Della Redazione Di Democratica
n. 117 venerdì 2 febbraio 2018
“Quello della Polonia è un tentativo oltraggioso di mettere un bavaglio alla memoria e falsificare la verità” (Jan Gross, storico di Varsavia)
“
L’EDITORIALE
Un programma per l’Italia
Una proposta per il Paese, l’antidoto all’antipolitica
Federico Sarica
La visione chiara che un percorso di riforme è stato avviato ma che siamo solo all’inizio, l’ossessione sui temi del lavoro e sulle condizioni di vita dei molti concittadini che ancora non hanno toccato con mano gli effetti dell’inversione di rotta, dimostrata da tutti gli indici economici, impressa al sistema paese dagli ultimi due governi a guida Pd. Un insieme coerente di proposte concrete e verificabili che permette di tornare di fronte agli elettori e dichiarare con convinzione: in uno scenario in cui alcuni propongono di tornare spaventosamente indietro, altri, recidivi, promettono la luna e immaginano il Paese dei Balocchi, noi abbiamo un altro programma. Un programma, solo per fare un esempio, che impegna il Pd sul miglioramento della qualità del lavoro, immaginando di allargare la misura degli ottanta euro alle Partita Iva, e di mettere in atto sgravi e incentivi alle imprese che, nel solco dei risultati positivi del Jobs Act, valorizzino le assunzioni a tempo indeterminato.
SEGUE A PAGINA 8
VERSO IL 4 MARZO
Il Partito,
un progetto, una squadra
Elezioni Oggi a Bologna la presentazione
dei 100 punti del Partito Democratico:
“Un elenco serio di ciò che serve al Paese”
PAGINA 3
CANDIDATI
Una vita dedicata
agli ultimi
PAGINA 2
PAGINA 4
MOVIMENTO 5 STELLE
DEBUNKING
Il reddito
di cittadinanza non è sostenibile
Caos M5s per il picchiatore-candidato.
Vaccini, strappo di Raggi
PAGINA 6
Emanuele Dessì al centro della bufera, oltre che per le amicizie pericolose, anche per aver usufruito di un alloggio popolare a prezzi stracciati. E a Roma
la sindaca cala la maschera
FAKE NEWS
Metà degli italiani vittima delle bufale
PAGINA 5
PAGINA 7
Verso il 4 marzo
Siamo in campagna elettorale
e tutti promettono tutto. Nessuno però racconta mai che cosa ha fatto. Quali risultati concreti offre all’attenzione dei propri concittadini.Noi siamo diversi e vogliamo mantenerci diversi. Perciò oggi alle 15:30 a Bologna, e in diretta su Facebook e Youtube, presenteremo cento piccoli risultati raggiunti e cento passi avanti che vogliamo fare.
Impegni concreti, realizzabili, a
portata di mano. Sarà un elenco serio e pacato di ciò che secondo noi serve al Paese.Lo possiamo proporre noi perché in questi anni abbiamo ottenuto dei risultati che offriamo alla vostra verifica. Con buona pace dei venditori di fumo e dei professionisti dello slogan.Ci vediamo qui alle 15:30,
non mancate!
Siamo in campagna elettorale
e tutti promettono tutto. Nessuno però racconta mai che cosa ha fatto. Quali risultati concreti offre all’attenzione dei propri concittadini.Noi siamo diversi e vogliamo mantenerci diversi. Perciò oggi alle 15:30 a Bologna, e in diretta su Facebook e Youtube, presenteremo cento piccoli risultati raggiunti e cento passi avanti che vogliamo fare.
Impegni concreti, realizzabili, a
portata di mano. Sarà un elenco serio e pacato di ciò che secondo noi serve al Paese.Lo possiamo proporre noi perché in questi anni abbiamo ottenuto dei risultati che offriamo alla vostra verifica. Con buona pace dei venditori di fumo e dei professionisti dello slogan.Ci vediamo qui alle 15:30,
non mancate!
Siamo in campagna elettorale
e tutti promettono tutto. Nessuno però racconta mai che cosa ha fatto. Quali risultati concreti offre all’attenzione dei propri concittadini.Noi siamo diversi e vogliamo mantenerci diversi. Perciò oggi alle 15:30 a Bologna, e in diretta su Facebook e Youtube, presenteremo cento piccoli risultati raggiunti e cento passi avanti che vogliamo fare.
Impegni concreti, realizzabili, a
portata di mano. Sarà un elenco serio e pacato di ciò che secondo noi serve al Paese.Lo possiamo proporre noi perché in questi anni abbiamo ottenuto dei risultati che offriamo alla vostra verifica. Con buona pace dei venditori di fumo e dei professionisti dello slogan.Ci vediamo qui alle 15:30,
non mancate!
Matteo Renzi
Lunedì tutti i candidati del PD saranno a Roma al teatro Eliseo per l’inizio della campagna elettorale nazionale. L’evento “Vota la Squadra, scegli il PD” sarà preceduto da un lavoro con tutte le strutture del PD e dei candidati per organizzare la rete di volontari, bellissima, che sta nascendo per questa campagna elettorale (e alla quale potete contribuire cliccando qui).
Verso il 4 marzo
Il Pd: un progetto, una squadra
“Nella prossima legislatura mettiamo l’attenzione
sulle famiglie”
“Il Pd è una squadra. Non è il segretario e i suoi amici del calcetto, ma una squadra che ha fatto qualcosa e ha tanta voglia di futuro”. Matteo Renzi ha rilanciato, ieri a Porta a Porta, l’impostazione del Pd basata sul concetto di squadra. Non a caso, per discutere dei temi legati alla campagna elettorale si è presentato nello studio del programma condotto da Bruno Vespa assieme a Pier Carlo Padoan e alla nuova candidata dem Carla Cantone.
“Per ogni punto del programma – ha evidenziato, riferendosi alle proposte che verranno lanciate oggi da Bologna – non saranno scritte cifre eccezionali ed effetti speciali, ma cosa abbiamo fatto e cosa intendiamo fare. Per ciascun risultato raggiunto, un impegno per il futuro. Non promesse eccezionali ma piccole cose quotidiane, giorno dopo giorno. La serietà e il rigore dei conti coniugato ad una politica di crescita: non venderemo fumo alle nuove generazioni. Solo serietà, non promesse a vuoto”.
Tra le tante proposte, ha commentato, l’estensione degli 80 euro alle partite Iva e la riduzione delle tasse alle famiglie con figli. “Nella prossima legislatura mettiamo l’attenzione sulle famiglie a cui diciamo che nessuno prenderà meno di quello che prende oggi”. Il Pd darà “l’equivalente di almeno 80 euro per ogni mese per ogni figlio fino almeno ai 18 anni” entro un limite di 26mila euro lordi di reddito. Una misura, spiega Renzi, rivolta “a tutti, partite iva, dipendenti”.
Non è mancato il riferimento all’ex Cavaliere e a una delle principali proposte avanzate dal centrodestra in questa campagna elettorale, la flat tax, un modo per “ridurre le tasse ai miliardari”. “Berlusconi se la prende molto con noi – commenta – Lui e Salvini hanno sparato i razzi in aria parlando di flat tax”.
E sulla campagna elettorale dei Cinquestelle ha detto: “È un dibattito inutile. Continuare a inseguire ciò che dice Di Maio corre il rischio di farti venire il mal di testa: un giorno è per l’euro, un altro no… È una discussione lunare. Ma noi con gli estremisti non andremo mai. E il programma di chi vuole uscire dall’euro e cancellare il lavoro in nome dell’assistenzialismo, non può essere la nostra idea”.
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Renzi, Padoan e Cantone ospiti di Bruno Vespa
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Gentiloni: “La sfida è costruire un lavoro di qualità”
“La sfida principale è costruire un lavoro di qualità, non il lavoro con il braccialetto”. È con questo attacco diretto alla multinazionale Amazon che Paolo Gentiloni ha aperto ieri la campagna elettorale nel suo collegio, quello di Roma 1, dove è candidato all’uninominale. L’occasione è l’incontro con i volontari del Pd alla Città dell’Altra Economia al Testaccio, dove ha lanciato i temi principali con i quali il Pd intende sfidare gli altri partiti alle elezioni del 4 marzo: battaglie civili, lavoro di qualità, crescita inclusiva e ambiente. Impegni portati avanti in questa legislatura da una “sinistra di governo” di cui lui è esponente per eccellenza. E ne approfitta per chiedere “una mano” per questa sua campagna elettorale “un po’ speciale” che lo vedrà nella doppia veste di premier e uomo di partito perché “molti magari non sanno nemmeno che sono candidato”.
Nel suo intervento ha anche delineato i compiti per il futuro: “Nonostante i guai, i difetti e i limiti che abbiamo dentro, il Pd è l’unica unità politica di questo Paese con caratteristiche di democrazia, di lavoro e di decisione comune”. Il Partito democratico è anche l’unico, sottolinea il premier, a poter portare avanti la “seconda stagione di riforme”, pena “il rischio micidiale di dilapidare il patrimonio raggiunto”. Se questo non dovesse accadere, la preoccupazione, secondo il premier, “non saranno i mercati, ma il fatto che tradiremmo le famiglie, le imprese, le persone che in questi anni hanno beneficiato delle riforme”.
Proposte concrete ed effetti visibili è in estrema sintesi la ricetta per la sinistra di governo secondo Gentiloni, che in conclusione rimarca: “Non c’è alternativa al Pd per questa stagione di riforme”.
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Candidati
Maria Pia Funaro
Una vita di corsa, pensando agli ultimi
Ha 44 anni e dopo la laurea in ingegneria ha studiato e lavorato in Spagna, occupandosi di marketing e ambiente. Dice di sé: “Credo in un’Europa libera, aperta, democratica. Sono attiva da sempre nel volontariato e da qualche anno anche nella Cooperazione Internazionale e per i diritti delle donne. Corro molto, di buon mattino. Fare politica significa partire dall’orizzonte, percepire l’ingiustizia nel mondo, trovarla insopportabile e domandarsi cosa fare, come produrre un’azione collettiva per il bene comune. Mi impegnerò per il lavoro, il Sud, le donne. Nel mio impegno quotidiano ho imparato alcune cose. Che la diversità arricchisce, per esempio. Che discutere e confrontarsi non vuol dire necessariamente compromesso. E poi c’è un’altra cosa che ho imparato: anche i don Abbondio travestiti da moralisti si annidano ovunque. Io voglio sporcarmele le mani, voglio che il mio sguardo si poggi ovunque, dove serve,
non voglio restare a guardare mentre le cose crollano per poi fare la conta dei danni. Per questo ho scelto di correre. Con il Partito Democratico”.
CANDIDATA AL COLLEGIO PLURINOMINALE
Calabria 01
CAMERA DEI DEPUTATI
Marco Rossi Doria
Il primo “maestro di strada” d’Italia
Nato a Napoli nel 1954 è un insegnante delle periferie, uno che, per dirla con le parole del titolo di un suo libro, “di mestiere fa il maestro”. Nel 1975 Marco Rossi-Doria vince il concorso magistrale, da quel momento e per i successivi 41 anni di carriera, il suo scopo sarà quello di istruire i bambini delle aree più disagiate. Nel 1987 vince il concorso per le scuole italiane all’estero. Insegna in Kenya dal 1987 al 1990 poi alla scuola elementare statale di Parigi, dal 1990 al 1993. Nel 1994 torna a Napoli dove, oltre a dedicarsi all’insegnamento, partecipa al lavoro di strada con bambini e adolescenti dell’Associazione Quartieri Spagnoli. Sempre nel 1994 l’allora ministro Luigi Berlinguer lo nomina ‘primo maestro di strada d’Italia’. Dal 2001 al 2007 Marco Rossi-Doria fonda e presiede la Onlus Maestri di strada per l’accompagnamento alla formazione e al lavoro di ragazzi e ragazze in difficoltà. Rossi-Doria ha ricoperto la carica di sottosegretario all’Istruzione del Governo Monti dal 2011 al 2013 e riconfermato nel Governo Letta.
CANDIDATA AL COLLEGIO
Campania 1 -07
(Napoli – San Lorenzo)
CAMERA DEI DEPUTATI
Movimento 5 Stelle
La Raggi cala la maschera: no all’obbligo di vaccini
La sindaca scrive alla ministra Lorenzin: “Mancata vaccinazione non ostativa
al percorso educativo”
Circa due settimane fa avevano votato una mozione all’unanimità in Campidoglio e ieri la sindaca ha scritto alla ministra della Salute Beatrice Lorenzin. La campagna elettorale per i Cinquestelle si gioca anche attraverso i vaccini e si rafforza a Roma con l’aiuto del Movimento capitolino. Infatti, in piena campagna elettorale, nella Capitale, dove il 4 marzo si voterà anche per la Regione Lazio oltre che per le politiche, il Movimento 5 stelle torna ad attaccare il decreto vaccini.
Virginia Raggi, infatti, ha inviato ieri una lettera oltre che a Lorenzin, anche alla ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli, al presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti e al presidente dell’Anci Antonio Decaro, per informarli della mozione cinquestelle riguardo alla necessità di rispettare la continuità didattica ed educativa per tutti gli alunni non ancora vaccinati.
La mozione approvata in Campidoglio a metà gennaio impegna proprio la sindaca a farsi promotrice di un’azione su obbligo di vaccini e frequenza a scuola verso il governo, la Regione Lazio, l’Anci e ogni altro ente interessato.
“L’intera Assemblea Capitolina – ha scritto Raggi – ha ritenuto la mancata vaccinazione non ostativa al prosieguo e alla continuità dell’attività e del percorso educativo considerando quest’ultimo (stesso insegnante, stesso contesto educativo, stessa aula, stessa rete di relazioni socio-affettive) una condizione psicodidattica da garantire a tutti in totale certezza ed assoluta equità”. Quindi, quello che chiedono i pentastellati in Campidoglio è di “giungere alla conclusione dell’anno educativo e scolastico 2017/2018 senza interruzioni di sorta nella frequenza e nella totale continuità educativa e didattica”.
Il Pd, che il giorno del voto della mozione in Campidoglio aveva lasciato l’aula in segno di dissenso, è tornato all’attacco dei Cinquestelle: “La salute dei bambini non è tema da campagna elettorale – ha detto la capogruppo del Pd in Assemblea capitolina, Michela Di Biase – La Raggi copia il ‘Vate’ Barillari sul tema dei Vaccini senza capire che quello che abbiamo votato in Aula nient’altro e’ che l’applicazione della legge. Quella vera, non dei blog a cinque stelle o dei comici di varietà. I bimbi che hanno già un piano vaccinale con la Asl non possono essere allontanati dalle scuole. Non ci sono scorciatoie no-vax. La sindaca la smetta di fare campagna elettorale e si ricordi del suo ruolo istituzionale di prima cittadina della Capitale d’Italia”.
“La sindaca Raggi è senza vergogna e gioca con la salute dei bambini – ha commentato il responsabile Aree metropolitane del Pd Luciano Nobili – Dietro la scusa della continuità didattica strizza l’occhio alla comunità no vax, dando copertura istituzionale alle loro posizioni. Da mesi il Paese è impegnato per mettere in sicurezza, tramite il cosiddetto effetto gregge, le persone a cominciare dai più piccoli e dai soggetti più deboli. Aprire a questo tipo di soluzione significa non voler mai chiudere il cerchio sull’azione delle vaccinazioni. La verità è che i 5 stelle sono contro i vaccini e cercano solo una maniera per aggirare la legge”.
Silvia Gernini
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Il candidato-picchiatore al centro della bufera
Prima il video in cui ballava con un esponente del clan Spada, poi il post razzista su Facebook. Due aneddoti, chiamiamoli così, che rendono bene quale sia il personaggio che il Movimento 5 stelle ha deciso di candidare in Senato. E invece continuano a uscire dettagli imbarazzanti su Emanuele Dessì.
Il candidato nel listino proporzionale del collegio Lazio3 ha fatto di nuovo parlare di sé, perché l’esponente grillino vive in una casa popolare a Frascati, pagando una cifra di 7,75 euro al mese. L’abitazione, di proprietà dell’Ater, gli era stata assegnata, inoltre, dal Comune di Frascati dove l’esponente grillino era consigliere comunale.
Un’assegnazione poco trasparente, che sta destando parecchi sospetti. Innanzitutto perché Dessì risulta senza reddito pur essendo amministratore di una piccola ditta di traslochi e istruttore di pugilato nelle palestre. Ma anche perché il contratto di affitto della casa popolare era intestato alla nonna e poi passato, dopo la morte della donna, al candidato cinquestelle, come se si trattasse di una proprietà privata. Il fatto che la casa sia stata assegnata dal Comune nel quale Dessì rivestiva un ruolo istituzionale rende tutto ancora più opaco e imbarazzante.
S.G.
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Pensieri e parole
Intervista a
Massimiliano Valerii
A ormai pochi giorni dalle elezioni politiche, il count down segna -30, e la campagna elettorale entrata praticamente nel vivo, la discussione su ruolo dei social network e rischio fake news sta passando, inevitabilmente, dalla teoria alla pratica.
Ma quanto gli italiani sono realmente sottoposti al rischio ‘bufale’ in Rete, e dunque in che percentuale la disinformazione giocherà davvero un ruolo da qui al voto?
Ne ha parlato con Democratica Massimiliano Valerii, direttore generale del Censis, l’ente che ha pubblicato il 14° Rapporto sulla Comunicazione “I media e il nuovo immaginario collettivo”, nel quale un capitolo è dedicato proprio alle fake news e alla loro capacità di penetrazione nella popolazione.
Dal Rapporto emerge che a più della metà degli utenti in Rete (il 52,7%) è capitato di credere a una fake news. Tra chi lo ha dichiarato e chi ne è rimasto vittima inconsapevole, quel dato è solo la punta dell’iceberg?
La percentuale si riferisce a quelli che hanno creduto a una fake news e che hanno poi saputo che la notizia era falsa, dunque certo, potrebbe esserci del sommerso. Per questo il dato fa ancora più impressione.
Un altro dato interessante del Rapporto è che quasi la metà dei giovani (il 44,6%) ritiene che l’allarme bufale sia sollevato ad arte dai vecchi media.
Generalmente sul tema delle fake news c’è grande attenzione e preoccupazione, esiste però una componente, intorno al 40% dei giovani, che danno al fenomeno un altro significato: per loro sono i giornalisti che enfatizzano l’allarme per recuperare l’autorevolezza perduta a causa delle nuove tecnologie. Ma più in generale su questo tema c’è una differenza ampia tra i giovani e gli adulti e gli anziani, sia nel rapporto con il web che nel rapporto con i media tradizionali.
Come se lo spiega?
La rivoluzione digitale ha fatto saltare la gerarchia tradizionale, che riconosceva alle fonti main stream un ruolo autorevole e insostituibile. Oggi ciascuno costruisce il proprio palinsesto personale, e questo significa svincolarsi dalle fonti tradizionali e dalla verifica delle informazioni, ma anche creare una propria ‘bolla’ di informazioni che si ritengono soggettivamente importanti.
Secondo i vostri studi è un processo irreversibile?
La mia idea è che quello delle fake news non è un problema che riguarda solo l’informazione o solo i mezzi di comunicazione, ma più generale la società nel suo complesso e il suo immaginario collettivo, diventato debole e frammentato. Il processo a mio avviso cambierà quando la società riuscirà a recuperare un immaginario collettivo forte, simile a quello dei decenni che abbiamo alle spalle e che individuava valori molto forti e condivisi, che innescavano passioni e partecipazione. Oggi tendenzialmente ogni individuo può fare comunicazione, dunque non esiste più un’agenda sociale condivisa. Il problema non è più tecnologico, ma socio-antropologico.
Èuno scenario nato a causa del meccanismo dei social network, o i social network ne sono stati solo l’habitat più adatto?
L’individualismo è un processo di lungo corso, ma strumenti come Facebook sono tecnologie d’elezione per il soggettivismo. I mezzi non sono neutrali, e Fb e il Web in generale ci hanno introdotto in quella che io chiamo era biomediatica, in cui le emozioni diventano esse stesse comunicazione. Inoltre la disintermediazione ha fatto saltare le fonti tradizionali, con l’individuo che è diventato insieme fruitore e produttore di contenuti.
Eppure c’è chi dice che le bufale sono sempre esistite.
Su questo non c’è dubbio, ma il paragone con quello che accade oggi è impossibile, perché la potenza virale delle fake news è imparagonabile con qualsiasi cosa sia accaduta in passato. La disinformazione oggi non ha barriere geografiche ed è alla portata di ogni singolo individuo.
Lei sarebbe favorevole a una legge?
Che ci sia una maggiore attenzione sul piano normativo è doveroso, anche con un inasprimento delle sanzioni, ma a mio avviso non è risolutivo perché il vero problema è la perdita di credibilità. Si può anche pensare a una norma, ma quello che davvero scontiamo è la mancanza di una governance sovranazionale. Inoltre, è difficile sottoporre le piattaforme social alle stesse norme che riguardano gli editori. È un fenomeno di tipo culturale, e la sola soluzione strutturale sta nel recupero di un rapporto di fiducia tra politica, istituzioni e cittadini.
Lei ha respinto l’idea che le fake news siano un pericolo in vista delle elezioni. Eppure c’è chi sulle bufale scommette, investendoci del denaro.
Quello che non vorrei è che quello delle fake news diventasse un alibi per la politica per non guardare al problema sempre più grande che riguarda il rapporto con la società. Tutti i nostri sondaggi ci dicono che c’è un’ondata di sfiducia che non perdona nessuno, dunque esiste un problema di rappresentanza e in particolare di rappresentanza politica. Il bisogno di una risposta politica al rancore sociale non nasce a causa delle bufale, ma per la percezione di una mancata risposta ai bisogni.
Facebook sta per lanciare il fact checking contro le fake news, cosa ne pensa?
È un progetto a cui abbiamo collaborato anche noi, l’idea è quella di usare la piattaforma per mettere a confronto le varie proposte politiche. Ben vengano strumenti di questo genere, l’uso dei social è soggettivo dunque dare indicazioni agli utenti è utile, ma resto convinto che ci sia qualcosa di più profondo nel tessuto socio-antropologico e che la soluzione passi da lì.
Più della metà
degli utenti
in Rete a rischio “bufale”
Massimiliano Valerii, dal 2015 è Direttore generale del Censis,
il Centro Studi investimenti sociali
Nella fotografia del rapporto Censis quasi la metà dei più giovani ritengono l’allarme “ingiustificato”
Carla Attianese
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Facebook ha annunciato il lancio, nei prossimi giorni, di uno strumento anti-bufale che sarà messo a disposizione degli utenti del social network di Menlo Park. Nel dettaglio, partirà una attività di fact-checking messa a punto in collaborazione con Pagella Politica, firmataria dei Poynter International Fact Checking Principles, a cui spetterà il compito di verificare veridicità e accuratezza dei contenuti postati su Facebook. Nel caso di notizie ritenute false, il social network mostrerà l’analisi del fact-checker, e chi ha condiviso la storia riceverà un notifica. L’altro strumento annunciato da Facebook è un decalogo, stilato in collaborazione con la Fondazione Mondo Digitale, che in 10 ‘suggerimenti’ proverà ad educare gli utenti al riconoscimento delle fake news.
Facebook annuncia
il “fact-checking”
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Debunking
Smontiamo le bugie /5.Il reddito
di cittadinanza è davvero sostenibile?
Il reddito di cittadinanza, uno dei cavalli di battaglia del programma economico del Movimento 5 Stelle, non è in realtà un vero e proprio ‘reddito di cittadinanza’, che in realtà esiste solo in Alaska. Nel volantino dei pentastellati si parla di una misura d’inclusionei cui beneficiari – disoccupati, inoccupati, occupati sottopagati e pensionati – sarebbero 9 milioni di italiania cui lo Stato garantirebbe 780 euro al mese. Per le coperturesi parla di una stima, vidimata dalla Ragioneria dello Stato, da quasi 16 miliardi di euro. Peccato che il presidente dell’INPS Tito Boeri, in un’audizione in Commissione Lavoro al Senato, ha parlato di costi vicini ai 30 miliardi. E lo studio realizzato da Massimo Baldini e Francesco Daveri per Lavoce.info conferma la stima al rialzo di Boeri.
A chi spetterebbe
Al di là degli slogan elettorali, le stime sui costi del Reddito di Cittadinanzapossono essere effettuate partendo dal disegno di legge1148 del 2013 presentato in Senato dai pentastellati, che si pone come obiettivo quello di garantire al nucleo familiare, o al singolo, un reddito annuo netto calcolato sull’indicatore di povertà monetaria dell’Eurostat, pari quindi ai 6/10 del reddito mediano equivalente familiare. In parole povere, si prende a riferimento la somma che guadagna quell’individuo che ha un reddito superiore al 50% degli altri cittadini e inferiore al restante 50%. La soglia di povertà corrisponde al 60% di questa cifra, quantificata nel 2016a 9748 europer una persona sola (812 euro al mese) e a 20741 euro per una coppia con due figli.
I costi: ballano 15 miliardi
Il disegno del Movimento 5 Stelle prevede molto semplicemente chelo Stato colmi il gap tra il reddito disponibile e la soglia di povertà. Quei circa 15 miliardi ballanoin particolare su un valore che, considerando l’obiettivo della misura, non dovrebbe essere considerato parte del reddito disponibile delle famiglie: l’affitto imputato. Questo valore corrisponde ad una stima del canone che le famiglie riceverebbero se dessero la loro casa in affitto: si parla di circa 500 euro al meseper il 50% delle 4.6 milioni di persone che vivono sotto la soglia di povertà. L’unico modo per contenere la spesa nella stima indicata dai pentastellati è non includere tra i beneficiari della misura coloro che hanno una casa di proprietà: dalla stima di Boeri, pari a 30 miliardi, se ne potrebbero sottrarre circa 14per arrivare così a quei 16 che stima il Movimento. Ma perché escludere da una misura contro la povertàle famiglie che vivono in una casa di proprietà ma hanno un reddito nullo o irrisorio?
Le coperture utopistiche
Superare la povertà con erogazioni statali costa, ma si potrebbe fare. Secondo i 5 Stelle dallo stop a pensioni d’oro, vitalizi, privilegi, opere inutili e spending reviewsi potrebbero trovare 50 miliardi ogni anno.
Ammesso che ciò sia possibile, e la cifra dopo il primo anno è destinata a calare sensibilmente, sarebbe difficile armonizzarla con le altre proposte economichedei pentastellati che prevedono ventimila assunzioni nel pubblico impiego, la riduzione dell’IRPEF e l’aumento della no tax area, l’abolizione della Legge Fornero (il cui costo è circa 20 punti di PIL).
Promesse irrealizzabiliconsiderando che nel frattempo c’è l’impegno a ridurre di 40 punti il debito pubblico in 10 anni (il che vorrebbe dire trovare ulteriori 70 miliardi ogni anno).
Un veloce calcolo ci parla di circa 140 miliardi da trovare ogni annoper far quadrare i conti.
Gli effetti
Sarebbe bello eliminare la povertà e gli altri problemi che affliggono il Paese con un tratto di penna. Il reddito di cittadinanza, per quanto apparentemente misura semplice e rapidamente attuabile, è gravata da troppe incertezze. Perché gli effetti sul mercato del lavorosono un’incognita enorme: in un paese in cui gli inattivi, coloro che non cercano lavoro, sono sempre in aumentoquali conseguenze potrebbe avere l’introduzione di un beneficio permanente e di fatto indipendente dalla ricerca di un impiego? E invece cosa farebbe chi è già occupato ma èsottopagato o percepisce una retribuzione simile a quello che garantirebbe lo Stato? Non scordiamoci che in teoria la Costituzione italianachiama lo Stato a promuovere il diritto al lavoroe le condizioni che lo rendono effettivo.
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Pagina a cura della redazione di in cammino
Una proposta per il Paese, l’antidoto all’antipolitica
Farà questo oggi il Partito democratico nel presentare il proprio programma elettorale. L’abbiamo già scritto in queste pagine, ma ora che stiamo entrando nella fase calda della campagna elettorale è bene ricordarcelo: una forza progressista e riformista che si candida, forte dei risultati ottenuti, a governare il paese, deve essere in grado di proporre una visione d’insieme e un’idea di futuro capace di coinvolgere e di tenere in primo piano i bisogni e le ambizioni di tutti e di rispondere alle preoccupazioni legittime di ciascuno. Ammettendo che sì, è vero, lo scenario globale è complesso, che sì, è vero, la rivoluzione tecnologica in atto è un’opportunità ma bisogna attrezzarsi per gli scompensi temporanei cui potrà portare, ma che se l’Italia continua nel suo percorso di rafforzamento e rimane centrale e ben salda nel progetto europeo, se l’Italia libera le proprie energie e le proprie enormi potenzialità, ha tutte le carte in regola per fornire ai propri cittadini i mezzi per una vita dignitosa e per la realizzazione delle proprie ambizioni, come singoli e come comunità.
È una battaglia entusiasmante e impegnativa, ed è una battaglia che ha un nemico chiaro: le promesse, spericolate e pericolose, che gli estremisti fanno, quelle di risolvere tutto con orizzonti fiscali da repubblica delle banane o con politiche economiche degne di disegni autarchici del passato, portatori, come la storia purtroppo tragicamente insegna, esclusivamente di guai.
Contiene, inoltre, il programma del Pd, un altra gustosissima sfida: quella di ridare alla politica, quando coniugata senza troppi gradi di separazione alla tradizione migliore del riformismo pragmatico, centralità nei destini del nostro sistema paese. Sembra strano dirlo, ma in un periodo in cui si porta molto l’antipolitica, in cui dai salotti eterni dei commentatori disincantati ormai al limite del cinismo arriva il grido qualunquista del “sono tutti uguali” (salotti dove, dopotutto, l’azione di governo interessa sempre meno perché non è da lei che dipende il futuro delle rendite di posizione di chi ne fa parte), ci troviamo di fronte all’occasione storica di far prevalere il volto migliore della politica, quella con le persone al centro. Sta a noi, sta al Partito democratico.
Federico Sarica
Segue dalla prima
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In redazioneCarla Attianese, Patrizio Bagazzini,Stefano Cagelli, Maddalena Carlino, Roberto Corvesi, Francesco Gerace,Silvia Gernini, Stefano Minnucci,Agnese Rapicetta, Beatrice Rutilonidemocratica@partitodemocratico.itPD BobSocietà editrice:Democratica srl Via Sant’Andrea delle Fratte 16 – 00187 Romawww.democratica.comwww.partitodemocratico.itPer ricevereDemocratica: scrivi su Whatsapp a 348 640 9037oppure vai sul messenger Facebookall’indirizzom.me/partitodemocratico.it DirettoreAndrea RomanoVicedirettoreMario Lavia
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