Di Vittorio Venditti
E’ Facile Se Non Si E’ Vittima!
Non te la prendere, se continuo ad espettorare sull’argomento precedente; eviterei volentieri, ma mi vedrei costretto ad agire altrimenti, probabilmente secondo lo schema del quale leggerai alla fine di questa ennesima farneticazione.
Cos’ha costretto dunque il sole a darmi alla testa?
Ieri, presso la corte d’appello di Campobasso, si è consumato l’ennesimo, ipocrita, e ributtante spettacolo, basato sul motto:
“purché si chiuda, e presto”:
L’Ennesima Assoluzione per L’Onorevole, Sua Eccellenza, il “Benefattore” Angelo Izzo.
Il Nome è tutto un programma?
Prendendo dunque spunto da quest’articolo, “Spendevo i miei soldi per aiutare i poveri”. Show in tribunale di Angelo Izzo – Primonumero.it, provo ad essere antigarantista e profondamente egoista, volendo crudelmente togliere ogni diritto a chi, a mio parere, i diritti li aveva già persi nell’ormai lontano millenovecento settantacinque, ma vista la corta memoria della magistratura di sorveglianza italica, condita probabilmente, anzi, a questo punto, più che sicuramente, dalla somministrazione del sacramento dell’unzione degl’infermi, (sacramento imposto a chi, sordo, non aveva ricevuto il perentorio ordine di togliersi la cuffia), ne ha avuti di nuovi, li ha nuovamente buttati al vento e, dopo tutte queste “buone azioni”, per il nostro “solerte magistrato”, merita ancora di assurgere agli onori della cronaca, e ricevere, non dico l’assoluzione, ma il processo.
E’noto che io sia assolutamente contrario alla pena di morte, ciò, non per carità Cristiana, ma perché ritengo che il condannato debba essere in quello status, proprio per riflettere sugli errori fatti, e per questo, debba essere obbligato a risarcire la società.
In considerazione della totale e spesso pilotata incapacità d’imposizione, che contraddistingue la magistratura italica, mi accontenterei anche del ripiegare sulla possibilità di non concedere ad un pluri ergastolano, altre occasioni da sfruttare per pavoneggiarsi.
Nel precedente articolo che trattava del boss, Troia di Sicilia, (leggi la frase come più ti aggrada), mi sono permesso di essere ironico, per evitare la solita “indignazione”; in questo articolo però, non ce la faccio a non alterarmi, visto che, sia pur per pochi minuti e per un discorso ben delineato, nel quale fui coinvolto, mio malgrado, dai lavativi cui diamo da mangiare presso il municipio di Gambatesa,ebbi modo di conoscere la signora Maria Carmela Linciano Maiorano.
Questa donna, nel presentarsi a me, per carità, in maniera molto educata e semplice, mostrò tutta la sua mancanza di cultura, probabilmente la ragione del fatto che nel suo paese d’origine, dà spazio a quel fenomeno denominato Sacra Corona Unita.
Questa persona dunque, era la vittima giusta per un bastardo che si nascondeva e si nasconde dietro un savoir-faire, con il quale è riuscito ad abbindolare anche una buona quantità di giudici, su cui non aggiungo altro, vista la mia repulsione per la categoria.
Al di là di ogni ragionevole forma di garantismo, mi chiedo e ti chiedo, se non fosse stato il caso, per gente del calibro di quella particolare “faccia d’angelo”, di non porre in essere ulteriori tentativi di redenzione, e soprattutto di evitare di sprecare pubblico danaro per la celebrazione di processi, che invece di rimettere le cose al loro posto, (escludendo ovviamente la possibilità di far tornare in vita chi in vita non è più per le buone azioni del Nostro), risultano essenzialmente utili a fomentare la frustrazione che porta inesorabilmente alla voglia di vendetta contro questa categoria di malfattori, vendetta che una volta consumata, lasci finalmente spazio all’iniziativa privata, sicuramente più rapida ed efficace, anche in tema di giustizia.