Della Redazione Di Democratica
n. 95 Mercoledì 20 dicembre 2017
“Visco, Vegas e oggi Ghizzoni confermano che non vi fu alcuna pressione per l’acquisto di Banca Etruria” (Matteo Orfini)
Anche Salvini dopo Di Maio fa marcia indietro sulla misura simbolo del governo Renzi. Persino le destre riconoscono una misura giusta per gli italiani
ALLE PAGINE 2-3
NET NEUTRALITY
“Vi spiego perché la rete deve essere libera”, parla Juan Carlos de Martin
La neutralità della rete è un principio fondamentale che va difeso. C’è il rischio che la visione originaria di Internet stia tramontando
ALLE PAGINE 6-7
L’EDITORIALE
“
L’Europa presa sul serio
Andrea Romano
MMatteo Salvini è scattato all’inseguimento di Luigi Di Maio nella rocambolesca tecnica del dire tutto e il contrario di tutto e oggi ce ne ha offerto addirittura una doppia razione. Anche la polemica contro la moneta unica, oltre a quella contro gli 80 euro, viene per il momento archiviata dopo essere stata l’architrave della propaganda leghista dell’ultimo decennio. Probabilmente la convinzione di Salvini è che gli italiani abbiano trascorso gli ultimi anni al riparo dalle sue sparate televisive e non siano dunque in grado di ricordare granché (capita spesso ai populisti di ogni nazione di immaginare gli elettori come persone molto meno capaci della media). Ma al netto degli esercizi retorici di Lega e M5s, la vera partita che si giocherà nel voto di marzo è ben chiara alla nostra opinione pubblica. E riguarda anche – se non essenzialmente – la scelta tra un’Italia che continui ad essere parte attiva e autorevole dell’Unione europea e un’Italia che si ripieghi invece in un declino autoreferenziale di isolamento. Perché quest’ultimo, e non altro, sarebbe l’esito della vittoria di Lega o Cinque Stelle. Ovvero delle due forze politiche che in questi anni hanno scommesso sul malessere di tanti nostri cittadini verso l’Unione europea, trasformandolo in un programma di fuoriuscita di fatto (se non di diritto) del nostro paese dalla principale istituzione sovranazionale su cui si è fondata la vicenda economica e sociale italiana dal secondo dopoguerra ad oggi. Tra le novità di questi ultimi anni vi è anche stata l’emersione di una forte diffidenza popolare antieuropea, finora sconosciuta in queste dimensioni nella storia italiana, le cui ragioni stanno all’incrocio tra crisi economica e indebolimento del progetto comunitario e che Salvini e Grillo hanno saputo capitalizzare politicamente.
SEGUE A PAGINA 5
MOVIMENTO 5 STELLE
La resa di Virginia: “Non mi ricandido”
A PAGINA 4
Anche Salvini, dopo Di Maio, fa marcia indietro sugli 80 euro
Destre
Gli 80 euro sono una cazzata, è l’unica operazione al mondo che da soldi a chi lavora facendoli pagare a chi non lavora.
31 MARZO 2015
“La storia degli 80 euro è una manovra evidentemente elettorale. Per regalare qualcosa con la mano destra a qualcuno e prendere due voti, hanno provato a prendere i soldi ai disabili”
3 GIUGNO 2016
“A sinistra quando sono disperati comprano i voti con 80 euro, noi promettiamo lavoro vero aiutando imprese, alberghi, sistemando porti e aeroporti”
2 NOVEMBRE 2017
“Non posso venire a dire che regaleremo 80 euro a chiunque passi per strada, perché l’esperimento non mi sembra che sia particolarmente riuscito”
9 NOVEMBRE 2017
“Alcune parti del Jobs Act possono essere mantenute e gli 80 euro li terrei per i redditi medio-bassi”
20 DICEMBRE 2017
Economia
Gli 80 euro vanno ogni mese a oltre11 milioni di italiani
L’impatto economico
Il bonus 80 euro “ha avuto un significativo impatto macroeconomico”. Secondo uno studio condotto a giugno 2017 da tre economisti della Banca d’Italia, rilanciato a settembre dalla Bce, le famiglie beneficiarie del bonus??
Irpef deciso dal governo Renzi hanno “aumentato la spesa mensile per alimentari e mezzi di trasporto di circa 20 euro e 30 euro, rispettivamente, consumando il 50 60% del bonus nel corso dello stesso anno”. Una prova a
Quando il bonus diventa strutturale
Nel 2014 il governo Renzi, appena entra in carica, introduce il bonus degli 80 euro per 10 milioni di cittadini che guadagnano meno di 1500 euro al mese, “Un fatto di giustizia sociale, piaccia o non piaccia agli ultramilionari”, annunciava Renzi.
Nella legge di stabilità 2015 viene confermato e diventa strutturale
Nel corso degli anni le opposizioni hanno criticato la misura definendola in vari modi
una mancia elettorale
Oggi Di Maio e Salvini l’apprezzano e dicono di non volerla eliminare.
Per il futuro:
l’estensione dei benefici??alle famiglie con figli??
supporto di chi ha sempre sostenuto come l’incentivo sia servito davvero per ravvivare i consumi.
AAll’ultima Leopolda Matteo Renzi ha rilanciato il bonus degli 80 euro. “Abbiamo bisogno di estenderli – innanzitutto alle famiglie che hanno figli”, ha annunciato nel suo intervento di chiusura. “In Italia – ha ammonito – siamo sotto il mezzo milione di nuovi nati e quando nasce il secondo, il terzo figlio, una famiglia normale rischia
La bufala
di andare sotto la soglia di povertà. Se non si fanno più figli, il paese non ha futuro”.
della restituzione
CCome noto gli 80 euro (960 euro annui) spettano a coloro che hanno un reddito complessivo fino a 24.000 euro; al superamento di tale limite il credito decresce fino ad azzerarsi al raggiungimento di 26.000 euro. È chiaro quindi che se le condizioni reddituali mutano nel corso dell’anno ci sarà una correzione in sede di dichiarazione dei redditi. Chi ha guadagnato di più ed è andato oltre la soglia prevista dalla legge dovrà restituire quella somma, sarebbe corretto spiegarlo in questi termini. Ma le opposizioni hanno usato questo meccanismo le opposizioni per strumentalizzare e impaurire milioni di cittadini, sostenendo che il governo volesse riprendersi gli 80 euro. Tra l’altro, dimenticando di dire che le correzioni non sono tutte dello stesso segno e che in molti casi sono favorevoli ai contribuenti: a fronte di chi ha dovuto restituire integralmente il bonus in sede di dichiarazione, ce ne sono stati infatti altri che si sono visti attribuire il bonus per intero.
Non tutti sanno che…
Il bonus 80 euro introdotto dall’art. 1 del D.L.
n.
66/2014 è stato confermato a regime dalla Legge di Stabilità 2015 ed è diventato strutturale.
Nella legge di bilancio che si sta votando in queste ore si alzano le soglie di reddito per ottenere il bonus (il tetto di 24.000 euro sale a 24.600 e quello di 26.000 sale a 26.600) in
modo da salvaguardare gli 80 euro dei dipendenti pubblici, che con il rinnovo del contratto supererebbero la soglia ad oggi vigente per ricevere il bonus.
La crisi del M5s
La resa di Virginia
La sindaca di Roma scappa. Non si ricandiderà. Non si sottoporrà al giudizio degli elettori romani sul suo operato da sindaca. “In base alla regola dei due mandati direi di no”, ha risposto Raggi a chi le domandava, a margine di una conferenza stampa in Campidoglio, le sue intenzioni a un anno e mezzo di mandato. “La regola è chiara e ce la siamo data”, ha aggiunto Raggi facendo riferimento al principio del Movimento 5 stelle secondo il quale dopo due mandati non è possibile ricandidarsi. Ma tra i cronisti c’è chi insiste: il primo mandato era da consigliera, quindi teoricamente ne potrebbe svolgere un altro in veste di sindaca, anche perché sono quelli necessari per completare l’opera avviata. “Intanto – risponde lei con ironia – direi che arrivare
viva alla fine di questo mandato sarà un grandissimo successo”.
Eggià, e sarebbe anche l’unico visto che l’altro simbolo che è riuscita a imprimere nei ricordi dei romani è Spelacchio, l’ormai celebre albero di Natale dismesso e moribondo che ha scatenato l’ilarità di turisti e cittadini. Un albero che è diventata una triste rappresentazione di questa amministrazione, incapace di dare nuova linfa alla Città eterna. A distanza di un anno e mezzo Roma non ha guadagnato in strade
pulite o in un sistema di trasporto efficiente. Roma, anzi, ha solo perso.
E non solo le Olimpiadi. Il sospetto che aleggia sulla risposta della sindaca è che quella della regola dei due mandati sia solo una scusa.
Primo, perché finora le regole nel M5s sono state fatte per essere
trasgredite. Secondo, perché – come fa notare il responsabile Città metropolitane del Pd Luciano Nobili “quella del rispetto dei due mandati è una scusa che fa ridere, perché il primo mandato è da consigliera e il secondo da sindaca. Sarebbe giusto che la sindaca si sottoponesse al giudizio popolare”. A meno che l’anno nuovo non si apra con un colpo di scena: Il 9 gennaio prossimo, infatti, la sindaca è stata chiamata a comparire davanti al gup che deciderà sul rinvio a giudizio per falso della prima cittadina nella vicenda della nomina di Renato Marra a capo dipartimento Turismo del Campidoglio.
IL VALZER IL CASO DEGLI ASSESSORI MURARO
La squadra della Raggi è Dopo mesi di imbarazzo,
sempre in bilico: fra addii, veleni l’assessore all’Ambiente si
e dimissioni, fare l’assessore dimetterà perché indagata
a Roma è difficilissimo. Ma per reati ambientali. La
anche cercare di lavorare Sindaca la difenderà fino
in una della tante aziende alla fine, nonostante fosse
municipalizzate della Capitale a conoscenza del suo
da Atac a Ama. Chiedere a coinvolgimento nell’inchiesta
Bruno Rota o Carla Raineri. prima che venisse resa nota ai
media.
IL RINVIO A GIUDIZIO SUL CASO MARRA
Viene rinviata a giudizio per falso ideologico in relazione alla nomina di Renato Marra, fratello di Raffaele. Da graduato dei vigili urbani fu promosso a capo dipartimento Turismo del Campidoglio, con un incremento di stipendio pari a 20 mila euro. La sindaca è attesa in aula il 9 gennaio prossimo per chiarire.
LE POLIZZE
Si scopre che Salvatore Romeo, ex capo segreteria, aveva intestato 3 polizze vita alla Raggi, prima della sua vittoria elettorale. La sindaca si dice “esterrefatta” e presenta in Procura un esposto contro l’uomo di cui si sente vittima.
I cinquestelle fanno la guerra alla Appendino
Se Roma piange, Torino non ride: la maggioranza cinque stelle nel capoluogo piemontese ha iniziato a vacillare. Ieri, durante una riunione di maggioranza per affrontare la crisi dell’azienda per il trasporto pubblico torinese, la prima cittadina Chiara Appendino ha interrotto l’assise dopo le continue critiche ricevute sulla gestione della questione. Una tensione che poi ha avuto eco anche in aula. Si stava votando su una delibera non particolarmente rilevante e su una serie di emendamenti, anche loro non di particolare importanza, ma frutto di un accordo tra maggioranza e opposizione, quindi politicamente importanti. Una parte del gruppo pentastellato dice di non voler votare l’emendamento proposto da Lo Russo del Pd che nel frattempo aveva lasciato l’aula. Volano stracci: i cinque stelle cercano di
ricomporre il gruppo ma niente da fare. In tre si sfilano
e la maggioranza scende a 19. Non ci fossero stati i voti del Pd, l’Appendino sarebbe andata sotto. Un fatto politico non irrilevante e che fa presagire nuove crepe nella maggioranza grillina.
Il partito
L’Europa presa sul serio
Andrea Romano CONDIVIDI SU
Segue dalla prima
SSe la minaccia è chiara, il punto fondamentale è la nostra responsabilità nel riuscire a rispondervi con strumenti diversi dalla riproposizione dell’europeismo più retorico e tradizionale. Nobile e prestigioso capitale, per carità, ma ormai largamente insufficiente da un lato a tener testa alla nuova forza dell’an
tieuropeismo contemporaneo e dall’altro a restituire energia alle ragioni dell’Europa e del nostro interesse economico, politico e culturale a rimanerne parte fondamentale. Per questo è stato importante, in questi anni, che il Partito Democratico al governo abbia tanto lavorato per superare le strettoie dell’austerità: spingendo anche in questo modo l’Unione europea a riconnettersi nella realtà e nelle percezioni dei cittadini con le sfide della crescita, del lavoro e della protezione sociale che erano state alle
origini della missione storica e dunque del successo stesso del progetto comunitario. Ma altrettanto fondamentale, in campagna elettorale, sarà riuscire a comunicare agli italiani che ogni velleità di isolamento dall’Unione europea (quale quella perseguita da Lega e Cinque Stelle) non è destinata a tradursi in alcun beneficio concreto per la nostra economia e la nostra società ma nel suo esatto contrario. Come capita a qualunque latitudine per i frutti avvelenati di ogni populismo.
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Pensieri e parole
“Vi spiego perché la rete deve essere libera”
Intervista al professor Juan Carlos De Martin: “Intenet oggi non è un paradiso ma Trump sta peggiorando la situazione. L’accesso non può essere consentito solo ai grandi gruppi”
Carla AttianeseCONDIVIDI SU
NNet Neutrality, questa sconosciuta. E così, mentre dalle nostre parti, in mancanza di una educazione digitale seria e sistematica, ci si lambicca il cervello per provare a capire cosa esattamente sia e cosa c’entri con le nostre vite la cosiddetta ‘neutralità della Rete’, dall’altra parte dell’oceano c’è chi, nella fattispecie l’ammi
nistrazione Trump – e chi sennò – avendolo invece capito benissimo
ha pensato bene, con il classico colpo di spugna, di cancellarla.
Per provare a capire meglio di cosa stiamo parlando, e soprattutto
per comprendere quali possibili implicazioni potrebbe avere la de
cisione americana per noi europei, abbiamo incontrato il professor
Juan Carlos De Martin, docente di Informatica e Cultura digitale al
Politecnico di Torino e associato all’Università di Harvard.
Professore, in un suo articolo pubblicato di recente dal
quotidiano La Repubblica lei ha parlato della Net Neutrality
come di una questione politica di primaria importanza, può
spiegarci perché?
Ormai la rilevanza che ha assunto Internet nelle nostre vite, nella politica e più in generale nella società è tale che qualunque cambiamento della sua architettura è per forza di cose una faccenda anche politica.
Lei ha definito la Net Neutrality un diritto, come ha stabilito
la dichiarazione dei diritti di Internet pubblicata in Italia nel
2015. È una definizione condivisa anche nel resto del mondo?
La definizione data dalla Commissione di studio guidata da Stefano Rodotà è incentrata su un diritto individuale, ovvero il diritto che i flussi che ci arrivano dal web (e quelli che noi stessi originiamo) non debbano essere alterati, secondo un criterio che mette al centro la persona. Già Obama nel 2014 aveva diffuso un video di due minuti in cui si schierava nettamente a favore della Net Neutrality, e poi di lì a poco la Federal Communication Commission varò le norme che oggi Trump ha cancellato. Ma nel mondo esistono posizioni differenti: dal punto di vista politico chi sostiene la neutralità delle rete tende a dare più potere a chi fornisce contenuti e servizi online, mentre chi preferirebbe abolirla vuole dare più potere in mano alle società di telecomunicazione, le cosiddette TelCo.
C’è però chi dice che abolire la Net Neutrality favorirebbe anche la lotta alle fake news, lei cosa risponde?
A monte ci deve essere qualcuno che decide cosa è fake news e cosa non lo è, e questo è un discorso molto scivoloso. Sostenere questa tesi vuol dire affermare che le TelCo possono chiudere i rubinetti della comunicazione di una fonte ritenuta falsa, ma è un approccio pericoloso perché non esiste un algoritmo per decidere che cosa è vero e cosa no. La libertà di espressione è un diritto umano che è la premessa di tutti gli altri diritti, e per questo deve essere difesa strenuamente. Qualunque forma di censura può diventare estremamente pericolosa.
Dunque senza Net Neutrality rischieremmo di consegnare alle società di telecomunicazione le chiavi per decidere chi può esprimersi e come?
Intendiamoci, non stiamo dicendo che ora siamo nel paradiso della comunicazione. Già oggi se sono ricco posso farmi sentire di più, ad esempio posso comprare dei servizi di Content Delivery Network, che mi permettono di far arrivare meglio i miei contenuti. Quindi chi può già adesso è avvantaggiato, Trump sta solo seriamente peggiorando le cose. Quella della neutralità della Rete non è una questione da vedere solo in bianco e nero, ma il principio fondamentale va difeso come uno dei cardini di una Internet aperta.
L’Unione europea ha sancito la Net Neutrality lo scorso anno. Quali rischi può comportare per noi europei la decisione di Trump?
Cominciamo col dire che la situazione nella Ue non è di Net Neutrali-ty fortemente ed esplicitamente tutelata, tant’è che gli esperti giudicano la situazione solo discretamente positiva. Per fare un esempio, l’Europa non vieta lo Zero Rating, e cioè la possibilità che un operatore di telecomunicazione conceda l’accesso gratuito a un fornitore di contenuti, a valle di un accordo. Dunque, già oggi nella Ue può succedere ad esempio che una TelCo conceda ai propri utenti di non ‘contare’ i giga spesi per vedere ad esempio contenuti di Facebook
o
di Netflix: l’utente percepisce l’offerta come positiva, ma significa convogliare i fruitori verso quel contenuto a scapito dei concorrenti. Diciamo che l’Europa ha scelto una soluzione di neutralità tiepida, che vista la posizione degli USA rischia di indebolirsi ancora di più, perché le TelCo europee possono tornare all’attacco anche da noi con l’argomento dello svantaggio rispetto alle telco statunitensi.
SEGUE A PAGINA 7
Pensieri e parole
Eppure le più grandi aziende web mondiali si sono dichiarate SEGUE DA PAGINA 6
Obama sulla Net Neutrality
contro la decisione di Trump, da Facebook a Twitter a Google. Non basterà a fermare questo tentativo?
Dal 2003, e cioè da quando si parla di Net Neutrality, la situazione è cambiata. Formalmente i giganti del web sono ancora contrari all’abolizione, ma in maniera meno incisiva di qualche anno fa, e questo per due motivi: il primo è che alcuni come Facebook e Google stanno letteralmente creando una loro rete. Dunque aziende che cinque
o
sei anni fa dipendevano totalmente dalle TelCo hanno investito per comprarsi i propri cavi. Non credo che saranno mai esplicitamente contrari alla Net Neutrality, ma prima c’era una questione di sopravvivenza che oggi c’è molto di meno; la seconda ragione è che essendo così ricche, alla fine se ci saràda pagare le TelCo probabilmente lo faranno, creando così tra l’altro una barriera di ingresso ai potenziali futuri concorrenti, barriera che per inciso loro non hanno avuto. Dunque un futuro, per dire, Facebook non dovrà solo sostenere i costi di accesso alla Rete, come è giusto che sia e come fanno tutti, ma dovrà pagare anche per arrivare meglio agli utenti finali.
Senza la Net Neutrality saranno soprattutto le periferie ad essere penalizzate, perché avranno di fatto meno contenuti a disposizione, è così?
In molte parti degli Stati Uniti c’è un solo fornitore di servizi di telecomunicazione o al massimo due. Senza la neutralità della Rete ci sarà di fatto una censura sotto il punto di vista della velocità di accesso, una forma di discriminazione sottile perché ormai sappiamo che un utente di fronte a un sito lento si scoraggia e non va più avanti. C’è chi dice che senza la Net Neutrality, che stabilisce
una regola ex ante (questo non puoi farlo), si potranno comunque combattere gli abusi con delle cause in tribunale (dunque ex post). Ma la storia ci dimostra che le decisioni dei tribunali possono arrivare dopo anni, e nell’era di Internet non si può sostituire una regola ex ante, un divieto qui ed ora, con una ex post, ossia con le cause giudiziali, non su qualcosa di così fondamentale come la neutralità della rete
Lei ha detto che Internet sta morendo. Cosa intende?
Sta morendo la sua visione originaria. Tim Berners Lee immaginava un web fortemente distribuito, con un sito web per ciascuno, gestito direttamente da ciascu-
Quali sono i nessi con la battaglia contro le fake news e la lotta al terrorismo informatico?
nodi noi. Il mondo però è andato in un’altra direzione, per cui siamo diventati ‘inquilini’ della grandi piattaforme come Facebook o Google. In questo senso è agonizzante l’idea che della Rete hanno avuto i suoi creatori.
Cambiando discorso e parlando di fake news, pensa che una formazione digitale più diffusa e fatta già nella scuola dell’obbligo potrebbe servire?
Bisogna avere strategie diverse per diverse scale temporali. Sul medio e lungo periodo la risposta principale è certamente l’educazione. È interessante ad esempio il DIGCOMP, un framework di competenze digitali messo a punto dal’Unione europea. E poi certo bisogna partire dalla formazione dei docenti, cosa che qui a Torino stiamo già facendo. Se ci pensiamo non è una cosa del tutto nuova: anni fa nella scuole si faceva ‘Impara a leggere il giornale’, oggi a questo andrebbe affiancato un ‘Impara a capire cosa trovi sul Web’. Sul breve termine, possiamo chiedere maggiore trasparenza alle piattaforme, insieme a un maggiore potere all’utente. Dare in mano a chi
naviga sul Web una serie di controlli per decidere cosa vedere si può fare domani, se c’è la volontà, invece di censurare le “fake news”, magari dando alle major le chiavi per decidere cosa può essere mostrato e
cosa no.
Chiudiamo proprio sulle fake news: come se
ne esce?
Non con la censura, che è invece l’approccio che si sta purtroppo diffondendo in Europa. Di fronte ad esempio alla minaccia terroristica, si è scelto di rivolgersi a Facebook e Twitter chiedendo loro di filtrare i contenuti. In questo modo si è creato un precedente grave, perché il vento della storia cambia, e chi può dire chi chiederà di censurare cosa in
futuro? Quello che è successo in Cina è un esempio: le grandi piattaforme per poter operare in quel Paese hanno accettato di censurare contenuti e app sgradite al potere politico. Dunque cosa potrebbe accadere se in futuro un Governo antidemocratico dovesse indicare dei contenuti sgraditi? Fino ad oggi è provato che le grandi piattaforme, se sono i Governi a chiederlo, alla fine cedono. Occorre quindi cambiare rotta e puntare su maggior trasparenza e maggior controllo nelle mani degli utenti.
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