TENNISTAVOLO. C2 Maschile, 8a Giornata: IL CAMPOBASSO “A” RAGGIUNGE IL TT ISERNIA
8 Febbraio 2018
Enews 513, giovedì 8 febbraio 2018
8 Febbraio 2018
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Democratica

Della Redazione Di Democratica

n. 122 giovedì 8 febbraio 2018
“Un condono è per sempre”
(Corrado Guzzanti alias Giulio Tremonti, 2008)

Casa
L’EDITORIALE

Noi cambiamo Dublino, malgrado Lega e M5s
Cécile Kyenge
Mi capita di leggere, sempre più spesso in questi ultimi giorni, articoli fantasiosi su come gestire il fenomeno migratorio. Ce n’è per tutti i gusti: da chi promette rimpatri di massa, a chi invoca il blocco degli arrivi, a chi inneggia il ripristino dei controlli alle frontiere. In questo delirio pre-elettorale c’è un aspetto che ritorna di frequente: Dublino.
Questo Regolamento europeo diventa al contempo l’origine del fenomeno migratorio e la soluzione a quanti pensano che questo fenomeno si possa gestire unicamente attraverso un atto normativo. Non mi inserisco all’interno della polemica faziosa della campagna elettorale che strumentalizza l’immigrato in vista del facile consenso elettorale. Ci tengo però a fare chiarezza su questo atto legislativo – un atto giuridico vincolante, direttamente applicabile in tutti gli Stati membri, adottato congiuntamente dal Parlamento europeo e dal Consiglio dell’Unione Europea su una proposta della Commissione. Il Regolamento, che è stato adottato nel 2013, modifica un altro regolamento del 2003 che a sua volta “rottama” la Convenzione di Dublino del 1990.
Il filo conduttore di Dublino, rimasto sostanzialmente immodificato nel corso degli anni è quel complesso di criteri e di meccanismi che permettono di individuare lo Stato membro che è competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata da un cittadino di un Paese terzo o apolide. Ed è proprio qui che sta la stortura del sistema: l’individuazione dello Stato di primo ingresso come responsabile dell’esame della domanda di protezione internazionale – salvo debite e rare eccezioni.
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Verso il 4 marzo Come si stanno muovendo gli attivisti dem: si intensifica la mobilitazione capillare per spiegare tutte le proposte del Pd
PAGINE 2-3
SEGUE A PAGINA 3
CINQUE STELLE
ORARIO DI LAVORO
Modello tedesco possibile? Parla Marco Bentivogli
Caos M5s, il programma di Rousseau è un plagio.
E spariscono i candidati
PAGINA 4
Un’inchiesta del Post rivela che molte delle pagina del “programma dei cittadini” sono frutto di copia e incolla.
E a Pesaro si perdono le tracce del deputato Andrea Cecconi
PROGRAMMA PD
Pensioni:
i risultati e
le cose da fare
PAGINA 5
PAGINA 6
Verso il 4 marzo
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Noi cambiamo Dublino, malgrado Lega-M5s
La Commissione ha presentato a mag­gio del 2016 una proposta di modi­fica del Regolamento di Dublino. Anziché procedere ad una riforma radicale, l’esecutivo europeo ha mantenuta intatta la regola della responsabilità in capo al paese di primo ingresso, mitigata da un “meccanismo di equità” nel caso in cui uno Stato si trovi ad affrontare un afflusso spro­porzionato di migranti, che superi il 150% della quota di riferimento.
La proposta della Commissione è giunta al vaglio della Commissione Libertà Pub­bliche al Parlamento europeo di cui faccio parte e per oltre un anno, abbiamo lavorato incessantemente alla sua modifica. Il risul­tato raggiunto è stato sorprendente. Stravol­gendo la struttura del regolamento siamo riusciti a cancellare la regola del paese di primo ingresso e sostituirla con un mecca­nismo permanente e automatico di ricollo­cazione. Con questo sistema tutti gli Stati membri saranno chiamati a fare la loro par­te in un meccanismo basato realmente sul­la solidarietà e condivisione delle respon­sabilità. Come Gruppo S&D e come partito democratico ci battiamo da tempo per l’af­fermazione di questo principio: chi arriva in Italia arriva in Europa.
Il duro lavoro della Commissione LIBE è stato oggetto di voto alla Plenaria di Strasbur­go, dove, con una larghissima maggioranza abbiamo dato mandato al Parlamento euro­peo di iniziare i negoziati con il Consiglio. In un testo così importante che rivoluziona il sistema di asilo europeo e introduce forti cambiamenti per l’Italia colpisce l’atteggia­mento di chiusura di alcuni partiti politici italiani seduti nell’aula di Strasburgo. Mi ri­ferisco agli esponenti della Lega – in primis Salvini e Borghezio, che si sono astenuti – e a tutti i deputati del Movimento 5 Stelle cha hanno votato, in maniera compatta contro il testo. Ci sarebbe da chiedersi il perché, ma questo forse merita un altro articolo di ap­profondimento.
Cécile Kyenge
Segue dalla prima
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Verso il 4 marzo
Mobilitiamoci per la campagna elettorale
Il volontario di sezione elettorale
contatta tutti gli iscritti e gli ex iscritti
tra gli elettori di quella sezione
verifica la presenza di persone anziane
da accompagnare al seggio
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propone iniziative sul territorio
tiene i contatti con i candidati del collegio
compila report periodici
diventa rappresentare di seggio
al momento del voto
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organizza il lavoro dei volontari
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predispone e diffonde i kit con materiale
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sul territorio
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Germania
Berlino guarda all’Europa: la Merkel si gioca tutto
Europa, ora o mai più, questa volta davvero. La notizia delle ultime ore è che la Francia di Emmanuel Ma­cron non è più sola nel difficile ma ambizioso tentativo di rilanciare con vigore il processo di integrazione europea. Il presi­dente transalpino ha ritrovato il suo inter­locutore naturale, non proprio l’ultimo ar­rivato. Dopo mesi di limbo, Angela Merkel è riuscita nel tentativo di dare forma ad un nuovo governo di Grosse Koalition con la Spd. Un esecutivo che, sulla carta, rappre­senta un cedimento storico della Cancellie­ra, ma dietro il quale si nasconde la sua ul­tima, grande missione politica: guadagnarsi un posto tra i grandi leader europei e non solo tedeschi.
Il ministro chiave in materia di accoglien­za è andato alla Csu, l’ala bavarese dei cri­stiano-democratici, fin dall’inizio scettici rispetto alla politica dell’accoglienza costata alla Merkel diversi punti in termini di con­senso. I ministeri economici più importan­ti, Finanze e Lavoro, vanno invece alla Spd, per la prima volta dal 2005, ossia da quando la leader della Cdu ha preso in mano le redi­ni del Paese. Un messaggio a Parigi e all’Eu­ropa intera: ora la partita della vita (sia per Merkel che per il leader della Spd Martin Schulz) è quella europea. Un messaggio che deve arrivare, forte e chiaro, anche a Roma, che mai come in questo caso rischia di re­stare indietro se al governo finissero le per­sone sbagliate. Tra cinque anni – forse meno – sapremo se il tentativo sarà andato a buon fine.
Stefano Cagelli
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Lavoro, il modello tedesco è possibile?
Intervista a Marco Bentivogli: “Questo accordo è una lezione per il sindacato e le imprese”
Mario Lavia
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Èstato definito un accordo-pilota destinato a fare storia. E’ quello raggiunto dal potente sindaca­to dei metalmeccanici tedeschi nel Baden-Wuerttenberg. Nella regione di Daimler e Porsche a 900mila lavoratori è stato riconosciuto un au­mento in busta paga del 4,3%, ma soprattutto il diritto ad accorciare la settimana lavorati­va a 28 ore, per un periodo massimo di due anni. E la settimana accorciata potrà essere chiesta più di una volta, durante la carriera lavorativa. Per contro, le aziende potranno aumentare la quota di dipendenti che voglio­no allungare la settimana di lavoro a 40 ore. Ne abbiamo parlato con Marco Bentivogli, segretario generale della Fim-Cisl.
Bentivogli, questa modulazione dell’orario di lavoro si potrebbe sperimentare anche in Italia, forse nelle aziende maggiormente tecnologizzate? Il sindacato sarebbe pronto a costruire una iniziativa su questo terreno?
La tecnologia può essere uno dei più gran­di alleati per centrare le battaglie che il sin­dacato non ha portato a casa nel ‘900. La riduzione generalizzata degli orari non ha mai funzionato neanche in Germania, dove l’orario in alcuni lander dell’est è superiore alle 40 ore. La maggiore produttività delle fabbriche moderne. E le nuove tecnologie abilitanti di Industry 4.0 consentono che lo svolgimento del lavoro avvenga con luoghi e tempi di lavoro meno rigidi e vincolanti. In Italia si può e si deve, se si sceglie la via alta della sfida di produttività, quella che come in Germania, riduce a 22 ore per 24 mesi nei casi di cura di anziani e bambini. Perché un lavoro che si concilia bene con la propria vita fa guadagnare produttività. L’imprenditore che vede solo i pezzi prodotti nell’ora, non solo non lo capirà ma se non cambia cultura dovrà cambiare mestiere. La Gesamtmetall (la Federmeccanica della Confindustria tede­sca) lo ha capito. Ma i nostri?
Dunque, bravi i sindacati tedeschi.
Questo accordo è la lezione di un sindaca­to che alza il tiro se le condizioni lo consen­tono: la produttività non era stata redistri­buita degnamente nei salari e hanno fatto richieste alte ma è lo stesso sindacato che firmò nel 2013 un contratto a zeroeuro. Infi­ne va precisato che questo è un contratto di land: il Baden Wuerttenberg (il più ricco del­la Germania) che verrà steso negli altri ma che sarà applicato comunque sul 35% delle imprese e non erga omnescome avviene in Italia.
Nella mega-proposta che lei ha avanzato insieme a Carlo Calendasi parla a lungo della necessità di riformare i processi produttivi, esaltando il ruolo della contrattazione aziendale. Forse in questo quadro c’è spazio anche per un ragionamento sugli orari.
Siamo alla vigilia della quarta rivoluzione industriale, si va verso produzioni sartoria­li, per piccoli lotti, serve una contrattazione in prossimità, dentro l’azienda, e pertanto il livello nazionale sarà utile solo come cor­nice di garanzia. In azienda bisognerà con­tinuare il lavoro che abbiamo iniziato anni fa di contrattare orari che concilino l’utiliz­zo degli impianti (flessibilità passiva) con le esigenze di vita delle persone (flessibilità at­tiva). Ci stiamo lavorando molto come Fim Cisl. Del resto il nostro slogan e il simbolo della Fim è una margherita che perde un pe­talo verso le 35 ore, con lo slogan, lavorare meno, vivere meglio.
Bentivogli, secondo lei gli industriali italiani hanno la cultura e la capacità di immaginare un nuovo quadro del come si può produrre?
Viviamo gli effetti di troppi cambi genera­zionali alla guida delle imprese infelici. E credo che il ruolo educativo e formativo che come Fim cerchiamo di esercitare con i la­voratori, lo debba svolgere anche Confindu­stria con le imprese al di là della convegni­stica. Bisogna insieme riscrivere un nuovo pensiero di una cultura del lavoro deideolo­gizzata e post-novecentesca. Se ognuno pen­sa a vecchi schemi, deve essere consapevole che sono utili per la propria temporanea so­pravvivenza. Ma non educano ne accompa­gnano al secondo balzo in avanti della storia a cui stiamo andando incontro con la prossi­ma rivoluzione industriale.
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Movimento 5 stelle
Sorpresa:
il programma “dei cittadini” di Rousseau
è un plagio
Leggi l’inchiesta integrale su ilpost.it
Copiata e incollata anche un’interrogazione parlamentare
del Pd del 2012
Ben 11 dei 20 capitoli tematici risultano contenere plagi. A volta si parla di intere pagine copiate
Un programma dal basso, ela­borato dai militanti e fatto dai cittadini. Si legge con solenni­tà sul sito dei grillini: “Il primo e unico programma politico, basato sulla partecipazione e sulla democrazia diretta online grazie al Si­stema Operativo Rousseau“.
Ma è davvero così? A giudicare da quanto pubblicato in un’inchiesta del Post, sembre­rebbe proprio di no. Un’analisi del program­ma elettorale del M5S mostra infatti che molte sue parti sono state copiate da altri documenti di tutt’altra natura, senza alcuna indicazione della loro provenienza.
Tra le fonti ricopiate– riferisce il Post – ci sono studi scientifici, articoli di giornale, pagine di Wikipedia, ol­tre a numerosi dossier e documenti prodotti dal Parlamento, in alcuni casi scritti da esponenti di partiti avversari del Movi­mento 5 Stelle: per esempio nella parte del programma sullo “Sviluppo economico” c’è un lungo paragrafo copiato da un’interro­gazione parlamentare di un senatore del PD.
Nulla a che fare con il percorso di parteci­pazione sbandierato dai Cinque Stelle.
In tutto, ben 11 dei 20 in capitoli temati­ci risultano contenere plagi. In quello sullo “Sviluppo economico” almeno dieci paragrafi sono stati copiati senza che venisse specifica­ta la provenienza del testo originale: ci sono brani di un’interrogazione parlamentare fat­ta nel 2012 dal senatore PD Giorgio Roilo, di uno studio IEFE Bocconi e di un articolo del 2010 scritto dall’econo­mista Jean-Paul Fitous­si, le cui parole sono ri­prodotte come se fossero idee del M5S. C’è anche un’intera intervista di Car­lo Sibilia all’attivista svedese Helena Norberg-Hodge, senza che però i nomi di Sibilia e Nor­berg-Hodge vengano segnalati da nes­suna parte.
Il plagio più clamoroso, tra quelli indivi­duati dal Postsi trova nel capitolo “Ambien­te”: due intere pagine copiate da un dossier di Legambiente, quasi 300 parole sono state copiate senza citazione da un articolo di Re­pubblica,eliminando i virgolettati degli in­tervistati e facendo apparire le parole degli esperti intervistati dal giornale come idee e proposte del Movimento 5 Stelle.
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Il caso del deputato sparito che imbarazza il M5s
È sparito il deputato Andrea Cecconi e nessuno sa più dove sia. Nessuna presenza nelle prime iniziative di campagna elettorale, telefono spento o irraggiungibile, profilo facebook oscurato. Sul motivo che abbia spinto il parlamentare del Movimento 5 Stelle, ricandidato in po­sizione blindata a Pesaro, a scomparire, c’è più di una congettura.
Ufficialmente il movimento rimanda al post pubblicato sul Blog a 5 stelle in cui si sottolinea che “a seguito di alcune segnala­zioni sulle rendicontazioni dei portavoce del Movimento 5 Stelle è emerso che Andrea Cecconi e Carlo Martelli non erano in regola con le restituzioni. Hanno immediatamen­te proceduto ad effettuare il versamento al Fondo del Microcredito e sono stati segnala­ti ai Probiviri”. Dal momento di questa pub­blicazione, la vita pubblica del parlamenta­re pesarese è svanita.
Come riferisce il Resto del Carlino, da Roma rimbalzano indiscrezioni su conti­nue riunioni dei vertici del Movimento sul caso in questione. Che, a quanto pare, nulla c’entra con gli scontrini, tanto che M5S ha risposto al Corriere della Sera così: “Non esi­ste alcun caso scontrini”. Quindi niente ri­tardi nei versamenti (che sono endemici per tutti), bensì incongruenze nella documenta­zione. Così gravi da mettere alla berlina due importanti parlamentari uscenti (al centro della bufera c’è anche Carlo Martelli) peral­tro posizionati sicuri di essere rieletti.
A questo punto pare quasi scontato che Cecconi non farà più campagna elettora­le da qui al 4 marzo. E la sua permanenza all’interno del Movimento potrebbe essere definitivamente conclusa il giorno dopo l’a­pertura delle urne.
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Programma Pd
Pensioni,
i risultati e le cose da fare
Un Una delle priorità del Partito democratico è quella di superare le eccessive rigidità nella fase di pensionamento introdotte dalle ultime riforme (Maroni, Sacconi, Fornero), senza com­promettere al contempo il quadro di stabilità finanziaria ottenuto, e aumentando l’equità del sistema pensionistico.
Per farlo il Pd intende dare piena attuazione all’accordo tra governo e sindacati del 2016, rendendo strutturali e am­pliando le platee degli strumenti di flessibilità in uscita, sia quelli a carico dello Stato per chi è in condizioni di bisogno (Ape sociale, precoci), sia quelli che comportano un costo per chi decide di andare in pensione prima (Ape volontaria, Opzione donna). Inoltre si vuole introdurre una pensione contributiva di garanzia per i giovani con carriere disconti­nue e redditi bassi.
Lepriorità
Pensione di garanzia per i giovani. Il Pd punta a uno strumento anche previdenziale che tuteli i lavoratori che rischiano di maturare pensioni inadeguate, come quel­li con carriere discontinue e precarie. La proposta è una pensione contributiva di garanzia, costituita da un livello di reddito pensionistico minimo di 750 euro mensili, a carico dello Stato, che potrà crescere di 15 euro al mese per ogni anno, fino a raggiungere un massimo di 1.000 euro mensili.
Flessibilità in uscita.L’idea del Pd in questo case è quella di estendere gli interventi esistenti per creare un sistema di flessibilità in uscita incentrato su una pluralità di strumenti. Il principio è semplice: chi, dopo 63 anni, vuole flessibilità per condizioni di bisogno riceverà un reddito ponte gratui­to, chi la vuole per preferenze individuali dovrà sobbarcarsi parte dei costi.
Adeguamento dell’età pensionabile.Secondo il Pd, l’in­nalzamento dell’età pensionabile legato all’allungamento della speranza di vita dovrà tenere conto del mutare delle condizioni socio-economiche e del diverso grado di usura. Vanno in questa direzione il verbale governo-sindacati del 2016 su cui il Pd si impegna a dare una piena attuazione
Equità nei trattamenti.Va aumentata l’equità, riducendo drasticamente tutte le forme di privilegio ingiustificate nei trattamenti finanziati dallo Stato.
Previdenza integrativa e Casse previdenziali.La pre­videnza integrativa, nel programma dem, dovrà garantire non solo la possibilità di una rendita da aggiungere alla pensione pubblica, ma anche, come prevede Rita, un’op­portunità di reddito prima della pensione.
Le cose già fatte
Finora le misure previdenziali messe in campo dai governi a guida Pd sono state abbastanza rilevanti. Su tutte spic­ca l’anticipo pensionistico, la cosiddetta Ape, che ha di fatto reso più flessibile l‘uscita dal lavoro stemperando le rigidità della riforma Fornero. Si va poi dal cumulo gratui­to dei contributiprevidenziali alla Quota 41 per una par­te dei lavoratori precoci; dall’estensionedella no tax area pensionati all’aumento delle quattordicesime per chi è in maggiore difficoltà. E poi ancora, opzione donna(anche per chi ha meno di 63 anni, se ha raggiunto il requisito con­tributivo richiesto); ma anche dell’Ape volontaria e Rita, per consentire di utilizzare la previdenza integrativa.
Passi avanti degni di nota, il grosso dei quali è stato rag­giunto attraverso l’accordo siglato tra il governo dei mille giorni e i sindacati, nel settembre del 2016. Un’intesa che assunse un significato politico molto rilevante: in primo luogo per il tipo di confronto che lo ha preceduto, aper­to, durato diversi mesi; e secondo per aver riavviato una stagione di dialogo con i sindacati, fino a quel momento sostanzialmente interrotto.
Era la cosiddetta fase uno, quella in cui il Pd ha dato rispo­ste concrete ad alcune tipologie di lavoratori (in particolar modo a chi ha un bisogno sociale) mantenendo allo stes­so tempo l’equilibrio finanziario del sistema previdenziale.
Ora il Partito democratico ha in mente la fase due, quella intergenerazionale legata alla demografia, a partire dalla proposta di dotare i giovani con redditi bassi (e discontinui) di una pensione contributiva di garanzia.
Cari amici,
negli ultimi anni si è consolidata attorno al Partito Democratico un’in­credibile comunità di persone che hanno deciso di sostenerlo. Pensa­te che oltre 600.000 di noi hanno donato il loro 2×1000 al PD e in 25.000 hanno sostenuto il treno Destinazione Italia.
Noi abbiamo abolito il finanziamento pubblico ed oggi stiamo dimo­strando che la politica può vivere anche senza.
Per questo, primi in Italia, abbiamo deciso di realizzare la più innova­tiva campagna di crowdfundingdella storia della politica italiana.
Non si sosterrà più il partito alla cieca, ma si potrà sostenere il singo­lo tema della campagna elettorale o un evento in particolare.
Da oggi andando sul nostro sito, oltre alla donazione classica, potete scegliere di sostenere la sfida che vi sta più a cuore o aiutarci a re­alizzare concretamente un evento nella vostra città.
Questa piattaforma è innovativa non soltanto perché consente di sup­portare il Partito Democratico in vari modi, è innovativa soprattutto perché contribuisce a rafforzare, giorno dopo giorno, il legame tra il Partito Democratico e la sua grandissima comunità.
Francesco Bonifazi
Tesoriere PD
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In redazioneCarla Attianese, Patrizio Bagazzini,Stefano Cagelli, Maddalena Carlino, Roberto Corvesi, Francesco Gerace,Silvia Gernini, Stefano Minnucci,Agnese Rapicetta, Beatrice Rutilonidemocratica@partitodemocratico.itPD BobSocietà editrice:Democratica srl Via Sant’Andrea delle Fratte 16 – 00187 Romawww.democratica.comwww.partitodemocratico.itPer ricevereDemocratica: scrivi su Whatsapp a 348 640 9037oppure vai sul messenger Facebookall’indirizzom.me/partitodemocratico.it DirettoreAndrea RomanoVicedirettoreMario Lavia

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