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Non Ci Si Può Nemmeno Suicidare In Pace

Di Vincenzo Cimino

Avrei dovuto scrivere questa nota ieri o giovedì, ma non ne ho avuto il tempo. Limiti caratteriali mi impongono di riflettere bene, perché l’emotività e l’impulsività potrebbero portarmi ad esagerare nei toni. Tuttavia vorrei solo rappresentare quanto di abnorme si sia verificato a Termoli.

Un anziano quasi novantenne decide di farla finita, sale su di una scala che affaccia sul muro di cinta del castelo e si lascia cadere. Prima di farlo scrive dei messaggi, lascia le sue generalità e un cell di un parente per comunicarne il gesto agli avventori. Segnali di una pianificazione studiata, nel pieno isolamento del covid 19. Un gesto privato di un uomo privo di cariche pubbliche presenti e passate, di origini non molisane e di conseguenza maggiormente tutelato dalla privacy. Questo vale per i giornalisti, ma il concetto andrebbe recepito da tutti, specie nei social. Come mai? Per evitare che un minore, che un’altra persona sofferente, particolarmente sensibile (specie ora che siamo tutti un po’ depressi, preoccupati e tesi) possa emularne il gesto. Non a caso ci sono testimonianze dirette grazie alle quali si è evinto che durante il gesto, capiti che il suicida ci ripensi quando a volte sia troppo tardi. Vi rendete conto? Ci sono persone che mentre tentano di togliersi la vita, vogliano disperatamente tornare indietro, ma magari non c’è nessuno pronto e disponibile a salvarli!

Un peccato per chi crede come me. Ma per l’appunto, ci sono persino regole ed indicazioni anche a tutela dei familiari delle vittime di suicidio, rese note anche dalla Oms da alcuni anni. Non ho alcuna intenzione di fare il professore, ma solo di ribadire i concetti che l’Ordinamento della professione giornalistica prescrive. Lo faccio perché mi sembra assurdo che si pubblichino foto dalle quali fosse evidente, con un po’ di attenzione e curiosità, il cellulare della familiare, i messaggi lasciati e la foto dell’uomo, in bella evidenza sulla scaletta. Il tutto alla luce del sole, manco a suicidarsi fosse stato il sindaco della città, unitamente ai soliti ragionamenti campati in aria sul perché e per come.

Per questo motivo, come sostiene e scrive il presidente dell’Odg Toscana Carlo Bartoli:

1. Cogli l’opportunità per educare il pubblico a proposito del suicidio;
2. Evita un linguaggio sensazionalistico, o che presenti il suicidio come un fatto normale, o ancora che lo presenti come una soluzione dei problemi;
3. Evita di presentarlo in posizioni di particolare evidenza e non riproporre più volte, senza motivo, le storie di suicidi;
4. Evita di descrivere in maniera esplicita il modo usato per togliersi la vita o nei tentativi di suicidio;
5. Evita di descrivere in modo dettagliato i luoghi scelti;
6. Usa con attenzione le parole nei titoli;
7. Sii cauto nell’uso di foto e filmati;
8. Usa particolare attenzione nel descrivere il suicidio di persone celebri;
9. Tieni nella dovuta considerazione i parenti e gli amici dei suicidi;
10. Fornisci informazioni su dove è possibile chiedere un aiuto;
11. Ricordati che gli stessi giornalisti possono essere influenzati nel raccontare casi di suicidio.

SPERO DI NON DOVERLO RIPETERE.

Vincenzo Cimino
Consigliere nazionale Odg