Di Vittorio Venditti
Solitudine: Vera Realtà
Quando si parla d’amicizia fra popoli o uomini singoli, bisognerebbe riflettere un po’ di più, prima di proferir giustappunto parola. “Gli amici si contano sulle dita di una mano. Per i nemici basta il medio”, (Anonimo). Dovrebbe essere questo il finale di un discorso disfattista che però spesso, molto spesso, scende ancora più in basso e bisogna patire per capire.
La storia umana è costellata di interpretazioni sulla forma di profusione d’affetto che poi si andrà a definire a fine considerazione. Partendo dalla Grecia antica, si ricorda Euripide, che descrisse l’amicizia ‘come solidarietà guerriera’, (Oreste-Pilade), così come il dire di Platone, ‘Il desiderio dell’amicizia rende simili gli amici’. La letteratura dell’antica roma poi, è tutta un fiorire di esempi in tema: Eurialo e Niso, Enea e Pallante, Blossio e Gracco, Scipione e Lelio, Attico e Cicerone e via compagnia cantante. A proposito di Cicerone, ‘Sull’amicizia’, scritta nell’estate del 44 avanti cristo: analizzando l’opera è possibile cogliere il pensiero ciceroniano sull’amicizia. Oggi si procederà in tal senso, con l’aggiunta di qualche commento basato sul fatto che da quelle riflessioni sono passati più di venti secoli e quindi ogni considerazione sull’effettiva ed obiettiva realtà di questo modus vivendi andrebbe aggiornata.
L’Amicizia. – “Essa è un perfetto accordo di tutte le cose divine e umane, accompagnato da benevolenza e amore e eccettuata la sapienza, rappresenta il dono più grande che gli dèi immortali abbiano fatto all’uomo”. Tutti gli altri beni: la ricchezza, la salute, la potenza, gli onori, i piaceri sono caduchi e incerti, solo l’amicizia è duratura, perché è basata sulla virtù e senza di essa non può esistere. – Peccato che l’intervento più o meno voluto di questi ‘Beni caduchi’, diventi la base, ostacolo insormontabile per la fine del ‘nobile’ sentimento, oggetto del presente scritto. La riprova di quest’evangelica verità l’ha raccontata Plutarco circa un anno dopo perché a fine quarantatré, (sempre avanti Cristo, atteso che ‘dopo’ sia accaduto ben di peggio), Cicerone, dopo essere stato scannato, (amichevolmente, s’intende!), è stato simpaticamente decapitato… – L’amicizia, dunque, racchiude in sé moltissimi e grandissimi vantaggi, ma ce n’è uno che senza dubbio li supera tutti: essa irradia nell’avvenire la luce di liete speranze e non permette che l’animo si stanchi e cada a terra. – Ovviamente ciò vale finché comanda la birra et similia e non si è ubriachi all’ultimo stadio, (diversamente si cade a terra e come se si cade! Magari facendo altro che in questo momento viene tralasciato), non si abbiano in mente primordiali altri progetti e soprattutto se dietro c’è ben altro, spesso oggetti da evitare, soprattutto se in caso di ‘profonda penetrazione’ questi ‘arnesi’ diventano pericolosamente, quanto consapevolmente esiziali. – Chi fissa lo sguardo in un vero amico, scopre, per così dire, un altro se stesso. – Il che significa che chi scrive deve ritenersi davvero fortunato per il fatto di non vedere, almeno dal punto di vista oftalmico, oltre all’avere quel senso di spiccata presa di coscienza, non propria ad esempio di coloro che parlando d’amore, dopo aver ragionato con la testa inferiore anziché quella posizionata spesso a torto sulle spalle, divorziano ancor prima di aver celebrate le nozze o al più tardi di ritorno da quel viaggio che si definisce ‘luna di fiele’. – Per questa ragione l’amico, assente, è presente; povero, è ricco; debole, è forte, e cosa incredibile a dirsi, morto, rivive: tanto grande è il rispetto, il ricordo e il rimpianto con cui l’amico accompagna l’amico”. Si accettano messaggi che erudiscano il vostro cronista sui liquidi, sicuramente alcolici se non direttamente stupefacenti, (in ogni senso), ingeriti da Cicerone prima di scrivere le parole d’alta e perenne, oltreché solenne letteratura, (meglio definibili come ‘stronzate’), appena sinteticamente riprese.
Dunque, “Gli amici si contano sulle dita di una mano. Per i nemici basta il medio”, dito necessario, sempre a modesto, quanto insignificante parere del vostro articolista, anche per indicare ai primi la strada da percorrere per allontanarsi da chi, sapendo di esser in solitudine dalla nascita alla morte e soprattutto anche successivamente a questa, comprende che lo status appena richiamato sia l’unico a distinguerne la vita, senza l’obbligo di scendere a compromessi per costruire progetti come sopra descritti, in attesa di riceverne in cambio il risultato dell’esatto contrario, soluzione che per fortuna vale per tutti, senza esclusione di chi che sia: Gesù Cristo inter pares.
Intelligenti Pauca.