Contributi A Fondo Perduto Fino Al 60%, Ricciardi: “Opportunità Anche Per I Professionisti”
23 Ottobre 2017
Enews 493, lunedì 23 ottobre 2017
23 Ottobre 2017
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Democratica

Della Redazione Di Democratica

n. 55 lunedì 23 ottobre 2017
“La Sicilia contiene le memorie di romani, musulmani, cristiani ed ebrei. Può essere la Bruxelles del Mediterraneo” (Abraham Yehoshua)
La politica cheguarda lontano
Hubble Lavoro, giustizia, scuola, ambiente:
una raffica di proposte di legge elaborate dai giovani. E il Partito democratico ascolta
ALLE PAGINE 4-5
L’EDITORIALE


Il nuovo civismo che serve al Pd
Teresa Petrangolini
UUna buona politica non può fare a meno dell’attivismo civico e della partecipazione. Parto da questo assunto basandomi sul semplice confronto con la realtà. Questioni fondamentali come il diritto alla cittadinanza italiana dei bambini immigrati non sarebbero mai entrati nell’agenda della politica se non ci fossero state associazioni di immigrati di seconda generazione, volontariato sociale, movimenti civici, che si sono battuti per anni affinché di questo tema si cominciasse a parlare. A volte si dice che i cittadini possono occuparsi prevalentemente di “cose minori” come la pulizia del proprio quartiere o l’accudimento degli anziani. È spesso vero e mille esempi lo dimostrano, ma soprattutto in questa epoca di rottura degli schemi tradizionali della dottrina politica non sempre è cosi. E soprattutto anche chi si occupa del piccolo può fare “cose grandi”. SEGUE A PAGINA 8
POST-TERREMOTO
Paola De Micheli: “Ecco come stiamo accelerando sulla ricostruzione”
La commissaria del Governo alla ricostruzione delle zone terremotate ci spiega le difficoltà e le prospettive della grande area colpita dal sisma un anno fa
A PAGINA 2-3
AUTONOMIA
Che succede dopo il referendum
PAGINA 6
TELEVISIONE
Ma che tempo
che fa in Rai? Parla Balassone
PAGINA 7
Post-Terremoto
De Micheli: “Risorse e velocità per ricostruire con i territori”

Democratica CONDIVIDI SU

PPaola De Micheli, parlamentare emiliana del Partito democratico, già Sottosegretario all’Economia e da settembre Commissario straordinario per la ricostruzione delle aree del Centro Italia colpite dal terremoto del 2016, racconta a Democratica l’impegno con cui il Pd e il Governo stanno seguendo questa partita. Iniziando dall’impatto di quelle scosse su una larga parte dell’Italia centrale:
“Quel terremoto è stato enorme”, ricorda la De Micheli. “Un evento unico, per dimensio-
dipendono dalle Regioni) devono avere comunque un percorso unitario alla ricostruzione. Per facilitare la compilazione delle richieste da parte dei privati, per la ricostruzione delle abitazioni abbiamo realizzato un piccolo e pratico vademecum differenziato che riguarda cittadini, professionisti e uffici speciali. Si tratta di un manualetto che restituisce ordine e omogeneità alle norme e alle procedure, e permette al cittadino di sentirsi più tranquillo nel presentare le domande. Abbiamo l’esigenza forte che queste ultime, soprattutto quelle per la ricostruzione leggera, vengano presentare rapidamente. Per la ricostruzione degli edifici pubblici, grazie anche ad Anac, ci sarà un intervento legislativo decisivo. A breve ci sarà anche una nuova ordinanza che sarà costruita se
ni e gravità, se guardiamo Per il prossimo anno scolastico saranno inaugurate tutte le scuole previste nel Piano
all’ultimo secolo. A diffe-lezionando immobili pub-renza del passato, quello blici strategici, urgenti ed che oggi abbiamo è una emergenziali sulla base grande quantità di ri-delle indicazioni che ar-sorse pubbliche. Risorse riveranno dai territori. che possiamo utilizzare E i tempi della rico-
in abbondanza grazie all’iniziativa politica dei governi Renzi e Gentiloni”.
Nello sforzo di ricostruzione, quali sono i ruoli dell’impresa privata e dell’iniziativa pubblica?
Ritengo necessario considerare assieme i due aspetti, anche se le procedure e i tempi sono diversi. E’ importante sottolineare questo perché il concetto di “comunità” è il faro che guida l’intero cammino della ricostruzione. E una collettività può ricomporsi non solo tornando a vivere nella propria casa, ma anche potendo rivivere i luoghi di aggregazione e convivenza. Per questo anche i progetti di sviluppo economico ( che
struzione, in definitiva, quali saranno?
Dobbiamo essere realistici:
l’opera di ricostruzione durerà
anni e non mesi. Ma se continu
iamo con l’impegno e la determina
zione con i quali siamo al lavoro in questo periodo e non perdiamo di vista le priorità e gli obiettivi strategici che ci siamo posti, contiamo di rilanciare davvero le aree colpite. Certamente, in questi prossimi mesi stiamo creando le premesse per un’accelerazione. Per il prossimo anno scolastico saranno inaugurate tutte le scuole contenute nel Piano del Commissario. Per quel che riguarda le case il mio obiettivo è di vedere, entro qualche mese, le gru al lavoro
SEGUE A PAGINA 3
Le zone colpite dagli eventi sismici
Lazio Abruzzo Marche e Umbria
138
Comuni
10 Province
600mila
abitanti coinvolti
Ricostruzione privata: previsti dallo Stato circa 6,4 mld euro Programmi di ricostruzione scuole 360 milioni di euro Sostegno alle attività produttive: circa 1,4 mld di euro biennio 2016-2017
Post-Terremoto
SEGUE DA PAGINA 2
Le attività svolte e le risorse stanziate
Si è molto discusso della gestione delle cosiddette “casette fai da te” allestite autonomamente dai cittadini per far fronte all’emergenza.
Stiamo lavorando a due possibilità che andranno nella legge di bilancio. La prima riguarda chi è organizzato con una casa mobile. La potrà tenere se essa rispetta tutti vincoli, paesaggistici e di edificabilità, rinunciando però alla casetta SAE e al contributo di autonoma sistemazione. Una volta realizzata la ricostruzione della sua abitazione, la casa mobile andrà abbattuta. La seconda opzione riguarda le struttu-
Stiamo
re fisse. Queste ultime possono essere regolarizzate, immaginando a patto che rispettino i vincoli paesaggistici e di un nuovo modello edificabilità. Anche qui,
di sviluppo per far
naturalmente, il proprietario rinuncia alla casetta rivivere i borghi SAE e al contributo per la
colpiti
ricostruzione. Tengo a precisare che non siamo di fronte a una sanatoria, ma a una riapertura dei tempi che già erano previsti nel testo della legge sull’edilizia.
E per quanto riguarda il trattamento fiscale particolare, la cosiddetta “Zona franca urbana”?
Sulla zona franca urbana abbiamo deciso di intervenire il giorno dopo il 6 novembre, quando si saranno chiuse la prime domande, perché abbiamo la necessità di vedere realmente l’impatto del primo testo legislativo. L’obiettivo è di avere tutti i dati di chi è dentro e di chi invece è rimasto fuori per poter puntualizzare quella norma in modo da andare a sostenere chi realmente ha avuto problemi soprattutto nel caso del secondo terremoto quello del 30 ottobre. Occorre equilibrio tra la trasparenza, che è assolutamente necessaria perché questi soldi sono di tutti gli italiani, e una maggiore velocità nella ricostruzione dei muri ma anche velocità del ripristino del tessuto produttivo necessario a far rivivere questi borghi, immaginando già da ora un nuovo modello di sviluppo, che deve essere deciso dai territori.
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La sottosegretaria all’Economia Paola De Micheli è il nuovo commissario straordinario per la ricostruzione dei territori colpiti dal sisma del 2016. Viene nominata dal Consiglio dei ministri lo scorso 9 settembre.
Il Pd all’ascolto dell’Italia
21 ottobre
Firenze
Evento inaugurale
InnovationLab
Nord 4 novembre
Centro 11 novembre Sud 18 novembre
1 dicembre
presentazione
istituzionale delle proposte elaborate presso il Parlamento Italiano
Idee under 35 per la politica
L’iniziativa di Firenze con Renzi promossa da Cultura democratica rimette al centro le proposte innovative dei giovani

Carla Attianese CONDIVIDI SU

MMille giovani under 35, ventiquattro tavoli tematici, un articolato programma che prevede diversi appuntamenti territoriali e una app
tutta nuova, #ioInnovo, messa al servizio
dei protagonisti del progetto. Sono gli in
gredienti di ‘Hubble: lo spazio delle idee’,
l’iniziativa promossa dalla Fondazione
Cultura Democratica in collaborazione
con i gruppi parlamentari del Pd di Came
ra e Senato, il cui core business è il coin
volgimento delle migliori menti di ragazze
e ragazzi sotto i 35 anni per l’elaborazio
ne di idee e proposte innovative su temi
come lavoro, imprese, giustizia, made in,
agricoltura, Mezzogiorno, turismo e am
biente, che saranno presentate come con
tributo delle nuove generazioni al percor
so di riforme italiano ed europeo.
Un obiettivo chiaro già a partire dal nome, ‘Hubble’, ispirato a uno dei più famosi telescopi al mondo, a esemplificare, come spiegano gli stessi promotori, uno sguardo rivolto al futuro per “scoprire nuovi orizzonti” con lo scopo di “costruire la nostra idea per l’Italia avendo come orizzonte la prossima legislatura”.
Il pomeriggio dell’evento inaugurale, che si è tenuto il 21 ottobre a Firenze alla Fortezza da Basso, è stato dedicato all’incontro con Matteo Renzi, in occasione della tappa toscana del treno dell’ascolto.
Nel corso della mattinata i giovani si erano confrontati con esponenti del mondo politico, accademico e dell’impresa.
I prossimi appuntamenti di Hubble prevedono tre workshop territoriali che si terranno nel mese di novembre al Nord, al Centro e al Sud, e l’appuntamento finale previsto per il 1 dicembre alla Camera dei Deputati, durante il quale i giovani ‘innovatori’ presenteranno al Parlamento le proposte elaborate in oltre un mese di discussione e confronto.
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L’Italia reale che ho visto dal treno del Pd

Arianna Furi CONDIVIDI SU

IIl mio viaggio sul Treno Pd è terminato da un paio di giorni, ma ancora non mi sono abituata a non essere più a bordo. Per chi ama la politica nel senso più nobile della parola avere l’opportunità di girare l’Italia toccando quei luoghi di cui normalmente non si sente parlare in tv o sui giornali, signi
fica immergersi nel Paese reale.
L’esperienza sul treno è stata coin
volgente, veloce e senza un attimo di
riposo, ma quello che mi porto dietro
non è solo la stanchezza delle poche
ore dormite o dei pranzi saltati, sono
sopratutto i volti e le storie delle per
sone che ho incontrato. Sono le storie
di un’Italia che nessuno racconta mai,
straordinarie nel loro essere ordinarie,
sono storie raccontate con il sorriso
sulle labbra e con l’urgenza di chi non
cerca altro che qualcuno disponibile ad
ascoltare. È il racconto di Giorgia, una
ragazza cresciuta in una famiglia di
contadini con una grande passione per
la scienza che dopo una laurea in in
gegneria sceglie di investire in agricol
tura unendo alla tradizione e all’antica
sapienza l’innovazione e un pizzico di
follia. È la storia dei ragazzi dell’Uni
versità di Urbino e delle start-up inno
vative che hanno lanciato dimostrando
che la collaborazione tra università e
impresa è una delle chiavi per ridare
competitività al nostro Paese. È il vol
to di Luciano che dopo due diplomi
ed una laurea al conservatorio decide
di abbandonare tutto e trasferirsi per
amore della sua attuale moglie a Mon
tegranaroiniziando a lavorare in un’a
zienda che produce scarpe per grandi
marchi. Sono i ragazzi del liceo scienti
fico incontrati a Canne Della Battaglia
mentre traducevano una versione di
latino tra i resti archeologici, orgogliosi
della scuola italiana, degli insegnanti e
delle opportunità che hanno in quan
tocittadini italiani. Ed è la passione di
Paolo che vuole dimostrare a tutti noi
che a 26 anni si può fare impresa con
successo e dare lavoro a decine di per
sone utilizzando strumenti come il Jobs
Act e Industria 4.0.
LEGGI
SU DEMOCRATICA.COM
Focus Conferenza programmatica
Napoli, al lavoro per l’Italia
Intervista a Chiara Gribaudo
“Lavoro, fronteggiata l’emergenza ora guardiamo al futuro”
Intervista a Simona Malpezzi “Scuola, non c’è alternativa all’innovazione”
Affronteremo tanti temi diversi ma complementari: dai settori di punta del nostro Paese, come il manifatturiero da poco rilanciato grazie al piano Industria 4.0, all’artigianato, al turismo, con un occhio di riguardo per il ruolo delle professioni nel costruire innovazione e ricordando quanto ancora l’Italia può crescere nel settore dei servizi, in cui i posti di lavoro potenziali sono ancora molto ampi. Un altro punto importante sarà quello delle pensioni, e in particolare della pensione di garanzia per i giovani: entrando nel mondo del lavoro sempre più tardi e alternando, come dicevamo, sempre più periodi di lavoro a periodi di formazione, occorrerà un sistema che garantisca pensioni dignitose nonostante i molti “buchi” che i giovani di oggi avranno nella loro carriera lavorativa. È un tema da affrontare senza allarmismi, ma con pragmaticità e programmazione.
Che contributo si aspetta dal tavolo di Napoli?
Abbiamo tracciato tante linee in questi anni, costruite sulla visione del PD per un Paese più giusto e più dinamico. Dopo anni di lavoro quotidiano, abbiamo bisogno di momenti in cui ritrovarci per guardare lontano, con l’ascolto della nostra gente, raccogliendo idee, spunti e riflessioni. Da Napoli mi aspetto questo: il contributo dell’immaginazione per il futuro di ciascuno di noi, per il Pd per l’Italia.

Francesco Gerace CONDIVIDI SU

OOnorevole Gribaudo lei coordinerà la piazza tematica dal titolo “lavoro di cit
tadinanza per la piena occu
pazione”, una proposta che
Matteo Renzi lanciò a febbra
io. Pensa che sarà possibile
realizzarlo nella prossima
legislatura?
I semi del lavoro di cittadinanza li abbiamo piantati in questi anni. JobsAct e JobsAct Autonomi, Anpal, alternanza scuola lavoro, riforma degli ammortizzatori sociali sono stati i primi passi di questo progetto: la prossima legislatura dovrà servire a implementare e migliorare queste riforme, guardando cosa sta funzionando e cosa no, e soprattutto dando vita ad un vero sistema di formazione portabile. Nel lavoro che cambia quotidianamente, è il diritto alla formazione a fare la differenza fra l’occupazione e la disoccupazione. L’obiettivo deve essere quello di mantenere il lavoratore sempre attivo, in un ciclo di istruzione, lavoro e riqualificazione che lo porti a trovare lavoro con semplicità dopo la scuola o l’università, e lo faccia arrivare senza bruschi scalini o interruzioni traumatiche all’età della pensione.
Di cos’altro si parlerà nel
tavolo che coordina?
27 venerdì 29 domenica 28 sabato

F.
G. CONDIVIDI SU

OOnorevole Malpezzi lei coordinerà il tavolo su conoscenza e cultura, due
temi molto cari al Partito
democratico. Che contributo
si aspetta dalla conferenza
programmatica?
Mi aspetto un contributo importante per definire il ruolo e i compiti della scuola di domani, partendo dalla premessa che essa dovrà basare la propria azione anche su saperi finalizzati allo sviluppo di nuove competenze. In questi anni si sono alzate molte voci dal mondo della scuola, favorevoli al cambiamento, all’innovazione e alla sperimentazione, alla promozione di criteri di qualità e merito nell’insegnamento. Ed è proprio da qui che dobbiamo ripartire, avviando un’ampia discussione su che cosa e come la scuola dovrà insegnare per garantire maggiori opportunità ai nostri studenti, colmando quei gap che ancora ci separano da molti altri Paesi europei. Da parte sua la scuola non deve temere l’innovazione e neppure aver paura di avviare una riflessione sul suo modo di operare e funzionare. Se vogliamo costruire una scuola davvero “competente” e al passo con le sfide che ci aspettano non dobbiamo temere la parola futuro.
Il governo Renzi ha investito molto in scuola, università e ricerca. Cosa c’è ancora da fare?
In questi anni abbiamo investito risorse significative per invertire la tendenza che prevedeva che la scuola dovesse essere un bancomat da cui attingere per fare cassa. E siamo partiti dalle emergenze storiche come l’edilizia scolastica, il gap digitale o il precariato. Con la Buona Scuola, dunque, si è proceduto ad un tentativo coraggioso rispetto al passato in termini di investimenti e di progettualità che è stato contraddistinto non solo dalla volontà di investire
15.00
Accrediti
9.30
Plenaria
9.30
Plenaria
16.00
Plenaria
13.00
Pausa

19.30
Pausa
14.30
Piazze tematiche

20.30
Piazze tematiche
16.30
Plenaria

23.30
Chiusura lavoro
20.00
Chiusura lavoro

ma anche di proporre un nuovo modello di scuola. Credo sia necessario far sì che il processo di riforma avviato non venga interrotto ma, anzi, sia ulteriormente intensificato. Mi aspetto che nel corso della conferenza emergano idee significative sulla direzione da prendere partendo dalla premessa che la scuola di domani dovrà esercitare la sua funzione in un mondo ogni giorno più connesso, fatto di saperi che si mescolano e di competenze sempre più trasversali.
Si parlerà anche di alternanza scuola-lavoro, tema che in questi giorni ha sollevato un dibattito molto acceso?
Noi crediamo che sia uno strumento utile per migliorare le competenze degli studenti e offrire loro la possibilità di migliorare il proprio percorso di studi. Questo, purtroppo, è diventato un tema di scontro ideologico che sta impedendo di osservare l’alternanza per quello che è: una metodologia didattica innovativa e non certamente un modo per sfruttare manodopera a basso costo. Non vi è alcun dubbio che alcune scuole abbiano avuto delle difficoltà nell’affrontare la riforma ma derubricare l’alternanza a un complessivo insuccesso non è solo ingeneroso ma sembra non tenere conto del numero assai significativo di esperienze che stanno dando buoni risultati. L’alternanza non è un contratto di lavoro ma è uno strumento per fornire ai ragazzi le competenze e le conoscenze di base per inserirsi nel mercato del lavoro in un Paese dove, purtroppo, la relazione tra formazione e lavoro è assai fragile. Credo che il nostro obiettivo debba essere quello di far funzionare al meglio l’alternanza promuovendo una relazione più efficace tra scuole e imprese/enti e mettendo in rete le buone pratiche che funzionano, consentendo alle scuole più in difficoltà di essere sostenute da quelle che hanno realizzato percorsi che funzionano. Sarebbe un vero peccato perdere questa opportunità.
Cinque milioni di Sì. Ora una trattativa seria Veneto e Lombardia Zaia vince la partita su Maroni. Il Governo ribadisce: il modello emiliano funziona

Stefano Cagelli CONDIVIDI SU

CCinque milioni di Sì non rimarranno inascolti, ma dentro il voto del referendum ci sono sfumature diverse. In Veneto, Luca Zaia può rivendicare come un grande successo personale, mentre in Lombardia Roberto Maroni arranca, con un’affluenza che i più generosi giudicano come “appena sufficiente” mentre i meno indulgenti parlano di vero e proprio “flop”. Quel che è certo è che Milano non è Barcellona, e neppure Venezia. Non essendo mai stato messo in dubbio il risultato finale, il dato che avrebbe stabilito la riuscita o meno dell’azzardata operazione leghista era quello sull’affluenza, e qui i numeri parlano chiaro. Ci dicono che chi credeva ad una Lombardia che andasse simbolicamente a ricoprire il ruolo di Catalogna italiana è stato deluso. L’affluenza si è fermata sotto quel 42% registrato qualche settimana fa a Barcellona. Tredici ore dopo la chiusura dei seggi sappiamo che il dato generale si attesta al 38,35%. E qui non c’erano né la Guardia Civil fuori dai seggi, né gli indipendentisti in galera, né milioni di persone in strada che rivendicavano il proprio diritto di voto. Qui è avvenuto tutto alla luce del sole. In nessuna delle province lombarde è stato superato il 50% dei votanti. Particolarmente significativo il dato di Milano, il più basso in assoluto. Situazione diversa a Venezia e dintorni, dove era necessario il raggiungimento del quorum. Qui il 50% è stato superato già alle 19, per finire quasi al 60%. In entrambi i casi si parla di referendum consultivo sostanzialmente inutile, perché le Re
gioni hanno già tutte le prerogative per sedersi al tavolo con il governo centrale e rivedere le competenze nelle materie concorrenti, come previsto dall’articolo 116 della Costituzione. Come insegna l’Emilia-Romagna che, mentre Lombardia e Veneto spendevano 70 milioni di euro dei contribuenti, in tre mesi ha portato a termine l’iter per attivare la trattativa con Roma.
Ma siccome questa era un test politico, l’analisi non può che essere politica. E politicamente chi ne esce peggio è sicuramente il governatore lombardo Roberto Maroni. Ha voluto forzare

anche con un dispendio organizzativo ed economico particolarmente ed ingiustificatamente ingenti – ed ora si ritrova in una posizione forse più scomoda rispetto a quanto non fosse prima del voto. Aveva chiesto un mandato popolare per avere più peso nella trattativa con il governo e invece ne esce indebolito, anche in ottica futura riguarda la sua ricandidatura alla presidenza della Regione.
Che succede ora? “Le materie fiscali, e anche altre, come la sicurezza, non sono e non possono essere materia di trattativa né con il Veneto, né con la Lombardia e neanche con l’Emilia Romagna”. Lo dice il ministro dell’Agricoltura, Maurizio Martina, a Repubblica. “Non lo dico io – spiega Martina – lo dice la Costituzione, con gli articoli 116 e 117 che indicano chiaramente gli ambiti su cui ci può essere una diversa distribuzione delle competenze”. Per Martina “il dato del Veneto è sicuramente un messaggio chiaro: è un mandato degli elettori, di cui ho grande rispetto, ad aprire una trattativa. Ma per quanto riguarda la Lombardia parlerei, al contrario, di una sconfitta. Nello specifico, di una sconfitta di Maroni”.
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In Lombardia il vero flop
è l’organizzazione
“Qui in Lombardia abbiamo sperimentato al futuro. Ho sentito il ministro Minniti a urne chiuse e gli preparerò una relazione dettagliata e gli chiederò che il nostro sistema sia utilizzato in futuro, magari già alle prossime elezioni
Politiche e Regionali”. Chi parla non è un marziano ma il presidente della Regione Roberto Maroni, che
fa finta di non
vedere alcuni fattori che hanno reso francamente imbarazzante
il voto. Molti dei tablet costati alla Regione oltre 20 milioni di euro non hanno funzionato, a partire da quello del segretario della Lega Matteo
Salvini. I dati sull’affluenza
sono arrivati tredici ore dopo la chiusura delle ‘voting machine’, nonostante lo stesso Maroni si fosse presentato in conferenza stampa a mezzanotte garantendo che i numeri sarebbero stati resi noti “entro due ore al massimo”. Una situazione al limite del credibile.
L’affluenza inVeneto è stata pari al 57,2% Circa 70 milioni il costo totale dell’organizzazione Articolo 116 della Costituzione che regola i rapporti tra Stato e Regioni
Pensieri e parole
Intervista a Stefano Balassone
Ma che tempo che fa in Rai?

Mario Lavia CONDIVIDI SU

MMa che tempo sta facendo? Nel senso di Fabio Fazio, intendiamo qui: va bene, va male? Operazione giusta, sbagliata? Come decifrare questi ascolti non travolgenti di una trasmissione di gran successo sui Rai Tre ma affaticata sui Rai Uno? Ci sono pochi esperti di Tv come Stefano Balassone, “inventore” con Angelo Gugliel-mi della leggendaria Rai Tre “intelligente”, per cercare di capirne un po’ di più. Su Fazio e sulla Rai al termine della sua “legislatura”. – Intanto bisogna capire cosa si intende per ‘andare bene’. Cioè,
è indispensabile tenere C’è sempre lo stesso conto che una rete ha una canovaccio.. propria identità, il suo Non solo. Siamo sem-pubblico si aspetta un
pre al modello Samar“colore” e se improvvi-
canda, che però era la samente gliene dai un
rappresentazione in altro è logico che qual-
chiave attuale dell’e-che problema si pone
terno scontro fra Bene
subito. Il pubblico di Rai Uno ha una certa età, gusti consolidati: gli arriva un programma di garbo come quello di Fazio e rimane disorientato. Ma nonostante questo l’operazione sta funzionando.
Sta dicendo che il garbo di Fazio è un milite per gli ascolti?
Fazio è un ‘fine dicitore’, nessuno si poteva aspettare che stracciasse la concorrenza. I
conti andranno fatti alla fine.
Ci sono stati roventi polemiche sul compenso…
I conti tornano. Nell’insieme la Rai fa più ascolti e spende meno, perché con Che tempo che fa sulla prima rete e un film su Rai Tre spendi meno. Caso mai il problema di Fazio è un altro. Di fiamme.
Fiamme?
Vede, tutti i programmi “intelligenti” hanno bisogno di un “nemico”. E Fazio non ce l’ha. Quando c’era Berlusconi anche se non lo nominavi facevi comunque un po’ di satira. Il “nemico” serve a creare un club di ascolti. Questo è anche uno dei motivi del crollo dei talk show. Li c’è stato
un crollo.
“Anche in questa legislatura niente riforma. Ma stavolta non è colpa della politca”
E i telegiornali?
Meglio, direi. Danno molte più notizie di prima, non c’è dubbio. Resto convinto che restano troppi, come numero di testate e numero di edizioni. Numeri senza giustificazione.
Ma questo non è sempre l’eterno problema di una Rai incapace di rinnovarsi dal di dentro?
Esatto. In una legislatura dove tutto sommato la politica ha fatto bene, l’azienda ha ‘bucato’ la sua autoriforma. Dal punto di vista strutturale non è cambiato niente malgrado ci siano stati dei progetti importanti, fatti bene, quello di Gubitosi e Rizzo Nervo, quello di Verdelli. Ma niente è cambiato.
Un momento: ha detto che la politica ha fatto bene?
Tutto considerato, sì. Il canone in bolletta, la riforma della governance, forse alcune novità nel contratto di servizio sono cose importanti. Io parlo del governo, della politica in generale. Altra cosa sono “i politici” e le loro esternazioni, le singole pressioni, è un andazzo antico…
Un consiglio al Pd per la prossima legislatura?
Consiglierei di formulare un progetto organico, strategico, spiazzante. Che rompa con la continuità aziendale e di sistema derivata dagli anni ‘80. Che incoraggi la Rai, la cui autonomia non è meno importante di quella di Bankitalia, ad attaccare per svilupparsi anziché difendersi per sopravvivere. E, quando sarà il momento di proporre i vertici, cercare, anche col lanternino, manager da battaglia anziché pastorelli da stalla.
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e Male. Ma oggi siamo al teatrino puro, e guardi che io Samarcanda non la riproporrei più, non sto dicendo questo. I talk sono piante esili, se non hanno radici forti diventano
come le canne al vento, e alla fine si essiccano. Oggi bisognerebbe addensare il contenuto informativo, rendere più “spesso” il messaggio, guardi come ha fatto il New York Times che ha dato peso alla sua produzione…
Il nuovo civismo che serve al Partito Democratico

Teresa Petrangolini CONDIVIDI SU
Segue dalla prima

LLo dimostrano non solo la questione sopracitata dello “Iussoli”, ma anche l’inaspettata assegnazione del Premio Nobel per la pace ad ICAN (International Campaign to Abolish Nuclear Weapons), che raccoglie circa 500 organizzazioni civiche e ong, avvenuta il 6 ottobre scorso. ICAN lo ha vinto perché è riuscita a far approvare a luglio dall’Assemblea dell’ONU un Trattato sull’abolizione totale degli ordigni nucleari. E questo è avvenuto perché in ogni paese organizzazioni locali (in Italia, ad esempio, Senzatomica e altre) da anni si impegnano in modo capillare a diffondere questa cultura di pace andando nelle scuole, organizzando mostre, scrivendo libri, mobilitando le istituzioni. Le agende della politica possono cambiare anche quando sono i cittadini a porre questioni di interesse generale come quelle che ho appena descritto.
Ovviamente non sempre si va a finire in Parlamento o alle Nazioni Unite. Esiste una quotidianità delle azioni civiche che riempie la vita delle nostre città e delle nostre comunità. Ed è molto variegata nelle forme e negli strumenti. Il nuovo codice del Terzo Settore individua addirittura, con una approssimazione per difetto, sette modalità di aggregazione dei cittadini organizzati assieme un elenco piuttosto lungo di attività di interesse generale che vengono concretamente realizzate.
A tale proposito, proprio su “Democratica” del 17 ottobre scorso, Stefano Bonaga ha parlato di quattro modelli di democrazia di cui solo il primo riguarda prevalentemente le formazioni partitiche: democrazia delegata, diretta, partecipata, e cooperativa. Tutto il resto si gioca in mezzo alla gente, nella complessa articolazione delle politiche che governano la società.
Siamo invece abituati a parlare in modo sommario, confuso e superficiale di questo mondo, o confinandolo nell’ambito della protesta o interpretandolo solo come vo
lontariato. E’ invece incredibile quante cose creative ed innovative avvengono per costruire e rinnovare le politiche pubbliche. Quale istituzione pubblica, oggi, può pensare di affrontare i problemi delle dipendenze senza ascoltare e coinvolgere le unità di strada, che girano per discoteche e rave? O di trattare la violenza di genere con efficacia senza la cooperazione delle associazioni di sostegno delle vittime? La stessa gestione del verde pubblico e del decoro urbano sta trovando risposte sostenibili, grazie a volontariato e imprenditoria sociale. Il fenomeno del bullismo è entrato in una agenda pubblica per le battaglie di tanti ragazzi e ragazze antibulli. Gli esempi sono infiniti.
Per questo abbiamo pensato di dedicare una spazio periodico su Democratica per raccontare queste storie, che è un po’ un modo per parlare dell’Italia e mostrare buona politica. Penso che bisognerebbe smettere di giudicare, valutare, discettare su queste esperienze. Basterebbe raccontarle, sostenerne lo sviluppo e dire grazie a chi se ne è reso protagonista.
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