Di Domenico Lanciano
Caro Tito, chi prima e chi dopo, ognuno di noi durante l’intero arco dell’esistenza passa per una esperienza di malattia più o meno grave, più o meno lunga. E, in genere, ognuno di noi ha già sperimentato un periodo “clinico”, più o meno faticoso, in casa, in clinica o in ospedale. In casa pure per una semplice febbre influenzale o in ospedale per qualcosa di più grave.
La parola “clinico” (klinikòs), derivando dal greco “kliné” – letto, significa “tutto ciò che si fa a letto o presso il letto”. In pratica e più specificatamente, la “clinica” è l’arte dell’insegnamento pratico della medicina al letto dell’ammalato. Il quale, solitamente, deve essere paziente nel sopportare le indagini, spesso dolorose o non gradevoli, e le cure che gli vengono somministrate ed è proprio per questo che viene chiamato “paziente”.
1 – LA DEGENZA OSPEDALIERA E LA CONVALESCENZA – La malattia è sinonimo di sofferenza continua o di dolore acuto. A parte la ovvia pulizia del corpo del paziente come elemento igienico, fino a qualche tempo fa era inconcepibile che l’estetica entrasse a casa o in ospedale per rendere gli ammalati più belli ed ordinati anche dal punto di vista del benessere psico-fisico derivato dal sentirsi a proprio agio e dal vedersi accettati nell’aspetto esteriore. Aspetto che spesso influenza o addirittura determina l’umore delle persone. Essere tutti belli è un diritto, più che un auspicio.
Partire da sé stessi, dalla propria esperienza, è sempre una prova efficace in qualsiasi discorso. Ebbene, nei miei settant’anni di esistenza, ben sette volte ho trascorso in ospedale periodi importanti per la cura e la manutenzione della mia macchina corporea. Dal mese trascorso all’ospedale Sant’Orsola di Bologna, nel millenovecentocinquantasette (all’età di sette anni) per operarmi alle tonsille e alle adenoidi fino alla più recente importante degenza.
Ebbene, nel nostro sistema socio-sanitario o nello stesso concetto clinico, la cura della persona, in àmbito ospedaliero, è demandata generalmente ai familiari del degente o paziente. Non c’è ancora una figura appositamente istituita che si occupi e si preoccupi di rendere la persona a posto anche esteticamente, pure per migliorarne la bella presenza, la stima di sé e l’umore più giusto ad affrontare la malattia. Per tenere su d’umore i bambini (specie quelli oncologici) qualcuno si è inventato la “clown-terapia” o la “musico-terapia”. Il resto è quasi deserto. Se ne comincia però a parlare, ma molto timidamente.
Personalmente, sentivo il bisogno di una più attenta cura igienico-estetica-ospedaliera. Solitamente l’ammalato, il degente, il paziente non sempre è nelle condizioni di pensare a sé stesso in talune circostanze. Alle attenzioni generiche dei familiari sarebbe utile ed efficace che si affianchi una figura professionale specializzata proprio in “estetica clinica”.
2 – BELLI SEMPRE ANCHE IN OSPEDALE – Come è risaputo, in tante parti del mondo (specialmente negli Stati Uniti d’America), viene passato il trucco sul volto pure alle persone appena morte, prima che la salma sia esposta all’omaggio di familiari, parenti ed amici. Non si vede perché l’estetica non debba entrare pure in clinica, ospedale, in altre comunità protette (specialmente nelle lungodegenze) e a casa per contribuire ad aiutare malati o anziani che certo non finiscono di essere persone proprio perché ammalate o avanti con gli anni. Ogni persona conserva i propri diritti inalienabili ovunque si trovi (in ospedale e persino in prigione o in “manicomio” e, addirittura, da “barbone” – “clochard” – senza nulla).
“Bella anche in ospedale” è una delle “missioni” dell’associazione E.S.A. – “Educazione alla salute attiva” che s’interessa in particolare delle pazienti oncologiche, cui offre un “make-up” gratuito periodico. Il progetto, affermano le volontarie ESA (che agiscono prevalentemente nel reparto di psiconcologia del locale Istituto Sant’Anna e di altri ospedali bresciani), è pure un momento prezioso per condividere, stare insieme e sentirsi belle. Per contatti e per saperne di più : info@esa-salutedonna.org – tel. 030-3385027 Brescia. Mi chiedo: chi si interessa per i malati oncologici uomini?…
3 – L’ESTETISTA SOCIO-SANITARIA (ESS) – A riguardo su internet si trova ancora poco a livello nazionale. E nelle nostre zone ancora non se ne sente parlare quasi affatto. La consapevolezza istituzionale in pratica non esiste, se non in sede di dibattito per addetti ai lavori, mentre la coscienza collettiva è ancora affidata alle avanguardie. Come ai piccoli gruppi (come l’ESA appena evidenziata) o addirittura a singoli professionisti, sensibili e volenterosi. I quali, spesso, possono entrare in concorrenza o addirittura in conflitto con privati che già lavorano o agiscono a vario titolo in qualche struttura o che hanno interesse ad avere campo riservato od esclusivo. Si sa come funzionano certe cose.
Inoltre, si è constatato che non tutte le Direzioni Sanitarie di cliniche, ospedali, residenze protette o altre comunità pubbliche o private sono disponibili a fare entrare i volontari. Né sono inclini a dotarsi di personale proprio per espletare il servizio estetico socio-sanitario. Tuttavia, ci sono varie scuole (private) di formazione in ESS – estetica socio-sanitaria, (qui un esempio), che rilasciano attestati di abilitazione all’esercizio della libera professione anche in strutture organizzate o protette. Sta dunque nascendo una nuova figura professionale che, possedendo una formazione specifica, abbia una particolare sensibilità ed almeno il requisito fondamentale di una forte motivazione personale a voler aiutare persone psicologicamente fragili (spesso in fase terminale).
4 – URGE CORPO ESTETISTI CLINICI-OSPEDALIERI E SOCIO-SANITARI – Caro Tito, ritengo che pure io possa esprimere un’opinione dopo tanta esperienza diretta avuta come paziente, ma anche per avere a lungo lavorato a continuo contatto con medici e ricoverati. Sono convinto che urge l’istituzione di un vero e proprio “Corpo di estetisti clinici-ospedalieri e socio-sanitari” di comunità e di servizi domestici alla persona. Una simile utilissima figura risulterebbe essere assai utile al benessere dell’intera popolazione attraverso i singoli, come salute e benessere psicofisico.
Si parla, anche a livelli istituzionali, che (specialmente dopo la tragica esperienza del Covid-19) dovrebbe essere meglio riorganizzato l’intero Servizio Sanitario Nazionale. In tale prospettiva potrebbe essere inserito proprio un CECOSS – Corpo estetisti clinici-ospedalieri e socio-sanitari garantito da un proprio Ordine professionale riconosciuto dallo Stato come per altre categorie.
5 – L’ESTETISTA IN CORSIA – Coloro che sono stati degenti in ospedale (ma anche a casa in convalescenza), per qualche giorno o addirittura per più di una settimana, sanno bene che in tali condizioni (pur avendo tutte le attenzioni sanitarie) si ha necessità di prendersi maggiormente cura di sé stessi (viso, capelli, mani, piedi, massaggi, ecc.). Non di sole accortezze mediche si ha bisogno per guarire. C’è pure l’amor proprio.
Quale è poi il profumo adatto quando si è malati?… E, poi, con tutte le medicine assunte “per os” l’odore della nostra bocca può risentirne. Come intervenire?… Sono tutte cose di cui si può occupare una medicina parasanitaria o estetica. A volte, quando si entra nella stanza di un malato, l’aria non è delle migliori. Come si può ovviare e rendere gradevole l’ambiente per il paziente, chi gli sta attorno e i visitatori? Anche questo ha la sua importanza nel decoro generale della vita delle persone.
6 – UMANIZZIAMOCI – Ormai si parla e si scrive da decenni che è urgente “umanizzare” qualsiasi aspetto e condizione della nostra vita. E la realtà quotidiana e storica dimostra che non si fa mai abbastanza per “umanizzare” ambienti sociali e situazioni delicate. Ad esempio, trovo che i medici dovrebbero spiegare di più ai pazienti i vari passi che tocca loro fare nel cammino sanitario. Otterrebbero maggiore collaborazione dal degente e costui ne trarrebbe più benefici. Invece, alcune categorie di medici e chirurghi si limitano a fare il loro (pur ottimo e spesso risolutivo) lavoro tecnico.
Pure la Scuola dovrebbe “umanizzarsi” non soltanto in scienza e coscienza, ma anche per preparare bambini e giovani alla vita vissuta, in particolare ai sentimenti e alla sessualità, all’igiene e al futuro lavorativo, ma anche in tantissimi altri aspetti, dal momento che la Scuola è la maggiore agenzia della formazione sociale degli individui nel contesto sociale. Buona scuola, buoni e più felici cittadini!…
7- IL RUOLO DELL’AVO, DELLE PARROCCHIE E DI ALTRI – Nelle varie parti d’Italia ci sono diverse associazioni che ruotano attorno alla sofferenza e alle difficoltà delle persone e delle comunità. Ad esempio, c’è l’AVO – Associazione Volontari Ospedalieri che si occupa e si preoccupa di stare vicina ai malati, specialmente a coloro che non hanno alcuno ad assisterli in ospedale.
Ci sarebbe bisogno (come ho più volte espresso alla Direzione Nazionale) che l’AVO diventasse AVOT (pure per il territorio ed il domicilio delle persone). Inoltre, ritengo che tra gli impegni delle Parrocchie cattoliche o delle comunità delle altre Religioni debbano esserci pure quelli del garantire prestazioni pratiche che, oltre a quelle spirituali, possano contribuire al benessere dei sofferenti. La solitudine a volte è proprio tanta! Meglio visitare un malato ed essere a lui utile che andare distrattamente a Messa la domenica!
8 – I CONIUGI ESTETISTI TORTELLA-MELE – Recentemente ho conosciuto i giovani coniugi Giuseppe Tortella e Raffaella Mele, che, oltre ad essere estetisti, hanno due profumerie “Wycon cosmetics”: una a Vasto d’Abruzzo in Corso Nuova Italia 8 e l’altra al Centro Commerciale di Lanciano (CH). Preparano spose ed altre persone per le più liete ricorrenze e i più opportuni ruoli anche artistici. Sono, tra l’altro, volontari nel fornire i loro servizi estetici a degenti in ospedale. Ma vorrebbero fare di più a favore di chi sta attraversando problemi di salute, magari formando un gruppo di volontari nel territorio pure per il servizio a domicilio.
Intanto, spero di poter cominciare con tali coniugi un dialogo-intervista sulla diffusione della pratica estetica-clinica, per ricavarne uno o più articoli che possano essere utili a smuovere le coscienze per giungere ad un’attività di utile volontariato. Ce n’è tanto bisogno. L’ho constatato io stesso visitando ammalati di tutte le condizioni ed età sia in ospedale, sia a casa, sia in strutture e comunità protette.
Un’impresa che bisognerà affrontare prima o poi è quella di contribuire a dare adeguata dignità (anche estetica, nell’igiene e nell’abbigliamento, nell’alimentazione, oltre che nel domicilio e in altri servizi sociali) ai senza fissa dimora, ai cosiddetti “barboni”. Nella speranza che non ce ne sia più nemmeno uno al mondo, ma che tutti siano curati adeguatamente perché pure loro sono “figli di Dio” e nostri fratelli, cittadini e, soprattutto, “persone”. Ma, al momento, sono la nostra cattiva coscienza! Dovremmo essere inquieti.
9 – SALUTISSIMI – Caro Tito, ci sarebbe davvero tanto da attivarsi e lavorare per contribuire al benessere di tutti, ma specialmente di coloro che sono alle prese con la sofferenza, la solitudine, la disperazione, un doloroso stato d’animo. L’arte estetica potrebbe avere un validissimo ruolo nel risollevare le persone. Anche e persino i cosiddetti “ultimi”. Non dovremmo dormire la notte per cercare di risolvere i loro problemi e quelli della piccola e grande sofferenza sanitaria e sociale. Solidarietà e diritti si dovrebbero fondere.
In attesa di inviarti la “Lettera n. 294” ti ringrazio e ti saluto.