Di Luca Giordano
Tre anni fa, un rovinoso incendio durato oltre sei ore, nel cuore di Parigi, ha mandato letteralmente in fumo i due terzi del tetto della cattedrale di Notre Dame, manufatto costruito in legno nel XIII secolo. Con l’occasione è andata distrutta anche la griglia centrale di un simbolo che musicisti, pittori, scrittori con la loro arte hanno celebrato nel corso dei secoli e che quella sera è sembrato perso per sempre.
“La nostra storia brucia” queste le prime parole del premier francese Emmanuel Macron, giunto a poche ore dall’inizio dell’incendio, mentre i pompieri cercavano ancora di domare il fuoco, salvando così la cattedrale da un crollo totale al quale eravamo pronti a vivere impotenti difronte a quelle immagini di fiamme altissime, scene da film apocalittico. Dal giorno dopo è partita una “raccolta fondi” per ricostruire nell’immediato Notre Dame. Hanno risposto presente a suon di milioni i ricchi del globo che in meno di 48 ore hanno donato oltre un miliardo di euro facendo partire i lavori immediatamente dopo una settimana dal triste “evento”.
Polemiche sulle cause di quella tragedia che a detta di molti poteva essere evitata, ad esempio con il chiamare tempestivamente i soccorsi quando l’incendio era ancora gestibile o accuse di chi sostiene che in quel periodo le casse della cattedrale erano a secco per affrontare dei lavori di restauro che già erano stati programmati, per cui l’incendio è stato il pretesto per batter cassa, (com’è effettivamente successo), hanno funto da squallida cornice all’evento per altri versi epocale.
Ora l’obiettivo è finire i lavori nel 2024, quando Parigi sarà in vetrina per i giochi Olimpici.