Della Redazione Di Democratica
n. 114 Martedì 30 gennaio 2018
“Le Unioni Civili sono una delle battaglie di civiltà vinte in Italia. La dichiarazione di Roccella è aberrante. L’amore non ha confini e né sessi”. (Luca Guadagnino)
“
L’EDITORIALE
Ecco il vero volto
della destra
Mario Lavia
La lotta interna al centrodestra per l’egemonia è destinata a proseguire fino all’ultimo giorno di campagna elettorale, e anche dopo. Diremmo che la sta vincendo Matteo Salvini, nel senso che lui fa la lepre e il povero Berlusconi insegue cercando di imbrigliarlo: emblematica la “promessa” che avrebbe fatto a Juncker di non portare il Carroccio al governo. E’ una coalizione finta, un imbroglio. Sono due linee diverse e incompatibili. Può anche darsi che Forza Italia avrà più voti, ma il segno politico è quello della nuova Lega lepenista di Salvini.
La storia dirà se il Cavaliere avrà commesso l’errore più tragico della sua non breve vita politica legittimando una forza antieuropea, sovranista e oscurantista come la nuova Lega salviniana: quel che è certo è che la deriva “orbaniana” del centrodestra italiano è un fatto nuovo che rompe una lunghissima vicenda comunque ancorata ai valori liberali e europei.
Le due
verità
SEGUE A PAGINA 4
POLITICA E GIUSTIZIA
Rimborsi-truffa,
ancora guai per la Lega
M5s I grillini provano a darsi un volto nuovo nei collegi, ma blindano nei listini la fanteria militante
PAGINA 2
PAGINA 4
VERSO IL 4 MARZO
SONDAGGIO
Coalizione centrosinistraPartito Democratico+ EuropaInsiemeCivica Popolare SvpCoalizione centrodestraForza ItaliaLega NordFratelli d’ItaliaNoi con l’Italia – udcMovimento 5 StelleLiberi e Uguali28,724,01,71,61,00,437,515,913,85,02,826,55,7
Cresce il Pd
Cala il M5s
Stabile la destra
Salvini e Di Maio uniti nella paura. Sfidano Renzi e poi scappano
PAGINA 5
DEBUNKING
ll segretario della Lega sceglie di blindarsi in un listino, fuggendo dal voto diretto dei cittadini. Renzi sfida in un confronto televisivo gli altri leader che non rispondono
Fuori dall’Euro?
Solo effetti negativi
PAGINA 3
PAGINA 6
Movimento 5 Stelle
Il M5s si mette la maschera
I grillini provano a darsi un volto nuovo con i candidati dell’uninominale, che però non avranno molte possibilità di entrare in Parlamento. Lì ci arriveranno i soliti collezionisti di gaffe
L a sedicente rivoluzione grillina passa per due strade: una sicura, confortevole e garantita. E l’altra più incerta e imprevedibile. Una che garantisce alla vecchia guardia di sopravvivere, e l’altra che garantisce volti presentabili e nessuna certezza di approdare in Parlamento.
Con questa doppia lettura si possono interpretare le liste dei candidati M5s. Al proporzionale, dove l’elezione è garantita, il movimento di Casaleggio ha schierato in posizioni sicure tanti nomi forti uscenti M5s. Nomi che si sono assicurati posti blindati e la possibilità di mantenere il proprio seggio.
A rompere il gioco degli “ex” è stato il vincolo dell’alternanza di genere richiesto dalla nuova legge elettorale. Grazie al Rosatellum, infatti, nelle liste proporzionali dei 5stelle si sono affacciate tante donne che sono emerse nelle posizioni eleggibili grazie al meccanismo delle quote rosa. Per il resto, non ci sono state sorprese.
Il sistema di voto della Casaleggio ha funzionato alla perfezione. Tanto che ancora non ci è dato sapere che quanti sono stati i voti delle ormai leggendarie parlamentarie. Ieri Di Maio, mentre presentava i volti degli uninominali, non ne ha fatto cenno. Più tardi, incalzato da Lili Gruber a OttoeMezzo, ha promesso che avrebbe dato tutti i numeri entro oggi. Staremo a vedere.
Quel che è certo è che molti dei super-competenti – come li ha chiamati Di Maio, forse consapevole dell’impreparazione che finora la sua squadra parlamentare ha dimostrato – non saranno eletti perché destinati in collegi uninominali dove il M5s non pensa di poter vincere.
Democratica
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I grillini delle gaffe blindati in Parlamento
Danilo Toninelli
Carlo Sibilia
Angelo Tofalo
Carla Ruocco
Per lui la campagna elettorale si fa anche sulle tragedia. Come è accaduto qualche giorno fa con l’incidente ferroviario di Pioltello, dove sono morte tre persone e sono stati estratti dalle lamiere decine di feriti. In quell’occasione il deputato grillino, a poche ore dal fatto, aveva iniziato ad accanirsi su Twitter contro il sindaco di Milano, Beppe Sala.
Quello che, tra le tante strane proposte, aveva suggerito di risolvere la “crisi monetaria” stampando nuova moneta. Secondo il deputato, infatti, le crisi monetarie sono una “fregatura”. In un post su Facebook aveva precisato: “Dire che esiste una crisi monetaria è come dire che non c’è la lunghezza perché mancano i metri.”
In questa legislatura è stato componente del Copasir, un ruolo importante che però non lo ha tenuto lontano dalle polemiche.In Parlamento è arrivato a utilizzare il motto fascista “Boia chi molla”.In un’altra occasione ha dimostrato di avere scarse competenze geografiche. In un tweet fatto in occasione delle europee aveva scritto: “Alleanza tra i paesi mediterranei per una nuova politica comune!”, peccato che nella foto allegata ci fosse anche la bandiera dell’Irlanda.
Secondo lei, che nell’ultima legislatura è stata anche vicepresidente della Commissione Finanze della Camera, “le borse calano e lo spread cresce per colpa della legge elettorale”. In un’altra occasione si lamentò come nel “patto di stabilità” non ci fossero “misure strutturali per il rilancio degli investimenti e dell’economia”. Peccato che si trattasse della legge di stabilità
Verso il 4 marzo
Lanciare il guanto di sfida per poi tirarsi indietro. Salvini e Di Maio uniti nella paura
ll segretario della Lega sceglie di blindarsi in un listino, fuggendo dal voto diretto dei cittadini
Qualche settimana fa, a inizio dicembre, il segretario del Carroccio aveva promesso di candidarsi nello stesso collegio di Matteo Renzi. “Appena si degneranno di rendere noti i collegi – aveva detto Salvini – io sono pronto a candidarmi in tutti gli stessi collegi in cui si candiderà Renzi. Magari a partire dalla sua Toscana”. Sono passati alcuni giorni ma della candidatura di Salvini nel collegio di Renzi non v’è alcuna traccia. Peccato, sarebbe stata una scelta utile ai cittadini per chiarire le differenze, le diverse visioni che i due hanno dell’Italia e dell’Europa. Le parole di Salvini si sono invece rilevate l’ennesima promessa populista lanciata al vento. Magari gli sarà stato sconsigliato dai suoi, forse dopo aver letto qualche nuovo sondaggio. Ma il punto vero non è tanto la fuga di Salvini dal collegio di Renzi – su un eventuale confronto ci sarebbe tempo per una serata in TV – ma la sua fuga da qualsiasi collegio uninominale. Il segretario della Lega ha scelto infatti di blindarsi in un listino proporzionale, fuggendo dal voto diretto dei cittadini.
Pensando all’ipocrisia del (finto) lancio del guanto di sfida, anche il leader del Movimento 5 Stelle non è stato da meno. Come non ricordare l’invito dello stesso Di Maio a un confronto televisivo con Renzi, accettato in un battere di ciglia dal leader dem, salvo poi assistere al ripensamento e al passo indietro di Di Maio.
Tuttavia, al di là delle conseguenze politiche che di certo avrà provocato quel gesto, ci preme sottolineare come la fuga del leader grillino rappresenti ancora una volta un’occasione perduta per provare a mettere meglio in luce le diverse idee di questa campagna elettorale. Stesso copione di quanto già accaduto con il ritiro di Salvini dal collegio di Renzi.
Viene comunque da pensare che il tempo per mettere una toppa a questo gap informativo ancora c’è. “Se Di Maio ha tempo, quando ha tempo, noi siamo pronti a discutere”, ha sottolineato Renzi qualche giorno fa rinnovando l’invito a un confronto televisivo. Un invito chiaramente esteso anche ai leader dell’altro centrodestra, quello di Salvini e Berlusconi. Di certo sarebbe un buon servizio per i cittadini che si apprestano a votare.
Stefano Minnucci
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Renzi: “Europa, lavoro e sociale: i cardini del Pd”
“Se Paolo ha detto che lui è come la camomilla, allora dico che io assomiglio di più alla Red Bull. Ci sono dei momenti in cui serve la camomilla e dei momenti in cui serve la Red Bull. Forse anche per questa diversità Gentiloni e io non litigheremo mai”. Così Matteo Renzi,in un’intervista al Foglio. Il segretario Pd lancia un appello al 40% di elettori che lo hanno votato alle Europee e al Referendum: “Chi altro potete votare se non noi? Se votate Berlusconi, votate anche Salvini. Se votate Grasso, aiutate Salvini”. “In molti collegi – spiega – un voto a Forza Italia è un voto che va alla Lega. Così come anche un voto che va al partito di D’Alema, che nei collegi uninominali non ha alcune speranza di eleggere parlamentari, è un voto regalato al centrodestra di Salvini”.
Il Movimento 5 Stelle, invece, “non ha la possibilità di arrivare al governo”, “a meno che, dopo le elezioni non faccia accordi con qualcuno, che poi per me significa fare l’accordo con la Lega”. Se il 4 marzo il M5s non otterrà la prima posizione assisteremo a uno scontro selvaggio dentro quell’esperienza. Ma se addirittura arriverà secondo, dopo il Pd, il dato politico sarà definitivo”.
Quanto al nuovo progetto guidato da Pietro Grasso, Renzi è convinto che sia destinato a non avere un futuro: “D’Alema ha due disegni organici: tornare a far parte del giro e riprendersi in mano la sinistra, cercando di distruggere la leadership”. Il leader dem parla poi del ruolo che giocherà l’Europa, il vero spartiacque tra chi tenta di costruire il futuro dell’Italia. E racconta infine il modello pensato per questa campagna elettorale : “Noi vogliamo giocare all’attacco, puntare sull’orgoglio dell’Italia. Vogliamo giocare all’attacco, non col catenaccio. Sapendo che giocando all’attacco qualche volta si prende qualche gol. Ma sapendo anche che un grande paese come l’Italia non può permettersi di vivere di solo catenaccio”.
S. M.
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Destra
Le tappe della vicenda
1- A luglio Umberto Bossie l’ex tesoriere Francesco Belsito vengono condannati insieme a tre ex revisori dei conti leghisti per la maxi-truffa al Parlamento sui rimborsi.
2- Dopo la sentenza, la Procura chiede e ottiene di poter sequestrare soldi su vari conti dei condannati, per recuperare i 49 milioni dei rimborsi-truffa.
3- Un ex revisore, Stefano Aldovisi, presenta un esposto in cui adombra sospetti sul modo in cui sono stati svuotati i conti dopo Bossi. Ora si indaga per riciclaggio.
Rimborsi-truffa, ancora guai per la Lega di Salvini
Ecco il vero volto della destra
Il vecchio Berlusconi non vede il pericolo per la qualità e la rispettabilità della democrazia italiana che deriverebbe da un possibile ingresso della nuova Lega al governo, magari nella convinzione di poter fare a Salvini quello che 24 anni fa (!) Bossi fece a lui, cioè sgambettarlo. E anzi lascia che i più destrorsi dei suoi, da Gasparri a Eugenia Roccella, alzino la bandiera della cancellazione di una legge di civiltà come quella delle Unione civili, una delle più belle conquiste che il governo dei mille giorni lascia al Paese: tutta acqua al mulino degli oscurantisti, degli omofobi, dei restauratori di idee illiberali.
Ecco perché Matteo Renzi ha messo in chiaro che ogni voto dato a Forza Italia in realtà è un voto dato a Salvini. A differenza della Francia, dove i Républicains ex gollisti mai si allearono con Marine Le Pen, qui da noi i berlusconiani non capiscono, o fanno finta di non capire, che potremmo trovarci un orbaniano come ministro dell’Interno (lo ha proposto proprio Berlusconi!), oltre che un governatore della Lombardia che si sente in obbligo di “difendere la razza bianca”.
Attenzione, dunque. La destra sta mostrando il suo vero volto, quello dell’attacco ai diritti e della difesa dei ricchi (la flat tax è ormai chiaramente escogitata per loro): si potrebbe persino dire che è un elemento di chiarezza, in un panorama pre-elettorale pieno di fumisterie, specchietti per le allodole, travestimenti e giochi di prestigio. Un elemento in più per darle battaglia, e sconfiggerla, questa nuova destra che minaccia l’Italia.
Mario Lavia
Segue dalla prima
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Non c’è pace in casa Lega. E la vicenda legata ai rimborsi-truffa, per cui sono stati già condannata l’ex tesoriere Francesco Belsito e l’ex segretario Umberto Bossi, assume contorni sempre più inquietanti. La procura di Genova ha aperto un’indagine per riciclaggio nei confronti della Lega di Matteo Salvini per i milioni che sarebbero spariti anche sotto la sua gestione del partito. Gli accertamenti, nel dettaglio, riguardano il possibile reimpiego occulto dei rimborsi-truffa ottenuti da Bossi e Belsito, secondo l’ipotesi accusatoria travasati attraverso conti e banche diverse, al fine di metterli al riparo da possibili sequestri.
In altre parole, come riferisce il Secolo XIX, quotidiano genovese, nell’opinione dei pm, quei fondi sono stati incamerati, riutilizzati e forse messi al sicuro dai sequestri consapevolmente dalla Lega durante le gestioni di Maroni in primis e poi di Salvini. Un arco temporale in cui il partito, che all’inizio si era costituito parte civile contro il suo fondatore, ha rinunciato a ogni pretesa.
L’indagine nasce da un esposto di Stefano Aldovisi, ex revisore dei conti condannato per il raggiro al Parlamento. Pur consce della provenienza indebita di quei fondi, insiste il commercialista, le gestioni successive a quella di Bossi-Belsito hanno dolosamente utilizzato e in parte occultato alcuni milioni per dribblare la giustizia. La sentenza che dà il via libera ai sequestri risale al luglio del 2017: secondo i giudici, la Lega di Umberto Bossi, con l’azione decisiva del tesoriere Francesco Belsito, incassò una valanga di soldi pubblici senza averne alcun diritto, grazie a certificazioni false create ad arte. Per questo sono stati condannati Bossi (2 anni e mezzo), Belsito (4 anni e 10 mesi) e i revisori contabili: Diego Sanavio (2 anni e 8 mesi), Antonio Turci (2 anni e 4) e appunto Aldovisi (1 anno e 9 mesi).
A quel punto si dispone il sequestro “conservativo” da 49 milioni di euro, stima del danno provocato alle casse pubbliche. Sui conti del Carroccio, e delle sue propaggini locali, la Guardia di Finanza blocca circa 2 milioni di euro, ovvero tutto quello che c’è. Si passa così ai depositi dei singoli imputati, cui vengono congelati beni per altri 2 milioni di euro. Tra questi c’è, appunto, Aldovisi, che però non ci sta a pagare per tutti. Mentre a lui pignorano tutto, Bossi continua infatti a beneficiare di buona parte del vitalizio da parlamentare (inattaccabile da pignoramenti). E la Lega, rimarca, avrebbe messo al sicuro il tesoro.
Di qui le indagini della procura che si muovono su due elementi principali. Il primo riguarda il periodo in cui segretario er Roberto Maroni. Si legge nell’esposto: “All’inizio del 2013 19,8milioni di euro in liquidità e titoli del partito sono stati trasferiti dalla filiale Unicredit di Venezia alla sede di Banca Aletti a Milano, per essere messi in sicurezza. Come mai, allora, ‘in fase di esecuzione del sequestro’ vengono trovati un paio di milioni, a fronte di ‘un bilancio che al 31 dicembre del 2012 era in attivo di 47 milioni di euro’? Il secondo passaggio cruciale avviene durante il mandato di Matteo Salvini e riguarda un presunto travaso di liquidità (2 milioni) fra i conti della vecchia Lega e il movimento “Noi con Salvini”.
L’attuale tesoriere del Carroccio Giulio Centemero minimizza: “Siamo pronti a dimostrare che non ci sono stati movimenti finanziari sospetti”. Ma c’è un fatto politico che non può essere sottovalutato e che, alla luce di queste ultime rivelazioni, potrebbe assumere un significato preciso. Se queste accuse fossero confermate, infatti, si capirebbe ancora meglio perché con la segreteria di Salvini la Lega “si dimenticò di costituirsi parte civile contro il suo ex tesoriere”. Visto che si parla di soldi letteralmente sottratti ai cittadini, sarebbe lecito aspettarsi dal leader del Carroccio delle risposte nel merito, invece che i soliti, scomposti, attacchi alla magistratura.
Stefano Cagelli
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Politica
Risale il Pd, Cinque Stelle in calo
La Brexit? Un danno per il Regno Unito
I risultati di uno studio commissionato dal governo di Londra non lasciano spazio a dubbi
La “mattanza” della Brexit sta emergendo con tutti i suoi risvolti più pesanti. Già la chiusura della prima parte delle trattative tra Londra e Bruxelles aveva certificato che a beneficiare dell’uscita non è stato il Regno Unito (Theresa May ha ceduto su tutta la linea, altro che hard Brexit) ma, almeno a livello d’immagine, senza dubbio, l’Unione Europea. Ad aggravare ulteriormente il bilancio è un documento commissionato dal governo britannico per calcolare l’impatto economico del divorzio. Documento i cui risultati saranno esposti questa settimana dai singoli ministri, per poi essere discussi collegialmente dal Gabinetto la prossima settimana, ma che non lasciano spazio a interpretazioni particolari: l’uscita di Londra dall’Unione danneggerà il Regno Unito in ogni caso. Lo rende noto il quotidiano The Times.
Gli studi sono parte integrante del dibattito interno all’esecutivo impegnato nei negoziati con Bruxelles ed hanno preso in considerazione tre diversi scenari basati sugli accordi commerciali esistenti tra l’Ue ed altri soggetti internazionali. Il primo scenario contempla un accordo commerciale onnicomprensivo tra il Regno Unito e l’Unione Europea: in tal caso, nei prossimi 15 anni la crescita dell’economia britannica sarebbe inferiore di 5 punti percentuali rispetto alle attuali previsioni. Nello scenario definito “no deal”, che non vede quindi alcun accordo post-Brexit, i rapporti Gb-Ue verrebbero regolati secondo le attuali regole dell’Organizzazione per il commercio internazionale: in tal caso la crescita economica britannica si ridurrebbe dell’8 per cento nel quindicennio considerato. Persino lo scenario migliore, la cosiddetta “soft Brexit” che prevede la permanenza nel mercato unico attraverso l’appartenenza del Regno Unito alla European Economic Area (come ad esempio la Norvegia e la Svizzera), l’economia britannica perderebbe comunque il 2 per cento nel periodo considerato.
Le analisi in questione sono state elaborate dal dipartimento per l’Uscita dall’Unione Europea in collaborazione con il ministero del Tesoro e sarebbero dovute restare segrete, almeno per il momento, ma sono in qualche modo filtrate al sito Buzzfeed News: il deputato laborista euro-entusiasta Chris Leslie ha chiesto che i documenti vengano immediatamente resi pubblici nella loro integralità. Di contro il Timesanticipa che i Brexiteersne contesteranno la validità.
Stefano Cagelli
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Debunking
Smontiamo le bugie /3.L’uscita dell’Italia dall’euro porterebbe dei benefici?
Forse è passato in secondo piano rispetto a qualche tempo fa, non è tra i punti della campagna elettorale né della destra, dopo la svolta europeista di Silvio Berlusconi, né del Movimento 5 Stelle. Ma l’Italexit rimane per alcuni partiti un’ipotesi di fondo: prova lampante è la candidatura tra le fila della Lega Nord di Claudio Borghi, responsabile economico del Carroccio ed autore del manuale ‘Basta Euro’, e di Alberto Bagnai, economista critico nei confronti dell’Unione e della moneta unica. Ma quali sono gli scenari di una possibile uscita dell’Italia dall’Euro? C’è chi pronostica aumenti di stipendi ed esportazioni in volata perché la svalutazione rilancerebbe crescita e competitività.
L’assenza di vincoli europei
Uscire dall’euro significherebbe non dover più rispettare i vincoli europei e poter attuare politiche fiscali espansive. Ma il debito pubblico italiano rimarrebbe comunque pari al 133% del PIL, chi sarebbe disposto a finanziarlo? Con una politica monetaria indipendente la Banca d’Italia potrebbe comprare i titoli di Stato senza limiti. Ma solo quelli in scadenza sono circa 400 miliardi, cioè circa un terzo di tutta la moneta che circola nel Paese. Quali sarebbero gli effetti sull’inflazione? C’è chi ipotizza uno scenario simile a quello della Germania del post 1° Guerra mondiale (dove una corsa in tram costava 50 miliardi di marchi): troppa moneta in circolazione significa riduzione del potere d’acquisto e un Paese più povero.
Svalutazione e competitività
Inoltre con l’abbandono della moneta unica accompagnato da politiche espansive, gli investitori si terrebbero lontani dall’Italia e in poco tempo si genererebbero una fuga di capitali e una corsa agli sportelli, contrastabili solo con una fase transitoria di doppia circolazione monetaria. Come potrebbero i mercati puntare su una rivalutazione della nuova lira? Solo attraverso politiche monetarie e fiscali fortemente restrittive, al costo però di causare una recessione, come quella da cui siamo usciti da poco. Svalutazione monetaria e competitività sono incompatibili tra loro.
Svalutazione e crescita
Con l’uscita dall’euro, la nuova lira si svaluterebbe, perché in competitività l’Italia è indietro rispetto ai concorrenti sui mercati. In termini di crescita, il deprezzamento del cambio potrebbe favorire le esportazioni (anche se le recenti esperienze di Giappone, Argentina, Brasile suggeriscono il contrario). Ammessa comunque una possibilità di crescita, questa sarebbe ottenuta con una riduzione dei salari reali e non con un aumento di produttività: potremmo crescere di più ma saremmo più poveri. Negli anni ‘70 e ‘80 in Italia si è già assistito a svalutazione e crescita, ma i benefici si sono esauriti in pochi anni proprio a causa dell’inflazione.
Come pagare i debiti?
Ripagare il debito pubblico in euro sarebbe impossibile: la svalutazione renderebbe la cifra insostenibile: le opzioni sarebbero quindi il default o la conversione dei titoli di debito pubblico in lira. Ma anche così gli effetti sarebbero forti vendite e caduta dei prezzi, quindi sempre svalutazione, con la conseguenza che il rifinanziamento del debito italiano sarebbe difficilissimo. Inoltre ci sono imprese private che si sono indebitate sotto giurisdizione internazionale e quindi sarebbero obbligate a pagare in euro.
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Il partito
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tra gli elettori di quella sezione
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