Di Stefano Venditti
Sulle orme dei Sanniti lungo il massiccio del Matese, tra archeologia e enogastronomia
Il Molise, si sa, è terra antica ricca di tradizioni, storia ed enogastronomia. Un territorio ancora vergine per certi aspetti tra i quali possiamo senza dubbio annoverare quello della promozione turistica. E proprio da questo punto di vista vorremmo proporvi un itinerario, uno dei tanti, ricco di storia, tradizioni, archeologia e enogastronomia. Andremo alla scoperta dei nuclei più importanti degli antichi Sanniti e di luoghi poco conosciuti ai più, visto che il Molise è forse la regione d’Italia meno conosciuta in assoluto.
Si parte da Benevento per attraversare il confine con il Molise e giungere alla città Sannita e poi romana di Saepinum/Altilia. Molti dei turisti che giungono da tutta Italia in Molise hanno definito Saepinum/Altilia come una piccola Pompei, ma dal fascino ancor più marcato. La città romana è preceduta da un centro fortificato di epoca sannitica che sorge sulla montagna retrostante, detta di “Terravecchia”, espugnato dai romani nel 293 a.C., durante la terza guerra sannitica, ed in seguito a ciò abbandonato dalla popolazione che si sposta appunto a valle. Sceglie un luogo che è punto di incontro di due assi stradali che diventano il decumano e il cardo massimi della città: il tratturo Pescasseroli-Candela e quello trasversale che scende dal Matese e prosegue verso le colline della piana del Tammaro. Qui, ovviamente, si potrà compiere anche una prima tappa culinaria e visitare uno dei tanti agriturismo o trattorie presenti nelle immediate vicinanze degli scavi o nel nucleo del paese moderno di Sepino posto a pochi chilometri di distanza dall’antica Sepino. Nei diversi locali potrete trovare la vera tradizione molisana nei piatti che vi proporranno. Saranno piatti genuini e semplici come da tradizione che rispecchiano la storia di un territorio in base alle stagionalità e alla ricchezza degli allevamenti e degli orti presenti numerosi in zona. Ovviamente non si potrà dire di no ad un buon bicchiere di Tintilia, un vino locale che non ha eguali!
Da Sepino proseguiamo verso sempre la dorsale matesina e giungiamo nel comune di Campochiaro dove, tra le altre cose, è possibile ammirare un secondo luogo fortemente legato ai Sanniti: il Santuario di Ercole. Il santuario italico che sorge in località Civitella, nel comune di Campochiaro, costituisce un centro culturale, dedicato ad Ercole, di particolare importanza nel Sannio pentro. Ubicato alle pendici del Matese, mostra una posizione di particolare interesse topografico in rapporto alle direttrici viarie che si incontrano nella piana di Bojano. Dopo la visita culturale ci si potrà fermare, a pochi chilometri dal centro del paese, alla “Masseria Ceccone”, dove Il gusto, il palato, l’olfatto, il tatto, la vista saranno i vostri più fedeli compagni in questa avventura gastronomica che susciterà nell’avventore di turno sensazioni mai provate prima. Tra le varie leccornie che si potranno degustare non si possono non nominare alcuni piatti della tradizione culinaria regionale quali la polenta del Molise con baccalà eseguita con grano Agostinello, varietà autoctona e recuperata dall’estinzione; sagnette e fagioli, preparate con grano Senatore Cappelli, altra qualità autoctona, e fagioli molisani del Sangro; miccole alla muntanara, zuppa di lenticchie di Capracotta ritenute tra li migliori d’Europa; torcinelli alla brace, conosciuti anche col nome di ammugliatielli o aboti; crostatine di Civitacampomarano, con marmellata di amarene molisane e grano tenero Solina.
Da Campochiaro ci spostiamo a Bojano per assistere allo spettacolo del “Ver Sacrum”, vale a dire la festa della “Primavera sacra” dei Sanniti, atto che probabilmente è all’origine della nascita di Bojano e di altri centri di origine sannita. La rievocazione si rifà al rito sannitico che consisteva nella consacrazione di gruppi di giovani inviati, al seguito di buoi sacri, a fondare nuove civiltà. È una rappresentazione scenica itinerante in costumi d’epoca, un’iniziativa che vuole portare all’attenzione di tutti la necessità di conoscere il proprio passato, di conoscere le proprie origini. La manifestazione si svolge in piena estate in concomitanza con le ricorrenze più sentite nel comune di Bojano. Ma Bojano è anche famosa per la sua tradizione lattiero/casearia e per la prelibatezza delle sue mozzarelle. Numerosi, infatti, sono i caseifici presenti nel paese che possono essere visitati e dai quali è possibile acquistare direttamente i loro prodotti, non solo formaggi freschi come la mozzarella ma anche quelli più stagionati come il caciocavallo o la linea dei formaggi affumicati.
Da Bojano viaggiamo alla volta dell’Alto Molise, sempre seguendo il massiccio del Matese per approdare nel Comune di Pietrabbondante, dove è possibile visitare il teatro e il santuario sannitico. Il territorio di Pietrabbondante, nel cuore del Sannio pentro, è caratterizzato da emergenze archeologiche di notevole interesse. Le testimonianze più antiche, risalenti al V secolo a.C., sono quelle dei corredi restituiti dalla necropoli in località Troccola, sulle pendici occidentali del monte Saraceno. La sommità di questo monte verrà fortificata con una cinta muraria in opera poligonale, raccordata ad opere di difesa poste a quote più basse, in un momento in cui il territorio viene dotato di strutture difensive per opporsi alla minaccia romana. In questo momento (seconda metà del IV secolo a.C.) inizia la frequentazione del luogo di culto in località Calcatello. Stretto appare, fin dalle fasi più antiche, il legame tra questo santuario e l’esercito, come testimoniano le numerose armi dedicate nell’area sacra. Ovviamente qui siamo il altissima montagna ed i profumi e la bellezza della Natura incontaminata si sposano perfettamente con la tradizione culinaria del luogo. I piatti tipici pietrabbondantesi rispecchiano la civiltà contadina, sono infatti ricchi di frutta secca, semi, legumi, verdura di campo, tutti ingredienti a disposizione nelle case delle famiglie contadine molisane. Un elemento ricorrente è la farina di granturco che veniva impastata con acqua per formare una pizza alta tre dita e cotta sotto la “coppa” ricoperta di brace ardente. Infatti il grano prodotto nei campi, insieme all’olio extravergine di oliva ed alle uova, veniva venduto costituendo così una fonte di sostentamento considerevole. E’ per questo che i dolci sono poveri di uova mentre il condimento più diffuso era il lardo di maiale o la sugna. I dolci inoltre sono ricchi di miele o mostocotto, un tempo i dolcificanti più usati, dato che lo zucchero si comprava solo raramente, e per la maggior parte fritti perché nel periodo invernale c’era abbondanza di olio nuovo e quello vecchio poteva essere quindi usato per le fritture.