Di Vittorio Venditti
(Foto), Di Salvatore Di Maria
E’ Proprio Vero Che Siamo Alla Frutta
Anche se con un vistoso ritardo, (il trasmettitore principale è felicemente morto e sto operando in condizioni di emergenza che spero si risolvano in giornata), eccomi comunque a tediarti con il mio disturbo quotidiano, per darti un altro spunto di riflessione.
Tu che mi leggi puoi darne testimonianza, se posso, cerco di essere obiettivo nel parlare, così, come nello sparlare.
Mi sono comportato in questo modo anche a proposito della sanità molisana e dell’indotto; per questo oggi mi tocca dover sparlare, di abitudini dure a morire, nonostante l’aumento delle tasse, utili a campare quel carrozzone.
Mi voglio scagliare contro la sufficienza (spessissimo insufficienza) con la quale i dipendenti della ASREM trattano i propri “clienti”, che necessariamente devono servirsi del loro “lavoro”.
Così dicendo, passiamo ai fatti.
Per ragioni di età, in famiglia si è creata la necessità di acquisire una protesi acustica, (è realmente necessaria, non ho politici in casa).
Considerato il costo di circa duemila euro di tal apparato, (tanto mi è stato chiesto, secondo le indagini de “il Segreto di Pulcinella”), ho pensato di approfittare dei servizi, dei quali viene enfatizzata la presenza, anche da qualche spot pubblicitario che li propone “per tutti” a patto che “tutti paghino le tasse”, diritto acquisito dal fatto che le tasse, in famiglia, le paghiamo fino all’ultimo centesimo, e ciò non può essere confutato, visto che le Stesse vengono prelevate dallo Stato, prima che ci venga consegnato quel poco che avanza, denominato Stipendio o Pensione.
Tutto nella norma, compresa la burocrazia.
Cominciando pazientemente il giro degli uffici preposti, in base ai tempi, (per la verità più rapidi rispetto a quanto accadeva una ventina d’anni fa), ed al tempo, (inteso come meteo), passando di commissione in commissione, la persona che ha bisogno della protesi di cui sopra, scalando scalando, è arrivata faticosamente quasi in cima alla “montagna”, con la mia meraviglia per il fatto che tutto, ma proprio tutto, stava filando liscio come se vivessimo in nord Europa.
Tutto bene?
Magari!
Giovedì scorso infatti, proprio all’ultima visita, la persona preposta all’assegnazione della protesi, leggendo l’incartamento, (quasi un faldone), da noi presentato e dando parere favorevole a tale assegnazione, si accorge che non avrebbe saputo cosa assegnare, visto che:
1°: Le protesi acustiche sono di diversa potenza;
2°: Il medico preposto, (appartenente alla seconda delle tre commissioni di visita), aveva omesso di segnalare la matricola della protesi in questione.
Morale della favola?
Altre due visite, per ripercorrere in parte un tragitto già tracciato in precedenza.
Mi sono pentito di non averla acquistata, quella dannata protesi.
Tutta questa storia, chissà perché, mi fa tornare in mente altre farneticazioni, aventi per bersaglio INPS, Motorizzazione Civile, (questa, a tempo perso, te la racconterò perché è da riderci sopra), e la stessa ASREM, chiacchiere morte già espresse su quest’inutile sito qualche mese fa.
Tornando però al tema odierno, la storia appena raccontata è la meno grave.
Altre cose simili accadono nei pronto soccorso, (cosa oggi all’ordine del giorno anche nei principali mas media), posti che quasi sempre non sono ne pronti, ne in grado di dare soccorso, (a tal proposito, ricordo come fosse oggi il trattamento riservato a mio nonno, il trent’uno ottobre del duemilasei, quando, accompagnato al pronto soccorso del centro ospedaliero di Tappino, perché aveva fortissimi dolori al braccio destro con perdita di liquidi, fu rimandato a casa senza neanche una visita, perché a dire del medico di guardia, “quanto presente, non era da pronto soccorso”, e poi, di lì a tre mesi, mio nonno morì per un tumore fulminante ai polmoni, la cui avvisaglia era stata così trattata in pronto soccorso), negli uffici informazioni, (quasi sempre presidiati da sgallettate di quart’ordine, parenti più o meno strette, amiche e spesso concubine di politicanti poco piacenti ma molto potenti), che stanno lì, in attesa del giorno di san paganino, per rifarsi di tutt’altre prestazioni, certamente non utili a chi, per disgrazia, ha necessità del loro servizio, inteso come il servizio proposto da un ufficio informativo.
E per fortuna che sono poi le donne a lamentarsi della mancanza di pari opportunità nel lavoro!
Cose del genere, accadono ancora nei laboratori di analisi, (dove ad esempio, due miei amici hanno dovuto fare una fila di quaranta minuti, per poi accorgersi, a loro spese, di aver sbagliato laboratorio e quindi dover rifare la fila da capo), o nell’organizzazione ospedaliera, già intesa come in chi, a casaccio, propone i segnali d’indicazione nei corridoi, segnali che mi fanno ricordare la tabella goliardica che l’estate scorsa ti mostrai, che è sita nel centro di Gambatesa, ma è stata riciclata, perché proviene dalla strada che conduce a castelmauro.
In tutto questo bailamme, due cose vanno estrapolate e rimarcate.
La prima, e forse la più importante, è che fra quest’orda di raccomandati, lavorano, e lo fanno seriamente, tutta una serie limitata di mosche bianche; quei professionisti seri che tornano a casa a fine turno, soddisfatti per ciò che hanno fatto per il Prossimo e per guadagnare ciò che spetta loro, ma stanchi, al limite della sopportazione, per aver dovuto Lavorare, avendo al loro fianco parassiti, che nella migliore delle ipotesi hanno permesso agli Onesti di operare, senza dar loro fastidio.
La seconda, (la cosa più irritante), è che questi parassiti, generalmente si rendono ben visibili, (più dei professionisti seri), per l’arroganza, con la quale si propongono allo sfortunato paziente, qualora quest’ultimo si permetta l’ardire di disturbare i Nostri, magari intenti a leggere giornali e cose simili, o più verosimilmente a non far niente.
Questo accade nel pubblico?
Sì, ma accade anche nel privato, in maniera proporzionalmente inversa all’importanza dell’ente che si ha la fortuna-sfortuna di dover incontrare durante la vita.
Più l’ente privato è importante, meno professionalità alberga in esso.
Che dire, ad esempio, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ente comunemente conosciuto con l’abbreviativo di “La Cattolica”?
Questo è un ente portato in pianta di mano per le alte specializzazioni di chi vi lavora e gli studi all’avanguardia dei luminari di ogni branca di medicina.
Peccato però, che agli sportelli, gli addetti alla consegna dei risultati delle analisi e quant’altro di simile, capiscano fischi per fiaschi, consegnando i documenti appartenenti ad un paziente ad altra persona e viceversa, e poi, con vistoso imbarazzo degli operatori stessi, visibile ed ascoltabile al telefono quando, accortisi dell’errore, chiamano gli esterrefatti pazienti per invitarli a restituire i documenti erroneamente consegnati e ritirare quelli a loro realmente destinati, alla faccia della privacy.
Così, si scoprono situazioni tragicomiche secondo le quali, ad esempio, possono esistere donne con il tumore alla prostata, uomini felicemente incinti, o, (cosa della quale purtroppo sono testimone), gente in piena salute a cui sono stati dati sei mesi di vita per un tumore fulminante al fegato, scoperto dopo una visita ginecologica.
Ma non era carnevale.
Altri enti invece, (piccole imprese che ancora non sono cresciute a sufficienza per potersi permettere di fregarsene di rimetterci in termini di reputazione, sanno bene anche come scegliere i propri dipendenti.
Questi ultimi, anche se “segnalati”, hanno il preciso ordine di saper fare il proprio lavoro, pena, un garbato ma deciso allontanamento.
Sarà questo per il futuro il modo discriminante che ci permetterà di avere un minimo di servizio serio in sanità?