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Un’Arma In Più Per Chi Fa Demagogia

Di Vittorio Venditti

Siamo Sempre Alle Solite

Ancora non finisce il campionato europeo di calcio, (a proposito: questa sera la squadra patria se la vedrà con la “Perfida Albione” e speriamo in un’ardimentoso pugnar, in grado di far restare questa manica di miliardari, ancora per qualche tempo all’estero, rimandando gli altezzosi di sua altezza nella loro isola), ancora non ha termine questa vetrina dello spreco che già incominciano ad ammorbarci con qualcosa che, nata per obbligare anche chi è in guerra ad una temporanea tregua, oggi è diventata trampolino di lancio per vecchi e nuovi prodotti, vero cibo per quel Dio in terra denominato Mercato.

Parlo dell’olimpiade di Londra.

Abbiamo già sparlato del Cinese arrabbiato con il piccolo Lombardo, Dragone che senza alzare un dito ha ridotto alla “ragione” il politicuccio nostrano, ma non vanno dimenticati il boicottaggio dei giochi di Mosca da parte dell’allora Mondo Occidentale, gesto d’amicizia proposto nel millenovecent’ottanta ed il rendere a quest’ultimo la pariglia, attuato quattro anni dopo dagli stati dell’est, altro significativo e distensivo modo di agire, il tutto compiuto per il bene dell’umanità.

Che c’è in tutto questo di ludico?

Oggi, quasi in sordina, andiamo a recuperare l’ennesima mossa pubblicitaria, proposta da un potere che non è più tale, considerato che viene tollerato con sufficiente rassegnazione, anche se in apparenza ritiene di avere il rispetto di noi italici beduini.

Londra 2012, Vezzali riceve il tricolore: “In ogni atleta si accenderà il fuoco” – Adnkronos Sport.

Mentre l’italiano medio continua ad andare in vacanza alla faccia di Super Mario, Re Giorgio, incurante dell’arrabbiatura di zia Susanna e compari, che gridano nel deserto la preoccupazione di chi, pensando di fregare lo Stato, aveva accettato il “Bidone” di un repentino ed anticipato sogno, (continuare a non far niente legittimando però la cosa alla luce del sole, così, da ricevere la pensione e continuare a lavorare in nero), ma andando per suonare è rimasto suonato dall’intransigenza di zia Elsa, imbeccata dalla teutonica Angela, Re Giorgio, dicevo, prende una bandiera e fiducioso, la consegna alla valente Valentina, con la raccomandazione solenne di far fare bella figura alla nostra Italietta, in maniera da placare le teste calde, ancor più furenti, forse proprio per il caldo.

Al di là di ogni commento, pur legittimo, a me preme rimarcare qualcosa alla quale in pochi hanno pensato:

La demagogia che sprizza felice dal Gesto.

Re Giorgio, già Giorgio il partigiano, a suo tempo contribuì non poco a rappresentare quella forma di cosmopolitismo che imperava nei paesi dell’est europa e che lui ed i suoi compagni avrebbero volentieri fatto trionfare anche in Italia.
Questo fatto, se attuato, avrebbe innanzitutto costretta la piccola Italia a vendersi anche le mutande, e prima di queste, proprio quella bandiera, assolutamente poco considerata da quella parte politica.

Oggi no.

Oggi, Re Giorgio comanda, e crede che per il fatto che è sovrano possa permettersi il lusso di far dimenticare il proprio passato, utilizzando il simbolo prima poco considerato, come fosse stato da lui sempre amato.

Non è così, maestà!

Voi comunisti avete considerato il nostro simbolo come orpello in uso alla fazione opposta ed avete creduto che la Patria vi appartenesse per diritto, secondo il vostro modo di agire, basato sulla rapina delle cose altrui, mai sul saper fare i giusti sacrifici per costruirvi una posizione.

Non ci stiamo a farci rapinare anche la bandiera: E’ TROPPO!

Perciò, al di là del gesto di un vecchio che deve mettere a posto la propria coscienza, rivendichiamo il diritto di evitare che almeno il simbolo che ha da sempre contraddistinta la fazione che lo ha amato al di sopra di tutto, resti a quella parte politica.

Se poi così non può essere, sappia Sua Maestà, che visto che le chiacchiere se le porta il vento, noi continueremo a saper attendere la sua deposizione, per riprenderci ciò che, piaccia o no, è premio unicamente per chi se lo è realmente meritato.