Della Redazione Di Democratica
n. 103 lunedì 15 gennaio 2018
“Ho paura, siamo davvero al limite. Basta un incidente per innescare una guerra. Dobbiamo impegnarci tutti per il disarmo nucleare”. (Papa Francesco)
Gioco di squadra
Verso il 4 marzo Da Torino l’impegno degli amministratori locali, da Milano la spinta per Gori alla guida della Lombardia, Paolo Gentiloni in campo: tutto il Pd mobilitato per la partenza della campagna elettorale
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ALLE PAGINE 2-3
L’EDITORIALE / 1
L’EDITORIALE / 2
IMMIGRAZIONE
Gozi: le bugie di Berlusconi su Dublino
La razza secondo
i Cinque Stelle
Le ragioni dell’impegno italiano in Niger
Andrea Romano
Andrea Manciulli
Tra Lega e Cinque Stelle è ormai una competition sulla razza. Se oggi Fontana – candidato della destra in Lombardia – dichiara di battersi per “la razza bianca”, ieri Luigi Di Maio ha scoperto la questione etnica annunciando che le politiche sociali di un eventuale governo Cinque Stelle darebbero precedenza “agli italiani” su tutti gli altri. Si tratta del superamento di una soglia fondamentale nella rincorsa grillina al voto della paura e del rancore, anche se già in passato il candidato M5s aveva manifestato lo stesso orientamento.
Ma questa volta si punta al bersaglio grosso, solleticando senz’alcuna inibizione il riflesso razziale nella mobilitazione elettorale.
Il Governo italiano ha da poco annunciato l’avvio di una importante missione internazionale nel Sahel, in Niger. Si tratta di una missione per noi strategica, che vedrà l’Italia protagonista insieme ad altri paesi occidentali, con finalità che sono fondamentali per la sicurezza e la stabilità di quell’area geografica e di tutto il continete africano.
Il nostro interesse per l’Africa, come negli ultimi anni i Governi Renzi e Gentiloni hanno più volte ribadito e dimostrato fattivamente, non deriva solo da ragioni di prossimità geografica o di interesse economico, ma dal fatto che la stabilità, la sicurezza e lo sviluppo del continente africano sono fondamentali anche per la sicurezza e la stabilità dell’intera Europa.
A PAGINA 5
SPORT
Sci, storica tripletta delle ragazze azzurre
PAGINA 7
SEGUE A PAGINA 4
SEGUE A PAGINA 6
Verso il 4 marzo
Gli amministratori del Pd:
credibilità e capacità di governo
Elena Piastra
VICESINDACO DI SETTIMO TORINESE
“Le periferie industriali siano i laboratori veri di trasformazione del nostro Paese”
Dario Nardella
SINDACO DI FIRENZE
“I Cinque stelle sono professionisti nell’odio, dilettanti in tutto il resto. Non lasciamo che l’Italia faccia la fine di Spelacchio”più opportunità a tutti”
Claudia Medda
ASSESSORE ALL’INNOVAZIONE TECNOLOGICA DI CAGLIARI
“La nostra sfida, come Amministratori, è quella di creare reti e connessioni fra persone, istituzioni e territori, investire in bellezza, dare più opportunità a tutti”
Andrea De Caro
SINDACO DI BARI E PRESIDENTE ANCI
“Nelle periferie del degrado serve una vera e propria ricucitura, sul piano urbanistico e su quello sociale. Così si investe sul bene comune”
Micaela Fanelli
SINDACO DI RICCIA
“La legge sui piccoli comuni è un altro grandissimo intervento che questo governo ha fatto. Un’altra cosa di sinistra che coinvolge 5000 comuni”.
Stefano Mazzetti
SINDACO DI SASSO MARCONI E RESPONSABILE AMBIENTE PD
Anche sull’ambiente abbiamo fatto molto, in un settore dove gli altri raccontano soltanto e mettono in campo politiche del no. Ora un grande
Cuperlo:“L’avversario è la destra, non cercatelo altrove”
““Questa sarà una campagna elettorale difficile, c’è una destra che si è rialzata, la stessa di sempre se uno osserva il suo capo, riapparso in scena dopo un quarto di secolo, ma a guardarla meglio una destra peggiore. Quella destra è il nostro rivale. Non cercatelo altrove l’avversario. Non è quello vicino a noi anche se ora separato da noi”. Lo ha affermato Gianni Cuperlo in apertura dei lavori dell’Assemblea nazionale di SinistraDem – CampoAperto che si è svolta a Roma. Cuperlo ha indicato la direzione che secondo lui dovrebbe prendere la campagna elettorale e il programma del Partito democratico. Allargare i crediti d’imposta rimborsabili, un ripensamento del modello di protezione sociale, aprendo il capitolo del reddito di base universalistico. “E poi – ha affermato – un salario minimo orario come forma di tutela”.
Verso il 4 marzo
Gentiloni in campo: “Il Pd è la sinistra di governo”
Il Pd è in campo con tutti i suoi leader, non solo uno. Anche Gentiloni nel fine settimana ha sferrato un attacco politico alla giunta di Roma guidata da Virginia Raggi, criticando lo stato in cui versa la Capitale e l’assenza di collaborazione del Campidoglio con il Governo per il rilancio della città. È accaduto durante l’iniziativa “Una Costituente per Roma” promossa da Roberto Giachetti.
“Noi siamo il governo e non possiamo non avere uno spirito di collaborazione su Roma – ha detto il premier – anche se talvolta questo aiuto è stato accolto con sospettosa riluttanza”. Il primo ministro ha aggiunto che “il governo c’è, apprezza lo sforzo per dare alla città un respiro lungo e sollecita tutti ad avere per Roma l’ambizione universale che questa città merita”.
Il giorno prima, invece, Gentiloni è intervenuto a Torino, all’Assemblea nazionale degli amministratori locali dem, rivendicando i risultati dei governi a guida Pd e sottolineando: “Noi siamo la sinistra di governo. Il Pd è la sinistra di governo, il perno di una coalizione di centrosinistra che si ripropone di guidare il Paese, non ce n’è un altro”. “Nessuno meglio di voi – dice ai sindaci – può aiutare la sinistra di governo, la nostra coalizione.
Giorgio Gori
“Abbiamo la possibilità dopo 23 anni di voltare pagina. È una battaglia che richiederà un grande impegno, sappiamo che non siamo soli. Credo che sarà una partita molto combattuta che vinceremo, anche se di poco, e questo dà a tutti voi una grande responsabilità”
Matteo Renzi
“Non puoi gridare “onestà, onestà” e poi alla prova dei fatti dimostrarti incapace di risolvere i problemi. Benedetto Croce diceva che “la politica onesta è la politica capace”, e l’incompetenza è il nostro avversario alle prossime elezioni politiche del 2018. Ci sono 50 giorni per andare a vincere questa sfida e io voglio che il Pd si metta in campo con tutte le energie che ha, senza paura!”
Il Pd
fa squadra:
non lasciamo il Paese agli incompetenti
Carlo Calenda
“Non volevamo abolire il Senato per abolire delle poltrone, ma perché sapevamo che è indispensabile una governance più forte in questo momento storico complicato. Noi non siamo rottamatori, siamo grandi costruttori e tu hai guidato questa spinta, Matteo”.
Giuseppe Sala
“È il momento che il modello Milano
si allarghi alla Regione, il momento
di pensare a una Lombardia che voglia interpretare questo tipo di attitudine.
Noi siamo la politica del coraggio, la politica di chi fa le cose, siamo la sinistra e questo è il nostro orgoglio”.se permangono visioni geopolitiche molto diverse tra loro”
Movimento5Stelle
La razza
secondo i
Cinque Stelle
Andrea Romano
Segue dalla prima
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Negli anni il M5S
è diventato fan prima di Vladimir Putine poi di Donald Trump
Farlo oggi e in questi termini non è tanto una violazione di un immaginario galateo politico o di un ancora più fantasioso perbenismo progressista, quanto piuttosto una precisa scelta di campo del movimento di Grillo e Casaleggio. In un tempo difficile nel quale si torna a parlare di politiche mosse dal pregiudizio etnico, tanto in Europa quanto in Italia, Di Maio scommette apertamente sulla carta del razzismo per provare a sfondare negli insediamenti elettorali della destra radicale. Chiunque abbia fatto un giro anche breve nel mondo social del Movimento Cinque Stelle, chiunque abbia ascoltato le parole e i linguaggi dei principali influencer di quell’universo (solo all’apparenza caotico ma in realtà ideologicamente molto coeso), sa già che il risentimento a sfondo razziale è un carburante utilizzato da anni e con precisione. Così come chiunque abbia seguito le cronache parlamentari, sa bene che l’opposizione più compatta alla riforma della legge sulla cittadinanza in direzione di uno Ius Culturae di stampo europeo è venuta proprio dai rappresentanti Cinque Stelle nel nome di un’idea etnica e di sangue dell’appartenenza alla comunità civile degli italiani. Eppure sarebbe utile alla qualità del dibattito pubblico comune se gli amici della Lista Grasso che ancora oggi ipotizzano un’alleanza con i Cinque Stelle dedicassero alla condanna del razzismo grillino anche solo un terzo dell’energia che dedicano alla polemica contro il Partito Democratico. Sarebbe utile e bello, ma non si può pretendere troppo da chi ha collocato la sconfitta del PD in cima alla propria agenda politica senza curarsi di molto altro. Quel che invece appare indispensabile è rispondere alla strategia a sfondo razziale dei Cinque Stelle senza scandalismi ma con assoluta fermezza: sottolineando che ovunque nell’Unione europea le politiche sociali si realizzano senza alcuna discriminazione etnica o razziale, che l’interesse nazionale dell’Italia e degli italiani è tutelato da chi promuove crescita economica e protezione sociale essendosi guadagnato sul campo una solida credibilità di governo, che la paura e il risentimento di tanti cittadini si battono con politiche concrete e realistiche piuttosto che soffiando sul fuoco del rancore e della divisione. E infine, ricordando che l’Italia e l’Europa hanno già conosciuto sulla propria pelle le conseguenze fisiche e morali della scommessa sulla razza: perché l’incompetenza grillina, che da oggi si arricchisce anche della carta etnica, è anche una minaccia alla memoria e alla tenuta civile delle nostre comunità.
Matteo Salvini ha invitato Luigi Di Maio alla manifestazione organizzata dalla
Lega per dire:
“Prima gli italiani”
Secondo la maggior parte degli esponenti grilliniil fascismo
(e l’antifascismo) sono categorie del passato
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Immigrazione
Le gambe corte delle bugie del centrodestra su asilo e immigrazione
“Una bugia fa in tempo a viaggiare per mezzo mondo mentre la verità si sta ancora mettendo le scarpe”, disse un giorno Mark Twain. Se ciò era vero ai tempi dell’autore del romanzo Le avventure di Tom Sawyer, figuriamoci nell’epoca dei social media e delle fake news imperanti.
Una delle bugie che attraversa periodicamente la rete (e anche alcuni giornali) e che sta diventando virale in questo periodo di campagna elettorale è quella veicolata dalle segreterie dei partiti del centrodestra (Forza Italia e Lega in primis), rimbalzando sugli account twitter di presunti candidati premier, secondo cui la cattiva gestione del’Unione europea dei fenomeni migratori sia una responsabilità da imputare agli ultimi Governi guidati dal centrosinistra. Una bugia che arriva a toccare vette sconfinate del paradossale, nel momento in cui viene messo sul banco degli imputati il Regolamento di Dublino, dal quale discende il principio di responsabilità permanente dell’asilo al Paese di primo approdo dei migranti (art. 13). Come è noto, l’applicazione di tale principio ha di fatto lasciato per anni sulle “spalle” dell’Italia buona parte del peso dei flussi migratori verso l’Europa.
La prova del fact checking è presto fatta. Il Regolamento di Dublino (cosiddetto “Dublino II”) fu approvato nel 2003 quando il nostro Primo ministro era Silvio Berlusconi e il Ministro degli Interni che sedeva a Bruxelles al Consiglio Giustizia Affari Interni (GAI) era Giuseppe Pisanu (Forza Italia). La Lega Nord faceva parte di quel Governo e forse avrebbe fatto bene a parlare allora, quando Dublino veniva negoziato ed approvato, al posto di twittare incallita anni più tardi confidando nella memoria corta degli italiani. Purtroppo però ad essere “corta” non è la nostra memoria, bensì le bugie di chi avrebbe potuto far sentire la propria voce in Europa al momento opportuno e quando venivano decise le politiche che avrebbero influenzato la politica migratoria del successivo decennio. Conosco bene le inerzie decisionali europee e posso garantire che quando si accettano le regole diventa molto più difficile e laborioso cercare di modificarle in un secondo momento. In altre parole quello era il momento di parlare, dopodiché è diventato necessariamente tutto più difficile anche per coloro che sono arrivati dopo.
Esiste poi a mio avviso anche un seconda decisione che, assieme al Regolamento di Dublino, ha condizionato in modo decisivo la politica di immigrazione dell’Unione europea, nonché il numero degli sbarchi che si sono verificati negli ultimi anni in Italia. Si tratta della decisione di predisporre per Frontex guide operative specifiche, rinunciando in questo modo di dotare l’Europa di uno strumento flessibile per la gestione dell’immigrazione che probabilmente sarebbe stato più appropriato. A quel tempo il Governo italiano confidò probabilmente inoltre sul fatto che tali guide operative avrebbero riorientato i flussi migratori verso Malta, dal momento che in esse si stabiliva di privilegiare lo sbarco nel Paese sul territorio europeo geograficamente “più vicino”. Un autogol diplomatico, che il nostro Governo miope comprese in tutta la sua proporzione solo nel momento in cui Malta si sfilò successivamente dal programma, lasciando dunque ancora una volta il carico delle migrazioni verso l’Europa sulle spalle dell’Italia. Ebbene la decisione su tali guide operative Frontex fu negoziata tra il 2009 e il 2010 a Bruxelles, quando il Primo Ministro di allora era Silvio Berlusconi, mentre il Ministro dell’Interno era Roberto Maroni.
Se dunque gli ultimi due Governi del centrosinistra hanno una responsabilità, è quella di aver fatto finalmente sentire la voce dell’Italia ottenendo ampio riconoscimento del proprio ruolo (e dei propri meriti, come ha sottolineato lo stesso Presidente della Commissione europea) e collaborando in modo decisivo ad impostare una nuova politica delle migrazione in Unione europea. Così mentre oggi alcuni politici vaneggiano sulla rete delle presunte responsabilità dell’Italia, a Bruxelles si sta concretamente discutendo di come riformare il Trattato di Dublino.
In tale quadro, il Partito Democratico non può certo fare a meno che le bugie su Asilo e Immigrazione continuino a perpetuarsi sulla rete, tuttavia – per riprendere l’immagine iniziale di Mark Twain – garantisco che non ci stancheremo di lavorare incessantemente affinché le “scarpe” con le quali i cittadini si recheranno alle urne il 4 marzo siano quelle della verità.
Sandro Gozi
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Politica estera
Le ragioni del nostro impegno in Niger
Un’occasione per garantire la sicurezza internazionale e la stabilità in una regione chiave
Andrea Manciulli
Segue dalla prima
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Il Sahel è da anni ormai un’area molto esposta e interessata alle minacce e alla presenza di organizzazioni criminali e terroristiche, oltre che zona di transito e di presenza di trafici illeciti anche legati alla tratta di esseri umani e al fenomeno migratorio. Il Niger, un paese ad alta criticità e complessità, data la sua posizione geografica è un crocevia naturale di transito per qualsiasi traffico illegale e anche un obiettivo per le principali organizzazioni terroristiche della zona. Storicamente il territorio nigerino ha costituito il cuore strategico del corridoio transahariano dei migranti irregolari. Dal 2011 l’aggravarsi della situazione libica e la mancanza di efficaci controlli territoriali da parte delle entità statali hanno agevolato negli ultimi anni anche la diffusione e l’insediamento nel Sahel di gruppi terroristici e reti dei contrabbandieri.
Per questi motivi, per favorire la stabilizzazione di questa area nel cuore dell’Africa, è estremamente importante una nostra presenza in Niger. Anche perchè constrastando le minacce alla sicurezza e il traffico di esseri umani in Niger e nel Sahel, possiamo consolidare la linea promossa dal Ministro Marco Minniti sulla Libia e sulla gestione del fenomeno migratorio. Peraltro la nostra decisione di partecipare a questa missione arriva dopo anni di confronto con questa realtà, segue l’apertura a Niamey della prima ambasciata italiana nel Sahel e una richiesta ufficiale da parte del Governo nigerino.
La missione, attualmente in fase di ricognizione e che, una volta approvata dal Parlamento (la votazione è prevista mercoledì 17 gennaio), condurrà a supporto della Repubblica del Niger e nell’area geografica che interessa anche Mauritania, Nigeria e Benin, fino a 470 militari entro la fine dell’anno, si configurerà come intervento di natura umanitaria e, attraverso azioni di addestramento, incremento della capacità operativa delle Forze Armate e di Polizia nigerine di controllo del territorio, contrasto a terrorismo e traffico di migranti. Le attività saranno condotte nell’ambito di uno sforzo congiunto di Stati Unti, Francia, Germania e Paesi del G5 Sahel ( Mali, Mauritania, Chad, Burkina Faso e Niger ) segno che gli sviluppi dell’attuale condizione in cui versa il Paese risultano particolarmente sentiti a livello internazionale.
Non comprendere oggi l’importanza di questa missione, così come la centralità geografica e stategica di un’area come il Sahel, a noi così prossima, sarebbe miope e sbagliato.
Il nostro paese ha l’occasione di dimostrare ancora una volta la propria attenzione per garantire la sicurezza internazionale partecipando ad un’operazione che aiuterebbe anche a promuovere le migliori condizioni in Africa per garantire stabilità e sicurezza, fondamentali per promuovere anche lo sviluppo e aiutare le popolazioni locali.
Inoltre, in questo modo, possiamo impegnarci ancora una volta, come abbiamo già dimostrato in molte occasioni, per garantire la nostra sicurezza nazionale e quella europea, che possono essere strettamente condizionate anche da quanto accade nel Sahel e in tutto il Nord Africa.
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Playground
Storica tripletta dello sci azzurro Cresce il sogno olimpico
Goggia, Brignone e Fanchini centrano un’impresa mai riuscita prima in discesa libera
Sofia Goggia, Federica Brignone e Nadia Fanchini. Insieme, sul podio di Bad Kleinkirchheim, in Austria. Rispettivamente prima, seconda e terza nella gara regina della velocità, la discesa libera. Non ci sono precedenti nella storia dello sci azzurro femminile e il fatto che sia successo a meno di un mese dallo start delle Olimpiadi invernali di Pyeongchang ci consente di sognare.
“Una giornata pazzesca”, l’ha definita Sofia, la venticinquenne fuoriclasse bergamasca dietro la quale tutto lo sci azzurro al femminile sta attraversando una stagione d’oro. Un gruppo che sta inanellando successi e che si presenta ai Giochi coreani con tutte le carte in regola per giocarsela con le migliori. C’è grande consapevolezza nella parole di Federica Brignone, ventisettenne milanese, al primo podio in carriera in discesa: “Ci voleva coraggio con queste condizioni (pista molto ghicciata, ndr) ma è in questi frangenti che ci esaltiamo di più”.
Dentro questa storia fantastica c’è un’altra storia, che va al di là dello sport. E’ quella di Nadia Fanchini e della sorella Elena. Due velociste di razza, con una lunga carriera alle spalle. Pochi giorni fa l’annuncio di quelli che fanno tremare le gambe: Elena salterà le Olimpiadi e si ritira momentaneamente dall’attività agonistica per combattere la battaglia più dura contro un brutto male. “Questo podio – ha detto Nadia dopo la gara – è tutto dedicato a mia sorella. Siamo della combattenti, noi Fanchini, delle leonesse. E’ stata una notizia devastante per noi, due giorni fa ero a pezzi, disperata. Se mi avessero detto che sarei arrivata quinta del SuperG a Bad (vinto alla Brignone, ndr) e terza in discesa non ci avrei mai creduto”.
E invece, eccole, le tre ragazze italiane sul podio a festeggiare, cantare l’inno nazionale e farsi il selfie della vittoria. Anche Lindsey Vonn, che di gare ne ha vinte più delle tre atlete italiane messe insieme, è voluta salire sul podio ad abbracciare le azzurre. Una scena che tutti noi vorremmo rivedere tra un mese.
Stefano Cagelli
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La dedica
di Nadia
alla sorella Elena, che sta combattendo contro un tumore
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