Della Redazione Di Democratica
n. 104 martedì 16 gennaio 2018
“La razza non esiste, è un dato incontrovertibile”.
(Carlo Alberto Redi, genetista)
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L’alleanza del lapsus
L’EDITORIALE /1
Ora un ministero
dell’alimentazione
Maurizio Martina
L’Istat proprio in queste ore ha confermato il nostro primato europeo per prodotti Dop, Igp e Stg, in aumento in questi anni: sono ben 291.
Rispetto al 2015 sono aumentati del 4% i produttori, gli allevamenti crescono di oltre il 3% e la superficie investita del 16% con gli incrementi maggiori al Sud (+8,8% gli allevamenti e addirittura +32,7% le superfici).
Quando abbiamo iniziato il nostro impegno per l’agricoltura e l’agroalimentare il settore era ai margini dell’attenzione del Paese. Purtroppo scelte sciagurate – come quelle legate agli scandali delle multe delle quote latte – avevano lasciato un segno profondo e colpito al cuore una parte importante delle energie vitali della nostra agricoltura.
In questi anni, passo dopo passo con impegno e serietà, abbiamo invertito la rotta.
Siamo stati protagonisti del successo di Expo, abbiamo raggiunto il record di export agroalimentare superando per la prima volta quota 40 miliardi di euro, introdotto le novità dell’obbligo dell’origine della materia prima in etichetta per settori cruciali come il latte, il grano per la pasta, il riso, i derivati del pomodoro.
“
SEGUE A PAGINA 4
L’EDITORIALE /2
La ripresa si rafforza anche nel Mezzogiorno
Contro vaccini, Europa e diritti.
Sempre più chiaro l’inciucio populista
tra Salvini e Di Maio
Marco Fortis
I dati di contabilità nazionale disaggregati per regioni aggiornati al 2016, diffusi da pochi giorni dall’Istat, gettano una nuova luce sull’intensità e sull’ampiezza della ripresa italiana. E dimostrano che con le riforme, con i sostegni ai redditi più bassi e con i tagli di tasse a famiglie e imprese operati dai governi a guida PD, il miglioramento dell’economia aveva toccato in misura sensibile anche il Mezzogiorno già nel 2016.
Il Meridione è l’area del Paese che dal 2008 al 2013 ha maggiormente sofferto gli effetti della recessione e dell’austerità. Poi nel 2014-2015 ha cominciato a riprendersi e nel 2016 ha fatto registrare una accelerazione della sua economia. La Campania, in particolare, ha fatto registrare nel 2016 una crescita record del Pil del 3,2% che ha trascinato l’intero Sud escluse le Isole a un progresso complessivo dell’1,4%. Detto in altri termini, nel 2016 la Campania è cresciuta come la Spagna e il Sud nel suo complesso è cresciuto più della Francia.
ALLE PAGINE 2-3
VERSO IL 4 MARZO
Credibilità e forza tranquilla contro il polverone populista
Intervista a Massimiliano Panarari, sociologo della comunicazione:
“Sarà una campagna contraddistinta da un’intensa circolazione di fake news sui social. Fondamentale il gioco di squdra”.
A PAGINA 6-7
SEGUE A PAGINA 5
Verso il 4 marzo
Lega e M5s, un’alleanza
per distruggere
La benedizione
di Marine Le Pen
“Dalle elezioni italiane arriverà una “nuova scossa per l’Unione Europea”. Ne è convinta la leader nazionalista francese Marine Le Pen che oggi, in un colloquio con il Corriere della Sera, ha tessuto le lodi del “suo alleato” Matteo Salvini e parlato molto bene “delle idee del Movimento 5 Stelle”. Secondo il capo del Front National, “il voto in Italia potrebbe rappresentare l’inizio di una nuova Europa”, in cui a dettare legge siano i partiti sovranisti: “Da una parte di sono loro, i mondialisti, dall’altra ci siamo noi, i ‘nazionali’, sempre più forti in ogni Paese”.
“Da una parte ci sono loro, i post-nazionali, i mondialisti. Dall’altra ci siamo noi, i ‘nazionali’, sempre più forti e sempre più uniti”. Parole e musica di Marine Le Pen che oggi, in un colloquio con il Corriere della Sera, torna ad attaccare l’Unione Europea e gli immigrati (additando loro la responsabilità un po’ di tutto, dall’insicurezza sanitaria alle molestie per strada), e a tessere le lodi del suo “alleato” Matteo Salvini e delle “buone idee” del Movimento 5 Stelle.
Parole dietro le quali si cela una convergenza sempre più evidente e netta tra i due partiti populisti italiani, che ormai hanno posizioni affini praticamente su tutti i temi sensibili di questa campagna elettorale. Sull’euro, per esempio, entrambi parlano (pur a fasi alterne) di una possibile uscita dell’Italia, brandendo l’arma del referendum. Sui vaccini, la tendenza, sia per Salvini che per Di Maio, è quella di abbracciare le posizioni più anti-scientifiche, proponendo l’abolizione dell’obbligo vaccinale e mettendo così a repentaglio la salute stessa dei nostri bambini.
Che dire degli slogan sulle pensioni? In campagna elettorale la legge Fornero è stata individuata come la madre di tutti i mali e così perché non proporne una totale abolizione, immaginando un esborso dello Stato di 350 miliardi di euro? Stessa cosa per il jobs act, che in questi anni ha creato più di un milione di posti di lavoro ma siccome non va tanto di moda allora sarebbe da cancellare.
Dal lavoro ai diritti. M5s e Lega si sono trovati totalmente d’accordo nel non votare le unione civili – che per fortuna sono comunque diventate legge, colmando un gap di civiltà tra l’Italia e gli altri Paesi – e lo ius culturae. Così come sull’immigrazione le posizioni sono sempre più simili con Salvini che un giorno sì e l’altro pure fomenta l’odio contro profughi e migranti, con il suo candidato alla presidenza della Regione Lombardia che parla di “razza bianca” da difendere, e con Di Maio che liscia il pelo a xenofobi e razzisti, parlando dei “taxi del Mediterraneo”, dei “romeni tutti criminali”, per poi inneggiare al salvinian-trumpiano slogan “prima gli italiani”.
A proposito di Trump, la fascinazione di entrambi i partiti per il presidente che sta facendo diventare gli Stati Uniti un Paese chiuso e oscurantista è nota. Così come per il suo omologo russo Vladimir Putin. I paladini del sovranismo, poi, sono uniti anche nella minimizzazione delle pulsioni neofasciste e, guarda caso, stanno anche al centro di tutte le ricostruzioni (nazionali e internazionali) sull’industria delle fake news. Una vera e propria ‘alleanza del lapsus’ (per citare il prode Attilio Fontana) che si va profilando all’orizzonte. Un inciucio populista che trasformerebbe l’Italia in un Paese senza guida e senza futuro.
Stefano Cagelli
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Nogarin indagato per
concorso in omicidio colposo
Il sindaco di Livorno, Filippo Nogarin (M5S), è indagato per l’alluvione che nel settembre 2017 costò la vita a 8 persone e numerosi danni alla città. L’accusa è di concorso in omicidio colposo plurimo. Nei giorni precedenti all’alluvione non era partito nessun tipo di allarme alla popolazione. Le polemiche sul mancato allarme si scatenarono subito e misero anche in contrapposizione la Regione Toscana e il comune di Livorno.
Per Nogarin si tratta della quarta inchiesta dall’inizio del suo mandato.
Il Pd di Livorno: “La Protezione Civile locale è stata smantellata dal Sindaco per mere ragioni politiche. La città è stata lasciata sola”.
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Verso il 4 marzo
L’inciucio populista
Salvini – Di Maio
Euro
Il Movimento 5 Stelle parla a intermittenza (in base ai sondaggi probabilmente) di uscita dell’Italia dall’euro, brandendo il referendum come arma per le trattative con Bruxelles.
Il leader della Lega Salvini ha più volte parlato dell’euro come di “un crimine contro l’umanità”. Il responsabile economico Borghi
ha assicurato che “al governo lavoreremo per l’uscita”.
Unioni
civili
Il Movimento 5 Stelle, quando si è affacciato alla politica, aveva le unioni civili nel suo programma. Quando c’è stata l’occasione di votarle, però, si è tirato indietro.
La Lega Nord è sempre stata contraria alle unioni civili. Salvini, dopo l’approvazione della legge, ha invitato i “suoi” sindaci a disobbedire, pena l’espulsione dal partito
Vaccini
Luigi Di Maio ha allineato il Movimento 5 Stelle alle posizioni anti-scientifiche dei No Vax. Riguardo alla legge Lorenzin, ha dichiarato che “toglieremo l’obbligo, la raccomandazione basta”
Stessa posizione del leader della Lega Salvini che ha detto di voler cancellare la legge Lorenzin, provocando le ire degli alleati di Forza Italia: “Non entrerà ne programma di governo”
Migranti
Nel corso degli ultimi mesi le posizioni del M5s e del suo “capo politico” si sono radicalizzate. Prima i “taxi del Mediterraneo”, poi “i romeni tutti criminali”, infine lo slogan “prima gli italiani”.
Sui migranti la Lega continua a seminare odio, additando gli immigrati come responsabili di tutti i mali del Paese. Il candidato governatore
della Lombardia ha parlato di “difesa della razza bianca”.
Trump
Luigi Di Maio è stato uno dei primi a complimentarsi con Trump per la vittoria alle presidenziali. Beppe Grillo ha parlato di lui come “un uomo forte che sta facendo molto bene”
Matteo Salvini ha una specie di idolatria nei confronti del presidente americano. Ha provato più volte ad incontrarlo, riuscendo
a racimolare un selfie (di cui Trump non era al corrente)
Fake
news
Numerose inchieste giornalistiche (nazionali e internazionali) hanno messo il M5s al centro dell’industria che sta alla base della produzione della diffusione delle fake news in Italia
Numerose inchieste giornalistiche (nazionali e internazionali) hanno messo la Lega al centro dell’industria che sta alla base della produzione della diffusione delle fake news in Italia
Putin
Come per Trump, la fascinazione per Putin è nota. Il M5s
è contrario alle sanzioni nei confronti di Mosca e il presidente russo
è considerato “l’uomo che dice le cose più sensate sulla politica estera”
Anche in questo caso, il groupie Salvini si è recato più volte nei pressi del Cremlino per incontrare il suo idolo e fargli sentire la sua vicinanza politica.
Ius
culturae
Un po’ come per le unioni civili, il M5s ha rinnegato se stesso, inseguendo ancora una volta i sondaggio. Ha tergiversato e poi, al momento buono, è scappato dalle votazioni.
Inutile dire che, in questo caso, a fare da apripista nell’alleanza è stata la Lega di Salvini che ha combattuto ferocemente contro qualsiasi ipotesi di regolarizzazione dei figli di immigrati nati in Italia
L’eccellenza italiana
L’Italia al top dell’agroalimentare
Ora serve un ministero dell’Alimentazione. Ecco la nostra proposta
Abbiamo azzerato Imu, Irpef, Irap agricola. Lavorato contro lo spreco alimentare. Per l’agricoltura biologica e per quella sociale. Abbiamo supportato al massimo una nuova generazione di giovani agricoltori. Abbiamo alzato il livello di contrasto alle frodi, al falso cibo, abbiamo combattuto il caporalato.
Ora possiamo, anzi dobbiamo, fare ancora di più e meglio perché molti temi ancora devono trovare soluzione. Nella prossima legislatura ci sono tutte le condizioni perché l’Italia abbia un vero e proprio ministero dell’Alimentazione. È una delle proposte centrali che avanziamo per continuare a lavorare al massimo sulle tre A fondamentali del futuro del Paese: agricoltura, alimentazione e ambiente.
Fare nascere un ministero dell’alimentazione, nella patria della dieta mediterranea, significa prima di tutto dare la massima centralità pubblica a un tema decisivo anche per noi come quello della nostra sicurezza alimentare. Significa riconoscere il cibo come leva formidabile di protagonismo dei nostri territori e della comunità, delle nostre aziende, del nostro saper fare enogastronomico, nel paese leader delle qualità agroalimentari. È una sfida culturale e sociale prima ancora che economica e produttiva.
Pensiamo a un ministero dell’Alimentazione che abbia competenze, capacità, organizzazione e risorse per tutelare e promuovere unitariamente al massimo il Made in Italy, aumentare ancora la forza dei controlli, rispondere alle esigenze delle aziende, dagli agricoltori ai trasformatori fino ai cittadini consumatori.
Un’operazione di semplificazione e rafforzamento del rapporto tra lo Stato e i tanti protagonisti di questa esperienza unica che il mondo riconosce e invidia e che oggi vede riferimenti troppo frammentati in più amministrazioni e sente forte l’esigenza di coordinamento per fare squadra di fronte alle nuove insidie.
Anche così vogliamo far compiere un ulteriore salto di qualità a una delle esperienze più forti e distintive del nostro Paese. Perché l’Italia può essere sempre di più la patria globale del cibo sano e sicuro. Dove agricoltura, alimentazione e ambiente diventino protagonisti essenziali di un nuovo modello di sviluppo per le persone e per le comunità.
Maurizio Martina
Segue dalla prima
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SUPERFICIE DEL COMPARTO AGROALIMENTARE DI QUALITÀ DOP, IGP E STG.
Anni 2005-2015, superficie in ettari
I riconoscimenti dei nostri prodotti alimentari
L’Italia si conferma il primo Paese per numero di riconoscimenti Dop, Igp e Stgconferiti dall’Unione europea. I prodotti agroalimentari di qualità riconosciuti al 31 dicembre 2016 sono 291 (13 in più sul 2015); tra questi, quelli attivi sono 279 (95,9% del totale). Lo ha reso noto l’Istat nel report “I prodotti agroalimentari di qualità Dop, Igp, Stg”.
Crescita economica
Le riforme danno
i loro frutti
e la ripresa
si rafforza
anche nel Sud
Sempre nel Mezzogiorno anche il Molise nel 2016 ha visto progredire considerevolmente il suo Pil, con un balzo del 2,8%, secondo miglior risultato tra le regioni italiane. Mentre al Nord l’aumento del Pil dell’Emilia Romagna, pari all’1,9%, è stato uguale a quello della Germania; e quello della Lombardia, pari all’1,2%, è stato uguale a quello della Francia. Unico neo, la crescita delle Isole, rimasta ancora al palo. Sono tutti dati, ovviamente, che ancora non abbracciano l’ulteriore progresso dell’economia italiana avvenuto nel 2017, che, verosimilmente, dovrebbe essere stato caratterizzato da un miglioramento diffuso in quasi tutte le regioni, incluse quelle del Mezzogiorno.
La ripresa del Sud Italia è stata trascinata nel 2016 dal valore aggiunto dell’industria, che rispetto al 2015 è aumentato in molte regioni a tassi oltre tre volte superiori a quelli della Germania: Campania +7%, Puglia +6,4%, Calabria +7,3%. È vero che il nostro Meridione doveva recuperare molto terreno e ciò spiega simili valori eccezionali ma è un dato di fatto che la ripresa economica, lungamente attesa, è finalmente scoccata anche nell’Italia meridionale. Il miglioramento del Sud è stato considerevole anche nel settore commercio, trasporti e turismo, con incrementi del valore aggiunto in questo caso doppi di quelli tedeschi in Campania e Molise, rispettivamente del 4,8% e 4,7%, rispettivamente.
Considerando il biennio 2015-2016, in cui le principali misure di politica economica hanno dispiegato pienamente i loro effetti, appare evidente che il Nord e il Mezzogiorno d’Italia, per ciò che riguarda il Pil, sono cresciuti cumulativamente più della Francia, mentre il Centro ha avuto un progresso più lento. Nel caso dei consumi delle famiglie, il Nord è cresciuto più di Germania e Francia. Mentre a livello di valore aggiunto dell’industria, del commercio, dei trasporti e del turismo, il Mezzogiorno d’Italia ha fatto molto meglio della Germania.
Un altro aspetto interessante evidenziato dalle statistiche territoriali Istat è quello della crescita del Pil pro capite delle regioni Italiane. Come è noto, il nostro Paese è svantaggiato da una curva demografica negativa: -0,1% nel 2016. Ciò limita il potenziale di sviluppo dei consumi interni e del Pil dell’Italia rispetto ad altre grandi nazioni la cui economia cresce un po’ più della nostra anche per effetto di un sensibile aumento della popolazione. Quest’ultima, ad esempio, è aumentata nel 2016 dello 0,7% negli Stati Uniti, dell’1% in Germania e dello 0,4% in Francia.
Sicché, diversamente dai dati del Pil totale, che incorporano dinamiche demografiche migliori della nostra, il Pil pro capite dell’Italia nel 2016 è cresciuto di più (+1,1%) di quelli di Germania (+1%), Stati Uniti (+0,8%) e Francia (+0,8%). Se compariamo queste cifre nazionali con quelle delle regioni italiane, scopriamo che nel 2016 ben 11 nostre regioni sono cresciute più della Germania in termini di Pil pro capite e altre tre allo stesso modo. Sia il Nord sia il Mezzogiorno hanno visto i loro Pil pro capite aumentare dell’1,1%, cioè più della Germania, mentre la crescita del Pil pro capite del Centro è stata solo lievemente inferiore a quella tedesca, pari a +0,9%. Ciò dimostra che tenendo adeguatamente conto del fattore demografico l’Italia non è più il “fanalino di coda” della crescita europea e mondiale e che la nostra ripresa è ormai uniformemente estesa su tutto il territorio del Paese, anche se il Mezzogiorno deve ancora recuperare parecchio ritardo rispetto a quanto ha perso durante la crisi.
Marco Fortis
Segue dalla prima
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L’ITALIA ECONOMICA CHE BATTE LA REALTA’ PERCEPITA: BIENNIO 2015-2016Le aree e le regioni d’Italia che crescono più di Germania e Francia. Il “freno” del Centro(VARIAZIONI PERCENTUALI CUMULATE IN TERMINI REALI RISPETTO AL 2014)PILConsumi delle famiglieNORD ITALIA2,2%NORD ITALIA4,3%di cui: Lombardia2,5%di cui: Lombardia4,6% Nord Est2,5% Nord Est4,1% di cui: Emilia-Romagna2,7% di cui: Emilia-Romagna3,9% Prov. Bolzano4,2% Prov. Bolzano5,0%MEZZOGIORNO D’ITALIA 2,4%MEZZOGIORNO D’ITALIA2,8%di cui: Basilicata9,2%di cui: Basilicata4,2% Molise4,9% Puglia4,0% Campania4,9% Sardegna4,0%CENTRO ITALIA0,9%CENTRO ITALIA3,6%ITALIA1,9%ITALIA3,7%FRANCIA2,3%FRANCIA3,7%GERMANIA3,7%GERMANIA3,8%Valore aggiunto dell’industriaValore aggiunto commercio e turismoNORD ITALIA3,8%NORD ITALIA3,0%di cui: Lombardia3,0%di cui: Lombardia4,6% Nord Est4,2% Nord Est3,1% di cui: Emilia-Romagna4,4% di cui: Emilia-Romagna5,2% Prov. Bolzano12,8% Prov. Bolzano4,9%MEZZOGIORNO D’ITALIA 7,0%MEZZOGIORNO D’ITALIA 3,4%di cui: Basilicata29,2%di cui: Basilicata4,1% Molise8,0% Molise8,4% Campania8,9% Campania8,1%CENTRO ITALIA-1,2%CENTRO ITALIA0,5%ITALIA3,3%ITALIA2,5%FRANCIA2,8%FRANCIA2,9%GERMANIA4,1%GERMANIA3,1%Fonte: elaborazione su dati Istat e Eurostat
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Pensieri e parole
Credibilità e forza tranquilla contro il polverone populista
Parla il sociologo della comunicazione politica Massimiliano Panarari
Un primo sguardo analitico sull’avviso di una campagna elettorale quanto mai cruda e con punte sgradevoli – fino all’evocazione della “razza bianca” ad opera del leghista Attilio Fontana – può essere utile per “guardare dentro” l’attuale conflitto politico. Ne abbiamo parlato con Massimiliano Panarari, uno dei massimi esperti di comunicazione politica.
Appena iniziata, la campagna elettorale è già nervosa, con punte persino violente o volgari: è così, Panarari, e perché?
Quella in cui siamo entrati è una campagna elettorale durissima, e che sarà purtroppo dominata da un tasso di polemica velenosa e da una serie di scontri assai violenti e sopra le righe. Lo vediamo, con una tendenza al parossismo e all’aggravamento, ora dopo ora malauguratamente. E sarà una campagna contraddistinta da un’intensa circolazione di fake news sui social – come già visto nei recenti appuntamenti elettorali di varie nazioni occidentali – che richiede una elevata attenzione da parte dell’opinione pubblica consapevole e da parte degli organi di vigilanza. E che implicherebbe, proprio perché la materia è complessa e delicata, una vasta riflessione generale, e l’accoglimento delle riflessioni che la sociologia della comunicazione e gli studi sui mass media hanno sviluppato in questi ultimi mesi “caldi”. Un segnale ne è anche lo “sdoganamento” della ricerca di un voto “identitario” assoluto e monistico, e in assenza di ideologie si trasferisce sul piano addirittura etnico, sul modello trumpiano (che ha radicalizzato fortemente la issue dello scontro etnico e la dimensione della “racial politics”). L’ultima uscita sulla “razza bianca”, a Radio Padania, di Attilio Fontana, che si è finora sempre qualificato come un leghista governativo e non estremista, ne è la testimonianza. Una testimonianza che deve preoccupare, e che fa da spia di una rincorsa all’imbarbarimento: tanto più se si è trattato non di un “lapsus dal sen fuggito”, ma di un “ballon d’essai” lanciato per vedere l’effetto che fa e fino a dove si può spingere l’escalation di (esecrabilissimi, come in questo caso) slogan propagandistici – una strategia già implementata infatti da Steve Bannon per conto del suo (ex) sodale Trump. E, non a caso, qua e là è già riaffiorato in questa campagna elettorale anche il tristo repertorio dell’antisemitismo.
Èuna campagna elettorale poco sui contenuti e molto sulla guerra fra i leader, forse più che in passato.
Certo, non che le campagne elettorali del passato fossero “soft” e ispirate al fair-play: basti pensare all’immediato secondo dopoguerra. Ma all’epoca andavano in scena un autentico “scontro di civiltà” e una battaglia tra modelli di vita e geopolitici confliggenti. Di recente, abbiamo dovuto misurare in maniera sempre più marcata quando lo scontro passa in maniera strutturale dal piano dei contenuti a quello degli individui – che da avversari vengono trasformati in nemici – come la virulenza cresca esponenzialmente. E questo è anche, inevitabilmente, un esito
Mario Lavia
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Una campagna contraddistinta da un’intensa circolazione
di fake news
SEGUE A PAGINA 7
SEGUE DA PAGINA 6
del processo di personalizzazione e leaderizzazione della politica che nel contesto italiano ha assunto caratteristiche, ancora una volta dato il carattere “laboratoriale” (e, per lo più, non in positivo) del nostro Paese, peculiari e fortissime.
Il bipolarismo non c’è più e forse si ipotizzava, con il proporzionale, un clima meno distruttivo. Invece il clima resta muscolare. Cosa sta succedendo?
Il bipolarismo non ha attecchito, ed è stato scalzato dal tripolarismo derivante dall’affermazione del Movimento 5 Stelle. Ma questo non ha cancellato il bisogno di rimanere al centro dell’attenzione mediatica e di “bucare” incessantemente e senza soluzione di continuità la soglia di visibilità (effetto collaterale della campagna elettorale dell’età postmoderna che si è fatta permanente). Dunque ci dobbiamo preparare a vederne sempre di più delle “belle”, o, per meglio dire, delle “brutte”. Proporzionale o maggioritario? Diciamo che c’è un equivoco di fondo, quello dell’indicazione del “candidato presidente del Consiglio” nell’ambito di un sistema elettorale che è ritornato di impianto larghissimamente proporzionale. Un equivoco sul quale in parecchi “ci marciano”, come evidente – e sono molto spesso gli stessi che hanno voluto fare ammainare la bandiera del sistema maggioritario. Ma si tratta, giustappunto, della conferma di come il processo di leaderizzazione e personalizzazione si sia profondamente radicato nella politica e, specie, nella comunicazione politica nazionale, al punto da vedere il M5S spingere moltissimo sulla figura dell’erede-frontman Luigi Di Maio.
Poi c’è la particolare personalizzazione di una lista come Liberi e Uguali, dico “particolare” perché la sinistra più radicale ha sempre demonizzato il leaderismo…
Sì, l’egemonia della personalizzazione appare ribadita anche dalla scelta da parte di Liberi e uguali – cartello di forze di sinistra che aveva fatto del rifiuto del “potere carismatico” del leader e del rigetto del “cesarismo postmoderno” la propria carta di identità – di personalizzare fortemente la propria offerta politica intorno alla figura del presidente del Senato e magistrato Pietro Grasso, con tanto di inserimento nel logo.
Secondo lei l’elettorato rischia di rimanere frastornato dall’accumularsi di messaggi propagandistici?
Dal punto di vista politico e comunicativo, esiste un evidente sovraffollamento sulla sponda sovranista e populista, e un’inflazione di retoriche e narrazioni propagandistiche su quel versante. Che dal punto di vista del consenso elettorale dispenserà risultati notevoli e numeri elevati, spingendo i “partiti anti-establishment” o sedicenti tali, a causa della competizione interna, a gareggiare tra loro innalzando senza sosta promesse e dichiarazioni di guerra al “sistema” e all’Europa.
Panarari, che dice della linea comunicativa del Pd?
Anche per quello che ho detto poco fa, il Pd dovrebbe forse scommettere totalmente sulla propria dimensione di forza responsabile e – per citare il famoso slogan coniato da Jacques Séguéla per la prima campagna per le presidenziali di François Mitterrand – di “forza tranquilla”, come infatti ha detto Gentiloni. In termini di offerta elettorale, praticamente nessuno si posiziona su questo segmento, con l’eccezione di Forza Italia, che vive però la, seppur non così influente, contraddizione di un’alleanza con partiti che del discorso populista fanno il loro punto di forza per acquisire voti. È vero che la sinistra radicale ha trovato nell’idea di “governabilità” uno dei propri bersagli per eccellenza, ma visto il contesto e la situazione elettorale, dal punto di vista strategico-comunicativo il Pd dovrebbe verosimilmente caratterizzarsi con nettezza come soggetto “di sistema” e pro- istituzioni. Certo, con un profilo riformista e con una maggiore e sistematica attenzione alla questione sociale presente nel Paese – da cui trae alimento il consenso delle formazioni populiste – e alla tutela e al rilancio delle prospettive per i ceti medi.
Nel Pd si sta affermando l’idea di una leadership plurale, e questa è una novità rispetto al partito del leader. Èuna cosa destinata buona solo per la campagna elettorale o c’è qualcosa di più solido?
Èil famoso “gioco di squadra”, con l’esplicita dichiarazione di possedere un premier designato – anche se, appunto, non è filologicamente né elettoralmente corretto, ma questo è il contesto comunicativo. Certo Paolo Gentiloni è un’espressione di “forza tranquilla” da contrapporre ai leader “muscolari” e a quelli esagitati. La leadership plurale ha comunque bisogno di un primo, seppure “primus inter pares”. Nell’idea di una divisione dei compiti nel pacchetto di mischia c’è una differenziazione utile in termini comunicativi (per posizionarsi con una specificità) rispetto ai competitor a capo di partiti personali, o comunque di partiti del leader, come si è presentato il Pd fino a fine 2017. Naturalmente, va tenuto bene a mente, l’esito finale e i rapporti di forza post-elettorali dipenderanno molto dalla percentuale di cittadini che si recheranno alle urne e, per converso, dal tasso di astensionismo.
Esiste un evidente sovraffollamento sulla sponda sovranista
e populista
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