Della Redazione Di Democratica
n. 75 Martedi 21 novembre 2017
“Quando non si valorizzano i risultati di un negoziato vuol dire che non si era lì per portare a casa avanzamenti per i lavoratori” (Marco Bentivogli)
Europatesta o croce?
Bruxelles Dopo la beffa del sorteggio che ha assegnato Ema ad Amsterdam, dubbi e interrogativi su come l’Europa decide
PAGINA 4
IL COLLOQUIO
“L’unità a sinistra non è un vezzo”. Parla Luigi Berlinguer
”Non regaliamo un successo alla destra. Occorre che ognuno ceda una piccola parte di sé e avere una forte disponibilità alla trattativa”. L’appello dello storico dirigente dei Ds e dell’Ulivo
A PAGINA 4
L’EDITORIALE /1
“
Cosa ci insegna la delusione dell’Ema
Lia Quartapelle
CCerto, la delusione c’è tutta. L’incredibile sorteggio per decidere del ricollocamento dell’Agenzia europea dei medicinali – un metodo sicuramente da cambiare – ha tutto il sapore amaro di una beffa, per una candidatura, quella dell’Italia e di Milano, in testa in tutte le votazioni. Qualche volta si vince. In altri casi si impara” recita un adagio che ci deve aiutare ad utilizzare questa occasione anche per guardare avanti, e per contrastare l’amarezza di questa sconfitta immeritata.
““SEGUE A PAGINA 2
L’EDITORIALE /2
Cosa ci insegna la crisi politica tedesca
Stefano Ceccanti
LLe vicende tedesche (e prima quelle spagnole) devono anzitutto indurci a qualche riflessione su partiti e istituzioni. I sistemi proporzionali fotografano passivamente le preferenze degli elettori. Gli sbarramenti rendono la fotografa un po’ sfocata, ma si limitano appunto a sbarrare, di per sé non aggregano. In ultima analisi, quindi, affidano il funzionamento alla tenuta del sistema dei partiti, alla sua capacità di stipulare alleanze e di mantenerle coerenti con una serie di prassi, convenzioni e consuetudini, ad esempio quella per cui nessuno mette in discussione che il Governo viene guidato dal leader del partito che nella coalizione ha preso più voti.
SEGUE A PAGINA 3
L’INCONTRO
Renzi da Macron: impegno comune contro i populismi
A PAGINA 3
L’Italia in Europa
La lezione dell’Ema, pronti per le sfide future
Il caso vincente del centro per le previsioni meteo
Marco Causi CONDIVIDI SU
Lia Quartapelle CONDIVIDI SU
Segue dalla prima
LLa prima nota è che, pure in una competizione serra-
MMeglio le vere gare competitive delle procedure tissima con alcune grandi capitali europee, Milano,
politico-burocratiche europee: mentre perdeva unica città non capitale è assolutamente competitiva.
per la beffa del sorteggio la sede dell’Agenzia In questi mesi di lavoro preparatorio e di campagna
europea del farmaco, l’Italia ha vinto la gara elettorale, grazie al dossier accuratissimo compilato
per portare a Bologna il Data Centre del Centro dal Comune di Milano e dalla Regione Lombardia, e
europeo per le previsioni meteorologiche a me-grazie alla sinergia tra attori istituzionali e settore privato, siamo
dio termine (European Centre for Medium-Range Weather Fore-stati in grado di valorizzare in ogni sede opportuna le eccellenze
cats – ECMWF).
di Milano e della Lombardia in un settore strategico come quello
delle scienze della vita. Questo è preziosissimo per l’Italia tutta,
in un’epoca nella quale, come sostiene il professor Enrico Moretti
dell’università di Berkeley, le possibilità di crescita di una nazione
sono determinate dalla competitività internazionale delle proprie
città. L’Italia deve continuare a promuovere Milano e la Lombar
dia perché esse possono aiutare lo sviluppo del resto del Paese. Il
progetto di Human Technopole sarà la prossima tappa.
Il secondo punto è la forza di un la
voro unitario. Non dobbiamo dimen
ticarlo in futuro: il lavoro per Ema è
risultato eccellente per la collabora
zione inter-istituzionale e tra forze
politiche. Per Ema c’è stata una coo-
L’Ema va ad Amsterdam Alla fine c’è stato bisogno delsorteggio per decidere chi tra Milano eAmsterdam avrebbe ospitato l’Agenziaeuropea del farmaco. Milano nonce l’ha fatta, penalizzato dalla sorte.Nelle prime due votazioni il capoluogolombardo era risultato in testa con 25voti nella prima votazione (al primoturno, ciascun Paese rappresentatointorno al tavolo aveva sei punti dadistribuire: 3 per la sede ritenuta piùadatta, 2 per la seconda scelta e unoper la terza) e 12 nel secondo, seguitoda Amsterdam con 9e Copenaghen,esclusa dal ballottaggio, con 5. Nellaterza votazione Milano ed Amsterdamhanno ottenuto entrambi 13 voti, chehanno reso necessario il sorteggio, e lasorte non ha premiato un progetto chesenza dubbio era il migliore tra quellipresentati.
Si tratta del più importante centro mondiale pro-perazione quotidiana tra Beppe Sala
duttore di previsioni meteo globali utilizzate per e Roberto Maroni, tra il governo e le
scopi operativi, sia civili che militari, e per scopi di forze di maggioranza e opposizione,
ricerca. Il suo Data Centre contiene l’archivio di dati con anche la creazione di un inter-
meteo più grande del mondo e i suoi supercompu-gruppo parlamentare trasversale ai
ter permettono avanzate ricerche con importanti partiti che ha effettuato varie mis-
ricadute scientifiche, si pensi soltanto agli studi sul sioni nei paesi europei. Quando l’Ita-
cambiamento climatico. lia gioca in squadra, siamo forti e ci
L’ECMWF esiste dal 1973 ed è partecipato da 22 può sconfiggere solo la sorte. Contra-
paesi, anche non appartenenti all’Unione Europea, sta in questo senso l’impotenza della
con uno staff di 350 unità provenienti da 30 pae-politica capitolina che non ha avuto
si. Adesso una parte di questo staff si trasferirà in il coraggio di intraprendere la sfida
Italia, insieme agli archivi e alle super-macchine di della candidatura ai Giochi olimpici
calcolo. del 2024. Forse anche per l’incapacità
Il Centro ha sede a Reading, nel Regno Unito, e strutturale del Movimento 5 Stelle di
l’anno scorso ha lanciato una gara competitiva per collaborare con altre forze politiche e
la localizzazione del Data Centre. Gli inglesi, ob-livelli istituzionali.
nubilati dalla Brexit, l’hanno snobbata. L’Italia ha Infine, una riflessione sulle contra-
vinto la competizione grazie a un progetto costrui-state ambizioni dell’Italia nello scena-
to con intelligenza dalle istituzioni pubbliche e dai rio internazionale. Viviamo in un pa-
grandi enti di ricerca nazionali: Agenzia spaziale ese che oscilla troppo spesso tra l’idea
italiana, Istituto nazionale di fisica nucleare, CNR, che le spese per la diplomazia o per le
CINECA. Il governo nazionale ha previsto un ap-missioni militari siano comunque de
posito finanziamento nella legge di bilancio 2017, gli sprechi e la voglia di affermarci anche come potenza interna-
mentre il Parlamento ha viaggiato alla velocità della luce per razionale. In effeti subiamo troppo frequentemente i contraccolpi
tificare l’accordo internazionale che definisce il quadro giuridico: di una politica miope che tavlvolta preferisce le invettive contro
l’accordo, messo a punto lo scorso giugno, è stato già ratificato gli altri paesi europei o i tecnocrati di Bruxelles alla costruzione
dal Senato e lo sarà oggi, martedì 21 novembre, dalla Camera. Il di rapporti stabili e frequenti anche con paesi che riteniamo più
governo regionale dell’Emilia-Romagna ha messo a disposizione remoti. Un infantilismo che certamente non ci permette di pro-
ottime aree nel Tecnopolo di Bologna, con gli edifici dell’ex Mani-grammare con lucidità obiettivi, mezzi e risorse. Non è stato que-
fattura tabacchi. sto il caso della partita per Ema, ma in generale l’Italia e i suoi
Un progetto, quindi, che ha messo insieme qualità insediativa punti di forza, per essere promossi all’estero, hanno bisogno di in-
e qualità scientifica. Con l’obiettivo non solo di attrarre un Centro vestimenti continuativi nel sistema di proiezione internazionale e
internazionale con i suoi addetti, le sue tecnologie, le sue compe-di un rapporto meno schizofrenico con l’Europa. Una lezione che
tenze di avanguardia, ma anche di intercettare le potenziali ri-dovrebbe essere appresa dalla politica italiana, tutta, per essere
cadute sulle filiere italiane della ricerca operativa e della ricerca più pronti per le prossime sfide che verranno. Ema ci dimostra
scientifica sul clima. che possiamo farcela, anzi che aspettiamo solo l’occasione di una
Ecco cosa può fare l’Italia quando fa squadra e quando i mecca-rivincita.
nismi di selezione sono davvero competitivi.
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Europa
Renzi da Macron: impegno comune per la riforma dell’Europa e contro il populismo
SSi è svolto questa mattina a Parigi, all’Eliseo, il colloquio tra il Presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron e il segretario del Partito Democratico Matteo Renzi. Confermato l’impegno comune per la rifondazione dell’Europa partendo dalla cultura e dalla riforma della zona Euro, per la lotta contro il populismo nelle nostre democrazie e per l’ipotesi di liste transnazionali alle prossime elezioni europee
Il leader Pd
questa sera alle
23.30
a Porta a Porta
Cosa ci insegna la crisi tedesca
Stefano Ceccanti CONDIVIDI SU
Segue dalla prima
SSe qualcuno di questi elementi salta, viene messo in discussione, ad esempio se entrano uno o più partiti che non sono coalizzabili, il sistema va in crisi e si risolleva solo se torna una capacità autonoma dei partiti. In Spagna non solo i partiti nazionali sono passati da due a quattro, ma alcuni partiti regionalisti catalani e baschi si sono radicalizzati e quindi non possono più essere utilizzati
come tranquillo appoggio esterno con cui negoziare. In Germania i partiti in Parlamento sono passati da quattro a sei, con i due nuovi non coalizzabili (Afd a destra e Linke a sinistra, almeno a livello nazionale). In questa situazione possono non essere risolutive neanche elezioni a ripetizione perché con la proporzionale se si spostano pochi elettori si spostano pochi seggi e quindi viene restituito un quadro analogo al precedente. Diverso è il caso dei sistemi maggioritari come quello inglese dove con pochi voti che si spostano una maggioranza si può effettivamente determinare, come accadde nel regno Unito col doppio appuntamento del febbraio e dell’ottobre 1974.
Nei proporzionali, quindi, bisogna che per sbloccare la situazione dopo elezioni ripetute qualche partito cambi posizione. Nel caso spagnolo i risultati sono stati sostanzialmente identici, è stato il Psoe a garantire l’astensione al PP evitando le terze elezioni di seguito, anche a costo di allontanare sul momento il segretario Sanchez. Il quale, peraltro, dopo aver vinto il congresso su posizioni
I sistemi proporzionali fotografano passivamente le preferenze degli elettori
critiche per quella scelta, ha dovuto comunque riconfermarla per assenza di alternative.
Non è neanche risolutiva la tanto decantata mozione di sfiducia costruttiva che protegge una maggioranza ristretta che c’è, ma essa prima sui deve formare e non è detto che ciò sia possibile. E’ uno strumento di dissuasione utile, ma non è una panacea come spesso viene presentata.
Viceversa dove si sa che il sistema dei partiti è debole e incoerente ci si affida alla forza delle istituzioni che funzionano da trasformatore di energia. E’ così nei nostri Comuni e Regioni grazie al combinato disposto tra premio di maggioranza e forma di
governo anti-crisi (nessun nuovo esecutivo ammesso in corso di mandato) ed è così nel sistema francese, dove nel voto degli elettori le forze non coalizzabili sarebbero ben più forti che in Germania ma dove
la doppia elezione maggioritaria le neutralizza.
Col referendum costituzionale questa prospettiva è stata momentaneamente archiviata a livello nazionale e dove meritoriamente con la legge Rosato i nostri parlamentari hanno comunque ridotto alcuni danni delle leggi vigenti, soprattutto in relazione alla rappresentanza. La partita in questa fase si sposta sul terreno rigorosamente politico, alla ricerca di quel 40% dei voti in entrambe le Camere che darebbe la forza per rispon
dere alla crisi. Ma se questa soluzione volontaristica non dovesse funzionare, se il barone di Munchausen non dovesse riuscire a sollevarsi dalle sabbie mobili afferrando il proprio codino, la questione andrebbe ripresa in forme nuove ugualmente efficaci. Puntando su regole che trasformino energia e che non si limitino a fotografare.
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Centrosinistra
Intervista a Luigi Berlinguer
L’unità della
sinistra non è un vezzo
Carla Attianese CONDIVIDI SU
“L“L’unità a sinistra non è solo un vezzo o un’idea convenzionale, è l’essenza stessa della sinistra. Ha costituito l’oggetto di un appello
permanente, non a caso scolpito nel mani
festo di Karl Marx del ’48: ‘Proletari di tutto
il mondo unitevi”.
Comincia così, con una riflessione amara
sull’ultima scissione a sinistra, il colloquio
con Luigi Berlinguer, professore universi
tario, storico dirigente del Pci, Pds e Ds, e
tra i padri nobili del Partito democratico.
Dunque Berlinguer, qualcuno a sinistra ha smarrito uno dei punti di riferimento essenziali?
La sinistra nasce per raggruppare coloro che vogliono superare le ingiustizie e difendere i più deboli, deve però riuscire a rappresentare complessivamente questo mondo. Questo non vuol dire annullare le diversità, ci sono sempre state e sono il sale dell’elaborazione politica, però tutto questo non può inficiare l’obiettivo prioritario della sinistra, che è lottare per i più deboli. Una missione che non può essere trascurata a favore di una libertà in cui ognuno fa quello che vuole, non esiste libertà senza responsabilità.
Allora chi ha voluto la scissione nel Pd per fare la ‘sinistra’, ha in realtà compiuto un atto che non è di sinistra in sé?
Certamente io non amo le scissioni, sono una ferita e una mutilazione. È vero che c’è una lunga tradizione a sinistra di propensione a scindersi, ma questo ha portato da un lato all’estremismo ideologizzante, dall’altro alle micro formazioni, gruppi convinti di essere i portatori del vero. Questo non fa bene alla sinistra, la battaglia per l’affermazione delle proprie idee va fatta all’interno. Ora però l’appello è a quelle forze che compongono il quadro a sinistra, e il Pd ne è parte essenziale, numericamente ma anche come ispirazione. Perché attenzione, quando parlo di sinistra parlo di riformismo perché senza riformismo non c’è sinistra. La sinistra deve costruire e cambiare la società, non sventolare bandierine.
E oggi al centro del dibattito c’è una alleanza possibile in vista delle prossime elezioni.
Sì, il dibattito è tra entità che si richiamano alla sinistra perché ci si ritrovi uniti alle elezioni, primo per non regalare un successo alla destra, secondo per scongiurare il pericolo gravissimo che vinca il partito negazionista, il contrario della sinistra, e cioè M5S. A questo punto è stato molto giusto l’appello all’unità, ma bisogna che ognuno ceda una piccola parte di sé, altrimenti è un’ annessione. Bisogna avere una forte disponibilità alla trattativa, che è parte stessa dell’azione politica.
Da Mdp sembra ci sia però una chiusura netta.
Il Pd dice presentiamoci uniti, una parte dice no, ritroviamoci dopo le elezioni. Non c’è dubbio che non presentarsi uniti indebolisce la sinistra e che l’ideale sarebbe l’unità
La denuncia
Domani
di Buzzfeed
approfondimenti
In Italia una rete di siti e pagine
su Democratica
Fb a sostegno dell’industria delle fake news
Oggi è la Giornata della musica
SSono oltre 1.500 le scuole di tutta Italia che hanno aderito a “Nessun Parli…: musica ed arte oltre la parola”, la giornata promossa dal Miur, in collaborazione con il Comitato nazionale per l’apprendimento pratico della musica per tutti gli studenti (Cnapm) presieduto dall’ex ministro Luigi Berlinguer che si celebra oggi, 21 novembre, per valorizzare la musica e le altre arti, anche nella loro declinazione digitale, come elementi centrali della pratica educativa nelle scuole italiane. Una giornata di riflessione e di festa con numerosi artisti ed esperti che saranno ospitati nella sede del ministero a Roma, in viale Trastevere. Protagonisti dell’iniziativa, che si celebrerà dalle 15:00 e fino alle 21:30, saranno gruppi musicali, orchestrali e corali delle scuole italiane, ma anche prestigiosi musicisti. Testimonial della giornata sono Ennio Morricone, Mogol, Mario Brunello, Paolo Fresu, Giovanni Sollima, Danilo Rea, Peppe Servillo e Paolo Damiani, che ne è anche il direttore artistico. Tra i sostenitori dell’iniziativa, anche l’attrice Paola Cortellesi.
adesso; ma di fronte al no di una parte, che forse con questo distinguo pensa di lucrare voti, nel mio inguaribile ottimismo della volontà voglio pensare che resti sempre una possibilità, se i numeri lo consentiranno, di formare una unità anche dopo il voto. Ma si sappia che c’è un rischio, il vantaggio che si può avere con una campagna distinta ha dall’altra parte l’incognita di poter favorire un risultato squisitamente elettorale che potrebbe premiare la destra o i grillini.
Parliamo di bellezza: oggi è la giornata dedicata alla valorizzazione della musica nelle scuole, promossa anche dal Comitato per l’apprendimento pratico della musica, da lei presieduto.
Oggi è una giornata di grande festa nelle scuole. Oltre 1500 scuole hanno aderito al nostro appello. Oggi non si parlerà, ma si suonerà o canterà, per questo l’abbiamo chiamata “Nessun Parli…”. Parteciperanno centinaia di scuole, ognuna col suo progetto e con le più diverse forme di attività musicale. Sarà una giornata scolastica come le altre, solo più bella. Serve la forza intellettuale di dare dignità all’idea che la scuola si deve imperniare anche su suonare, cantare e sul praticare l’arte, un’attività che finora non è stata considerata cultura educativa. L’essere umano è fatto di mente e cuore, ed ha in sé una pulsione estetica non solo a fruire ma anche a produrre arte.
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Playground
Il calcio italiano è da rifondare, tre modelli da cui ripartire
Il pressing del ministro Lotti decisivo per le dimissioni di Tavecchio. Per il movimento è l’anno zero, se si vuole una svolta è il momento giusto
Stefano Cagelli CONDIVIDI SU
SSiamo nel momento più drammatico della storia del calcio italiano. Dopo le dimissioni di Tavecchio occorre voltare pagina. Rilanciare il movimento significa investire e sposare nuovi modelli di business,
capire la società in cui viviamo, avere il co
raggio di scommettere sul futuro. Di prece
denti ce ne sono tanti. Ne citiamo tre: Fran
cia, Germania e Belgio.
Il calcio francese è morto e risorto almeno
tre volte. La prima rinascita arrivò con Michel
Hidalgo, in panchina dal ’76 all’84: con una
generazione di grandi giocatori capitanati da
Michel Platini, il calcio offensivo di Hidalgo
portò in Francia un titolo europeo nel 1984,
in mezzo a due semifinali mondiali, dopo
oltre un decennio di flop. Chi venne dopo di
loro non era pronto: tra l’88 e il ’94 la Fran
cia non andò ai mondiali, saltò un europeo
e da un altro uscì al primo turno. In mezzo a
queste disfatte mise le basi per il futuro: nel
1987 fu inaugurato il Centro tecnico federa
le di Clairefontaine, dove i migliori ragazzini
tra i 13 e i 15 anni residenti nella zona di Pa
rigi vengono allenati sulla tecnica, la tattica
e l’educazione. Qui sono sbocciati i talenti di
Henry, Gallas, Anelka, Saha, Diaby, Matuidi, e
di recente Mbappé. Oggi la Francia è una del
le favorite per il titolo in Russia. Una naziona
le che vent’anni fa ha fatto dell’immigrazione
una risorsa: la “generazione d’oro” di Zidane
e Thuram era anche la prima “black, blanc,
beur”, resa grande anche dai figli degli immi
grati arrivati dalle ex colonie. Quella squadra
vinse il Mondiale del ’98 e l’Europeo del 2000.
Mentre la Francia ci batteva al golden gol
con Trezeguet, la Germania meditava su
come rinascere dopo il proprio fallimento.
Quell’europeo era il preludio di un cambia
mento epocale. La Dfb nel 2001 stravolse i
settori giovanili: obbligò le società di Bundesliga e Bundesliga 2 a dotarsi di una squadra in tutte le categorie a partire dagli under 12. La federazione costruì 366 centri federali per ragazzini tra gli 11 e i 14 anni, puntando tantissimo sulla tecnica individuale, A pensare la riforma fu Berti Vogts nel 1998, il ct che aprì le porte della Nazionale ai tedeschi di seconda generazione: “La nostra squadra sarà multiculturale: chi ha un passaporto tedesco sarà convocabile. Da un punto di vista legale non è vietato, e sul piano sportivo è necessario”. Venne il tempo di Ozil, Khedira, Gundogan e Emre Can, di origini turche, di Boateng, per metà ghanese, di Mustafi, di origini albanesi, di Sané, figlio di un calciatore senegalese, e dei polacchi Klose e Podolski, diventati eroi nella loro seconda patria.
Più o meno quanto successo in Belgio. La selezione oggi guidata da Roberto Martinez è un mix di classe, eleganza, potenza e strapotere tecnico: una nidiata di fenomeni con un’età media intorno ai 27 anni, un presente di successo e un futuro roseo. Dopo il 2002 (dopo, per dodici anni il Belgio non andò al mondiale) i dirigenti hanno deciso di ricominciare dalla base, iniziando a studiare le scuole calcio del Paese. Una scelta difficile: puntare sui giovani e lasciar perdere la nazionale maggiore per qualche anno. Per dieci lunghi anni il Belgio è scomparso dai radar del grande calcio. Salvo poi rientrarci di prepotenza dal 2012. Il deus ex machina di questo miracolo è stato Michel Sablon. “Ci sono voluti dieci anni ma non è un caso che ora tutti questi giovani abbiano trovato i loro successi”.
Le tre “storie” raccontate qui sono solo tre esempi di come un movimento possa ripartire da zero per costruire un modello di successo. Questo è il momento di buttare il cuore oltre l’ostacolo, se si vuole imprimere una svolta a tutto il sistema questo è il momento. Ora o mai più.
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Francia, la rivoluzione di Clairefontaine Germania, giovane e multiculturale Belgio, ripartire dai settori giovanili I MODELLI
Mondo
Venezuela, crisi senza fine
Il rischio è che il fronte delle opposizioni non ritrovi credibilità e che arrivi frammentato e senza un leader alle elezioni presidenziali del 2018, garantendo la rielezione di Maduro
Giuseppe Bruno CONDIVIDI SU
CChe succede oggi in Venezuela? Per salvare un regime la cui caduta alcuni mesi fa sembrava inevitabile, Maduro sta giocando una difficile partita sia sul fronte interno che su quello internazionale.
Dinanzi alle proteste di piazza, allo sciogli
mento del Parlamento legittimamente eletto
ed all’elezione dell’Assemblea costituente in
teramente controllata da Maduro, non sono
mancate le reazioni della comunità interna
zionale, in primo luogo degli Stati Uniti e di
gran parte dei leader latino americani, preoc
cupati che la crisi potesse ripercuotersi sull’in
tero continente. Una preoccupazione rinno
vata anche all’ultimo vertice Apec, soprattutto
per l’alto numero di profughi che in questi
mesi hanno lasciato il Venezuela cercando ri
fugio principalmente in Colombia e in Brasile.
L’isolamento economico voluto dagli Stati
Uniti, ma non esteso alle importazioni di greg
gio, e recentemente in maniera più blanda
sposato anche dall’Unione Europea, ha avuto
conseguenze sulla liquidità delle casse vene
zuelane tanto da far temere, ad ogni scadenza
delle obbligazioni, il default sempre evitato
dal Governo e paradossalmente dichiarato
a inizio settimana da S&P per il mancato pa
gamento di appena 200 milioni di dollari per
interessi sulle obbligazioni. Un default inspie
gabile, considerati i debiti ben superiori as
solti nelle scorse settimane dal Venezuela. Il
sospetto è che dietro a questo fallimento pilo
tato, subito superato mediaticamente dall’ac
cordo con la Russia, si siano nascoste opera
zioni speculative, anche dello stesso governo
di Caracas, che così ha potuto ricomprare il
suo stesso debito a un prezzo più basso.
Per bilanciare l’isolamento internazionale,
Maduro ha rinsaldato il legame con i Paesi
storicamente a lui più vicini, in primo luogo Russia e Cina. Da loro sono giunti impegni, già formalizzati con la Russia, per la ristrutturazione del debito ma soprattutto un sostegno politico confermato dalla loro assenza, insieme a quella della Bolivia, alla riunione informale del Consiglio di sicurezza dell’Onu chiesta dagli Stati Uniti sulla crisi venezuelana. Assenza che ha vanificato la possibilità di qualsivoglia decisione da parte delle Nazioni Unite.
Ma ciò che colpisce è la crisi dell’opposizione e le loro divisioni interne già verificatesi in passato, sopite durante la protesta, e per certi aspetti inevitabili se si pensa che il Mud, il cartello delle opposizioni annovera ben 19 partiti.
Il primo segnale di questa frattura si era avuto ad ottobre in occasione delle elezioni regionali. Il dibattito tra gli esponenti dell’opposizione verteva sulla scelta se partecipare o meno alla competizione. La scelta, malgrado la certezza di brogli, alla fine è stata quella di partecipare al voto col risultato che su 23 regioni solo 5 sono andate ad esponenti delle opposizioni, 4 aderenti a Acciòn Democratica e uno a Primeiro Justicia, mentre tutti gli altri governatori sono del partito di Maduro.
Ma la cosa più grave e che ha accentuato la frattura tra le forze ed i movimenti di opposizione, è stata la scelta dei 4 governatori neoeletti vicini ad Acciòn Democratica di prestare giuramento dinanzi all’Assemblea costituente voluta da Maduro per sostituire il Parlamento legittimamente eletto dal popolo dove Presidente era proprio il leader di AD Enry Ramos Allup.
Ed anche in questi giorni non sono mancati contrasti e scelte diametralmente opposte nel fronte dell’opposizione ed anche all’interno degli stessi partiti. Da un lato l’adesione di alcuni esponenti ad un incontro tra governo e opposizione proposto dal Ministro della comunicazione Jorge Rodriguez per il
15 novembre ed all’ultimo momento rinviato a dicembre per consentire la presenza degli osservatori di Paesi terzi. E dall’altra la scelta del vice presidente del deposto Parlamento Freddy Guevara, leader di Voluntad Popular di non partecipare alle elezioni amministrative di dicembre, non ritenendo che vi siano le condizioni per un voto regolare. Nei suoi confronti non è mancata la reazione del regime che accusandolo di istigazione a delinquere per la sua attività politica lo ha costretto a rifugiarsi nell’ambasciata Cilena ed a chiedere a quel Paese asilo politico.
Questo è il quadro attuale del Venezuela. Con una povertà sempre più crescente, con la popolazione al collasso e sfiduciata che non riesce a trovare voce nei partiti di opposizione. Basterà l’avversione della comunità internazionale, peraltro non sempre efficace e tempestiva, a mettere in crisi il governo Ma-duro? Il rischio maggiore è che il fronte delle opposizioni non ritrovi credibilità e che arrivi frammentato e senza un leader riconosciuto alle elezioni presidenziali del 2018 garantendo così la rielezione di Maduro ed il perdurare di una crisi economica ma soprattutto sociale che rischia di avere conseguenze destabilizzanti in tutta la regione latinoamericana.
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Il premio annuale dell’Istituto Bruno Leoni è andato ieri a Leopoldo Lopez, leaderdell’opposizione democratica incarceratoda anni dal regime chavista di Maduro.
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FIRENZE STAZIONE LEOPOLDA 24-26 NOVEMBRE 2017
Ci vediamo venerdì a partire dalle 19. Sabato ricominciamo alle 9:30 e andiamo avanti fino all’ora di cena, con una pausa pranzo. Domenica vi aspettiamo dalle 9:30 fino alla chiusura delle 13.
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