Dovere diventa Diritto.

(Legge 276 del 4 agosto 1993 “Norme per l’elezione del Senato della Repubblica”
ART. 2. (Presentazione delle candidature).
2. All’articolo 25, primo comma, della citata legge 6 febbraio 1948, n. 29, le parole: “Per l’adempimento del dovere del voto” sono sostituite dalle seguenti: “Per l’esercizio del diritto di voto”.
Legge 277 del 4 agosto 1993 “Nuove norme per l’elezione della Camera dei deputati”
Art, 1. – 1. e) l’articolo 4 e’ sostituito dal seguente: “Art. 4. – 1. Il voto e’ un diritto di tutti i cittadini, il cui libero esercizio deve essere garantito e promosso dalla Repubblica).

Eccoci dunque ad un altro dei capolinea, imposti dai corsi e ricorsi della storia, per cui, di fronte ad un’altra serie di cosiddetti scandali, null’altro che il risultato dell’andazzo già precedente, ma con l’aggiunta degl’interessi, imposti dall’estromissione e crocifissione di Craxi e compari, (Si noti che l’unico a navigare con la “Rotta Giusta” è Padre Giulio Andreotti, Re Immortale), gli attuali commensali, per paura dell’invasione di uno sciame di “Grilli” che andrebbe a rovinare il loro pasto, tornano sui loro passi per cercare di rabbonire il popolino, facendo comprendere a questo che la nanna non è finita e che il capino va tenuto abbassato.

Mai momento fu più propizio per entrare nella “Partita”.

Considerato che da tempo, il politico di razza, stufo di avere tanti cagnolini ai suoi piedi, sta spiegando a costoro la necessità e la validità del lavoro in proprio e visto che si è in fase di ritocco della gattopardesca Legge Elettorale, da quel pazzo che sono, propongo all’attenzione dei nostri burattinai qualcosa che potrebbe salvare capra e cavoli, atteso che se da una parte sia necessario buttare polvere (spesso fango) negli occhi del popolino redigendo una nuova Legge che dovrebbe portare in parlamento persone (UDITE UDITE): “Senza condanne”, (si dice così da sempre ma non si applica mai una tale Legge/zappa sui piedi), dall’altra vada tenuta sotto controllo la rabbia di chi, prima raccomandato, ora si ritrova disoccupato e con la frustrazione dettata da un investimento sbagliato.

Come fare?
Legalizzando il voto di scambio.

Fermo restando che in mancanza di un vero ricambio nelle candidature per le prossime elezioni io applicherò comunque un mio tariffario per espletare il “Diritto” in tema, (eventuali effetti collaterali potrebbero essere tranquillamente risolti con la “Cassata giusta al momento giusto”), sarebbe il caso, in nome del progresso, che si cominciasse a comprendere che in mancanza di quel dieci per cento di promesse mantenute dai politici per accontentare la cerchia di amici, nulla ci sarebbe di più semplice per rimediare, se si considerasse applicabile il principio della “Libera Impresa”.
Una soluzione del genere, oltre a permettere un guadagno, (viste le continue elezioni, non si sa bene fino a che punto saltuario), a chi fornisce questa prestazione, risolverebbe determinati problemi, cancro della nostra “Democratia”.

1°: Si alleggerirebbe non poco il problema delle lungaggini della giustizia, a rischio di avere un esubero di “Solerti magistrati”, cui toccherebbe trovarsi un altro lavoro;
2°: Si svuoterebbero le carceri, permettendo finalmente di restituire una parvenza di umanità al trattamento di chi, avendo sbagliato, è tenuto a pagare, secondo la Legge;
3°: Si ridurrebbe e di molto il problema dell’evasione fiscale, atteso che sia interesse del candidato pretendere la fattura per l’esborso dovuto per il servizio richiesto, ciò, ai fini del conteggio dei voti e dell’eventuale diritto di recesso per cattiva prestazione e mancato raggiungimento dell’obbiettivo prefissato, per il quale la prestazione è stata richiesta;
4°: Si alleggerirebbe la pressione fiscale, conseguenza del principio per il quale tutti pagherebbero le tasse secondo il loro reddito, sapendo in maniera trasparente qual è l’origine dello stesso;
5°: Si ridurrebbero drasticamente le spese per i non abbienti, atteso che un reddito del genere, se fosse legalizzato, lo produrrebbero pure i cani.

Potrei continuare per un bel pezzo, ma mi fermo qui, in considerazione del fatto che i nostri politici, pur di tener vivo il clima basato sull’ipocrisia, che deve mostrare al mondo una realtà completamente falsa, ma necessaria al loro sguazzare, si guarderanno bene dall’essere così lungimiranti.

Come detto, da quel pioniere che sono, se proveranno a prenderci ancora una volta in giro, cosa abbastanza probabile, io mi difenderò chiedendo a chi vorrà il mio voto, qualcosa in cambio, magari da dare poi in beneficenza, ma data a me prima della prestazione:

Come fa chi lavora in proprio.
E non parlo solo delle prostitute!

A corredo di quanto sto farneticando, posso tranquillamente affermare che a me è possibile bypassare anche quella Legge che vieta di fotografare la scheda elettorale durante il voto.

Come faccio?
Semplice!

Avendo necessità di far apporre la croce o il segno che determina la mia volontà di voto, da una terza persona, mi sarebbe sufficiente operare così come faccio nelle votazioni che determinano la scelta delle R. S. U. presso l’azienda per la quale presto servizio.
In questo caso, applicando il principio del: “chi prima arriva prende il mio voto”, prego chi chiede il mio consenso, di venire con me presso l’urna e di esprimere quanto in oggetto al mio posto, cosa perfettamente legale, considerato che nessuno può impormi la persona che agisce in mia vece.

Ma come fare in caso di elezioni vere, posto che così si possano definire le elezioni politiche, regionali ecc.?

A me poco interessa, considerato che il compenso che mi deve essere consegnato in anticipo, verrà certificato da un documento, (consegnato in copia di pari valore alla persona mia committente), che l’anno successivo io allegherò alla dichiarazione dei redditi, al fine di pagare quanto dovuto al fisco per il guadagno acquisito.

In questo modo, mi leverò la soddisfazione di aver data una mano per risolvere un ultimo, non ultimo problema che convive con l’italiano medio da che questi è nato e che morirà con lui, quando il Nostro dovrà lasciare questa terra:

Il Continuo Lamentarsi!

Come farà a farlo infatti, mancando il presupposto costituito dalle promesse mai mantenute?