Elezioni Politiche 2018: Dov’E’ La Frode?
5 Marzo 2018
Nuoto Paralimpico: Barbieri Domina La Specialità Dello Stile Libero Con 2 Titoli Italiani
5 Marzo 2018
Mostra tutto

Democratica

Della Redazione Di Democratica

n. 139 lunedì 5 marzo 2018
“È una bella sensazione vincere un Oscar’’ (James Ivory dopo aver vinto per la migliore sceneggiatura non originale per il film di Luca Guadagnino)
Buio pesto

Elezioni Il Pd esce sconfitto dalle urne, Cinquestelle primo partito e centrodestra prima coalizione. Ma il governo è un rebus
L’EDITORIALE

Ripartiamo
dall’opposizione
PAGINE 3-4
Andrea Romano
L’Italia ha parlato. E la sconfitta per il PD è netta e senza appello. Forse ingenerosa, ma le leggi del consenso democratico non conoscono né le gradazioni né le convenzioni che di solito usiamo nel nostro quotidiano. E’ uno schiaffone preso in pieno da un’intera comunità di militanti, dirigenti e parlamentari di cui ovviamente sarà indispensabile assumersi la responsabilità per la parte che compete a ciascuno. Ma un partito democratico di nome e di fatto sarà chiamato, anche e soprattutto in quest’occasione, a ricavare dalla giornata del 4 marzo 2018 tutti gli insegnamenti necessari e l’avvio del percorso che dovrà condurci a comprendere quanto è accaduto per riannodare i fili spezzati con una parte così larga della società italiana.
STAMPA INTERNAZIONALE
La stampa estera:
“Vincono i populisti
e l’instabilità”
I media internazionali rilevano,
in un coro unanime, lo schiacciante successo dei partiti anti-establishment. Secondo i principali quotidiani è a rischio la coesione dell’Unione Europea
PAGINA 6
SEGUE A PAGINA 2
Elezioni
Ripartiamo dall’opposizione
Ci riusciremo, perché la vocazione del PD ad essere rappresentanza dell’Italia che chiede coesione e innovazione non sarà cancella­ta da una sconfitta così dura, ma non c’è dubbio che davanti a noi vi siano molti mesi di elaborazione difficile e senza sconti. Sarà una riflessione su questi anni di governo, nel cor­so dei quali abbiamo speso la nostra energia per spingere il paese fuori dalla peggio­re crisi dal secondo dopo­guerra: un risultato di cui andare fieri anche nella sconfitta, perché il compi­to di chi fa politica è sem­pre quello di lavorare per la comunità che si vuole rappresentare anche quan­do quella comunità ti volta le spalle. Ma sarà una riflessio­ne che dovrà guardare anche al profilo del malcontento sociale e della percezione di insicurezza degli italiani, che ha completamente sepolto i numeri prodot­ti dalle nostre politiche sotto il peso di una rappresentazione che è risultata più forte di qualsiasi fotografia della realtà. Così come dovremo misurarci con il tema più ampio del senso che deve avere una sinistra di gover­no in Italia e in un’Europa che sta vivendo da tempo il fenomeno storico del quale abbia­mo avuto drammatica evidenza con il voto di ieri.
Tra le poche certezze di cui disponiamo, c’è quella dell’assenza di facili scorciatoie. Il fallimento di Liberi e Uguali ci dice che l’immagine di un “Pd di destra” era solo una caricatura di cattiva qualità prodotta da un gruppetto di dirigenti che ha dato il suo pic­colo contributo ad una più grande sconfitta di tutti. Così come sarebbe solo una prova di risentimento il prendersela con elettori che, come sa chiunque sceglie di far politica, han­no sempre ragione anche quando decidono di punirci. Perché il meraviglioso paese nel quale viviamo non ha bisogno di chi aggiunga rabbia a rabbia, ma di una forza re­sponsabile e visionaria che da oggi sia alternativa alla destra estremista e popu­lista (sia nella sua versio­ne a trazione leghista sia in quella grillina) a cui si è affidata la maggioranza degli italiani. Chi scrive è convinto, forse banalmente, che il primo compito di chi ha ricevuto un mandato a gover­nare sia quello di governare; che le nostre istituzioni democratiche siano forti e al riparo da rischi, per quanto prive di quell’innovazione per la quale abbiamo lavo­rato nel corso della legislatura; che il compito del Partito Democratico sia di svolgere con rigore e correttezza un’opera di vigilanza e opposizione alla maggioranza parlamenta­re che si formerà nelle prossime settimane. L’Italia rimane la nostra missione: da oggi abbiamo molti motivi in più per impegnarci ogni giorno e a ogni livello.
Il Pd tiene in alcune
delle grandi città
Andrea Romano
Segue dalla prima
CONDIVIDI SU
La sconfitta per il Pd e per il centrosinistra è netta, ma nelle tinte fosche che stanno colorando il quadro post voto per i dem, si fanno notare un paio di risultati non scontati e in controtendenza rispetto al risultato nazionale.
Su tutti appare quantomeno incoraggiante il dato di Torino,una delle roccaforti del Movimento 5 Stelle con la sindaca Chiara Appendino al governo della città da oltre un anno, dove il Pd si attesta come primo partito con il 26,31% dei voti (oltre il 7% sopra la media nazionale), con in termini assoluti una crescita di quasi 10mila voti rispetto al dato delle amministrative del 2016. E sempre a Torino il M5S, ovunque vittorioso con percentuali bulgare, scende al 24,25% rispetto al 30,1% del 2016.
Un risultato che ha fatto dire al segretario metropolitano del Pd torinese, Mimmo Carretta: “Ora abbiamo il nostro villaggio di Asterix e anche da qui ripartiamo”.
Gli altri dati in controtendenza rispetto al resto d’Italia si sono registrati a Roma, dove il Pd si attesta al 21,75%, anche qui in crescita di 4 puntipercentuali rispetto alle amministrative del 2016.
L’altro dato incoraggiante è quello milanese, con il Pd primo partito al 26,64% e i Cinquestelle fermi al 18,77%.
Da oggi abbiamo molti motivi in più per impegnarci ogni giorno e a ogni livello
LEGGI SU DEMOCRATICA.COM
Elezioni
Il rebus post voto:
quali strade per Mattarella?
E ora, cosa succede?È questa la domanda che risuo­na in testa ai tanti italiani. Perché le elezioni sono finite ma i giochi cominciano soltanto ora. L’attore principale è Sergio Mattarella, nessuno vor­rebbe essere al suo posto oggi. E’ il tempo delle decisioni difficili e rincuora che sia proprio lui a dover sbrogliare la matassa in questo terremoto politico.
A chi si rivolgerà quindi Mattarella?
Il Presidente della Repubblica dovrà prova­re varie strade. Innanzitutto bisognerà capi­re chi chiamerà per primo davanti a sé per dargli l’incarico di provare a formare un go­verno: Di Maio, leader del primo partito? O Salvini, leader del primo partito nella coa­lizione di centrodestra?Entrambi non hanno la possibilità di farcela da soli, potrebbero farce­la insieme? Mattarella ha bisogno di certezze, di un governo stabile. Per ora non ci sono le condizioni e anche gli interlocutori sono molto distanti dalle figure istituzionali con cui è abituato a dialogare, a partire dal Presi­dente uscente Gentiloni. Senza maggioranza certa, senza riferi­menti nei leader storici, senza possibilità di escludere Salvini e i grillini dalle consultazioni, rimangono soli i numeri.
I numeri
Anche se i dati ufficiali ancora non ci sono, si sa con certezza che nessun partito ha la maggioranza per governare. Se guar­diamo alla Camera il numero da raggiungere per ottenere la maggioranza è 316. Quali sono le combinazioni possibili per raggiungere il numero magico?
Non certo l’alleanza Pd-Forza Italia: 104 i seggi del Pd, 103 quel­li di Forza Italia. La somma fa 207, lontanissima dal quorum. Al­trettanto lontana l’appaiamento tra il primo partito M5S e Leu (239). Rimanendo in questa area, un’alleanza tra 5 Stelle, Pd e Leu sarebbe possibile: i numeri (342) ci sono ma politicamente, viste le distanze davvero troppo grandi emerse in que­sta campagna elettorale, sembra da escludersi. Se il M5S dovesse invece guardare dall’altra parte, al centrodestra, una maggioranza con Lega e Fra­telli d’Italia si potrebbe formare.
Anche la coalizione di centrodestra da sola non ce la farebbe; ammesso e non concesso che si riuscisse a convincere qualche singolo esponente con una qualche “campagna d’ac­quisti” si avrebbe una maggioranza davvero troppo debole. E con Salvini leader quanto po­trebbe durare?
Al Senato cambiano i numeri ma le combina­zioni seguono lo stesso trend.
Quindi?
Un governo è possibile, non si può negare mala strada non è facile, lo sanno tutti, a partire da Di Maio e Sal­vini. Resta, sempre aperta la possibilità di unità nazionale, ma­gari per mettere mani alla legge elettorale e tornare al voto. Ma è davvero quello che vogliono gli italiani? Dai numeri sembra proprio di no e anzi la scelta potrebbe essere addirittura contro­producente.
Democratica
CONDIVIDI SU
Numeri alla mano è difficilissimo
dare un governo all’Italia. Ecco gli scenari possibili
LEGGI SU DEMOCRATICA.COM
Elezioni
Il governo M5s-Lega
già bocciato
da Salvini
Democratica
CONDIVIDI SU
Matteo Salvini boccia l’ipotesi di un accordo con i Cinquestelle. La sua ipotesi resta quella del go­verno di centrodestra “che ha il diritto e il dovere di governare”.
Nella conferenza stampa “della vittoria”, il capo leghista si è detto anche contrario ad altre ipotesi: “Escludo governi tecnici, di scopo, a tempo, istituzionali, non parte­cipiamo a governi minestrone. Sarà mio dovere ascoltare capire valutare altre posizioni, però la squadra è quella con cui abbiamo giocato la partita non mi piace cambiare squadra a parti­ta in corso”.
A poche ore dal suo forte risultato, Salvini è stato molto polemico verso i giornalisti e gli osservatori. Oltre che verso gli avversari: “Non commento la débacle altrui, l’arroganza di Matteo Renzi è stata punita”.
E poi un tocco tutto salviniano: “Sono e rimango po­pulista perché chi ascolta il popolo fa il suo mestiere, dei radical chic che schifano l’operaio la gente non ha più voglia”.
Si potrà dire che siamo solo all’inizio di una partita molto com­plessa e che dunque dal capo della Lega non ci si poteva attendere alcuna apertura. Però è un fatto che l’ipotesi di un esecutivo De Maio-Salvini sta già perdendo quota.
Il leader del Carroccio: “La squadra è quella con cui abbiamo giocato la partita”
LEGGI SU DEMOCRATICA.COM
Il flop dei neofascisti: Forza Nuova
e CasaPound non sfondano
Tutti gli espulsi Cinquestelle che entreranno in Parlamento
È Catello Vitiello il primo degli espulsi dal Movimento 5 stelle a essere confermato in Parlamento. Lui, che ha ottenuto oltre il 46% dei voti nel collegio uninominale di Castellammare di Stabia, in provincia di Napoli, ha già dichiarato in un’intervista al Corriere della Sera di volersi iscrivere al gruppo misto, “poi si vedrà…”, ha aggiunto.
Èlui il primo che andrà a nutrire il gruppo misto in Parlamento. Niente di fatto, a quanto pare, per gli altri ex massoni che si erano candidati con il Movimento: Piero Landi e Bruno Azzerboni. Ma dovrebbero riuscire ad entrare in Parlamento gli ex grillini Antonio Tasso, il candidato finito fuori dal Movimento per un vecchio caso di cd taroccati, ed Emanuele Dessì, uno dei candidati più controversi finito sotto accusa per la casa popolare pagata a un canone mensile di 7 euro e per il video in cui balla con un esponente degli Spada. È praticamente dentro anche il presidente del Potenza Calcio Salvatore Caiata, espulso perché indagato con l’accusa di riciclaggio. E poi ci sono i parlamentari coinvolti nel caso Rimborsopoli che dai primi dati sembrano essere tutti confermati: a partire da Andrea Cecconi e Carlo Martelli, i primi due nomi fatti dall’inchiesta delle Iene. Dentro anche il senatore Maurizio Buccarella, tra i volti più noti tra quelli coinvolti. Gli unici a restare fuori rimangono, a spoglio ormai avanzato, i soli che non si erano ricandidati per un nuovo mandato: dunque Ivan Della Valle e Mimmo Pisano. Tutte queste persone cosa decideranno di fare una volta entrate in Parlamento?
L’onda nera fortunatamente non dilaga e non entra in Parlamento. Le due formazioni di estrema destra si sono fermate molto al di sotto della soglia del 3% (non raggiungendo neanche l’1%): entrambe cannibalizzate dalla Lega di Salvini. Una differenza da sottolineare rispetto a quanto sta accadendo in altri Paesi europei. E il leader di Casapoud Simone Di Stefano da la colpa alle televisioni italiane: “Non ci avete dato spazio in tv”, ha accusato in un battibecco televisivo ieri sera con Enrico Mentana su La7. Silenzio invece da Forza Nuova: l’ultimo post di Roberto Fiore risale alle ore in cui si stava ancora votando e suona come un malinconico messaggio ai “patrioti”. “Comunque vada non vi abbandoneremo”, aveva scritto. Ma a quanto pare sono stati i patrioti ad abbandonare lui.
LEGGI SU DEMOCRATICA.COM
Elezioni
Le voci del Pd
Ettore
Rosato
“Si è rotto qualche filo con un pezzo dell’elettorato e ovviamente non è colpa dell’elettorato. Sta a noi ripartire dall’opposizione e ricostruire quel filo. Secondo me il tema dell’immigrazione e il reddito di cittadinanza sono stati centrali. Noi abbiamo fatto forse l’errore di essere onesti e franchi in campagna elettorale, non abbiamo mai proposto promesse irrealizzabili, forse oggi
Andrea
Rossi
“Siamo di fronte ad una sconfitta che va ben al di là delle aspettative. Come già accaduto in altre occasioni, siamo pronti a ripartire. Siamo la terza forza del paese. C’è un dato elettorale che premia Centrodestra e Cinquestelle. Diciamo che al momento ci aspetta una legislatura all’opposizione poi valuteremo nelle prossime settimane il percorso istituzionale che si aprirà”.
Andrea
Marcucci
“Gli elettori hanno parlato in modo chiaro ed incontrovertibile. Hanno vinto i populisti ed il Pd ha perso. Il Pd lascia all’Italia risultati molto migliori di chi ci ha preceduto. Ripartiremo dall’opposizione”.
Stefano
Esposito
“Gli elettori hanno dato il loro responso. Ho perso. Nel collegio uninominale la sfida era prima di tutto tra candidati. Quindi la sconfitta è la mia sconfitta. Non mi sentirete dire è colpa di tizio o di caio”.
Carlo
Calenda
“Renzi è stato eletto segretario da due milioni di persone ed è stato, questa è la mia opinione, un ottimo PDC. Io credo si essere stato uno dei pochi a dirgli sempre in faccia quello che pensavo. Adesso però mi rifiuto di partecipare alla lapidazione pubblica”
Mattia
Zunino
“Questo voto rappresenta una sconfitta storica e drammatica che segna l’anno zero per la sinistra in Italia. Gli elettori ci hanno detto quale deve essere il ruolo del Partito Democratico in questa legislatura, breve o lunga che sia. Il nostro posto è l’opposizione”
Pier PaoloBaretta
“È prevalso un dato nazionale di protesta e di ribellione, di paura e di chiusura. Per troppo tempo l’agenda politica italiana è stata dettata da Lega e 5 stelle su temi scottanti e controversi sui quali devono contare piu’ i valori che le convenienze”
Sergio Chiamparino
Non c’è dubbio che siamo di fronte a una sconfitta nostra e di tutta la sinistra. Mi sembra che si imponga l’apertura di una discussione congressuale, partendo ovviamente dall’azzeramento dei vertici. Il problema però non può essere solo questo o quel segretario o segretaria: il tema è in tutta evidenza – anche alla luce della crisi di
Giuseppe
Sala
“Non sono momenti in cui si può ricorrere a esercizi verbali: per la sinistra è stata una dura sconfitta. Per quanto riguarda Milano c’è una chiara controtendenza, il Pd è saldamente il primo partito”.
CesareDamiano
“Se avessimo preso il 24-25% avremmo avuto un risultato in calo ma di tenuta. Ma il 18,89% come risulta dai dati attuali, è una sconfitta vera”.
In redazioneCarla Attianese, Patrizio Bagazzini,Stefano Cagelli, Maddalena Carlino, Roberto Corvesi, Francesco Gerace,Silvia Gernini, Stefano Minnucci,Agnese Rapicetta, Beatrice Rutilonidemocratica@partitodemocratico.itPD BobSocietà editrice:Democratica srl Via Sant’Andrea delle Fratte 16 – 00187 Romawww.democratica.comwww.partitodemocratico.itPer ricevereDemocratica: scrivi su Whatsapp a 348 640 9037oppure vai sul messenger Facebookall’indirizzom.me/partitodemocratico.it DirettoreAndrea RomanoVicedirettoreMario Lavia
Elezioni stampa internazionale

[download id=”1566″ format=”2″]