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Democratica

Della Redazione Di Democratica

n. 119 lunedì 5 febbraio 2018
“Contro la xenofobia non credo tanto all’efficacia delle leggi, ma nel potere dell’educazione” (Liliana Segre)
IMPRESENTABILI
a 5 stelle
Undici sindaci indagati.
Ecco la “squadra” che Di Maio
fa finta di non conoscere
ALLE PAGINE 4-5

EDITORIALE

PROGRAMMA PD
CANDIDATI
Tutte le misure in campo per aiutare le famiglie
Ecco perché ho detto sì al Pd. Parla Carla Cantone
L’industria della paura
Andrea Romano
La responsabilità per l’agguato fascista di Macerata è individuale e sarà accertata dalla magistratura repubblicana, come accade per ogni ipotesi di reato nel nostro stato di diritto. Dietro quella responsabilità non c’è alcun mandante morale né politico, ma qualcosa di assai più insidioso. Un sistema culturale articolato e pervasivo che negli ultimi anni ha trasmesso agli italiani un unico messaggio: “Avete paura? Bene! Dovete averne ancora di più.
ALLE PAGINE 6-7
ALLE PAGINE 2-3
SEGUE A PAGINA 5
Verso il 4 marzo
Un assegno universale
per le famiglie
Un’idea concreta per rispondere alla crisi della natalità e sostenere le famiglie in dif??ficoltà
Tra “le 100 cose da fare”, i “100 pic­coli passi realizzabili” messi a pun­to dal Pd – ciascuno affiancato da altrettanti impegni già realizzati in questi anni dai governi di centrosi­nistra – c’è l’idea di dare alle fami­glie un assegno unico e universale. Oggi una famiglia con redditi molto bassi non beneficia delle detrazioni per figli a carico perché non paga alcuna imposta. Così come una famiglia di lavoratori autonomi è penalizzata rispetto a una famiglia di lavoratori dipendenti. Per que­sto, si sottolinea nel programma del Partito de­mocratico, non possono esistere famiglie di serie A e di serie B.
La proposta dem è di introdurre un unico so­stegno universale alle famiglie in grado di as­sorbire le altre misure in denaro, come i bonus, rafforzandole. Una famiglia, un assegno: per tutti.
Le riforme già approvate
Premio alla nascita
o all’adozione di un minore
A partire dal 2017 una futura madre potrà
chiedere all’Inps un “premio” di 800 euro.
Un buono per l’iscrizione
all’asilo nido
Sarà possibile beneficiare di un buono del valore di 1000 euro annui per l’iscrizione in asili nido pubblici o privati.
Rifinanziati i voucher
asili nido o baby sitting
Prorogata per il 2017 e il 2018 per il cosiddetto
voucher asili nido o baby sitting, in sostituzione
anche parziale del congedo parentale
Verso il 4 marzo
Semplificazione a favore dei figli, dunque, che si traducono in una misura da 240 euro al mese. In questo modo si intende rilanciare il tema della natalità rispettando al tempo stesso il concetto di equità, visto che l’assegno unico andrebbe a raggiungere anche gli incapienti e i lavoratori autonomi oggi esclusi dagli assegni familiari.
Il concetto di fondo ribadito dal Pd con que­sta misura è quello di tagliare le tasse alle fami­glie e non ai milionari. Una misura sostenibile, a differenza delle proposte irrealizzabili del cen­trodestra di un sistema di tassazione unitario, che si scontra palesemente con i principi costi­tuzionali e con le coperture economiche.
Cosa prevede
la proposta
Ci saranno 240 euro di detrazione Irpef men­sile per i figli a carico fino a 18 anni e 80 euro per i figli fino a 26 anni. Il costo è pari a 9 miliardi e sarà valido per tutti, da zero fino a 100 mila euro l’anno. Assieme a questa misura, il Pd propone anche uno strumento triennale di 400 euro al mese per ogni figlio fino ai 3 anni, per nido o baby sitter, una “carta universale” dei servizi di cura. Una misura quest’ultima, del valore di cir­ca un miliardo di euro.
La somma di questi interventi, viene sottoli­neato nel programma dem, aumenterà il pote­re d’acquisto dei lavoratori, incentivando i con­sumi, l’occupazione femminile e la natalità.
Le novità previste
Semplificazione
Un’unica misura universalistica per ogni figlio a carico
Clausola di salvaguardia
Le famiglie avranno la garanzia di fruire comunque di un importo non inferiore a quello oggi complessivamente percepito con le diverse misure
Così
all’estero
In Austrialo Stato versa per i primi tre anni circa 100€ al mese per figlio a carico per arrivare fino a 150€ euro al mese per ogni figlio fino ai suoi 19 anni.
In Germanialo Stato eroga un sussidio di 184,00 € al mese per ciascun figlio per i primi 2 figli, 190€ per il terzo e 215€ dal quarto in poi.
In Franciasi riceve un sussidio se si hanno 2 o più figli. L’ammontare è di circa 130€ al mese per 2 figli e aumenta in funzione del numero di figli .
In Belgioi sussidi alla famiglia vanno da circa 90€ al mese e aumentano in funzione del numero di figli.
In Svezia,per ogni figlio circa 120€ al mese con maggiorazioni in funzione del numero di figli.
Movimento 5 Stelle
Domenico Surdi
Sindaco di Alcamo
Indagato per abuso d’ufficio
Filippo Nogarin
Sindaco di Livorno
Indagato per bancarotta,
abuso d’ufficio e omicidio colposo
Virginia Raggi
Sindaca di Roma
Indagata per falso ideologico
Sean Wheeler
Sindaco di Porto Torres
Indagato per abuso d’ufficio
Impresentabili
a
Cinque Stelle
Undici sindaci indagati: ecco
la lista che Di Maio fa finta
di non conoscere
Mario Puddu
Sindaco di Assemini
Indagato per abuso d’ufficio
Patrizio Cinque
Sindaco di Bagheria
Indagato per turbativa
d’asta e abuso d’ufficio
Andrea Cozzolino
Sindaco di Civitavecchia
Indagato per tentata estorsione
Alessandro Ferro
Sindaco di Chioggia
Indagato per abuso d’ufficio
Federico Piccitto
Sindaco di Ragusa
Indagato per abuso d’ufficio
Chiara Appendino
Sindaco di Torino
Indagata per omicidio colposo, lesioni colpose plurime e disastro colposo
Maria Itria Fancello
Sindaco di Dorgali
Indagata per turbativa d’asta
Movimento 5 Stelle
Il candidato picchiatore
e il passo indietro che non esiste
“I vaccini? Un genocidio”
E i Cinque Stelle
la candidano al Parlamento
“Loro prendono gli indagati del Pd, che ci sono per carità, ma se vale la regola che l’indagato è colpevole intanto stiamo violando la Costituzione italiana. Di Maio issa la bandiera dell’onesta’ e la mette dalla parte del suo campo ma se si vuole fare l’elenco per indagati allora ricordiamo che Grillo ha fondato M5s ed ha una condanna passata in giudicato, e che sono indagati Appendino, Raggi, Nogarin… Ma noi non facciamo la battaglia sugli indagati. Lezioni da Di Maio non ne prendiamo”. Così Matteo Renzi, segretario del Pd, al videoforum di Repubblica, replica alle accuse di Luigi Di Maio di avere candidato con i dem degli indagati. “Loro candidano Sara Cunial in Veneto con M5s che dice che il vaccino è un genocidio – ha proseguito – candidano un tale Dessì che non è un tipo a caso ma sta sul palco con Grillo e a fianco con la Raggi. Vive in una casa popolare a 7 euro e allora ci risparmino la morale su scroccopoli. E’ amico degli Spada. Ma io non dico niente, sono loro che hanno detto che ritirano la candidatura di Dessi’. Ma non si può ritirare, mica si ritira come il bucato… Sono loro che si vergognano. Potrei stare una giornata da fare l’elenco dei loro indagati”. “M5s davvero lascia senza parole in alcuni momenti – ha aggiunto – non so su quale testo di Berlinguer abbia studiato Di Maio, però il buonsenso vorrebbe che si parlasse di cose che si conoscono. La verità è che Di Maio non vuole parlare dei temi, dai vaccini alle coperture economiche. Io sono qui pronto, ditemi quando… tanto lui vi dà appuntamento e poi vi dà il bidone”.
Di Maio annuncia il ritiro di Emanuele Dessì.
Ma è una balla, ecco perché
Lo avevano chiesto in molti, sopra­tutto dal Pd, e ora sembra che Ema­nuele Dessì, il candidato dei 5 Stelle al Senato, finito nella bufera per la diffusione di un video che lo ritra­eva con un membro del clan Spada di Ostia, per l’affitto a 7,75 euro al mese in una casa popolare di Frascati e per i suoi post raz­zisti, faccia un passo indietro. “Oggi ho parlato con lui e, in seguito ai tanti attacchi ricevuti, ha deciso di fare un passo indietro per tutelare la sua persona e il MoVimento 5 Stelle”, ha spiega­to Luigi Di Maio.
Non una scelta del candidato premier né dei dirigenti del Movimento, quindi, ma la decisio­ne viene proprio da Dessì. Una versione smen­tita dal diretto interessato che in un’intervista al Messaggero conferma che i vertici del Movi­mento gli hanno chiesto di “rinunciare alla can­didatura” e che ha “firmato un documento” su cui però non ha capito cosa “ci fosse scritto”.
Ma è proprio così?
Non proprio. Le leggi sulle elezioni al Senato non prevedono, infatti, che si possa rinunciare a una candidatura modificando le liste già de­positate, come chiaramente ha fatto notare la deputata del Partito Democratico, Alessia Mo­rani su Facebook
Quindi che cosa succederà?
Se alle elezioni del 4 marzo il Movimento 5 Stelle dovesse ottenere una buona percentua­le di voti, è praticamente certo che Dessì sarà eletto. Di Maio ha assicurato che se ciò dovesse succedere, l’ormai senatore rinuncerà al seg­gio. Ma questa spiegazione non convince pro­prio tutti.
Michele Anzaldi, deputato dem chiarisce: “Quello che Di Maio definisce il modulo per il ritiro della candidatura dell’impresentabile Dessì è una patacca senza alcun fondamento giuridico, una sceneggiata che non ha alcun effetto. Averlo candidato in posizione blindata significa avergli regalato il seggio di senatore”. Ipotizzando quindi che Dessì entri in Senato, ci si dovrà aspettare una sua volontaria rinuncia.
Ma anche in questo caso, la strada non è sem­plice (e ci sono già precedenti imbarazzanti). Secondo Anzaldi infatti “le eventuali dimissio­ni post elezione richiederebbero il voto della maggioranza dell’Aula: una procedura che può durare mesi, anche anni, e poi concludersi in nulla di fatto. Come per il senatore M5s Vaccia­no, che ha ‘tentato’ inutilmente per cinque anni di dimettersi”.
Agnese Rapicetta
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L’industria della paura
Vi chiediamo di essere sempre più prigionieri del senso di insicurezza che avvertite quando uscite di casa, perché è solo da quella paura e da quell’insicurezza che verrà infine la salvezza del Paese (se vi affiderete a noi, s’intende)”. Èun messaggio che abbiamo ascoltato ogni giorno da programmi televisivi, giornali ed esponenti politici che hanno tutti insieme sof­fiato sul fuoco di una fragilità collettiva che ha cause reali e specifiche ma che la politica gestisce con modalità diametralmente op­poste. Quelle perseguite dagli “imprenditori della paura” puntano ad evitare le soluzioni concrete e possibili per far leva direttamen­te sull’indebolimento della nostra comunità civile, disegnando scenari apocalittici a cui rispondere con ricette tanto rumorose quan­to irrealizzabili. E’ l’inganno della “chiusu­ra delle frontiere” sbandierato dalla Lega di Salvini, la polemica contro “i taxi del mare” costruita dal Movimento Cinque Stelle, la sparata di Berlusconi sulla “deportazione di 600.000 clandestini con un ponte aereo”. L’altra modalità è quella costruita in questi anni dal Partito Democratico, che anche per questo ha reagito all’agguato di Macerata con l’equilibrio che viene da una tradizione di vi­gilanza antifascista e rispetto delle istituzioni che (soprattutto nelle stagioni elettorali) evi­ta la tentazione di sfruttare a proprio vantag­gio fatti che colpiscono tutta intera la comu­nità nazionale. Il nostro equilibrio si fa forte dell’impegno con cui il Parlamento e gli esecu­tivi a guida PD hanno lavorato in questi anni per dotare le forze di sicurezza di maggiori fondi e strumenti (ridotti dalla destra quan­do è stata al governo), per costringere i nostri partner europei a condividere la responsabi­lità della gestione dei flussi migratori (fino al blocco dei fondi europei per quei paesi che si rifiutano di ospitare migranti, come chiedia­mo nel programma PD, laddove la destra al governo aveva voluto e firmato quell’accor­do di Dublino che dà copertura formale all’e­goismo di tanti stati europei), per colpire alla radice i trafficanti di esseri umani (obiettivo, da ultimo, della missione di pace in Niger che il PD ha voluto con l’opposizione dei Cinque Stelle e della Lega), per innovare le nostre leg­gi allo scopo di renderle più efficaci contro le nuove minacce alla sicurezza di tutti. Da una parte chi prende sul serio le paure dei cittadi­ni, fornendo risposte concrete che diano più protezione e sicurezza a tutti. Dall’altra chi coltiva il campo dell’insicurezza, ammiccan­do alla violenza fascista (reale o simbolica) e scommettendo anche qui sul “tanto peggio, tanto meglio”. Anche qui una divisione radi­cale tra chi risolve e chi distrugge, la stessa su cui si gioca la campagna elettorale.
Andrea Romano
Segue dalla prima
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Candidati
CAPOLISTA NEL COLLEGIO PLURINOMINALE
Emilia-Romagna 03 Imola-Bologna
CAMERA DEI DEPUTATI
Carla Cantone
La canzone
di Carla
La leader dei pensionati Cgil si candida con il Pd: “Ecco perché ho detto sì”
Beatrice Rutiloni
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Bruxelles, interno giorno. Carla Cantone parla dei diritti degli anziani, di un nuovo welfare per la terza età, vuole scuotere i burocrati europei dal presente per farli ragionare di futuro prossimo, non una facile missione. L’ascoltano distratti. Allora lei prende la parola e dice così: “Io spero davvero che voi possiate invecchiare, che arriviate tutti ad avere bisogno di assistenza. Spero che non morirete prima di capire che dovete occuparvi oggi di ciò che sarete domani”. Detta così, scongiuri a parte, era impossibile non alzare gli occhi su questa signora in rosso, il cui motto, da prima che lo cantasse la Bertè è: “Non sono una signora”.
E fu così che la pasionaria dell’età della libertà, la donna che tra gli ultimi ha sempre scelto i più ultimi, riuscì a cattu­rare l’attenzione sul diritto di assistenza pubblica agli anzia­ni soli, battaglia che sta portando avanti da leader del Ferpa, il sindacato dei pensionati europei. Un tema non da poco vi­sto che gli over 65 in Europa saranno 100 milioni nel 2020, e già oggi sono 14 milioni in Italia. E Carla lo sa, dall’alto della sua vita passata tra le mondine di Pavia che la sera, tornate dalle risaie, si levavano le calze pesanti per proteggersi dal­le zanzare e indossavano le gonne con la ruota per danzare nelle balere, e gli operai edili che ha sempre difeso perché facevano il lavoro più duro di tutti e quindi andavano difesi più duramente di tutti. Dal padrone, quando ancora si chia­mava così. Carla senza mamma in un mondo di uomini, che divora romanzi Layla chiusa in soffitta, Carla senza regole eppure madre per necessità delle due sorelle maggiori, poi di due gatti in successione e dei milioni di iscritti allo Spi Cgil, la casa madre dei vecchi che alla fine della vita ritornano bambini, ed è “L’amore che mi ha catturato la vita”, come dice la biografia fir­mata da Valerio de Filippis.
Carla che ha bruciato i tempi, tutti, e ven­tenne, sul finire degli anni sessanta entra nel Policlinico di Pavia, dipartimento di Fisica sanitaria, con una specializzazione in psicopedagogia presa mentre insegna agli operai con la quinta elementare come prendere la sesta per poter passare di gra­do e diventare operaio specializzato. Non si poteva solo studiare, non si poteva mai fare una cosa sola per volta. Carla non l’ha mai fat­ta, una cosa per volta. La vita non lo consentiva: soldi zero, una mamma morta di lavoro quando lei aveva otto anni, una donna, un’operaia da riscattare, da ven­dicare. La prima di molti.
Viene facile chiedersi se la vicenda di sua madre abbia influenzato il corso della sua vita.
“Mi sono sempre sentita dalla parte di chi lavora più che da quella dell’intellighenzia: se dovevo scegliere dove stare tra una battaglia per il diritto allo studio e una per il mondo del lavoro non avevo dubbi. I mestieri di fatica mi hanno sempre scosso l’anima: i braccianti, gli operai, le mondine, chi lavora nelle fabbriche dalla mattina alla sera. Chi si sfibra ha diritto a essere ricucito”.
A suo modo lei ha rottamato vecchi leader sindacalisti e scardinato l’ordine costituito in un mondo a trazione maschile, però se le dico che è “una con le palle” non le piace.
“Il coraggio non ha attributi. È verità e ba­sta. Il sindacato andava svecchiato e io ho provato a dare il mio contributo: avevo vent’anni, il segretario della FIOM di Pavia teneva la sua relazione, gli ho semplice­mente detto ciò che molti pensavano: sia­mo stufi dei vecchi tromboni come te! Era un mondo in cui vigevano regole ferree che a mio parere ingessavano l’opportunità di esse­re parte della realtà che cambiava. Ci davano da leggere gli scritti di Togliatti, 650 pagine. Io quel mat­tone non l’ho mai letto ma in compenso rivendico con orgo­glio di essere stata portata in bicicletta a canna da un opera­io dell’Italcementi all’assemblea per il rinnovo contrattuale. Lui era uno dei tre che mi ha votato contro ma in compenso ha voluto riportarmi in bici anche sulla strada del ritorno e mi ha anche detto qualcosa che poi non è stata ripetuta di frequente: «Non preoccuparti compagna, non pesi poi mol­to»”.
Il coraggio non ha attributi. È verità e basta. Il sindacato andava svecchiato e ho dato il mio contributo
SEGUE A PAGINA 7
Candidati
Lei è sempre stata insofferente all’ordine costituito: è più anarchica o comunista?
“Le due anime convivono e col tempo ho imparato a starci benino anche io”.
Si elencano i suoi tanti no alla politica: ha rifiutato ministeri e candidature, perché oggi dice sì alla chiamata di Renzi?
“Perché voglio che il Pd si impegni sempre di più su welfa­re, lavoro, giovani e anziani e sui diritti nel lavoro contro ogni sfruttamento. Bisogna combattere la povertà, altro che Flat Tax! Perché i governi del Pd hanno preso decisioni importanti sui diritti civili, ed era ora che la sinistra lo facesse. E perché voglio con­tinuare le battaglie nei valori in cui credo”.
Come?
“Intanto lavoro per prendere voti: nel pri­mo fine settimana di incontri a Bologna si sono raccolti intorno a me tanti compagni, mi hanno detto: «Carla, se ci sei anche tu votiamo di sicuro il Pd!». È chiaro che aver costruito un rapporto di fiducia in tanti anni di sindacato aiuta in un momento in cui le ideologie sembrano perdere consistenza ed è per questo che mi candido: voglio portare in Par­lamento le loro istanze, tradurre il lavoro di anni in leggi stabili e universali”.
Su cosa lavorerà?
“Per prima cosa su un piano per l’assistenza pubblica agli anziani non autosufficienti. Il punto è che nessuno Stato può permettersi di ignorare le esigenze di quella che è prossima a diventare una popolazione di 100 milioni da qui a due anni: occorrono dunque un welfare dedicato, risorse e anche una medicina per la terza età. Dobbiamo occuparci di Alzheimer e fare un albo professionale delle badanti in ogni Comune e dobbiamo fare tutto ciò per rimettere sul mercato del lavoro le due categorie più penalizzate: i giovani e le donne. Solo so­stenendo le famiglie nella cura e nell’assistenza agli anziani possiamo valorizzare il talento delle donne su cui da sempre grava l’impegno degli affetti, con i figli prima e con i genito­ri anziani, dopo. E solo sostenendo la terza età, facendone un’età della libertà e non della privazione, possiamo creare nuovo lavoro, lasciare spazio ai giovani e anche dare nuova occupazione”.
Lei è l’anti Fornero?
“Guardi, io penso questo: ogni governo che è arrivato ha messo le mani nelle tasche dei pensionati. Il colpo di grazia lo hanno dato Monti e la Fornero. La colpa più gra­ve di quella riforma è la stortura dell’età pensionabile, perché, lo capisce anche un bambino, non tutti i lavori sono uguali e la parola d’ordine è flessibilità. Diciamo che i governi del Pd con l’Ape volontaria e l’Ape social, con il recupero degli esodati e la rivalu­tazione delle pensioni, sono stati i primi a com­prenderlo dopo che per anni ci siamo sgolati. C’è an­cora molto da fare sia per il reddito che per l’assistenza agli anziani, e questo sarà il mio principale impegno. Ora capirà bene perché dopo tanti no ho detto un sÌ”.
SEGUE DA PAGINA 6
Reddito
e assistenza
agli anziani,
c’è ancora molto
da fare. Sarà
il mio impegno principale
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In redazioneCarla Attianese, Patrizio Bagazzini,Stefano Cagelli, Maddalena Carlino, Roberto Corvesi, Francesco Gerace,Silvia Gernini, Stefano Minnucci,Agnese Rapicetta, Beatrice Rutilonidemocratica@partitodemocratico.itPD BobSocietà editrice:Democratica srl Via Sant’Andrea delle Fratte 16 – 00187 Romawww.democratica.comwww.partitodemocratico.itPer ricevereDemocratica: scrivi su Whatsapp a 348 640 9037oppure vai sul messenger Facebookall’indirizzom.me/partitodemocratico.it DirettoreAndrea RomanoVicedirettoreMario Lavia

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