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Folgorato Da Una Lettura

Di Mario Ricca

Cose Dell’Altra Italia…

Ieri mattina, mentre ero all’ascolto della trasmissione 9 in punto condotta da Oscar Giannino su radio 24, mi sono messo alla ricerca di un libro del quale si è parlato nel corso del programma, (Istituto Bruno Leoni – “Sudditi. Un programma per i prossimi 50 anni”), prodotto edito dalla fondazione Bruno Leoni, che ho trovato assai consono al mio essere anti statalista, uno dei motivi principali del mio disprezzo verso tutto ciò che è mancino, annessi e connessi.

Mentre cercavo sul sito i collegamenti per poter fare l’acquisto, mi sono imbattuto in un articolo Che per me è stata una vera e propria illuminazione, perché avrei voluto avere la capacità di scrivere testualmente quanto stavo leggendo, che esprimeva concetti che condividevo in toto e che mi hanno esaltato, avendo trovato chi ha saputo in una maniera magistrale esprimerli.
L’articolo in questione si intitola “drogati di Stato”, che mi permetto di sottoporre integralmente alla tua attenzione, augurandomi che possa generare qualche pragmatico spunto di riflessione, che vada oltre l’italiettana demagogia dei privilegi della casta, anti politica e quanto propinato da ciarlatani che oltre a sparlare dell’attuale Primo Ministro uscente non riescono a fare altro che essere mantenuti del Berlusconismo.

Drogati di Stato

Oscar Giannino lo va ripetendo con un neologismo che vale più di mille parole: lo Stato è tassicodipendente, cioè in perenne astinenza da tasse, ed è ora di disintossicarlo. Ma c’è anche un altro aspetto da considerare, ancor più pericoloso: a forza di dipendere da norme di favore e benefici vari elargiti dalla generosa manina statale, anche noi rischiamo a nostra volta di diventare dipendenti dallo Stato e dalle sue elargizioni, disabituandoci all’intraprendenza e allo spirito di sacrificio, perché tanto a procurarci la bistecca ci pensa la benevolenza del governo di turno.

Così, sono drogati di interventismo statale i lavoratori della cultura che sabato scorso hanno protestato a Torino contro i tagli al settore, incapaci anche solo di immaginare un mondo in cui le loro professionalità siano in grado di svilupparsi perché soddisfano i gusti del pubblico. No, lo sciagurato mantra sessantottino del tutto-mi-è-dovuto li ha definitivamente convinti che i soldi spettano loro per diritto divino, e che questo diritto divino debba essere riconosciuto in quanto tale dal politico o dal burocrate di turno. Se lo fa, non gli si negherà una marchetta in tempo di elezioni. Altrimenti, gli si manifesta contro, perché la loro arte è per definizione di tale qualità e rilievo sociale che merita di essere finanziata coi soldi del popolo bue. E se poi il popolo bue – povero sciocco che non sa quello che fa – la loro arte proprio non se la vuol filare, è colpa del fatto che non si son spesi abbastanza soldi del popolo bue per educarlo ad apprezzarla.

Esattamente allo stesso modo, sono drogati di interventismo statale i consiglieri regionali leghisti che protestano contro la chiusura di uffici postali nell’ambito della spending review, così come tutti quanti si oppongono ai tagli per principio, perché tagliare a loro è per forza un attacco intollerabile a qualche attività di enorme utilità sociale. Altrettanto drogati sono i costruttori che chiedono nuove commesse pubbliche, le industrie dell’automotive che chiedono piani straordinari a proprio favore, i gestori degli impianti sciistici che chiedono interventi “preventivi” a loro vantaggio, i sindacati che difendono la concertazione, i lavoratori Gtt o delle Ferrovie che scioperano perché… (perché scioperano?!), gli accademici che chiedono nuove risorse senza ribellarsi ai fancazzisti della scrivania accanto, le maestre d’asilo che rifiutano di lavorare qualche ora in più a settimana, i precari della Regione che non pensano che molte delle funzioni a loro affidate possano essere tranquillamente gestite dal privato (o non gestite proprio!), gli avvocati che scioperano e riscioperano contro la razionalizzazione dei tribunali e le timide liberalizzazioni, i farmacisti che scioperano contro la spending review, e così via.

O per guardare un po’ più in là, sono drogati di interventismo statale i minatori spagnoli che marciano su Madrid contro il taglio dei sussidi al loro settore, o i dipendenti pubblici portoghesi che fanno causa allo Stato per il taglio delle tredicesime (e il Tribunale Costituzionale dà loro ragione!), o quelli greci che si fanno assumere in 70.000 truffando l’Europa e il mondo, o i siciliani che approfittano del rompete le righe del governatore Lombardo, scatenato nelle nomine di fine mandato. Poi uno sembra cinico se dice che purtroppo in Italia, come negli altri PIGS, #celomeritiamoildefault.

Il comune denominatore di tutte queste vicende è l’assuefazione all’intervento statale: quando poi questo viene meno, perché ha consumato tutte le risorse del ceto produttivo e pure quelle delle future generazioni, i tassicodipendenti si trovano smarriti, e vanno disperatamente in cerca di una nuova dose di intervento, cui pensano di avere diritto per sempre, e senza la quale non sono più abituati a vivere.

Così facendo, l’intervento statale genera degli zombie in perenne crisi d’astinenza, dei bambini incapaci di badare a se stessi, o meglio ancora dei “sudditi”, per dirla col titolo di uno splendido libro che descrive egregiamente questa nostra condizione di minorità.

È dura dire di no al drogato che ti implora di dargli una dose. Ma prima o poi bisogna trovare il coraggio di farlo (tanto più se i soldi per la dose ti chiede di toglierli a qualche onesto lavoratore). Dire che non è questo il momento di tagliare la dose al tassicodipendente, perché sarebbe “recessivo”, come sostengono anche opinionisti piuttosto quotati, ci sembra troppo simile al discorso di chi, il giorno prima della caduta dell’Urss, avesse detto che era meglio ritardarne il crollo perché “chissà che confusione da domani”; o ancor più all’obiezione di chi negli Usa si opponeva all’abolizione della schiavitù perché “che cosa ne sarà dell’economia americana”.

Ebbene, la morale e i principi vengono infinitamente prima dell’economia, per cui bisognerebbe dire di no ai tassicodipendenti anche se fosse vero che ciò danneggerebbe l’economia; per fortuna, dire basta alle loro pretese è anche una manna per l’economia, proprio come lo fu il crollo dell’Unione Sovietica. Nell’immediato possono essere dolori: ma molto presto, la libertà produce frutto, e dà un’opportunità a tutti. Tassicodipendenti compresi.

Medita Italia, medita.