Di Marco Frosali
Dopo le ultime due uscite con la Zoccola Dura del Guzzi Club Roma, stavolta io e il Rondone optiamo per una classica uscita in solitaria e, complici le temperature che iniziano ad essere molto calde e insopportabili, si decide di andare dove l’aria è più fresca, ovvero in montagna. Stavolta non dobbiamo scapicollarci per le ‘partenze improrogabili’: io e il Rondone ci avviamo con tutta tranquillità alle dieci meno un quarto di domenica 23 Giugno e, dopo aver percorso il Raccordo Anulare imbocchiamo la Salaria e procediamo fino alle Terme di Cotilia dove, dal famoso porchettaro facciamo una sosta e dove prendo un bel panino con porchetta, una bottiglietta di acqua per il pranzo e un cappuccino per farmi riprendere un po’.
Ripartiti, ad Antrodoco imbocchiamo la Statale 17 che prosegue passando anche in Molise e, attraversando i bei paesaggi dei Monti del Sirente-Velino giungiamo a L’Aquila, in cui sono visibili ancora le gru dei numerosi cantieri della ricostruzione post sisma, risalente ormai a circa dieci anni fa…i famosi tempi biblici itaGliani!
Proseguendo sulla Statale svoltiamo verso il piccolo centro di Barisciano e da qui, percorrendo una bella strada ricca di curve e molto panoramica in cui incrocio numerosi motociclisti, faccio una piccola sosta ad un vecchio fontanile con annesso un piccolo stagno
prima di riprendere il viaggio e giungere così, dopo circa tre ore e un quarto, nel piccolo centro di Calascio, dove imbocco una strada che sale ancora verso la montagna e posteggio il Rondone a metà strada tra Calascio e Rocca Calascio, dato che li erano ferme alcune auto.
Ovviamente, a circa mille e duecento metri di altitudine, l’aria è tutta un’altra cosa: fresca e soprattutto, pulita, ma anche profumata, visto che c’erano molti fiori tra le rocce brulle e diversi alberi di mandorle, fichi e pini.
Anche il panorama sulla vallata sottostante è di tutto rispetto!
Inizio a salire lungo la strada e incrocio diversi turisti che stavano scendendo verso alcuni parcheggi più a valle, domandando quanto mancasse ad arrivare su: “circa un quarto d’ora a piedi”. Poco male, mi godrò il paesaggio e l’aria fresca.
Dopo alcune centinaia di metri, ecco che inizia a stagliarsi di fronte a me la bellissima fortezza di Rocca Calascio, la cui storia inizia nel XII secolo e famosa tra l’altro per essere stata uno dei vari luoghi in cui venne ripreso il bellissimo film del 1985, Ladyhawke, oltre a rappresentare alcune scene del’altrettanto famoso film Il Nome della Rosa.
Dopo una bella scarpinata di circa un quarto d’ora riesco a raggiungere il piccolo borgo di Rocca Calascio brulicante di turisti, quasi tutti intenti a pranzare presso i locali ristorantini dai quali veniva fuori un odore di arrosticini, tanto che il mio stomaco comincia a gridare vendetta! Inizio così a procedere lungo i ripidi vicoletti, passando fra casette tutte in pietra calcarea,
alcune rimesse a posto, altre invece ridotte a veri e propri ruderi, ma che comunque non rappresentano pericolo per nessuno.
Imbattendomi in un gruppetto di turisti che discendono da un sentiero, domando se quello conduce alla Rocca e quanto tempo ci vuole: alla loro risposta affermativa e che ci sarebbero voluti circa dieci minuti, mi incammino anch’io in compagnia di altri tre ragazzi, iniziando a salire attraverso alcuni sentieri che in diversi punti sono abbastanza scoscesi e scivolosi a causa dei sassi presenti, pietre che però sono dovute alla presenza di rocce calcaree per cui, anche rimuovendole, in un modo o nell’altro saranno comunque presenti.
Affrontando così questa piccola difficoltà dovuta anche al fatto che indossavo gli stivali da moto, pian piano mi avvicino alla Rocca e ai suoi ruderi,
raggiungendo la piccola chiesa di Santa Maria della Pietà, dalla caratteristica pianta ottagonale, risalente al XVI secolo e posta sul sentiero che porta al vicino paese di Santo Stefano di Sessanio, che oggi è chiusa e quindi non visitabile.
Da qui, bisogna affrontare la parte finale del sentiero: ascoltando i ragazzi che confabulavano tra di loro e che ad occhio sembrano conoscere il tragitto meno difficoltoso, inizio a seguirli inerpicandomi su un costone di roccia, salvo poi sentire che forse avevano sbagliato e che dovevano scendere e fare l’altro tragitto! Impossibilitato a scendere dati i miei stivaletti inadatti decido di proseguire comunque, essendomi ‘allenato’ in passato a Gambatesa sul ‘Sentiero della Madonna’, ovvero quello che da ‘ngopp i’ rutt porta alla cappella e viceversa e che, visto lo stato di abbandono totale documentato ad aprile di quest’anno, il nomignolo testé affibbiato è a libera interpretazione: percorso per andare alla cappella, o bestemmioni che partono ogni qual volta qualcuno si appresta ad affrontarlo col rischio di rompersi le corna?
Tornando a Rocca Calascio. Mettendo in opera “l’allenamento in scalata di sentieri scoscesi” riesco in pochi minuti a raggiungere la fortezza arroccata
e ad espugnarla, entrando al suo interno in modo da osservare almeno i bastioni, dato che per visitare l’interno giustappunto, c’era una guida che stava spiegando brevemente la storia ad una ventina di turisti, ma, stanchissimo ed affamato, mi limito ad ascoltare qualcosa e ad ammirare la vista mozzafiato visibile attraverso alcune aperture sui bastioni.
Terminato il mio tour, divorato dalla stanchezza e dalla fame torno indietro scendendo a valle e facendo sempre attenzione a non ruzzolare e, dopo circa mezz’ora, raggiungo il Rondone al parcheggio dove lo avevo lasciato (se avessi proseguito avrei potuto parcheggiare molto più vicino, ma va bene così!) e finalmente, posso divorare il mio bel paninazzo con la porchetta tra l’andirivieni di turisti che arrivavano e quelli che andavano via.
Alle due e mezza circa, io e il Rondone ripartiamo per fare ritorno a Roma, percorrendo a ritroso la strada fatta all’andata, ma svoltando in prossimità dell’Aquila e dirigendoci verso l’Altopiano delle Rocche (Rocca di Mezzo, Rocca di Cambio e Ovindoli), raggiungendo poi Magliano dei Marsi da dove, imboccata la Tiburtina e fatto rifornimento nei pressi di Scurcola Marsicana, conoscendo le strade ormai a menadito, imboccando l’autostrada a Vicovaro facciamo rientro a Roma in tutta tranquillità alle sei e mezza del pomeriggio dopo circa trecentosettanta chilometri totali.
Un altro giro ben riuscito, seppur in solitaria, ma che ci ha permesso di visitare un posto dal fascino unico che ti porta a rivivere atmosfere medioevali e anche molto frequentato, soprattutto da turisti in cerca di relax, aria fresca, buon cibo e molti sentieri da esplorare (s’ v’ n’ tè!)
Soddisfatto anche stavolta per aver fatto centro, vi do appuntamento al prossimo giro!