Della Redazione Di Democratica
n. 45 Lunedi 9 ottobre 2017
“Il Governo ribadisce che al termine del confronto nessun lavoratore dell’Ilva rimarrà senza tutele reddituali e occupazionali”. (Teresa Bellanova)
“
#10ANNIPD
Il Pd rigeneratore della democrazia
Beppe Vacca
IIl ritorno al proporzionale cambierà molte cose nella vita politica degli italiani. Nella Seconda Repubblica avevamo finito per mettere in scena una “democrazia delle facce”, quelle dei leader (o presunti tali) per cui i cittadini erano chiamati a votare. Col proporzionale torna la “democrazia dei partiti” e il racconto della politica tende già a cambiare. Piaccia o no, questo ci chiede di elaborare l’identità del PD non solo in termini di programma di governo, ma anche di cultura politica diffusa, di capacità di influire sul senso comune per favorire una nuova “connessione sentimentale” fra la politica e gli italiani, e viceversa. Tutto ciò richiede una capacità corale dei dirigenti, dei militanti e dei simpatizzanti di diffondere i significati della proposta politica promuovendo mobilitazioni civiche e proponendo proprie narrazioni sui problemi fondamentali della vita comune. In altre parole, ci vorrà un PD abbastanza diverso da quello che si è formato in questi dieci anni, dotato di una “cultura dell’organizzazione” di cui ancora non disponiamo. Con la lucidità dell’intuizione fondativa e della proposta politica conseguente, il PD è divenuto un partito indispensabile per tenere l’Italia in connessione con l’Unione europea svolgendo un ruolo importante nell’elaborazione della sua agenda politica. Ma qui vorrei concentrarmi sulla percezione del PD da parte dei cittadini italiani. È un problema di rappresentatività politica e ideale che Matteo Renzi ha sintetizzato in tre idee-forza: lavoro, casa, mamma. La vitalità del PD dipende dal modo in cui leggiamo la crisi della democrazia e ne rigeneriamo la qualità. Provo a fare qualche esempio. Lavoro vuol dire molte cose riguardanti l’azione di governo, ma la composizione demografica generata dalla “rivoluzione digitale” pone innanzitutto il problema della rappresentanza dei lavoratori. È un problema globale, non solo italiano.
SEGUE A PAGINA 4
REGGIO EMILIA
Music Valley emiliana, la più grande d’Europa
PAGINA 6
Una Spagna
Barcellona Un milione di spagnoli contro i nuovi
muri e il fanatismo. E in Italia c’è chi soffia sul fuoco
ALLE PAGINE 2 – 3
L’EDITORIALE
Di Maio, l’uomo
“
senza qualità
Federico Mello
HHanno fatto scalpore le dichiarazioni di Luigi Di Maio, sabato scorso, al Festival del lavoro di Torino. Ad aprire i giornali del giorno dopo, le sue parole sui sindacati: “O si autoriformano o ci pensiamo noi”. Eppure non è stato questo il passaggio più interessante del discorso del candidato premier a 5Stelle.
SEGUE A PAGINA 5
Focus Catalogna
Barcellona scopre la gioia dell’unità Alcuni di noi hanno la fortuna di avere vari amici ca-talani. In tal caso è difficile che abbiano tutti la stes-sa opinione perché la società è davvero fratturata. Qualcuno in questa vicenda è però più fortunato perché ha visto la maggioranza dei propri amici pa-catamente sul versante anti-indipendentista, ren-dendosi conto ben prima di ieri e dei dati del referendum (poco più di un catalano su tre ha votato Sì, non di più) degli umori profondi. Anche in questo caso, come in altri, non dobbia-mo valutare le situazioni sovrastimando le mino-ranze intense. Soprattutto noi che siamo ammala-ti di politica e che corriamo di più questo rischio. Le persone più “normali” scendono in piazza solo in casi estremi, quando hanno perso la speranza che le minoranze interne rinsaviscano, che non pretendano di rappresentare davvero tutti e che non siano prese come rappresentative dal siste Stefano Ceccanti CONDIVIDI SU Spagna Spagna compresa la Catalogna Catalogna Isole Baleari Isole Canarie 46,6 milioni 7,5 milioni 504.645 kmq 32.106 kmq Castigliano Catalano 1.500 miliardi Abitanti Lingua Pil 210 miliardi Catalogna SEGUE A PAGINA 3
Focus Catalogna
Mario Vargas Llosa ha vinto il premio Nobel per la letteratura nel 2010. È considerato uno dei maggiori autori della letteratura sudamericana, insieme a Gabriel Garcia Marquez, Julio Cortazar, Jorge Luis Borges e Carlos Fuentes.
SEGUE DA PAGINA 2
“La Catalogna non è una
colonia, né uno Stato occupato militarmente. Non si spinga il Paese verso il precipizio. La Catalogna sta vivendo momenti quasi drammatici e bisogna
agire con molta attenzione. Se sarà dichiarata unilateralmente lindipendenza, il Paese andrà a rotoli”. Faccio appello alla serenità e alla ragione perché nel nostro Paese è spezzata la convivenza. Una convivenza che e bisogna ripristinare per evitare che si arrivi allo scontro civile”
ma dei media. La storia politica è piena di questi casi, che improvvisamente scoprono la debolezza delle minoranze intense e della loro attrattività romantica. Accadde così nel 1980 con la marcia dei quarantamila alla Fiat ed era accaduto in modo ancora più evidente alla fine del maggio 1968 con la marcia della maggioranza silenziosa gollista per far finire la contestazione, che Nino Andreatta citava ad esempio di come si scoprono i bluff sul terreno politico.
E’ stata perfetta anche la regia politica: prima della deriva attuale il sistema politico regionale si basava su due forze che condividevano il patto costituzionale, i socialisti (che in genere arrivavano primi alle politiche) e i liberali (Convergenza) che arrivavano primi alle regionali. Ottima quindi la scelta di un socialista, Borrell, e di un liberale, Vargas Llosa, riproducendo quella situazione tradizionale positiva.
Per inciso: alla luce delle manifestazioni di ieri quasi tutti i nostri commentatori sono ancora convinti, senza dubbio alcuno, che il Re, sia pure con tutti i suoi limiti, abbia sbagliato discorso denunciando la rottura della legalità costituzionale?
A questo punto soprattutto coloro che si sono resi conto solo ora della presenza di questa maggioranza silenziosa potrebbero essere tentati di pensare che la maggioranza parlamentare secessionista del Parlamento di Barcellona non potrà che riflettere e tornare al dialogo che ogni tanto dice di volere.
Sperare nel lieto fine è sempre lecito, ma purtroppo, temo, pressoché impossibile nel caso di specie. I termini di dialogo e di negoziato per il Governo regionale non si riferiscono al “se” della secessione e neanche al “quando”, ma solo all’accordo sul “come” regolare alcune questioni, come si capisce dalla cosiddetta legge di transizione. La secessione per loro non è negoziabile e neanche che debba avvenire subito, come prevede la legge del referendum, perché la Costituzione del 1978 non è da loro condivisa. Non lo è da parte del piccolo partito della Cup che è decisivo nei numeri e che si ispira a Venezuela e Cuba. Non lo è da parte del partito-perno del Governo, Esquerra Repubblucana, che non votò la Costituzione nel referendum approvativo. E, purtroppo, Convergenza, nel tentativo di rifarsi una verginità dopo che si è scoperto che il suo leader storico Pujol si è arricchito illecitamente, è ormai a rimorchio di Esquerra. Se provasse a sottrarsi, come gli chiede larga parte dell’imprenditoria e dei ceti medi, il Governo regionale guidato dal suo Puigdemont cadrebbe e si andrebbe a elezioni anticipate in cui si ritroverebbe in estrema
“La passione può essere pericolosa quando muove il fanatismo e il razzismo. E la peggiore di tutte è quella nazionalista. Siamo qui oggi per fermare la devastazione dell’indipendentismo e del nazionalismo. Per questo migliaia e migliaia di Catalani si sono riuniti. Sono catalani democratici, non sono traditori, sono catalani che non considerano il loro avversario un nemico, catalani che credono nella democrazia, nella libertà, nello stato di diritto, nella costituzione. La Spagna è una terra di libertà e di legalità. E questa indipendenza non la distruggerà”
E intanto la Lega…
Josep Borrell fa parte del PSC (partito socialista catalano), partito membro del PSOE ed è stato Presidente del Parlamento europeo dal 2004 al 2007. Ha scritto un libro dal titolo “Las cuentas y los cuentos de la independencia” che smonta le tesi indipendentiste, soprattutto sotto il
profilo economico.
Ci saranno elezioni regionali anticipate e i cittadini si esprimeranno con tutte le garanzie
“La secessione catalana è inevitabile. È la fine della Spagna. Sono convinto che gli eventi possano segnare la fine dell’unità spagnola
difficoltà.
Pertanto, paradossalmente, la piazza di ieri
non evita affatto lo scontro, rafforza la maggioran
za parlamentare a restare unita sull’unica strategia
che sa immaginare e che la compatta, quella vittimi
sta. Si tratta di procedere alla dichiarazione unilaterale di
indipendenza per confermare la propria profezia falsa, quella di una Catalogna oppressa, che così potrà sembrare vera perché si arriverà a una qualche forma di sospensione dell’autonomia regionale, a quel punto caduta del tutto in una logica eversiva.
Dopo di che elezioni regionali anticipate prima o poi ci saranno, lì i cittadini potranno esprimersi con tutte le garanzie. Chissà se finirà come in Francia nel giugno 1968 con la marea gollista: se gli anti-indipendentisti sapranno parlare come hanno fatto ieri, nella loro diversità, Borrell e Vargas Llosa non si può escludere a priori, anche se non in quelle grandi dimensioni.
Quello sarà l’appuntamento vero.
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#10annipd
Dieci anni
Il Partito democratico rigeneratore della democrazia italiana
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Beppe Vacca
Segue dalla prima
Ma come dare rappresentanza alle mol
titudini dei senza-lavoro e dei lavoratori precari se non ripensiamo modo in cui operano le organizzazioni dei lavoratori e delle imprese rappresentative del lavoro formalmente certificato? È un grande problema che non possiamo addossare solo ai sindacati che a loro volta sono in crisi per molte ragioni, ma soprattutto per l’anacronismo delle loro compartimentazioni confederali e in taluni casi per l’inadeguatezza della loro stessa
cultura.
Renzi ha detto poi mamma, evocando temi epocali originati dall’ingresso delle donne nella storia della libertà e da un’emergenza antropologica che riguarda ormai anche il modo di concepire la riproduzione del genere umano e le filiere sempre più mobili della bio-politica. Su questi temi sono in campo movimenti, esperienze e culture molto diversi e fra loro in conflitto. A mio avviso è necessario scegliere e fare maggiore chiarezza: ad esempio, cosa pensano le donne e gli uomini del PD del pronunciamento di Papa Francesco contro “l’utopia del neutro” e a favore di una nuova “alleanza dell’uomo e della donna chiamata a prendere nelle sue mani la regia dell’intera società”? E come rispondono al suo auspicio di una “rinnovata cultura dell’identità e della differenza” elabo
rata in comune da donne e uomini, credenti e non credenti?
Non ho scelto a caso i temi cui ho accennato poiché sono fra i più sensibili per la definizione di una nuova qualità della democrazia. Le culture che avevano preparato e innervato in occidente i “trent’anni gloriosi” del lungo dopoguerra sono state smantellate nei decenni successivi e da quando è cominciata la “globalizzazione della democrazia” quello che vediamo è il diffondersi in grandi aree del mondo di una cultura dei diritti fondata su declinazioni sempre più arbitrarie dei desideri e delle pulsioni individuali, eccitati da una singolarizzazione spettrale del mondo della vita. Sono i problemi del nostro mondo, sempre
più angosciato dal riaffacciarsi dell’equazione fra la politica e la guerra. Ma per affrontare il tema della qualità della democrazia in Italia non dobbiamo archiviare l’esperienza del referendum costituzionale del 4 dicembre 2016. L’europeizzazione dell’impalcatura politica delle nostre istituzioni è fallita più volte negli ultimi decenni. L’unica riforma costituzionale confermata da un referendum è stata quella del Titolo V, nel 2001, che ha aggravato la disarticolazione del paese. Tuttavia la mobilitazione per il referendum del 4 dicembre ha avuto per milioni di cittadini il valore di una costituente del popolo italiano. A quell’esperienza ci possiamo rifare per dare alla politica la funzione costituente che la situazione esige elaborando una nuova idea della democrazia. Frantumati i corpi intermedi e le agenzie politiche e culturali che pareva avessero educato i cittadini alle responsabilità della democrazia, campeggia un’idea residuale del diritto di avere diritti. È
difficile sottovalutarne la forza poiché
Roma – 14 ottobre – ore 10:30
2007-201710ANNIPD
quell’idea è sottesa da processi globali
Teatro Eliseo via nazionale
di inusitata potenza come la mercatizzazione della vita e la delegittimazione, quando non la distruzione, della sovranità politica. Essa quindi prescinde dalle categorie fondative del diritto moderno dando veste giuridica a rivendicazioni individuali o collettive senza assumere la responsabilità del loro impatto sul futuro delle comunità. Su queste basi non è possibile difendere e tanto meno riqualificare la democrazia, che affonda
walter veltroni le sue radici nell’idea di sovranità popolare.
paolo gentiloni
L’esercizio individuale della sovrani-
matteo renzi
tà popolare che i cittadini italiani hanno
conquistato nel dopoguerra chiede nuo
vamente di rispondere alla domanda: chi è il legislatore? Che si tratti del legislatore in senso tecnico (vale a dire i componenti delle assemblee elettive legittimate a legiferare) o del singolo cittadino, torna prepotente la domanda fondamentale: può, il singolo, essere legittimato a decidere della cosa pubblica ignorando la catena delle connessioni che lo vincolano alla comunità nazionale, sovranazionale, e in definitiva al genere umano? So bene che una riforma intellettuale e morale di tali proporzioni non può essere messa solo sulle spalle dei partiti; ma l’impulso principale a promuoverla può venire, a mio avviso, innanzitutto dal PD.
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Focus M5S
Di Maio, la rivoluzione è finita
Federico Mello CONDIVIDI SU
A ATorino, in realtà, quella che si è vista sul palco è stata la prima uscita pubblica del nuovo grillismo. Un grillismo nuovo di zecca, tre punto zero, irriconoscibile se guardato con le lenti dei “ragazzi meravigliosi”, distante anni luce dal vecchio grillismo, dagli
fetiche di Gianroberto Casaleggio.
Il Movimento 5Stelle, infatti – che proprio il 4 ottobre ha compiuto otto anni -come movimento di contrapposizione alla politica professionale. Non a caso “grillini” erano tutti i temi tipicamente qualunquisti: la contrapposizione manichea tra elite corrotte e un popolo naturalmentevirtuoso; il rifiuto di gerarchie, corpi intermedi, capi e strutture di ogni sorta; una (ingenua) fiducia nel senso comune; un’orizzontalità rivendicata come valore fondante (“Uno vale uno”).
Questa tematiche, però, si erano evolute in un periodo storico particolare, questo sì, di rivoluzione. Sono i primi anni del terzo millennio, gli anni in cui esplode la rete. Ed è proprio nel nuovo mondo connesso che, agli occhi dei grillismo, la tanto agognata orizzontalità, la tanto sognata “democrazia diretta”, appare ora tecnicamente possibile: sarebbe finalmente arrivato il momento di Gaia, dell’intelligenza collettiva di milioni di persone in rete: “Tra qualche anno penseremo alla democrazia rappresentativa come ora pensiamo ai governi assolutisti del ‘600” si disse sicuro Alessandro Di Battista appena entrato in Parlamento.
Questa ideologia nei primi anni è stata articolata negli appelli alla cittadinanza attiva, nei meet-up; nel “fiato sul collo” (le dirette dei consigli comu-
Paese allo stremo – come diceva di voler fare Grillo – ma
piuttosto chiede voti, come ha detto solo qualche gior
no fa a Caltanissetta, per “smettere di sopravvivere”
e “pensare a vivere”. Niente più metafore cimiteria
li, “zombi”, “siete morti”, niente più palingenesi alle
porte: “l’Italia è un grande Paese”, ha aggiunto Di
Maio, come farebbe un macroniano qualsiasi.
Questo il grillismo senza grillismo (e senza Gril
lo). Questo il grillismo dell’era Di Maio. Altro non è,
a ben vedere, che un movimento personale del vi
ce-presidente della Camera: non si parla più di oriz
zontalità perché c’è ufficialmente un capo assoluto;
non si chiede più ai militanti di partecipare perché c’è
già chi decide per loro. È un nuovo grillismo che non
si candida ad abbattere il vecchio mondo, ma che
si propone al contrario come forza moderata
perché
sull’energia “distribuita”; nella proposta dei referendum consul-
Un candidato così, sondaggi alla tivi senza quorum; nel farsi carico di
mano, si annuncia comunque forte. qualsiasi proposta e idea, anche la più
Ma farà fatica a coinvolgere la sua base, a bislacca, che veniva “dalla Rete”. Col
spettacoli sudati di “Beppe”, dalle visioni pro-era nato fondamentalmente Raggi.
fargli raccogliere firme, organizzare ban-tempo, certo, l’orizzontalismo è anda
chetti, riunire meet-up: più facile esagitato scemando, contraddetto dalla prassi
re gli animi con il “Vaffanculo” che con la delle epurazioni, dei direttori, delle ospi-
“smart nation”. La campagna elettorale però, tate in tv; eppure fino solo a qualche gior-
è lunga. Sia il vostro parlare sì sì no no, il di no fa, fino alla convention di Rimini, il gril-
nali”); nelle futuristiche idee rimentato mettendo alla prova VirginiaIl Movimento ora chiede voti, non democrazia diretta
più viene dal maligno. Le domande più semplilismo, aveva ancora un nume tutelare che ci potrebbero mandare in confusione il nuovo poteva mantenere accese le speranze residue: grillismo senza grillismo. Beppe Grillo. Era lui il garante e capo politico,
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uno fuori dai giochi, sopra le parti, non interessato a ruoli politici.
Con Luigi Di Maio tutto questo è cambiato, di colpo. Basta andare sulla pagina Facebook del candidato premier, guardare i suoi video in Sicilia – a sostegno di Giancarlo Cancelleri -, i suoi video a ospitate e convegni, i suoi video alla base guardando in camera. Dal suo vocabolario la parola “cittadini” è scomparsa. Gli appelli alla partecipazione sono spariti. Le visioni apocalittiche del futuro (e specularmente catastrofiste del passato e del presente) dimentica
te. Di Maio non si candida più per fare la rivoluzione in un
(nel significato deteriore del termine). A Caltanisetta Di Maio ha snocciolato miliardi come fossero arachidi: “Si può fare tutto recuperando 10 miliardi euro di pensioni d’oro, 10 miliardi dagli enti inutili, 300 miliardi di euro dall’evasione fiscale”; e fa niente se sono numeri campati in aria. L’importante è quanto ha aggiunto a seguire: “Queste cose ve le verranno a dire tutti, ma voi agli altri dovete dire: non l’hai fatto tu?”. Questo il suo asset: non aver mai governato. Questa la sua forza, la retorica dell’outsider – la stessa che i romani hanno spe-
Torino di fronte all’immobilismo della giunta Appendino Emergenza vaccini
Italia quinta per numero di casi di morbillo. Secondo l’Oms, peggio di noi solo India, Nigeria, Pakistan e Cina
4000035000300002500020000150001000050000IndiaNigeriaPakistanCinaITALIABangladeshRomaniaIndonesiaRep. Dem.TailandiaUcrainaMalesiaùMyanmarEtiopiaGabonAfghanistanGermaniaTajikistanFilippineSiria
Reggio Emilia
La nuova Music Valleyemiliano-romagnola
Così Campovolo diventerà l’arena più grande d’Europa
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Luca Vecchi
Sindaco di Reggio emilia
SSarà la più grande arena contemporanea aperta d’Europa e per Reggio Emilia il più importante investimento di sempre sull’attrattività della città.
Un Arena destinata ad ospitare una programmazione culturale e musicale che consentirà di realizzare diverse centinaia di migliaia di spettatori all’anno.
Un progetto culturale ed economico destinato a caratterizzare il posizionamento strategico di Reggio Emilia come città che nella connessione tra cultura ed economia esprime il proprio modo
di caratterizzare l’innovazione urbana.
Il rapporto fra Reggio Emilia, la musica e l’organizzazione di grandi eventi capaci di richiamare in Emilia-Romagna centinaia di migliaia fra giovani, famiglie e appassionati è di vecchia data e si è rinnovato, col trascorrere degli anni, proponendo una serie di date di appuntamenti entrati, a buon titolo, nella storia del rock mondiale.
Dal raduno degli U2 col Pop Mart Tour sul finire degli anni ‘90 si è passati, in epoche più recenti, agli appuntamenti di Luciano Ligabue col suo “popolo” al Campovolo, senza dimenticare la nottata indimenticabile di “Italy Loves Emilia” che ha visto alcuni fra i maggiori artisti italiani esibirsi in
Un luogo che ospiterà le principali star del panorama internazionale
una gara di solidarietà in favore delle popolazioni colpite dal terribile sisma del 2012.
In questo contesto Reggio si è messa in cammino, col supporto della Regione, per realizzare un’innovativa arena per grandi eventi che ha, in sé, alcune caratteristiche innovative e decisamente uniche nel panorama dei luoghi che si candidano ad ospitare le principali star del panorama internazionale.
Interamente in terra, infrastrutturata per accogliere dalle 10 alle 100mila persone, accessibile dalle persone portatrici di abilità di
verse, immersa in un parco verde circondato da piste ciclabili e facilmente raggiungibile sia dall’autostrada che dalla nuova stazione Mediopadana ad alta velocità, si configura come un luogo vocato alla musica a 360 gradi, appunto, in grado di essere per molti mesi l’anno (dai primi mesi della primavera sino all’autunno inoltrato) il punto di riferimento di organizzatori di concerti e di meeting.
La Regione ha individuato in questo progetto lo snodo centrale di politiche che mirano a far fare alla Music Valley emiliano-romagnola un ulteriore salto di qualità: un mix di momenti di grande spettacolo non disgiunti da una filiera che – da corsi professionalizzanti dell’università, sino all’industria – può generare sempre più nuova impresa fra i giovani interessati alle tematiche culturali, dell’enter
tainment e del turismo.
L’arena di Reggio Emilia saprà rispondere anche a
quei criteri di sicurezza che sempre più le esibizio
ni dal vivo richiedono, in un’epoca di grandi paure e minacce globali che impongono di aggiornare
continuamente gli standard necessari per permettere a tutti di godere dei live in condizioni di tranquillità assoluta.
La Music Valley emiliano romagnola attraverso questo progetto rafforzerà inoltre la propria attitudine a fare sistema lungo l’asse della via
Emilia: dai servizi di accoglienza di area vasta,
sino alle collaborazioni che fra province diverse si instaureranno in molti campi. La nuova arena sarà il naturale sviluppo in chiave
contemporanea di una tradizione che Reggio coltiva da
sempre e che tiene assieme socialità, cultura, capacità imprenditiva e voglia di dialogare col resto del mondo attraverso uno dei linguaggi più poetici ed innati che l’uomo conosca per esprimersi.
C’è chi ha scelto di dire di no alle Olimpiadi travolti da presunzione e paura e incapaci di progettare futuro, c’è chi insieme ai propri cittadini sceglie di immaginare una nuova città da far nascere lavorando giorno per giorno per provare a dare concretezza ad un sogno.
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weekend
Notte Bianca della Cultura
Ercolano: la cultura per vincere il degrado
di Ciro Buonajuto
Sindaco di Ercolano
Venerdì sera a Ercolano siamo riusciti in un’impresa che, soltanto pochi anni fa, sembrava impossibile: abbiamo portato nelle strade diecimila persone per la Notte Bianca della Cultura. Sembrava impossibile perché lì,
in quelle strade e in quei vicoli, fino a qualche
anno fa l’unico potere che esisteva non era soltanto quello dello stato ma anche quello delle camorre. Già, perché i vicoli del centro erano suddivisi militarmente tra i vari clan che operavano in città. E, in questo inferno, quelli che avevano la peggio erano i commercianti
delle zone di confine che ogni mese dovevano
pagare il pizzo a cosche diverse. Sembrava impossibile, ma venerdì scorso quelle botteghe, quei forni e quelle pescherie, sono rimaste
aperte fino a notte inoltrata per fare festa. Fino
a qualche anno fa dovevano quasi nascondersi, venerdì hanno addirittura messo sedie e tavoli fuori ai negozi per festeggiare con la città questo cambiamento.
Questa storia di riscatto non è iniziata la settimana scorsa, ma ha visto la luce quando quei commercianti esasperati hanno deciso di denunciare tutto ai carabinieri. Grazie a quel
coraggio e all’impegno di magistratura e forze dell’ordine, negli ultimi anni – nella sola Ercolano – vi sono stati oltre cinquecento arresti e 44 ergastoli. Numeri che, fatte le debite proporzioni, neanche a Bogotà negli anni ‘80… Certo, tanto è ancora da fare ed il nostro primo obiettivo è stato occupare lo spazio lasciato libero della criminalità organizzata. E come se non con la cultura? In occasione della Notte Bianca, 1200 persone sono entrate, molte per la prima volta, nel Parco Archeologico di Ercolano. Ancora di più hanno visitato il Museo Archeologico Virtuale, centinaia di persone hanno ascoltato i piccoli talenti delle Voci
Bianche del Teatro San Carlo di Napoli dentro
a una chiesa di frontiera. I luoghi che fino a
qualche tempo fa erano off-limits per la gente perbene sono stati palcoscenico di concerti e performance di artisti di strada.
Parlare di storia ad Ercolano significa aprire un
libro di duemila anni, vicende di distruzione e
rinascita. Oggi che si sta finalmente chiudendo
un capitolo buio, a noi tocca portare avanti il riscatto. Nel nostro zaino portiamo tanto entusiasmo e due parole da tenere sempre a mente: Cultura e Legalità. Solo con queste potremo scrivere delle altre pagine belle.
agenda #TerrazzaPd SEGUI LA DIRETTA SULLA PAGINA FACEBOOK DEL PD Questa sera alle 18.30 Nuovi modelli per una crescita sostenibile Oggi ore 21 La nuova legge di Bilancio Domenica 8 ottobre ‘No ai nuovi fascisti’: si è tenuta domenica matti-na la manifestazione al Monumento al Deportato del Parco Nord di Milano, indetta dall’Anpi e dall’As-sociazione Nazionale Ex Deportati (Aned) dopo che, nella notte tra il 24 e il 25 settembre, sono state distrutte le teche di Auschwitz, Mauthausen, Ravensbrück, Gusen e Ebensee, contenenti le ceneri e le terre dei lager. “No ai nuovi fascisti” #OreNove Domani martedì 10 ottobre alle 9.00 Ettore Rosato con Pier Paolo Baretta Pietro Bussolati Arianna Censi Emanuele Fiano Giorgio Gori Enrico Morando con Lorenzo Gaiani
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