Di Marco Frosali
Aritornamo ‘n Sabina!
Dopo il giro di domenica scorsa durante il quale abbiamo visitato l’Etruria, ieri, domenica ventuno giugno, per sfuggire al ritorno dei Maya e della loro profezia sulla fine del mondo, io e il Rondone abbiamo cercata protezione nella Sabina! In realtà con questo giro avrei voluto visitare di nuovo la piana di Castelluccio di Norcia per vedere finalmente la fioritura, ma le notizie fornitemi da alcuni conoscenti riferivano che i fiori non sono ancora al massimo del loro splendore e così, dato che un banner pubblicitario su Facebook mi ha messo la pulce nell’orecchio in precedenza, decido in extremis di cambiare obbiettivo.
Partiamo dunque alle nove e mezza dopo aver preso il classico panino con porchetta e bottiglietta d’acqua e dopo aver fatto benzina, dirigendoci prima verso il Raccordo Anulare e, in seguito, verso la SS4 Salaria dalla quale raggiungiamo l’ormai famoso lago del Turano,
dove il Rondone riceve apprezzamenti da parte di un signore di mezza età e dove noto l’aumento di turisti, soprattutto motociclisti, in quanto un bel gruppetto era presente anche in prossimità della diga del lago omonimo.
Da qui, io e il Rondone ci dirigiamo verso la prima tappa odierna, il bellissimo borgo di Rocca Sinibalda,
dove posteggio il mio fido destriero nei pressi della locale villetta comunale, fornita di defibrillatore:
Mi dirigo così verso la parte storica del paese, un budello di vicoletti dominato da un’imponente castello risalente all’anno Mille e ristrutturato profondamente durante la prima metà del millecinquecento e inizio a scattare delle foto ‘perimetrali’ dato che il castello è visitabile, ma sembra essere chiuso forse ancora per l’emergenza coronavirus.
Tornando indietro noto che le viuzze sono pulite egregiamente, lasciando spazio solo a ciuffetti di erba e fiorellini gialli che spuntano di tanto in tanto e non a creare foreste, indice di attenzione ai cittadini e ai turisti, quest’oggi abbastanza presenti.
Dopo essermi dissetato con un bricchetto di estathè al baretto in piazza, recupero il Rondone e ci incamminiamo verso Rieti, riprendendo la Salaria e dirigendoci verso la seconda tappa odierna, la vicina e interessante Cittaducale, dove posteggio stavolta all’ombra di un grosso e profumato tiglio e mi dirigo a visitare il centro storico, venendo letteralmente affascinato dalla bellissima piazza del popolo:
Mi avvio così in una strada del centro, quest’ultimo non molto particolare in verità, ma comunque ricco di spunti come ad esempio due finestre poste all’ultimo piano di due case adiacenti, ma senza tetto,
un angusto spazio fra due case chiuso da un’inferriata,
la piccola chiesa di Santa Cecilia, l’unica aperta a ora di pranzo per cui sono riuscito a fotografare l’interno,
e infine l’imponente torre Angioina con la relativa porta.
Dopo questa interessante passeggiata, torno indietro verso il parcheggio notando la presenza di una struttura in cui conferire i rifiuti differenziati utilizzando una scheda personale, in modo tale da sapere con precisione chi e quanto ha prodotto e come ha buttato i rifiuti! Semplice, no?
Essendo l’una e avendo un certo appetito, mi siedo sotto al grosso tiglio e divoro il mio paninazzo e all’una e mezza decido di continuare il viaggio, così io e il Rondone riprendiamo la Salaria e, superato Antrodoco, svoltiamo al piccolo centro di Posta dove imbocco la Strada Regionale 471 ‘di Leonessa’, ma…non mi rendo conto subito di averla imboccata al contrario, data la carenza di indicazioni!
La strada è davvero bella, curvosa e panoramica, ma al centro di Montereale le indicazioni per l’Aquila mi inducono ad una sosta per controllare Googlemaps. Come volevasi dimostrare, sto andando dalla parte opposta a quella desiderata e così, tornato indietro e perdendo circa quaranta chilometri tra andata e ritorno, imbocco la direzione giusta e, alle quindici e trenta raggiungo Leonessa, dove noto la locale area camper con ben quattro camper posteggiati, ma in foto se ne vedono tre in quanto il quarto è coperto dalla struttura prefabbricata in primo piano.
Ci fermiamo così in piazza, io per un buon caffè e il Rondone per tirare il fiato, scattare qualche foto
e renderci conto che il cielo è plumbeo e minaccia acqua a catinelle. Sarà mica che i Maya si stanno preparando? Così dopo nemmeno un quarto d’ora, siamo costretti a levare le tende e dirigerci verso l’ultima tappa di giornata, il piccolo e affascinante borgo di Labro, al confine tra Lazio e Umbria (difatti dietro la collina di fronte c’è Terni) e del quale sono venuto a conoscenza tramite una pubblicità su Facebook sulle bellezze del Reatino…ma che ce vò?
Posteggiato il Rondone nei pressi del centro storico sovrastato dall’imponente struttura del castello dei Nobili Vitelleschi, edificato fra il nono e il decimo secolo e ancora abitato dai discendenti della famiglia anche se aperto ai turisti con visite guidate, mi fiondo alla scoperta del piccolo borgo e, oltrepassando l’arco di Porta Reatina,
mi ritrovo in un labirinto di vicoli molto caratteristici, lastricati in pietra e fra case sempre in pietra, vicoli molto ben puliti e tenuti:
con alcuni angoli veramente molto belli da vedere,
come ad esempio le ‘tre porte’, un angolo di tre archetti dai quali si entra in un vicolo che porta al castello:
dai quali, si può godere di una bella vista sulla vallata sottostante dove è visibile il piccolo lago di Piediluco.
Girando tra i vicoletti però, mi rendo conto che anche qui il tempo è cambiato nell’arco di un quarto d’ora e, allo scoccare di un fulmine seguito all’istante da un tuono fragoroso, la scomparsa totale della visuale su Piediluco mi induce a recuperare in fretta e furia il Rondone e fare ritorno verso Roma, sperando di non subire la furia dei Maya!
Per gran parte del tragitto lungo la Salaria sembra che abbiamo scampato il pericolo, ma la presenza di grossi nuvoloni proprio su Roma ci fa presagire il peggio e infatti…nei pressi di Monterotondo inizia a venire giù il diluvio universale, costringendoci a riparare sotto il viadotto dell’autostrada A1 assieme ad altri malcapitati in attesa che si calmino gli eventi i quali, oltre alle secchiate di acqua, scatenano anche un forte vento che ha spezzato anche diversi rami dei platani lungo la strada.
Indossata la giacca impermeabile, mentre ero già munito di pantaloni, guanti e stivali, non appena cala un po’ l’intensità della pioggia, io e il Rondone ripartiamo sempre sotto una bella scarica di acqua e, piano piano e tenendo una certa distanza da chi ci precedeva (il classico problema dei dischi bagnati delle vecchie Guzzi che tendono ad allungare di molto lo spazio di arresto) alle diciotto in punto, stanchi e bagnati,
torniamo a casa sani e salvi dopo trecentoventitré chilometri, quaranta dei quali sono in più, a causa della strada sbagliata per andare a Leonessa. Come di consueto, nonostante la pioggia, anche oggi mi gusto un buon gelato, una coppetta a tre gusti: Lime e thè verde, Mango e Menta, come giusto premio
per aver compiuto un giro deciso in extremis, ma che mi ha portato a scoprire dei bellissimi luoghi che grazie ad una semplice pubblicità sul web e ad una organizzazione pianificata, attirano la curiosità e invogliano il turista a fare un salto, che di questi tempi è tutto grasso che cola.
Anche per questa volta, i Maya sconfitti si attaccano al ca…rdano!
Al prossimo giro!