Di Domenico Lanciano
Lettere A Tito N. 282
Caro Tito, come gran parte di noi, pure io amo proprio tanto e doppiamente Napoli per tutte le sue peculiarità ed anche perché è lì che nel febbraio millenovecentottanta ho incontrato Bambina, la donna della mia vita. E sono stato davvero assai lieto di averla incontrata a Napoli … l’unica vera città del mondo, poiché tutte le altre sono o sembrano soltanto agglomerati dalle tante anime che coesistono ma non possono e non potranno mai essere veramente “una” sola anima. Invece, Napoli è “città” con una propria anima da millenni, sempre la stessa, sempre con quel “pathos” umano e sociale che la distingue in tutto il pianeta. Un’anima che, però, sa accogliere, assimilare ed amare come nessun’altra (senza mai far sentire nessuno straniero o diverso) ma sa anche rinnovarsi e addirittura “precorrere” mantenendosi sempre e comunque sé stessa e autentica. E’ un fenomeno unico al mondo. Non replicabile né imitabile. E conosciuta ovunque come tale. Con una chiara e distinta personalità. Che piaccia o non piaccia. E, infatti, mentre gran parte delle città si somigliano, più o meno, tra di loro … Napoli è come una Dea, simile solo a sé stessa. Una dea che, come la più verace Grande Madre Mediterranea, accoglie, nutre ed assimila per poi diffondersi nel mondo con il fascino più esclusivo, inconfondibile e irripetibile. Nel bene e nel male. Come ogni altro luogo. Con una magica caratteristica in più. Perché “Napoli è Napoli”!
1 – L’ESCLUSIVA. – Pino Codispoti ha profonde radici generazionali in Badolato (CZ), ma vive e lavora a Napoli e dintorni come “manager” nel campo dei beni culturali. Più che professionista è fotografo per vocazione e, nel corso del tempo, è giunto ad una propria dimensione di “fotografia filosofica” e indagatrice, non soltanto quindi dello “scrivere con la luce” che è il primo significato e la prima missione della “foto-grafia”. Una fotografia da condividere, poi, al massimo possibile, poiché nasce “sociale” fin dal primo clic anche quando può apparire intima e familiare. Così Pino, amico in origine e vicino di ruga, ha voluto condividere sentimenti e foto che, frutto di questa clausura sociale da Covid-19, mostrano aspetti del proprio vissuto domestico come prototipo di una qualsivoglia famiglia. Quella condivisione di vicinato come si usava una volta in cui ci si donava o scambiava proprio di tutto. E, a mia volta, voglio condividere tutto ciò con te e con i nostri più affezionati Lettori di www.costajonicaweb.it e, speriamo, di altri portali e siti che solitamente usano molto amabilmente la condivisione di queste “Lettere a Tito” come ad esempio il portale www.soveratoweb.com di Simone Musmeci e, da qualche tempo, pure il sito molisano www.gambatesanews.it di Vittorio Venditti. E speriamo pure www.ilReventino.it di Raffaele Cardamone e amici. Speriamo che questa sia l’occasione per altri siti web (come www.napolipost.com) di unirsi in questa condivisione … in una esclusiva di rete ideale!
2 – LA RUBRICA ISTANTANEE su www.napolipost.com. – Caro Tito, “napolipost.com” è una prestigiosa testata giornalistica a carattere quotidiano con notizie ed approfondimenti per Napoli e dintorni, diretta da Claudio Fabricatore, registrata al Tribunale partenopeo al n. 2 del 2012. In questo sito web Pino Codispoti cura la rubrica “ISTANTANEE” concepita per narrare i luoghi più straordinari dell’intera Campania. “L’intenzione – mi dice Pino – è quella di puntare l’obiettivo su aspetti e peculiarità del Patrimonio culturale materiale ed immateriale dei territori della ‘Campania felix’. L’occhio fotografico cerca di catturare soprattutto esclusivi momenti di rara bellezza e intensità per trasmettere e raccontare le mille ed una anima di una Terra unica al mondo, perché il mondo deve sapere delle sue meraviglie palesi o nascoste”. Speriamo che il direttore Fabricatore voglia proporre ai suoi più fedeli Lettori pure questa “Lettera a Tito numero duecentottantadue” per mostrare loro alcuni salienti momenti della clausura domestica di una famiglia-tipo (quale è quella di Pino Codispoti) al tempo del Covid-19. Sicuramente, nei mesi avvenire, ci sarà una corsa a mettere in mostra la documentazione di questi ultimi mesi di forzata restrizione casalinga. Ognuno a modo suo. Noi, qui, anticipiamo i tempi con una piccola mostra via web. Siamo a Napoli, ma potremmo essere a New York o a Rio de Janeiro, a Hong Kong o a Sidney. E’ un documento globale dall’umanità universale. La Storia ha bisogno di raccontare alle generazioni che verranno il come abbiamo vissuto questo inedito “coprifuoco” assai simile a quello vissuto (seppure in modo molto diverso, ma con la medesima paura o angoscia) dai nostri padri, nonni e bisnonni durante la seconda guerra mondiale.
3 – IL SITO www.codispoti.eu. – E dal momento che ci siamo, suggerirei di visitare il sito personale del nostro manager-artista-fotografo-giornalista << pinocodispoti.eu >> attraverso le cui molteplici immagini possiamo viaggiare all’infinito in Italia e all’estero e conoscere EVENTI (venti ampi servizi fotografici), LUOGHI E CITTA’ (ben cinquantasette), PANORAMICHE E PAESAGGI (quattro), SPORT E MOVIMENTO (cinque), TERRA E NATURA (sei), VOLTI E PERSONAGGI (sei) ma anche conoscere le sue cinque pubblicazioni a stampa (frutto di altrettante mostre personali), nonché aspetti inediti ed originali del MANN – Museo Archeologico Nazionale di Napoli, uno dei più importanti del mondo per specificità e antichità. Ovviamente, nel sito personale non poteva mancare un tributo di affetto e di immagini per BADOLATO con ben quattordici servizi fotografici incasellati nella sezione speciale per questo borgo, conosciuto ormai a livelli internazionali. E, a proposito di foto di casa nostra, da non perdere gli ampi servizi resi alle BARCHE DI SOVERATO, alle CASTELLA, alla CATTICA DI STILO, alla MAGNA GRECIA, al contadino PIETRO PIROSO e … alle struggenti immagini degli storici e monumentali alberi di ulivi ovvero le maestose sculture della Natura, rugose come i visi e nodose come le mani callose dei nostri più tradizionali e amabili contadini-operai.
4 – LE MANI CALLOSE … IN ESTINZIONE. – E a proposito di mani callose, Pino mi ha promesso di fotografare entro la prossima estate quante più mani callose gli sarà possibile. Così, caro Tito, te ne renderemo conto e, da parte mia, evidenzierò le foto realizzate negli anni settanta (quasi cinquant’anni fa) alle mani callose di alcuni contadini ed operai badolatesi dell’epoca. Quelle delle mani callose sono ormai situazioni in via di estinzione. E spero tanto che ce ne siano ancora per l’obiettivo di Pino. Comunque sia, nella fotografia di Pino Codispoti mi è sembrato di intravedere davvero quelle venature filosofiche proprie della nostra terra quando un artista si muove per indagare o raccontare una qualsiasi realtà, che nasconda o custodisce il senso della vita, delle persone e dei luoghi. La loro missione dello stare al mondo. Ritengo che la sua “fotografia filosofica” sia appena agli inizi e che in futuro ci riserberà alcune ottime sorprese. Pure perché si nutre costantemente di arte e di archeologia, di paesaggi e di sapienza antica. Proprio come quando ama fotografare i nodosi e rugosi alberi di ulivo e i volti scavati dalla fatica come se fossero passati secoli su quella pelle arsa dal sole e dal sudore. Gli ulivi (di cui abbonda il territorio italiano e mediterraneo) sono antiche e mitiche piante tanto care agli Dei che, appunto, esprimono secoli e secoli di generazioni e di sudore umano. E mi ricordano pure ”Io sono l’ulivo che dona” (millenovecentosettantanove) una delle tante raccolte di poesie di un altro artista badolatese, quel Nicola Caporale il quale (non mi stancherò mai di dire ed affermare) avrebbe meritato il Premio Nobel per la Letteratura. Ma, caro Tito, spero di poter ritornare (con alta specifica “Lettera”) sull’argomento dei nostri millenari ulivi. E, per quanto riguarda Nicola Caporale, pure al suo più palpitante romanzo … quel “L’oro del Sud è amaro” (millenovecentosessanta) incentrato proprio sull’olio d’oliva, il nostro “petrolio”… il nostro oro. Sociale.
5 – SUNDOWN – APPUNTI DI LUCE. – Così scrive Pino Codispoti, presentando le foto del “Sundown – Appunti di luce” (evidenziate pure nel suo sito web) realizzare in momenti diversi nella clausura casalinga imposta recentemente dai decreti governativi (per i mesi di marzo, aprile e, in parte, maggio) a causa della paura nazionale (e globale) del Covid-19 (là dove “sundown” significa “tramonto” metaforico). “Il sole stasera cala più lento, c’è una strana atmosfera fuori dalle mura domestiche, tutto sembra sospendersi in un vuoto dilagante, persino il tramonto sembra non procedere e la sua luce permea le strade, i palazzi, i balconi, penetra dalle finestre e si posa su volti ed oggetti. Come una patina che toglie brillantezza. L’ aria si fa sempre più pesante, guardo la mia macchina è decido di documentare il lockdown (confinamento, chiusura, ndr). Indagando nella mia nuova quotidianità familiare emergono emozioni, sentimenti, volti nuovi. Non siamo più gli stessi. Non sappiamo cosa ci attende, quanto durerà questa clausura ma siamo diligenti; anche i miei figli, così giovani provano a ricostruirsi una nuova esistenza. Si parla poco, la paura aleggia, il silenzio s’insinua in ogni angolo della città e dal vetro delle finestre acciuffiamo pezzi di una realtà che non ci appartiene. Il sole sembra essersi fermato, è lí, in un eterno tramonto che ci condanna a non vedere una nuova alba. Siamo tutti in attesa. Eppure la vita continua, la scorgo nelle lezioni on line che Mario segue con enorme serietà. Uno schermo lo separa dalla vita universitaria così come l’aveva immaginata; lo osservo mentre sostiene il suo secondo esame e vorrei confortarlo, vorrei rassicurarlo. Mi muovo in casa con la mia camera e catturo linee di luce, momenti di tenerezza e intimità familiare e di angoscia. Tutto si piega di fronte al mostro. Sembra essere rimasti intrappolati in una eterna domenica ma la vita continua fra le mura domestiche mentre volgiamo lo sguardo all’esterno. Non si esce mai se non per fare la spesa; gli occhi di Rosa fuori dalla mascherina mi parlano. Non abbiamo bisogno di dirle certe cose, lo leggo nei suoi occhi quanto la preoccupazione la divori. Ed, ancora, eccoci in sospeso, per l’ennesima volta non siamo pronti, le terapie intensive esplodono, la curva dei contagi aumenta e noi sempre qui, in attesa. Ed in questa sospensione si intrecciano attività quotidiane e vecchie tradizioni da rispolverare. Grazia non aveva mai impastato prima d’ora: chiede timidamente a Rosa di insegnarle a fare il pane e mamma e figlia mi sembrano così complici in questo processo sacro: la panificazione. Riempiamo le stanze di momenti, di ciò che avremmo potuto fare e di ciò che continuiamo a fare, provando a superare la paura ed un senso di soffocamento che talvolta ci opprime. Anche la Santa Pasqua è un’occasione per celebrare la nostra famiglia e tutto sembra essere pronto ma mancano dei pezzi; quel tavolo si ferma lí, non si allunga per questa volta. Non c’è nessuna folta tavolata, ancora una volta noi a dividere il peso di questi giorni. Bloccati in questo tramonto aspettiamo un nuovo giorno al di qua del vetro. Aspettiamo una nuova alba ed una nuova luce”. Un racconto da brividi. Un racconto appena appena supportato da alcune foto per dare almeno un’idea di questo momento storico, sociale ed umano che resterà indelebile nella memoria di queste generazioni. Foto e racconto perché i nipotini futuri di Pino Codispoti e delle altre nuove generazioni del mondo possano entrare in questo nostro vissuto doloroso.
6 – QUANTE MORTI PER SUICIDIO DA COVID-19? – Ed un altro aspetto assai doloroso che viene taciuto dai mezzi di comunicazione di massa piccoli e grandi è quello dei morti, dovuti agli effetti collaterali di questo Covid-19. In particolare i suicidi e le dilaganti depressioni. Notizie di cronaca che, timidamente, passano di voce in voce, quasi a non aggravare ancora di più il già esasperato ed esasperante clima di paura che si è impossessato anche di chi non vuol far vedere che la situazione è fin troppo seria per minimizzare. Ad esempio, caro Tito, proprio poco fa (prima di iniziare a scrivere il precedente paragrafo 6) un nostro collega molisano-abruzzese mi raccontava, per telefono, che lui stesso ha rischiato la pazzia pura per l’improvvisa chiusura in casa … lui che per lavoro, passava tutto il giorno a girare con l’automobile da luogo a luogo per documentare le notizie della vita sociale. Sta cercando di superare questa angoscia con massicce dosi di psicofarmaci. Ma – giura – è stato al limite nel rasentare la morte e oggi, nonostante ritenga sia superata tale dolorosa situazione, ne paga ancora le conseguenze. E mi ha raccontato di tanti suicidi (persino di colleghi giornalisti) di cui nessuno parla almeno come fenomeno, pur tacendone la notizia (come facciamo di solito) a meno che non si tratti di eminenti personaggi pubblici. Suicidi pure di imprenditori, di commercianti e di semplici persone travolte da questa crisi sanitaria che si è anche trasformata in perdizione socio-economica o in aggravamenti di precedenti stress. Tanti, infatti, i femminicidi. Davanti ai figli. Tragedia su tragedia. Come quando le crisi economiche di questi ultimi decenni (in particolare dal duemilaotto in poi) facevano scandire la sua drammaticità con le tragedie dei suicidi di persone che (industriali, artigiani e altri lavoratori) si trovavano improvvisamente senza liquidità o non ce la facevano ad arrivare a fine mese … mentre invece la politica continuava a gozzovigliare a modo suo. Incurante di tutto e di tutti.
7 – LE RISCOPERTE DI TEMPI E VALORI. – Caro Tito, come suole dire un antico proverbio << non tutti i mali vengono per nuocere >>. Così, pure a proposito di questa emergenza e conseguente clausura domestica a causa del Covid-19, sono emersi innumerevoli episodi ed esempi che (forse) ci fanno ben sperare per il futuro. Probabilmente questa triste esperienza collettiva (nazionale e globale) ci ha insegnato qualcosa di utile. Forse. O in minima parte. Ciò, purtroppo, non vale per i troppi pessimisti come me, ma io non ho mai fatto testo. Però è la realtà che fa testo. Sempre, ovunque e comunque. E alla realtà non si può sfuggire. Infatti, in questi primi giorni di timida apertura, la vita sta tornando esattamente quella di prima. Forse anche leggermente più esasperata ed esagitata, poiché bisogna smaltire tensioni accumulate e trattenute oppure affrontare nuovi disagi. Ad esempio, quel poco di traffico veicolare, che è ripreso, mostra i medesimi antecedenti vizi, con la medesima imprudenza (per non dire cattiva educazione), fretta e distrazione. E pericolosità. E i soliti furbi-sciacalli hanno approfittato e continuano ad approfittare in modo occulto (a livelli paesani, nazionali e globali) delle situazioni di vuoto, debolezza che l’improvvisa crisi pandemico-sanitaria ha provocato. Tuttavia, abbiamo assistito ai soliti eroi che vengono fuori con abbondantissima generosità quando si tratta di risolvere problemi assai gravi. C’è sempre stata gente (poca, in verità) che (in guerra, nei terremoti, nelle alluvioni e in altre catastrofi o emergenze) ha dato il meglio di sé. E ci siamo commossi davanti all’esempio dato da molti medici, infermieri, forze dell’ordine, volontari, ecc.). Ci siamo sentiti persino orgogliosi. Giustamente. Ma i codardi non sono diminuiti, né dagli eroi imparano mai niente. E un pensiero va alle vittime del “coronavirus” e alle loro famiglie. Abbiano riscoperto (forse) il valore della famiglia, quando però la convivenza forzata non ha prodotto tensioni, malumori e violenze (tutti episodi taciuti dalla stampa, in gran parte (per ovvi motivi o per una tattica precostituita?). Certo, se ci sono i presupposti, giova a tutti avere più tempo ed affetto da dedicarsi pure con maggiore e migliore intimità. Più tempo e più affetto per parlarsi, per guardarsi in una società che non sa più guardarsi negli occhi e non sa ascoltarsi. Sembravamo una società in fuga che è stata drasticamente fermata a piegarsi su se stessa. Tra tanto altro, mi ha impressionato persino il curioso fatto che sui nostri telefonini era frenetico lo scambio di messaggi, foto e di video nei cinquanta e più giorni di clausura. Ma, poi, il quattro di maggio (al primo spiraglio di apertura) improvvisamente la frenesia è cessata. Di colpo. Come per incanto. Un fenomeno che gli specialisti dell’animo umano sapranno spiegare. Ma, intanto, noi stessi potremmo guardarci meglio dentro. Almeno qualche minuto al giorno. Male non ci farebbe. E, tutto sommato, sembra ancora presto per dire se ne usciremo veramente migliori. Non ha alcuna fiducia chi, come me, ha ormai una certa età, ne ha viste e sofferte davvero tante, ma tante che guarda con molto scetticismo i buoni propositi quando al contrario mancano proprio “i fondamentali” e quelle premesse di base, di valori e di volontà affinché si realizzi veramente (sebbene a piccoli passi) un mondo migliore. Non sarà più come prima, si diceva fino a qualche giorno fa. Come prima e più di prima, mi sembra di poter dire. Mancano le basi. Le basi. Il Covid-19 è stato solo una amara parentesi. Come quando (ho spesso ripetuto in questo periodo) rallentiamo sull’autostrada, impressionati nel vedere un gravissimo incidente mortale, per poi accelerare e fare gli spericolati qualche chilometro più in là. Forse non impariamo mai. E anche per questo ripetiamo i medesimi errori ed orrori (come singole persone, famiglie, comunità, popoli e come intera umanità). La riflessione di base che avrebbe dovuto essere non c’è stata. E nessuno ha aiutato a farla. Nemmeno il Papa. Tutto continuerà come prima. Forse peggio di prima, nonostante tutto. Eppure, molti di noi hanno avuto pure la possibilità di soffermarsi a leggere, a pensare, riflettere e meditare. E quasi tutti a ripeterci che nulla sarebbe stato come prima. E quasi tutti a farci e darci coraggio. Ma, passata la tempesta … ognuno torna ad un’altra trincea per la consueta “guerra quotidiana” senza alcuna visione della vita e di una società concretamente migliore, dove tutti possano veramente avere un minimo ruolo e posto, una basilare dignità. Senza dover giungere (come purtroppo si è giunti, non bisogna mai e poi mai scordare) persino a decidere, negli ospedali e nelle RSA, chi deve vivere e chi deve morire (i più anziani, i più vecchi, i più indifesi). Siamo passati anche da questo orrore che sa di lager nazista. Non vedo e non sento nessun rimorso o scrupolo. Nessuna indignazione, noi che eravamo abituati ad indignarci per molto meno. Molto molto meno. Perciò, senza farci troppe illusioni o fantasticare, se ripartenza deve essere … ripartiamo, per piacere, dal Servizio Sanitario Nazionale … quello vituperato e massacrato dai tagli criminali (come abbiamo notato). E proviamo a renderlo veramente patrimonio di tutti, patrimonio anche della sanità privata la quale (purtroppo) in questi due mesi è stata (in gran parte) a guardare che se la sbrigasse la “resa debole” ma obbligata sanità pubblica messa in affanno per i troppi tagli fatti proprio a favore della sanità privata. Impossibile trovare un equilibrio? … E un doveroso potenziamento per le future emergenze?… Perché questo è certo. Altre emergenze ci saranno. Come è certo che noi manteniamo gli stessi dubbi e i medesimi sospetti che il Covid-19 possa essere stato un provocato esempio per una “prova generale” di qualcosa di più grande ed importante, più terribile per la globalizzazione e per noi tutti.
8 – SALUTISSIMI. – Caro Tito, pure tu hai documentato ampiamente giorno dopo giorno le varie fasi di questa clausura. Adesso, possiamo uscire di casa e riprenderci l’aria che ci era stata negata. Un sospiro di sollievo ci è dovuto. E ce lo siamo ben guadagnato, stavolta. Se lo sono guadagnato specialmente i bambini che sono stati bravissimi nel sopportare (quasi meglio di noi adulti) la molto sacrificata realtà. In fondo siamo solo semplici esseri umani, non dissimili dagli altri esseri viventi, animati e animali. Abbiamo bisogno di aria e di movimento, prima di tutto. Di libertà.
Noi continueremo ad auspicare il meglio, ma vanamente, fino alla prossima emergenza. Gli egoismi riprenderanno a correre, superando ancora e sempre tutti i tentativi di ragionevolezza, di amore e di solidarietà, anche universale. Il sole, come ha intuìto Pino Codispoti, continuerà a girare (magari insensibilmente o beffardamente su questo nostro pianeta), irridendo i nostri maldestri e vani buoni propositi. Il momento è grave, caro Tito, nonostante lo spiraglio di luce e di libertà che si è appena aperto. Noi dovremmo molto bene prepararci al peggio. Ma da autodidatta?…
Grazie per questa “Lettera n. 282” e alla prossima 283. Con più speranza e ottimismo, speriamo.