Di Vittorio Venditti
(Foto), Di Salvatore Di Maria
Ma Cos’è Questa Crisi – Rodolfo De Angelis
Avevo promesso che sarei tornato sull’argomento ed eccomi qua, lento ma inesorabile, come un panzer, (e a trippa me lo posso permettere), attivo per distruggere ogni forma di inutile, quanto becero piagnisteo.
Come altri, io sono del parere che, se crisi vuol dire cambiamento, finché ci sarà la possibilità di pensare di poter usufruire di almeno un minuto di vacanza pagata, non essendoci cambiamento nel modo di comportarsi, automaticamente non c’è crisi.
Quanto sto blaterando, lo si può evincere da questa foto, (scattata domenica scorsa, quindi, non durante un periodo di vacanza), che la dice lunga sul fatto che, al pianto di dolore, non corrisponde proporzionalmente la desertificazione domenicale dei punti di ritrovo.
Chi è in crisi, soprattutto se dalle stelle è diretto alla stalla, non può aver tempo per bighellonare in piazza, neppure se tal ozio avviene durante la domenica pomeriggio.
Ricordo a me stesso infatti, che dovendo ottemperare ad un impegno, studio, lavoro ecc., e valendo il proverbio che recita:
“Prima il dovere, poi il piacere”,
Nessuno può avere tempo da perdere stando senza far niente.
Se esiste la possibilità di oziare, o si è mandata in vacanza l’intelligenza, oppure si è masochisti nella maniera più estrema.
Diversamente, vuol dire che uno spiraglio di ben’essere esiste ancora, e se questo ben’essere esiste, non c’è cambiamento, quindi non c’è crisi.
Sì, è vero, a Pasqua tutti abbiamo potuto notare con soddisfazione che i cassonetti non erano ricolmi all’inverosimile di cibo avanzato, buttato per la delizia di cani e gatti, ma questo non significa che c’è crisi; vuol solo dire che, finalmente, chi finora ha sprecato, ha avuto il giusto giro di vite.
Prova ne sia il fatto che, come per Pasqua dello scorso anno, e (come credo) per Pasqua del prossimo anno, chi è rientrato a Gambatesa anche quest’anno, lo ha fatto senza modificare una virgola del proprio comportamento.
Prova ne sia il fatto che, nonostante la crisi, si riescano ancora ad organizzare feste e convegni, del tipo di quello che domenica prossima vedrà a Roma coloro che hanno soldi e tempo per “omaggiare” chi, a Gambatesa, non ha quasi mai messo piede, ne ha fatto nulla per quel paese che ora lo ringrazia.
E chi finora è stato diligente?
A questa piccola parte di italiani, non resta altro da fare che avere ancora un po’ di pazienza, visto che, sapendo non sprecare, sarà sicuramente in grado di apprezzare i futuri vantaggi, promessi da Super Mario, dopo il Grande Salasso.
Queste persone, possono ancora sperare, non avendo viste “Accise” sul bene che considerato primario nei momenti di socializzazione, viene ancora lasciato indenne da salassi.
Sì, perché c’è ancora chi, senza piangere di dolore, sa come ritagliarsi un momento, e godere nel veder piangere i falsi arricchiti, gente che gioca in borsa dopo essere rientrata dall’appezzamento di terreno, che ovviamente non ha zappato, per incapacità e voglia di assegnazione dei propri problemi ad altri.
Come andrà a finire?
Assunto che come ho già farneticato prima di Pasqua, Super Mario ha comunque avuta ragione di agire, tutti, specialmente chi finora ha voluto operare onestamente, attendiamo di mietere il frutto di sacrifici, imposti in nome dell’unità europea.
Non dovessero arrivare queste messi, ci troveremmo ad un bivio, che ci vedrebbe soccombere inesorabilmente, facendo ancora una volta salvi i soliti furbetti, o in alternativa, persa ogni forma di pazienza, ci porterebbe all’applicazione del proverbio che dice:
“Chi ha più polvere spari”.
Quest’ultima opzione, ovviamente metterebbe in pratica quanto già accaduto dopo la crisi del millenovecentoventinove, per cui, con straordinario tempismo, nel millenovecentotrentatré fu scritta la celeberrima ed attualissima canzone, di cui al link che funge oggi da sottotitolo.
L’autore, quel Rodolfo De Angelis, poco noto ai più, va considerato un grande, non fosse altro che per il fatto che è stato in grado di barcamenarsi fra tre epoche:
La prima, quella vissuta dall’inizio del secolo scorso alla metà degli anni venti, epoca che ha vista un’Italietta piccola ma roboante, che si permetteva anche il lusso di atteggiarsi, nei confronti di stati di gran lunga più capaci di crearsi un potere;
(Italia stile anni ottanta?)
La seconda, ufficialmente in regime di dittatura, regime valido per gli intellettuali idealisti, ma estremamente permissivo per chiunque, al far politica, preferisse saper tirare a campare.
Non a caso, una canzone come quella che puoi ascoltare cliccando sul sottotitolo, fu permessa, ed ancora oggi è attuale, non a caso, pur in presenza di scarse ricchezze italiche, nel millenovecentoventisette fu imposta da Giovanni Agnelli senior a Mussolini, la costituzione del Pubblico Registro Automobilistico.
(Seconda Repubblica?)
La terza, l’epoca dei mea culpa, e dell’appecoronamento di fronte ai nuovi “Salvatori della patria”, quando il tirare a campare divenne parola d’ordine, e tutti, nessuno escluso, hanno cercato di arraffare l’arraffabile, dimenticando che in buona sostanza, tutti, ma proprio tutti, avevano contribuito, in un modo o nell’altro, alla distruzione di quel poco che si era costruito, proprio per potersi creare del lavoro, dato dalla nuova ricostruzione.
(qualcosa a che vedere con i nostri giorni?)
Insomma:
Come già detto, l’alternativa, persa la pazienza, è la guerra, con tutto ciò che ne segue.
Queste due alternative, oggi che di sport si parla sommessamente, mi fanno pensare alle alternative imposte in campo cestistico.
In Italia però, essendo più popolare il calcio, non possiamo dimenticare che alla fine della fiera, si potrebbe materializzare la terza opzione, (all’italiana, per l’appunto), che prevede un salomonico pareggio, dato dalla solita manovra gattopardesca che, prevedendo di cambiare tutto, in realtà non cambia ne cambierà niente, manovra che lascia ancor più amaro in bocca a chi, volendo cocciutamente restare onesto, come al solito, sarà l’unico a pagare.
A noi onesti però, resta la soddisfazione di aver presi in giro i piagnoni, generalmente annoverabili fra i furbetti, cui è stata parzialmente tolta la melma in cui a questi piace sguazzare.
Non disperino più di tanto:
Siamo italiani!
Lo siamo al punto che, già oggi, mi posso permettere di dire e di prevedere che nulla cambierà, a parte il volume del conto di chi, (come fosse un bancomat), viene ormai trattato come tale dal governo italiano.