Di Vittorio Venditti
(Foto), Di Salvatore Di Maria E Prese Da Internet Da Marco Frosali E Stefano Venditti
Quando La Storia Patria Viene Letta Dai Miopi
GAMBATESA, 28 ottobre 2018. – Mentre in paese si anticipa la festa di Santa Lucia come da tradizione, cosa ad esclusivo beneficio della locale sezione di S. r. C., anche per riallacciare i rapporti con gambatesaweb, oggi torno per l’ennesima volta a trattare di quell’avvenimento da circo equestre denominato “Marcia Su Roma”, preludio alla presa del potere di Benito Mussolini, atto risalente a novantasei anni fa.
Il mio essere amante dello studio della storia, ma in maniera super partes, mi obbliga a riportare quanto visibile nei filmati di regime, narrazione inesorabile, cosa ovviamente messa a disposizione solo degli “storici”, non dell’intelligenza di chiunque. Quanto preparato dalle sommosse seguite al malcontento generato dal non esaudire le promesse fatte ai combattenti della prima guerra mondiale, unito agli scioperi ed alle rivendicazioni operaie, fomentate dagli appena nati partiti comunisti, figli della rivoluzione russa, fu all’origine dell’impazienza mostrata da un ceto medio non più appagato dalle chiacchiere dei politici di allora, chissà quanto diverse da ciò che si può sentire al giorno d’oggi. Questa pastura, lanciata come esca da chi, forse in maniera azzardata, si considerò l’unica via d’uscita a tanto disordine, fu mangiata e poi mal digerita da una classe dirigente stanca ed assonnata, che forse per riposarsi da lavori mai ben fatti e portati a termine, lasciò fare, permettendo l’avvento di chi, nel bene e o nel male, ha poi guidato il nostro “bel paese” fino ad una disastrosa guerra dalla quale l’Italia stessa si è ripresa, defenestrando in maniera normalmente ipocrita le figure in vista, ma tenendosi ben stretti, sia i reali promotori della catastrofe da cui stava rinascendo, sia quanto, in termini di leggi e benefit, i passati dirigenti avevano creato. Quel vent’otto ottobre millenovecentoventidue fu il giorno nel quale una massa di gente arrabbiata, munita di rudimentali e scalcinate divise, enfatizzate da una camicia nera, (chissà come rattoppata), a bordo di improbabili mezzi di fortuna, armata di qualche moschetto e di molti fucili da caccia, arrivava ad invadere Roma, quasi come se si trattasse di quelli che ottant’anni dopo sono stati definiti Indignati. Anche allora c’era la “testa calda”; anche allora, c’era qualche carabiniere ligio al dovere; solo per questo, fu contato qualche morto. Allora non c’era la televisione, ed il popolino non era assuefatto a certe immagini, strane per il tempo. Allora, a nessuno veniva la voglia di affrontare chi, forse a ragione, veniva considerato come il “necessario calmante” dei bollenti spiriti. Se non fosse stato così, a Sciaboletta, pardon! A Sua Maestà Re Vittorio Emanuele Terzo, sarebbe stato sufficiente schierare presso i sobborghi di Roma un battaglione dell’esercito italiano, (vittorioso, con i suoi cannoni di latta), e quella marmaglia di circensi in camicia nera sarebbe stata dissolta nel nulla. Invece, quella “marcia su Roma”, seguita da un treno che fra le carrozze accodate aveva un vagone letto proveniente da Milano, al cui interno una cuccetta conteneva il futuro Salvatore della Patria, quella stupida pacchianata, ancor oggi fa paura a chi, ipocritamente, dopo averne abbattuti i simboli portanti, ed averne depredati i contenuti utili in seguito, pensa di poter brandire a mo’ di manganello quel simbolo per tenersi un potere raggiunto, forse proprio grazie agli insegnamenti acquisiti dai protagonisti dello spettacolo del quale sto trattando.
Per gli Attori della prima repubblica e del marasma che ne è seguito, bene è non parlare, ne avere musei che ricordino quella parte della Storia Patria. Ciò, non perché, (come dicono loro), quello è il “male estremo da dimenticare”, ma per via del fatto che a mio avviso, (e non solo mio), riscoprire la Storia del Ventennio, significherebbe riaprire certi “armadi”, che potrebbero far impallidire anche il peggior satana. Quante cose, azioni, invenzioni o leggi, prodotte dal fascismo, sono state acquisite dal nostro Stato Democratico? Quanti personaggi della borghesia medio alta si sono riciclati con la scusa che senza di loro la “Fragile Democrazia appena riconquistata”, sarebbe stata divorata dal perfido comunismo? Quanti, di quei Comunisti, hanno maltrattato gli italiani costretti in guerra, per poi, a guerra finita, chiedere loro il voto, facendosi passare per loro salvatori? Quanto di quella gentaglia ritroviamo, (come progenie), fra gli attuali parassiti che ci stanno portando allo stesso livello raggiunto agli inizi degli anni venti del secolo scorso? Chi, degli attuali altoborghesi, dobbiamo ringraziare per il fatto che dopo averci lasciata in eredità una tassa sulla benzina utile a loro per vendere veicoli da usare per la guerra in Abissinia, oggi ha abbandonata l’Italia al suo destino in nome della globalizzazione, dopo averci venduta la stessa fabbrica per ben sette volte e da fuori suolo patrio ancora agita lo spauracchio del licenziamento per quei lavoratori molisani che anziché pensare a come risolvere drasticamente il problema della personale e familiare sussistenza, da buoni molisani per l’appunto, ancora frignano, pensando a quale santo, da palazzo Vitale, possa evitar loro la iattura sempre più imminente? O dobbiamo tener da conto le medesime figure per averci regalato solo cinque anni dopo l’evento trattato, il pubblico registro automobilistico che serviva a loro per vendere i prodotti di cui sopra, mentre è rimasto un inutile e burocratico orpello dei giorni nostri, fastidio solo ed unicamente italiano che non è stato possibile abbattere nemmeno a colpi di referendum?
Vado avanti? Meglio di no, anche perché mentre scrivo, mi sto accorgendo di offendere l’intelligenza di voi, miei quattro lettori, unico mio vero cruccio. Perché allora ci si ostina a non voler considerare parte della Storia Patria, anche quel tanto vituperato ventennio, da cui tutti hanno attinto, e che da tutti è rinnegato?
Forse… per paura di far crescere la coscienza degli italiani, liberi finalmente di distruggere quest’inutile palcoscenico, su cui si esibiscono ormai scialbe marionette?