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La Patetica Strumentalizzazione

Di Vittorio Venditti

Ora Provano Ad Addomesticarli

Se non mi fosse capitato qualcosa del genere, certamente non sarei la persona più indicata a fare un simile discorso, ma visto che il perdere la casa mi ha toccato direttamente per ben due volte, (finora), credo di avere le carte in regola per dire qualcosa a proposito della “due giorni di carità forzata”, cui stanno sottoponendo la laboriosa e mai rassegnata popolazione emiliana.

Come detto, nel millenovecento ottantaquattro e poi nel duemila, mio malgrado, mi sono trovato a dover uscire in fretta di casa, a perdere la stessa ed infine, (ma era solo un brutto, bruttissimo inizio), mi sono trovato a dover subire l’umiliazione data dalla strumentalizzazione a cui sono stato sottoposto.

Tralasciando il comportamento di quella manica di delinquenti che risponde al blasfemo nome di magistratura italiana, (se mi fossi fatto giustizia sommaria, sicuramente potrei dire a testa alta di avere la coscienza a posto, e la soddisfazione nel cuore per aver ricevuto qualcosa che mi spettava, che mi spetta, ma che non mi è stato ancora riconosciuto), di cui parlerò più dettagliatamente in una seconda e se vogliamo ancora più diretta farneticazione, nella quale scoprirò le carte, dovendomi difendere da chi, con il comportamento schettino e menefreghista che contraddistingue la razza, probabilmente sta cercando di uccidermi, provo a parlare del comportamento dei politici, molisani e più strettamente gambatesani, gente che passarla per le armi, significherebbe darle Onore.

Nel primo caso, mentre chi ne è stato riconosciuto colpevole aveva già provveduto a compiere la propria azione, chi avrebbe dovuto aiutarci, se ne stava tranquillamente a dormire.
L’incendio di casa mia è avvenuto alle dodici e dieci di lunedì quindici ottobre millenovecento ottantaquattro, ed il Sindaco di allora, persona che abitava a cento metri da casa mia, ha iniziato ad interessarsi del destino della mia famiglia, solo alle sei del pomeriggio.
Tutto ciò, può essere legittimo, ma allo stesso modo e per par condicio, mi venga concesso dalla tua intelligenza il Dire di quest’uomo, che una cosa ha fatto di giusto nella propria lunga vita:
Ha avuto il buon gusto di morire.

Nel duemila invece, presente quasi subito il Sindaco del periodo, espletate le formalità di rito, siamo stati lasciati al nostro destino, non senza aver dovuto subire anche l’angheria che è consistita nel poter riappropriarci delle nostre masserizie solo dopo una settimana, da quello che poi, per tacitare la cosa, è stato definito un “incidente provocato dalla negligenza degl’inquilini”.

Durante quel periodo, fui protagonista di un assalto alle transenne, e fui costretto a dare un ultimatum agl’incolpevoli carabinieri, lì schierati per gestire l’ordine, consistente in particolare nel contenimento dei curiosi, quegl’intriganti di Gambatesa, in grado di fare scuola anche a giornalisti del calibro di Bruno Vespa.
Imposi infatti alla pattuglia di guardia, di prendere la radio, e di avvertire il proprio comando, che se entro un certo orario non si fossero allentate le maglie burocratiche che c’impedivano di recuperare almeno le cose più necessarie, avrei forzato il posto di blocco, magari disarmando uno dei presenti.
Va detto che la Professionalità di quei carabinieri, è stata in grado di risolvere per il meglio una situazione che si era fatta più che esplosiva, situazione da cui non mi potevo tirare indietro, sia per ragioni logistiche, sia per motivi legati strettamente alla politica del tempo.

Sempre in quel frangente, per carità! Per constatare cos’era accaduto! (come se le notizie rilanciate in tutto il mondo non fossero state sufficienti), ecco alle transenne anche l’allora presidente della regione Molise, (cui non pareva vero di poter avere fra le persone da soccorrere anche un portatore d’handicap), che interpellato in seguito da chi ti disturba con il suo farneticare, si prese la briga di smarcarsi nel modo che segue:
“Io non posso rispondere alle sue esigenze direttamente; di queste cose se ne deve occupare il suo Sindaco, a cui lei potrà senz’altro rivolgersi”.

Come dire:

“Io , la mia bella figura l’ho fatta, i riflettori sono ormai spenti, le cose si stanno mettendo a posto senza danni per me e tu arrangiati”.

Non parlerò neppure del comportamento della chiesa locale, perché dovrei aggiungere cose che rischierebbero di farmi abbassare di livello al tuo cospetto.
Dico solo che posso ringraziare Dio per come mi è andata, senza doverlo fare tramite gente parziale che nell’agire, anzi, con il non agire, ha dimostrata tutta la propria reale ed inequivocabile inutilità.

Dico e parlo apertamente invece, di qualcosa che in pochi sanno, ma che avrei dovuto dire già da allora.

Mentre ero costretto a fare la guardia alle mie cose, ancora sequestrate per colpa di chi, in ferie, aveva avuto il compito d’indagare sull’esplosione della palazzina I. A. C. P., indagini che ovviamente sono state regolarmente insabbiate, mi trovai a parlare con chi, da una vita, avrebbe dovuto votare per me, non fosse altro che per il lavoro che gli ho dato e gli do, lavoro non certo svolto gratuitamente:

Emilio Venditti.

Costui, dal millenovecento novantanove al duemila quattro, avendo perse le elezioni, era all’opposizione.

Si parlava di tante cose, non ultima quella di trovare per me e per la mia famiglia, una sistemazione abitativa, non politica, ne a spese di altri, vista la precedente esperienza, durante la quale siamo stati trattati peggio dei cani.
Il mio interlocutore, non so con quale cuore o con quale calcolo, nel rispondere a quanto appena scritto, mi disse:

“Voi, una cosa avete sbagliato:
Appena successo il fatto, dovevate riunirvi e spostarvi tutti davanti al municipio, e lì manifestare tutto il vostro disagio”.

Vorrei utilizzare lo stesso trattamento riservato in precedenza alla locale chiesa cattolica, per non commentare una frase come quella appena riportata, visto che il solo ricordo, ancora oggi mi dà il desiderio di armarmi e fare un po’ di sana pulizia.

Detto ciò, e pensando ai miei parecchi amici emiliani, (e parlo di gente autoctona, non certo di persone di origine gambatesana), posso dire, a ragion veduta, di soffrire con loro per il modo in cui lo sciacallaggio mediatico, li sta trattando.
Stanno cercando di omologare una popolazione pratica e laboriosa, alla gran massa di coloro che, avendo subita una disgrazia simile a quella della quale sto blaterando, anziché darsi animo per tornare prima possibile alla vita normale, si sono adeguati allo status raggiunto, per mettersi a rimorchio di chi li ha aiutati, nella speranza, spesso avverata, di poterci guadagnare più del lecito.
Mi riferisco in particolar modo a quanto, per merito della morte di ventisette bambini, ancora oggi accade a San Giuliano Di Puglia, un paese ricostruito, ed attorno al quale ancora si continuano a fare affari, alla faccia di tutti coloro che hanno avuto buon cuore.
Mi riferisco a quest’episodio, ma potrei parlare ad esempio dei soldi che ancora oggi vengono elargiti alle popolazioni, spianate dal terremoto dell’Irpinia.
Lo faccio, anche se preferirei elogiare quanto fatto dalla gente friulana, dopo il sisma del millenovecento settantasèi.
Ancora ricordo i messaggi che hanno contraddistinto l’operare di coloro che hanno aiutate quelle popolazioni, e la determinazione di queste ultime, nel voler riprendere la vita normale prima possibile, nonostante i danni e l’alto numero di morti, registrati in quella tragedia.

L’altra sera però, è accaduta una bella cosa, che ha avuto per protagonista un personaggio, da me finora poco apprezzato, e che mi riprometto di prendere nella dovuta considerazione per il futuro.

Vasco Rossi.

Quest’uomo, con tutti i suoi pregi ed i suoi difetti, è stato in grado di essere “voce fuori dal coro”, evitando di partecipare a quella patetica colletta che è stato il concerto di Bologna.

Lo stesso trattamento, lo vorrei riservare al Professor Francesco Guccini, (questo sì, da sempre apprezzato), quando all’incalzare di Fabrizio Frizzi che lo avrebbe voluto dipingere come il principale organizzatore della manifestazione, lui ha umilmente risposto:
“Io sto qua, perché ci sono stato tirato dentro”.

A mio avviso, una maniera per far comprendere che in certe cose, l’umiltà dovrebbe essere il faro che ci guida.

Tornando al Grande Vasco, sono arciconvinto che il Nostro sia fra coloro che si danno da fare per i propri conterranei, facendolo però senza il clamore mediatico, quindi, facendolo da veri signori.
In quanto poi al lavoro di chi vuole veramente aiutare queste popolazioni, conoscendo la praticità degli emiliani, (senso della vita che applico con enormi difficoltà anche qui in Molise), ringrazio di cuore la Chiesa ed il Papa in prima persona, per aver messa la mano nel capace portafoglio, e per una volta, anziché aiutare esclusivamente lo Spirito, stanno dando un valido contributo a ristorare anche le esigenze terrene di chi, in presenza di una disgrazia del genere, è costretto a combattere soprattutto quello sciacallo denominato:

Burocrazia.