Di Veronica Tanno
Nasce la redazione giornalistica online dei ragazzi e per i ragazzi dell’IIS Pertini Montini Cuoco, Officina d’Autore. Un nuovo spazio che dà voce agli studenti della scuola, per ora, ai tempi del coronavirus per raccontare come vivono questi giorni di emergenza e parlare di buone pratiche di Didattica a Distanza.
Due, quindi, le rubriche attivate:
• Rest@casa – La nuova quotidianità vissuta come giovani, Dove descrivere le esperienze di questa nuova quotidianità, fare riflessioni, esprimere emozioni, considerazioni, pensieri e preoccupazioni sulla nuova e difficile situazione che il mondo intero sta vivendo e raccontare il coraggio e la speranza.
• Aul@distanza – La nuova didattica vissuta come studenti, Dove condividere le esperienze significative, positive e innovative di didattica digitale realizzate dalla scuola.
Un luogo che nasce per continuare a dare sostegno al dialogo educativo e rimanere uniti come comunità scolastica in un momento così drammatico. Uno spazio dove ‘piccole’ ma indelebili memorie giovanili con le storie diventano le tante voci di una narrazione collettiva.
Prima puntata con Angelica Carosella della quinta E – dell’Istituto Biotecnologico Pertini che, per la Rubrica Rest@casa – La nuova quotidianità, racconta la sua storia.
LA VITA AI TEMPI DEL CORONAVIRUS
124.600 è un numero estremamente grande. Centoventiquattromila seicento. Vale a dire, oltre il venti virgola sei per cento della popolazione italiana, mediamente due persone su dieci. Ad oggi (quattro aprile duemilaventi, ndr) questo numero rappresenta i cittadini italiani che hanno contratto la COVID-19 (o, più semplicemente, malattia da coronavirus 2019). Di questi, oltre quindicimilatrecentocinquanta sono stati i morti: oltre il due virgola cinque per cento della popolazione italiana ha cessato di vivere nel giro di poco più di due mesi. Il responsabile di tutto ciò è il ceppo virale SARS-CoV-2 (CoronaVirus 2 da Sindrome Respiratoria Acuta Grave), appartenente alla sottofamiglia dei Coronavirus (virus che presentano una superficie chiodata simile ad una corona, da cui il nome). Il contagio avviene principalmente attraverso le mucose di occhi, naso o bocca e contatto diretto con persone infette. I sintomi più comuni, come tutti ben sappiamo, sono febbre, tosse, indolenzimento, mal di gola, congestione nasale e, nei casi più gravi, polmonite e sindrome respiratoria acuta grave: sintomi che, se trattati con leggerezza e superficialità, potrebbero essere facilmente interpretati come una semplice influenza o, nei casi più gravi, una comune polmonite. Proprio a causa della difficile interpretazione dei sintomi, dell’estrema facilità di trasmissione e, dunque, della diffusione del virus a livello mondiale, l’undici marzo l’Organizzazione Mondiale per la Sanità ha dichiarato lo stato di pandemia. L’Italia, e con essa il resto del mondo, è stata quasi del tutto bloccata. I decreti emanati per contenere il contagio ci obbligano a non uscire di casa se non per le più strette necessità. I negozi sono chiusi, gli spostamenti bloccati e controllati, strade e città brulicano di posti di blocco e forze dell’ordine. Multe, sanzioni e talvolta l’arresto sono le possibili misure adottate in caso di violazione delle norme imposte: una sorta, diranno alcuni, di legge marziale. Per arrestare la diffusione, bloccare l’epidemia e poter tornare alla normalità, dunque, non ci viene chiesto molto, se non un unico sforzo: restare a casa. “Restate a casa”. E’ diventato questo il motto più diffuso degli ultimi mesi: compiere uno sforzo apparentemente insignificante e facilmente adempibile, ma che sta comportando e comporterà nelle nostre vite delle conseguenze (positive e negative) non indifferenti. Ci sono modi e modi di vivere e interpretare la quarantena forzata a cui tutti siamo sottoposti: può sicuramente essere vissuta come un’occasione per dedicare tempo alla famiglia, alle persone con cui viviamo, ma che molto spesso sono coloro a cui dedichiamo la minor parte del nostro tempo. Può essere un’occasione per occuparci delle nostre passioni, per leggere i libri per cui non abbiamo mai avuto abbastanza tempo, tempo che abbiamo sempre preferito trascorrere fuori casa; per guardare i film che non abbiamo ancora mai visto, per studiare ciò che abbiamo sempre tralasciato, e anche per passare finalmente un sabato sera a casa (cosa che, come probabilmente stiamo tutti scoprendo nostro malgrado e con grande stupore, non è poi tanto male). C’è però un ulteriore aspetto che merita particolare considerazione: dover restare chiusi in casa vale a dire anche e soprattutto trovarci faccia a faccia con noi stessi. Un aspetto che potrà apparire anche banale, ma che sta lentamente cambiando (seppure in maniera non sempre evidente) la nostra vita, le nostre relazioni e i nostri atteggiamenti. Proprio così: la quarantena ci tiene isolati, separa coppie, gruppi, famiglie, ci da’ il tempo di riflettere, di pensare, di toccare con mano l’importanza che le persone le quali appartengono alla nostra vita hanno per noi. Abbiamo finalmente tutti il tempo per valutare, rielaborare, comprendere, renderci conto di cosa e di chi conta davvero per noi, di chi non potremmo fare a meno e di chi invece apprezziamo maggiormente l’assenza. Vien da sé, dunque, che gli effetti dell’isolamento non sono (com’è ovvio che sia) unicamente positivi, tutt’altro, c’è ovviamente da considerare l’altra faccia della medaglia. La sofferenza, la privazione, la solitudine, la nostalgia. Fare una passeggiata all’aria aperta, passare un pò di tempo con le persone che amiamo, fumare una sigaretta in compagnia, uscire di casa per andare a scuola: le azioni quotidiane che abbiamo sempre dato per scontato sono diventate ciò di cui abbiamo più bisogno, ce ne rendiamo conto solo adesso, ed esserne privati ci fa male. Fa male ai giovani, fa male ai bambini, agli anziani. Fa male agli sportivi come ai più pigri, fa male. Veder scorrere la primavera e farla andar via davanti ai nostri occhi senza poterla pienamente vivere, fa male. Fa male al cuore, ai pensieri, al corpo, alla psiche. Vedere la vita che scorre e noi che invece stiamo rimanendo fermi. Fa male, ma così come in ogni brutta situazione, la speranza è l’appiglio che ci fa resistere a tutto questo. La speranza di poter presto riprendere a vivere, insieme alla consapevolezza di essere tutti un po’ cresciuti, di aver imparato ad apprezzare la vita, di essere tutti un po’ più vicini, e il pensiero che nulla sarà più bello che riacquistare la nostra libertà. Finirà, prima o poi, ma resterà il segno. Non sarà tutto come prima, questo è poco ma sicuro. Noi saremo tutti un po’ cambiati.