Di Domenico Lanciano
Caro Tito, come ben sai, gran parte della nostra generazione è stata educata soprattutto con i proverbi e, a conti fatti, bisogna proprio dire che non ci siamo poi trovati così tanto male da rinnegare tale sempre valida pedagogia plurimillenaria. Anzi! Pure e persino il Vangelo di Gesù è, in fondo e in buona parte, ricco di parabole e proverbi popolari di più antica memoria! Parole di buon senso, prima di tutto, frutto delle esperienze di tutte indistintamente le generazioni precedenti.
Mio padre, Bruno Lanciano (che a sua volta aveva ascoltato i proverbi dai suoi genitori, nonni e altri familiari, parenti ed amici) tra i molteplici “Dissa l’anticu ca…” mi ripeteva spesso “Ha detto l’antico: fai bene e scordati, fai male e guardati”. Conseguentemente e coerentemente al “fai bene e scordati”, ho sempre cercato di attenermi al meglio che ho potuto, senza mai aspettarmi nulla in cambio. Sperimentando su di me l’esortazione del proverbio: se non ti aspetti nulla in cambio, vivi più sereno! Ed è proprio così!
Infatti, dall’aprile millenovecentosessantacinque (cioè cinquantacinque anni fa), da quando cioè sono diventato ufficialmente corrispondente da Badolato (CZ) dei due maggiori quotidiani romani “Il Messaggero” e “Il Tempo” ho avuto la possibilità di fare articoli su tanta gente (tra cui, scrittori, artisti, ecc. ecc.). In questo essere al servizio della mia gente, mi sono messo a disposizione di tutti anche su tante altre testate come “Calabria Letteraria”, “Il piccolissimo”, “il Giornale di Calabria”, la “Gazzetta del Sud” ecc. nella mia regione e poi in numerose testate del Molise nella terra che mi ospita da alcuni decenni. Non mi sono risparmiato, davvero, per nessuno che volesse visibilità. E sempre a mie spese. Rigorosamente. Anzi, spesso rimettendoci tanto di mio. A volte, persino troppo. Ma quando tutto ciò si sente come “missione” (oltre che puro e semplice altruismo) si sopporta.
E lo puoi testimoniare anche tu, cui scrivo “Lettere” ormai da ben sette anni e otto mesi; e (giungendo con questa alla numero duecentottantuno) fin qui hai potuto constatare come e quanto io mi dedichi disinteressatamente ad innumerevoli persone. Gratis ed amore Dei, ovviamente, in modo volontario, con umiltà e con spirito di servizio. Finora, in cinquantacinque anni di giornalismo, posso dire che soltanto tre di tutte le centinaia (forse migliaia) di queste persone mi hanno fatto la sorpresa di dedicarmi un loro scritto. In ordine di tempo sono Antonino Picciano, Antonio Gesualdo e Cesidio Delle Donne (due molisani e un calabrese). Le persone particolarmente sensibili non sono ancora in via di estinzione.
1 – ANTONINO PICCIANO. – Antonino Picciano, sessantacinque anni, è un medico molisano che vive con la famiglia a Battipaglia (Salerno). Ha la passione per la poesia e la scrittura, in genere, ed è giornalista-pubblicista. Al suo attivo ha numerose pubblicazioni a stampa e gli piace pure curare generosamente volumi di altri Autori. Gli ho riservato un significativo spazio (con foto) tra i miei autori preferiti e tra “I miei Vip” alle pagine sessantasei-sessantasette del volume numero sette del “Libro-Monumento per i miei Genitori”.
In questa rubrica delle “Lettere a Tito” gli ho dedicato le corrispondenze numero centootto dell’otto marzo duemilaquindici, numero duecentonove del ventisei febbraio duemiladiciotto, numero duecentoventidue del primo settembre duemiladiciotto e l’ho citato in altre Lettere (come la numero centotrentacinque dell’undici gennaio duemiladiciassette, la numero centotrentasei, la numero centottantaquattro, ecc.). E’ un ottimo amico e mi ha onorato di un piccolo saggio nel descrivere e commentare i sette volumi del “Libro-Monumento per i miei Genitori”. E’ stato sicuramente uno dei pochi che ha letto tutta l’opera. E ancora adesso gli sono grato per questo e per la ormai antica ed ottima amicizia. Ho provveduto a pubblicare tale sua molto impegnativa e gradita “recensione” in un’intera pagina de “Il Sannio quotidiano” e anche a scrivere su una o più opere di suoi amici autori, a me sconosciuti.
2- ANTONIO GESUALDO. – Antonio Gesualdo ha superato di recente gli ottantaquattro anni e, oltre a rappresentare la cultura più erudita calabrese ma anche internazionale, è lo storico più insigne di Badolato. La nostra amicizia risale al millenovecentosessantadue ed è testimoniata da un carteggio enorme di quasi cinquecento lettere (da entrambe le parti) e di miei numerosissimi articoli, recensioni, iniziative ed eventi su di lui. L’ho onorato di tanta devozione e fedeltà amicale e intellettuale. Nel millenovecentosessantasette mi ha curato la presentazione e la scelta delle poesie che appaiono nella raccolta di “Gemme di Giovinezza”. Mentre io nel “Libro-Monumento per i miei Genitori” (edito nel duemilasette) gli ho riservato un preminente posto di sicura rilevanza anche grafica in quasi tutti i sette volumi. Abbiamo condiviso il medesimo intenso amore per Badolato e per la Cultura più in generale. Ha al suo attivo numerose, poderose e importanti pubblicazioni a stampa che qui sarebbe troppo lungo il solo elencarle. Oltre ad essere Cavaliere della Repubblica Italiana è anche giornalista-pubblicista e “Gigante della Calabria”.
Nell’estate duemilaundici mi ha voluto fare una sorpresa, regalandomi un suo scritto dal lungo titolo “Esame delle tematiche dominanti del sociologo pubblicista dottore Domenico Lanciano: genocidi e non-violenza, globalizzazione, emigrazione, Islam, Africa, Badolato paese in vendita” … che ho riassunto editorialmente in “Qualcosa su Domenico Lanciano” in un opuscolo dato alle stampe (a mie spese) nella Tipografia Antonio Litterio di Agnone del Molise il 09 maggio 2019 (nel giorno della Festa dell’Europa) pure in onore del suo immenso amore per il vecchio continente, che ha visitato in lungo e in largo e di cui ammira di più il periodo medievale. Mi tocca precisare che non sono “sociologo” ma solamente “laureato in filosofia” anche se ho dato la mia tesi di laurea in sociologia nel millenovecentosettantasette.
3 – CESIDIO DELLE DONNE. – Cesidio Delle Donne, settantaquattro anni, è un raffinato, signorile ed arguto giornalista-pubblicista molisano (nativo di Sant’Angelo del Pesco, ma con domicilio in Isernia). Ha più intensamente collaborato prima e continua a collaborare più pacatamente adesso (che è pensionato) con emittenti televisive del Molise e del Vicino Abruzzo, con giornali web e cartacei. Egli rappresenta uno dei più valenti presidii socio-culturali del territorio molisano. Ed ha uno stile ed una delicatezza tali da distinguersi nel panorama giornalistico.
Condivido con lui il grande amore per il proprio paese natìo. Infatti così come io per Badolato, egli per il suo Sant’Angelo del Pesco (autentica perla della valle del fiume Sangro, al confine con l’Abruzzo) ha speso tante energie, producendo una grande mole di memoria storico-sociale senza la quale le nuove generazioni non potrebbero orientarsi sulle vicende passate e presenti del proprio borgo e sui dintorni. E’ stato pure stimato ed amato docente nelle scuole. Nella primavera del 1995, con le sue classi e con il suo prezioso aiuto ho sperimentato una certa riforma della lingua italiana. E, per la prima volta, ho tenuto conferenze sull’Armonia.
Specialmente attraverso la sensibilità di Cesidio, mi è nata una grande e commossa devozione verso queste sofferte montagne altomolisane e, in particolare, verso quei paesi che, nel millenovecentoquarantatré-quarantaquattro, sono stati rasi letteralmente al suolo durante la ritirata dell’esercito nazi-tedesco e l’avanzata degli Alleati anglo-americani (rafforzati da truppe polacche e di altre Nazioni). In gran parte, le popolazioni di questi luoghi così distrutti sono state ospitate non soltanto nei rimanenti borghi molisani, ma soprattutto in Puglia e Basilicata. Pure mia suocera, ad esempio, ha accolto in casa, a Villacanale di Agnone, una famiglia di Pescopennataro con la quale mantiene ancora ottimi rapporti di amicizia e di “amarcord”.
Ma è utile ricordare gli altri antichi borghi vicini totalmente distrutti dalla ferocia della guerra: Sant’Angelo del Pesco, Capracotta, San Pietro Avellana (solo per restare sulla sponda altomolisana del fronte). Ma tutti i paesi e le città lungo la “linea Gustav” (dalla foce del fiume Garigliano sul mare Tirreno fino al mare Adriatico di Ortona, lungo la valle del fiume Sangro, passando per la martoriata Cassino) hanno sofferto massacri e ingentissimi danni quando non sono stati completamente distrutti. Con vittime ed eroi. E la ricostruzione è stata fin troppo dura. Pure per questo ho un sacro rispetto ed affetto per queste popolazioni e per tali luoghi di lungo martirio e già disagiati per problemi orografici e climatici.
L’amicizia con Cesidio Delle Donne mi ha portato pure a conoscere in modo più da vicino e partecipato la tragedia dell’otto agosto millenovecentocinquantasei avvenuta nella miniera di Marcinelle, in Belgio, tramite la commemorazione annuale dei duecentosessantadue minatori morti, poiché alla sua comunità apparteneva Felice Casciato, una delle centotrentasei vittime italiane (molti gli abruzzesi, i calabresi e altri molisani). Fu una tragedia europea, se pensiamo alle dieci Nazioni di provenienza delle vittime (più tre algerini). Come non pensare al mio nonno materno, Giuseppe Menniti, a lungo minatore negli Stati Uniti d’America tra Ottocento e Novecento e alla tremenda tragedia nella miniera di Monongah (West Virgina – USA) il sei dicembre millenovecentosette che costò la vita a trecentosessantuno minatori, di cui centosettantuno italiani?!… I morti sul lavoro gridano “vendetta” al cospetto di Dio!
4 – I LIBRI DI CESIDIO DELLE DONNE. – Un antico adagio afferma: “Amare il proprio paese o qualsiasi altro paese è un modo o un pretesto per amare tutto il mondo”. Oppure più semplicemente: “Se ami un paese ami tutto il mondo”!.. Cesidio Delle Donne ed io facciamo parte di quella folta schiera di ”paesòloghi” come direbbe il poeta Franco Arminio (nato a Bisaccia il diciannove febbraio millenovecentosessanta in provincia di Avellino). Ovvero di coloro i quali amano in modo (a volte folle) il proprio paese di nascita o di elezione e per esso si spendono forse molto più del dovuto. Ma il troppo, si sa, potrebbe paradossalmente non essere abbastanza! E, in pratica, Cesidio ha dedicato al suo Sant’Angelo del Pesco (provincia di Isernia) tutto sé stesso. Ed ha fatto bene, proprio bene, pure perché tale immenso amore ha prodotto numerosi e notevoli libri di prevalente carattere storiografico, umano e sociale. Cesidio contribuisce ad amenizzare l’anima più autentica del suo paese.
Tutti i libri pubblicati da Cesidio fanno parte della preziosa collana editoriale dei “Quaderni santangiolesi” destinati soprattutto alle future generazioni, affinché non si perda la memoria del proprio paese e della propria gente, specialmente di coloro i quali sono morti per difendere la propria Terra e per ricostruire dalle fondamenta il borgo dopo l’annientamento subìto nella seconda guerra mondiale. Qui di sèguito elenco i più importanti. Tutti tesi a raccontare i secoli, le attualità e le tradizioni di questa comunità che, pur soffrendo un notevolissimo spopolamento, cerca di non sparire dalla geografia e dalla memoria storica.
PASSATORAMA (millenovecentonovantuno), MOMENTI (millenovecentonovantaquattro), NOSTALGIA (duemiladue), RICORDARE (duemilaotto), ESSENZE (duemiladieci), GRATITUDINE – Ai santangiolesi caduti nella guerra 1915-18 (duemiladodici), AVVENIMENTO – Vittime e caduti in divisa (duemilatredici), DOPOGUERRA – Ricordi e rinascita 1944-1964 (duemilasedici).
5 – LA BOTTEGA DEL PAPA’ FABBRO. Cesidio Delle Donne ha avuto Nicola un padre fabbro che ha contribuito alla ricostruzione postbellica, come tanti nostri genitori o nonni. Poiché non si è trovata la possibilità di mettere in mostra la sua bottega in Sant’Angelo del Pesco, che era il luogo ideale, Cesidio si è trovato costretto (anche se volentieri e con piacere, pure per mantenere la memoria esistenziale ed artigiana del papà) a donarla al Museo della civiltà contadina del Comune di Castelpetroso (pur nella medesima provincia di Isernia, ma topograficamente al lato opposto della valle del Sangro).
6 – IL GRADITO REGALO DI CESIDIO. – Mercoledì mattina sei maggio duemilaventi apro la posta elettronica e scorgo una email di Cesidio Delle Donne, il quale, per farmi un regalo, mi aveva mandato una bella sorpresa: in una sola pagina un suo scritto su di me, intitolato “Domenico Lanciano e la sua Utopia”. Un regalo assai gradito, il terzo in cinquantacinque anni di giornalismo, dopo i piccoli suddetti saggi di Antonino Picciano (duemilasette) e di Antonio Gesualdo (duemilaundici).
Poi, lunedì mattina undici maggio mi telefona Cesidio solo per dirmi “Guarda Primo Piano”. Compro copia di tale quotidiano, l’unico rimasto dei sette che c’erano fino a poco tempo fa nel pur piccolo Molise. Apro alla pagina undici di “Isernia Alto Molise” e trovo un articolo, in taglio basso, cinque colonne su sei, con una mia foto e, accanto, il titolo “Da sempre dispensatore di idee: ecco il ritratto di Domenico Lanciano”. Tale articolo non è altro che il testo sulla mia Utopia. Un testo che, pure per la sua brevità, riporto qui di seguito per comodità di lettura.
7 – DOMENICO LANCIANO E LA SUA UTOPIA. – Dispensatore di idee con una lungimiranza infinita. Creatore di ipotesi valide e possibiliste. Uomo dal sorriso perpetuo con sentimenti positivi e spiccato altruismo. Mente aperta e versatile. Intellettuale civilmente impegnato.
Tutto questo ed altro è in Domenico Lanciano, Mimmo per i molti amici. Calabrese di Badolato Marina (CZ), anzi, Molisano di Agnone d’Isernia, con 14 lustri sulle spalle. Supportato e sopportato, dal 1980, dalla moglie, Bambina Mastronardi, il medico che lo trattenne in Alto Molise.
Studi sofferti. Titolo accademico-filosofico adoperato in modo corretto e parsimonioso. Per la sua passione di scrivere si è servito, senza enfasi, della precisa definizione di collaboratore di riviste e giornali: Pubblicista. Per la precisione e con orgoglio.
La sua professione, impiegato amministrativo, dipendente di ente regionale, comparto sanità, è stata quasi una sofferenza. E’ stata infestata dalla burocrazia, dagli ordini e dai disordini. Il suo valido ruolo non si è potuto del tutto manifestare, nonostante anticipasse tutte le mosse e le conseguenze delle decisioni apicali della elefantiaca struttura.
La ricompensa ai suoi disagi professionali, è stata la grande libertà goduta nel decidere e guidare la sua passione di ricercatore di storie che saranno Storia. I fatti raccontati e descritti con arte, sono tutti medagliati. Con capacità allarga la notizia, l’accarezza, la fa vivere, la rende bella e la lancia per il mondo.
Con spirito culturale-popolare organizza l’Università delle Generazioni dove i docenti sono persone tra le persone, uomini tra uomini, donne tra donne che si raccontano, consigliano e indicano buone vie.
Per curiosità cerca di sapere cosa si dissero Adamo ed Eva nel paradiso terrestre. Per consolidare il suo amore per i libri, crea, come Animatore Culturale, la Festa del Libro Molisano e della Comunicazione Sociale. Per la storia realizza la Festa del Mare in montagna, singolare iniziativa alle sorgenti di Rio Verde, là dove il mare nasce.
Progetta le ipotesi per una Banca Umanitaria che raccolga fondi economici da destinare alle varie emergenze. Distribuisce titoli di regina e di re. Decreta Villacanale il Paese delle Regine, coordinate dall’amata suocera. Incontra delle scolaresche molisane per alcuni esperimenti di riforma della lingua italiana. Riunisce coloro che hanno il suo stesso cognome i quali arrivano in massa nella cittadina abruzzese di Lanciano. Mille cose portano il suo marchio.
Scrive, in vari anni, la Lettera-Libro, un Monumento per i suoi genitori. Sette volumi per un totale di 2.924 pagine, copertine con la stessa amata foto, a taglio medio, dei genitori che vorrebbero trattenere l’orgoglio, ma non c’è la fanno. I volumi sono una Enciclopedia Illustrata, calabrese-molisana, che riunisce ed espone in modo sentimentale-storico-sociale le virtù civiche della popolazione.
Nel baùle delle generazioni i suoi libri hanno: la tenerezza, la poesia e i colori dell’artista della fantasia Tonino Trapaglia; la forza e la profondità della grande solidarietà verso gli indifesi di ogni terra, espressa da Ignazio Silone; la luce della rappresentazione realistica di Michelangelo Merisi detto il Caravaggio.
Mimmo, prima del silenzio, ci dirà ancora molte cose della sua ossessione. – stop –
8 – MEMORIE DI UN CONVITTORE E OPUSCOLO GESUALDO. Ringrazio l’amico e collega prof. Cesidio Delle Donne per avermi regalato questo troppo benevole “ritratto” e ringrazio il prof. Antonio Gesualdo per quanto è riportato nel suo scritto “Qualcosa su Domenico Lanciano”. Affinché le presenti e le future generazioni possano prendere nota di tale documento, in fondo a tale “Lettera n. 281” viene evidenziato il modo per leggere e/o scaricare l’opuscolo nei due distinti “files” della copertina e delle pagine interne
Sperando nel gradimento dei nostri Lettori, propongo Loro di leggere e/o scaricare pure il breve ed ancora inedito scritto del duemiladiciotto sul “Convitto di San Bernardino in Agnone del Molise” che descrive come vivevano i convittori negli anni dell’immediato dopoguerra e degli anni Sessanta e Settanta del secolo appena trascorso, tra cui la generazione di Cesidio delle Donne, il quale di tale Convitto fece parte per poter seguire gli studi nella cittadina capoluogo dell’Alto Molise, lontana quasi trenta chilometri dal suo borgo natìo.
Sono certo, caro Tito, che i giovani di oggi (che hanno tanto se non proprio tutto) troveranno utile sapere dei tantissimi sacrifici sofferti dai loro nonni o padri per poter studiare, lontano dalle proprie famiglie e in condizioni, spesso, di forti disagi; mentre invece adesso la scuola per molti, se non è sotto casa, è più facilmente raggiungibile ritornando poi ogni giorno a casa, nel proprio ambiente. Certo, ogni generazione ha le sue difficoltà e i suoi sacrifici, ma bisogna ammettere e sapere che le generazioni che ci hanno preceduti se la sono sudata di più, la vita. A loro va il nostro più affettuoso e riconoscente plauso.
9 – SALUTISSIMI. – Caro Tito, ho conosciuto fotografi ai quali, in tutta la loro carriera, in tutta una vita di lavoro per gli altri, nessuno mai ha fatto loro una fotografia. Nemmeno nel mentre si rendevano utili per gli altri. Ho cercato io di ritrarli e di celebrarli, sempre con affetto e riconoscenza. La stessa cosa è per noi giornalisti. Può capitare che, in tutta la nostra carriera, non ci sia mai alcuno che scriva su di noi, mentre noi abbiamo scritto su un’infinità di persone e di situazioni, donando spesso visibilità e vantaggi mediatici di inestimabile valore.
Perciò, adesso voglio e devo tornare a ringraziare il dottore e poeta Antonino Picciano, il professore e storico Antonio Gesualdo, il professore e giornalista Cesidio Delle Donne perché si sono presi la briga di scrivere qualcosa su di me e sul mio impegno sociale e di scrittura. Mi posso ritenere fortunato che, in cinquantacinque anni di giornalismo e di pubblicazione di libri ed opuscoli, siano stati già tre gli amici che mi hanno onorato e gratificato della loro stima e del loro affetto, reso in tal modo pubblico. Resto loro veramente riconoscente e grato. E questa “Lettera numero duecentottantuno” intende esserne una prima devota dimostrazione.
E resto riconoscente e grato pure a te, Tito, per darmi la possibilità, fin dal quattro ottobre duemiladue, di potermi esprimere e di poter mantenere un appuntamento di presenza, di dialogo e di memoria sociale e storica con i nostri gentili Lettori. Alla prossima “Lettera numero duecentottantadue”. Grazie e tanta cordialità.