Gambatesa: Il Rifiuto Dei Rifiuti
6 Ottobre 2017
Innocenti Curiosità
7 Ottobre 2017
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Democratica

Della Redazione Di Democratica

n. 44 venerdì 06 ottobre 2017
“Se c’è un momento in cui le nazioni devono dichiarare la loro inequivocabile opposizione alle armi nucleari, il momento è questo” (Ican, premio Nobel per la Pace)
UNO STATO SEMPLICE
L’EDITORIALE
Stiamo

disboscando una giungla
Marianna Madia
I Irisultati si misurano con i numeri e le riforme si valutano in base agli effetti che concretamente producono nella vita dei cittadini.
A PAGINA 2
Pubblica amministrazione Con il taglio delle aziende partecipate meno poltrone
e uno Stato più snello e più efficente


#10ANNIPD
Il nuovo Pd davanti a un bivio
Biagio De Giovanni
11Parlare del Partito democratico proiettando la sua immagine nei prossimi dieci anni implica inserirlo nel 22difficile tema del destino politico dell’Italia in Europa. Un partito non è solo “programma”, anzi è soprattutto un’entità storico-politica che deve fare i conti con il corso dei tempi e con una capacità di previsione. E’ tanto più necessario assumere il tema nella dimensione accennata, quanto più convinto che se si continua a ragionare nei confini dei recinti nazionali, si perde il punto di prospettiva da cui pensare se stessi e il mondo, e se stessi nel mondo. E peraltro la lotta in Italia è conro i populismi, qui più forti che altrove. Ho sempre pensato che la nascita del
vecchio Pd somigliasse a quella di un
parto mal riuscito. Mi pareva che si fossero messi insieme i resti di due culture esaurite, una, quella derivata dal Pci, sconfitta dalla grande storia, l’altra, quella democristiana, esaurita per essere almeno in parte ritagliata su un nemico che non esisteva più, nonché per naturale consunzione, dopo un cinquantennio circa di quasi ininterrotto governo: ambedue rifiutavano di fare i conti con se stessi, e ne veniva fuori un’entità certo anche capace di governo, ma inadatta a stabilire per davvero una nuova entità politico-culturale: insomma, si capisce che non sono un nostalgico dell’Ulivo.
SEGUE A PAGINA 6
MAGISTRATURA
Davigo e la giustizia al contrario
PAGINA 4
EUROPA
Nessuna scorciatoia sulla Brexit
PAGINA 5
LAVORO
Morti bianche, non abbassare le guardia
PAGINA 7
PAGINA 2-3
Focus Pubblica Amministrazione
Stiamo semplificando l’Italia. Ecco come
In pochi credevano che si sarebbe attuato un percorso virtuoso di riforma del sistema
TRASPARENZA FOIA – diritto di conoscere PROGETTO OGP SEMPLIFICAZIONE Conferenza dei Servizi SCIA Silenzio Assenso Modulo Unico Autotutela amministrativa LAVORO PUBBLICO Potenziamento servizi ai cittadini Nuovo contratto Valutazione dipendenti DIGITALIZZAZIONE SPID – Identità digitale ANPR – Anagrafe digitale Fatturazione elettronica PagoPA

Marianna Madia CONDIVIDI SU
Ministro della Pubblica amministrazione

I Irisultati si misurano con i numeri e le riforme si valutano in base agli effetti che concretamente producono nella vita dei cittadini. Obiettivo dei mille giorni? Cambiare la Pubblica amministrazione, guardandola con gli occhi di chi riceve un servizio, ricerca un’informazione o attende
una risposta.
Oggi, conclusa la fase legislativa, siamo
nel tempo dell’attuazione. Il monitoraggio
che abbiamo avviato con i territori indica
che il processo di cambiamento è in atto e
gli effetti iniziano a vedersi.
Non voglio adesso fare l’elenco di tutti
i dati in tutti gli ambiti della riforma. Ci
sono però alcuni temi sui quali vale la
pena soffermarsi perché rappresentano
anni di dibattiti, convegni ed editoriali,
senza cambiamenti sostanziali.
Un esempio su tutti: le società parteci
pate rappresentano, nell’immaginario co
mune, una giungla opaca e un fattore di
dispersione di risorse dei cittadini. In un
contesto nel quale mancava persino la cer
tezza sul numero complessivo di parteci
pazioni pubbliche, noi abbiamo deciso di
intervenire partendo dal principio che le
società partecipate sono utili se erogano
servizi necessari per i cittadini e vengono
gestite in modo virtuoso. Tutto ciò che è al
di fuori di questo perimetro deve essere
tagliato, liberando così risorse che le am
ministrazioni possono reinvestire in servi
zi.
Abbiamo voluto indicare in maniera
chiara quando una società partecipata
deve chiudere, dalle ‘scatole vuote’ con
Disboschiamo la giungla delle partecipate: via quelle inutili
più consiglieri di amministrazione che dipendenti a quelle ‘inattive’ che da anni non fatturano. Criteri che impediranno, anche per il futuro, la nascita di nuove società inutili. Un ulteriore elemento di discontinuità rispetto ai tentativi infruttuosi del passato è rappresentato dai meccanismi di verifica e sanzionatori. La riforma da un lato attribuisce al Ministero dell’Economia compiti di vigilanza sulle ricognizioni che le amministrazioni d’ora in poi dovranno prevedere, dall’altro introduce sanzioni, anche severe, per la mancata chiusura (sanzioni pecuniarie e perdita dei diritti di socio) che rappresentano un importante disincentivo all’elusione delle norme.
In pochi credevano che si sarebbe così attuato un percorso virtuoso di riforma del sistema. Invece, i primi risultati dimostrano che siamo sulla strada giusta. Entro lo scorso 30 settembre, le amministrazioni hanno dovuto deliberare il proprio piano di tagli da inviare poi al Ministero dell’Economia. I numeri sembrano essere incoraggianti. Un articolo de Il Sole24 ore di pochi giorni fa evidenziava alcuni dati: su 86 capoluoghi di provincia con 1.204 partecipazioni censite 370 saranno cedute, fuse o liquidate, dunque 1 su 3. Emerge anche che i tagli più significativi si verificano dove le ramificazioni societarie si sono diramate di più per offrire posti aggiuntivi negli organigrammi. Siamo solo alla prima tappa, il percorso di riforma ha il suo tempo per essere del tutto efficace, ma il cambiamento si è messo in moto e questo è un fatto di estremo rilievo. Mi fermo
qui perché, senza trionfalismi, bisogna continuare a lavorare sul monitoraggio e sull’attuazione, con un utilizzo mirato dei fondi strutturali europei (abbiamo già impegnato 90 milioni sul digitale; 7 milioni su trasparenza, riordino delle partecipate e gestione del personale; 5,5 milioni sul lavoro agile; oltre 7 milioni sulla semplificazione).
Le riforme sono dei processi che quasi mai determinano un cambiamento istantaneo, ma quando la politica assume su di se anche la responsabilità dell’attuazione, i risultati, nel tempo, si ottengono.
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3 FocusPubblica Amministrazione
venerdì 6 ottobre 2017
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
Le legge Madia
Il piano di
riduzione
delle delle Uno dei principali ambiti della legge Madia è il riordino delle partecipazioni societarie pubbliche.
partecipate
La delega impone alle amministrazioni pubbliche di disfarsi delle partecipazioni con fatturati sotto i 500 milioni, con più manager che dipendenti, in ‘rosso’ cronico’ o che svolgono attività che non
corrispondono a fini pubblici.
Pronta anche
Nella
la sfoltita a
I grandi
Capitale
Torino
Comuni le partecipate
che ne metterà
si sono attrezzati passano da
sul mercato
per stare in linea con la legge 31 a 11 14
Una prima proiezione su 86 capoluoghi
Lombardia 273 Veneto
223
135
Piemonte
86
105
Milano
72 ne vanterebbe
Emilia Romagna 159 Marche
124
39
oltre 80
25
tra collegamenti
Abruzzo
Liguria
22 diretti e indiretti
50
Molise
19
29 Toscana
9
202
3
145
Puglia Umbria
43 20
27
13 Lazio
65
29
Campania
45 La rasoiata
Basilicata
20
7 colpisce
5
Calabria
soprattutto
30
14 le realtà
Partecipate che nulla censite oggi 1.204 hanno a che fare
-30,7%
FONTE: con i servizi
Partecipate previste834 INFORMAZIONI FORNITE DIRETTAMENTE DAI COMUNI essenziali
CAPOLUOGO DI PROVINCIA INTERPELLATI DA ILSOLE24ORE
Giustizia
Il metodo Davigo: la giustizia al contrario

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DDalle pagine del Corriere è arrivata finalmente la smentita di Piercamillo Davigo su quanto riportato domenica dal Giornale e cioè che l’ex presidente dell’Anm avrebbe incontrato i vertici del Movimento 5 Stelle per mettere a punto un emendamento al testo sulla legge elettorale.
Siamo all’assurdo: secondo l’ex presidente dell’Anm la colpa di una prescrizione è dell’imputato
Una notizia che se non fosse stata smentita avrebbe potuto portare anche a un’azione disciplinare nei suoi confronti, come aveva rivelato il membro del Csm Claudio Galoppi in un colloquio con Annalisa Chirico sul Foglio.
Ma se da una parte Davigo sbugiarda il quotidiano diretto da Alessandro Sallusti, dall’altra ribadisce quello che aveva già detto a Di Martedì: chi non rifiuta la prescrizione deve vergognarsi, aveva detto il magistrato, riferendosi all’ex presidente della Provincia di Milano Filippo Penati. E dalle colonne del Corriere ribadisce: “Non mi pare che chi evita una condanna grazie alla prescrizione possa rivendicare di aver svolto il suo compito con onore”. Sulla
base di questa logica, la colpa di una prescrizione ricade sull’imputato
che quindi è in ogni caso
colpevole. Una dichiara
zione più da politico che da
magistrato. Secondo la nostra
giurisdizione, la prescrizione è una garanzia per il cittadino; serve a tutelarlo, evitando che lo Stato lo perseguiti all’infinito, infliggendogli la pena del processo.
Parla come un politico Davigo, ma ribadisce di non volerci entrare: “Da 25 anni rispondo che non mi interessa”. Preferisce non rispondere, invece, quando il giornalista, per ben due volte, gli domanda se si candiderà al Csm. Davigo questa volta tace. Il sospetto è che si candidi davvero.
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Renzi: quando incontrai Davigo a Palazzo Chigi
“C’è un vezzo culturale

che per me è vizio sostanziale – nell’atteggiamento di alcuni magistrati. Me ne rendo conto in Sala verde di Palazzo Chigi quando incontro l’Associazione nazionale magistrati guidata dal suo presidente, Piercamillo Davigo. E dopo i giudici pretendo di incontrare allo stesso modo anche gli avvocati, perché la giustizia
non la esercitano soltanto i magistrati ma tutti i professionisti del diritto. L’incontro con Davigo e la sua delegazione parte con molta freddezza ma si mantiene civile e cortese nei toni; però la sostanza concettuale che Davigo ribadisce

ma che in realtà ha più volte già espresso in tutti i luoghi, in tutti i libri, in tutte le interviste – è che “un cittadino assolto non è detto che sia innocente, ma solo un imputato di cui non si è dimostrata la colpevolezza”. Questo principio per me è un monstrum giuridico, un’assurdità costituzionale e
filosofica. E mi spiace che il capo
di tutti i giudici la pensi così. Ci sono secoli di civiltà giuridica che cozzano contro la convinzione di Davigo e contro una cultura che seppellisce l’approccio del Beccaria e i principi costituzionali ispirati a un rigoroso garantismo. Io non ho mai ricevuto nemmeno un avviso di garanzia in tredici anni di politica. Parlo per convinzione: non accetterò mai l’assunto per cui non esistono cittadini innocenti, ma solo colpevoli non ancora scoperti. Perché questa è barbarie, non giustizia. “La cultura del sospetto non è l’anticamera della verità: la cultura del sospetto è l’anticamera del khomeinismo,” diceva Giovanni Falcone. Per me sono parole che andrebbero scolpite in ogni tribunale accanto all’espressione “La legge è uguale per tutti”.
In marcia per la legalità. Così si muove il Pd a Milano
Lorenzo Conforto CONDIVIDI SU
Segretario circolo Pd Senago
IIl 25 Settembre la sonnacchiosa e produttiva zona a nord di Milano si è svegliata con una notizia molto preoccupante: il Sindaco di Seregno e il fratello di un Assessore di Senago sono stati arrestati nell’ambito della maxiope-razione che nei giorni scorsi ha portato i carabinieri di Desio e Milano ad eseguire 27 ordinanze di custodia cautelare per associazione a delinquere di stampo
mafioso. Noi rimaniamo garantisti, ci au-guriamo che la magistratura svolga con rapidità, serenità ed efficienza le proprie indagini e che la giustizia faccia il suo
corso.
Una cosa è certa: mai si era parlato di mafia a Senago prima di adesso. Ed è per questo che Sabato 7 ottobre il Pd locale, col supporto e la spinta del coordinamento della Zona e della Federazione Milanese e della Lombardia, chiama a raccolta tutti i cittadini, le associazioni e i movimenti per un presidio di legalità. Non vogliamo mafia a Senago, vogliamo chiarezza e trasparenza dalla giunta, vogliamo rispetto per i cittadini e vogliamo il rispetto assoluto della legalità e della trasparenza.
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Europa
Nessuna scorciatoia, Brexit questione europea Enorme la distanza tra le promesse degli euroscettici e la realtà delle cose

Simona Bonafè CONDIVIDI SU

DDal referendum sulla Brexit del 23 giugno dell’anno scorso l’Unione europea è attraversata da una frattura innegabile. Per la prima volta nella storia dell’Ue un Paese ha deciso unilateralmente di uscire e ora ci troviamo a
negoziare l’applicazione pratica di questa decisione,
misurando ogni giorno la distanza drammatica tra le
promesse irresponsabili degli euroscettici britannici
e la realtà delle cose.
Per mesi il governo conservatore di Theresa May
ha voluto negare questa distanza, promettendo ai
propri cittadini il sol dell’avvenire di una nuova
“Gran Bretagna globale” e insistendo nel voler man
tenere una qualche forma di accesso al mercato uni
co europeo limitando però la libera circolazione dei
lavoratori. Sono stati mesi buttati e ora che il tempo
stringe i nodi stanno venendo al pettine. Nel discor
so fatto a settembre a Firenze la premier britannica
ha adottato un tono più dialogante e realistico ma,
come ha ricordato nel dibatto al Parlamento euro
peo il negoziatore per la Commissione Michel Bar-
nier, “i discorsi non sono posizioni negoziali”.
PER MESI IL GOVERNO DI THERESA MAY HA PROMESSO IL SOL DELL’AVVENIRE DI UNA “GRAN BRETAGNA GLOBALE”. MESI BUTTATI
Fra pochi giorni si terrà il quinto round negoziale tra Londra e Bruxelles, dopo quattro round quasi totalmente infruttuosi, e al Consiglio europeo di ottobre i leader dell’Ue dovranno decidere se ci sono stati sufficienti progressi nel definire le condizioni di recesso del Regno Unito dall’Ue per poter iniziare a parlare di future relazioni, come vorrebbe il governo di Londra. Su questo Commissione europea ed
Le tappe dell’uscita
1
Referendum
Il 23 giugno 2016 prevalgono i favorevoli all’uscita (51,9%) sui contrari (48,1%)
Articolo 50
Il 29 marzo 2017 Theresa May attiva la procedura di uscita
Bozza di accordo
Entro l’ottobre del 2018 dovrebbe essere pronta la bozza di accordo tra Ue e Gb
4 5
Addio Ue
2 3
Il 29 marzo 2019, con o senza accordo, il Regno Unito è fuori dall’Unione
Nuovi rapporti
Partirà poi un altro negoziato, più lungo che regolerà i nuovi rapporti
Europarlamento sono state chiarissime: i progressi non sono sufficienti.
La Brexit non è un processo che riguarda solo i governi o le aziende. Riguarda anche i cittadini, e in particolar modo i 4 milioni e mezzo di cittadini europei che oggi hanno un futuro incerto a causa dell’irresponsabilità dei populisti. Per questo è importante che a discutere il tema non siano solo i leader nelle riunioni a porte chiuse del Consiglio, ma anche il Parlamento europeo, che sulla questione ha tenuto un dibattito martedì nella sessione plenaria a Strasburgo.
IL PARLAMENTO EUROPEO HA UN ATTEGGIAMENTO COSTRUTTIVO MA TERREMO CONTO DEGLI INTERESSI DEI NOSTRI CITTADINI
Per la gran maggioranza di noi eurodeputati servono certezze sul destino di cittadini comunitari che vivono e lavorano in Gran Bretagna, così come sugli inglesi che vivono in altri Paesi Ue. Su questo non siamo disposti ad accettare discriminazioni, né tattiche dilatorie che, con la scusa di periodi transitori, prolunghino lo stato di incertezza. In secondo luogo serve al più presto un accordo che preservi la stabilità del confine tra Irlanda e Irlanda del Nord. Una stabilità ottenuta a un prezzo altissimo grazie all’Unione europea e su cui nessuno vuole tornare al passato. Infine il governo di Londra deve accettare gli impegni finanziari sottoscritti con il bilancio comunitario, perché non si possono far ricadere sugli altri contribuenti europei le scelte dei cittadini britannici.
Il Parlamento europeo ha scelto un atteggiamento costruttivo, ma per chiunque abbia seguito il dibattito di martedì non ci possono essere illusioni sulla possibilità di trovare scorciatoie con accordi sottobanco tra governi. La Brexit è una questione europea e sarà affrontata alla luce del sole negli interessi di tutti i cittadini europei.
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#10anniPd
Dieci anni
Il nuovo Pd è nato. E ora si trova davanti a un bivio storico

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Biagio De Giovanni
Segue dalla prima

33Quasi nessuno dei personaggi che avevano tenuto banco nei decenni precedenti aveva voluto abbandonare il campo e magari guidare un cambio di generazione che è un elemento decisivo del rinnovamento di una politica, altrimenti lo sguardo è sempre rivolto all’indietro. L’immagine data fu più quella di un trasloco con masserizie di casa che l’altra di una nuova nascita. Da tempo la mia tesi è che il 1989, con la caduta dell’Urss, ha segnato la fine della storia della grande sinistra italiana per come essa aveva pensato l’Italia e il mondo.
la
44Il primo taglio netto con vecchia storia esaurita è sta-anomala l’idea della collocazione auto-
Roma – 14 ottobre – ore 10:30
2007-201710ANNIPD
to quello dato, con forbice
noma di un partito che per di più è nato
Teatro Eliseo via nazionale
appuntita, da Matteo Renzi.
su un distacco radicale dal passato? Non mi appresto a nessuna
Chi ha paura di questa autonomia? Chi apologia, ma la scossa è venu-
non ha la forza di portare avanti la sua ta da lì, e o da lì si riparte o si entra in
battaglia, vincente o perdente che pos-confusione. Il nuovo Pd nasce lì per la
sa essere. E peraltro la condizione per prima volta, e mi pare che il suo destino
vincere è farla. E se si perde, la battaglia
sia legato alla possibilità di dar corpo a quella svolta o di annegare tra le macerie non digerite del passato: tertium non datur. Si delineò, allora, una energia costituente vincente che iniziò a ricercare lo spazio che doveva occupare un parti-
walter veltroni
to moderno, agile, capace di decidere su
paolo gentiloni
temi difficili (art. 18 ambiguo emblema
matteo renzi
della “sinistra”, reinterpretazione demitizzata del mercato del lavoro e della Costituzione, messa in angolo della vecchia concertazione, diritti civili etc), collocato in una prospettiva che, per tradizione lessicale, chiamiamo di centro-sinistra e che fu definito da Renzi “Partito della nazione” per indicare un partito capace di fornire una rappresentazione della Italia nel complicato orizzonte europeo che non è affatto dato, ma si costruisce nella tesa dialettica tra stati e nazioni e mai come ora pone questioni di tipo ultimativo. Non mi infilo nel discorso se sinistra e destra siano parole che hanno ancora un senso. Ma so che poggiare tutto su questo classico contrasto storico finisce con il costituire un paraocchi ideologico che conduce in un vicolo cieco. Il tessuto del nuovo Pd non poteva essere nè quello
nostalgico e residuale di un pci senza il PCI né quello di una per la prima volta costituenda socialdemocrazia italiana, come se la storia fosse ferma al palo, in attesa di un evento che magari –ma non è affatto detto- doveva avvenire molti lustri prima. La storia d’Italia era andata diversamente, e d’altra parte dappertutto in Europa la vecchia socialdemocrazia mostrava e mostra la corda, e in vari modi va verso inarrestabile declino.
55I nemici sono annidati dappertutto, anche a “sinistra” e bisognerà distinguere in quel mondo. In molti casi linguaggi opposti, vedute opposte sulla funzione del partito, diverse visioni delle riforme necessarie Il Pd è il Pd, un partito che combatte la sua battaglia con una veduta che deve diventare sempre più chiara sul destino dell’Italia. E’ il punto di equilibrio democratico contro i populismi. E’ diventata così
continua, alla condizione di elaborare una cultura politica, questo per davvero tema del prossimo decennio.
66Qui si annidano veri nemi
ci.
I Cinque Stelle, un caso di vera patologia della democrazia, un qualunquismo populistico ancor più pericoloso di quello salviniano che
almeno ha il dono della chiarezza. L’ir
cocervo di Grillo che dice e disdice, è il vero avversario da battere e forse serviranno anni e non dovranno esservi cedimenti o inseguimenti. In questo quadro il Pd deve costruire se stesso, la propria identità di partito riformatore. A difesa di una democrazia rappresentativa da rinnovare, non da rigettare con il nuovo elitismo autocratico della rete. Nel quadro di un sistema europeo che, a vista d’uomo, sarà governato dai grandi Stati (ritorna la Francia) e dove la questione non è combattere la Germania senza la quale l’Europa non esiste, ma costringerla a un ruolo “europeo” e l’Italia può molto in questa direzione.
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Giornata nazionale per le vittime sul lavoro agenda
Morti sul lavoro, non abbassare la guardia
di Antonio Boccuzzi
La prima “Giornata Nazionale del Mutilato” si tenne a Roma il 19 Marzo 1951 e per l’occasione, il giorno precedente l’allora Presidente Nazionale ANMIL Bartolomeo Pastore tenne un discorso di presentazione dell’iniziativa alla radio, fatto di eccezionale rilevanza per l’epoca. Lo scopo era, è e sarà quello di ricordare all’opinione pubblica, alle Istituzioni ed alle forze politiche la necessità di concentrare la propria attenzione sulla sicurezza nei luoghi di lavoro e di garantire la giusta tutela alle vittime del lavoro e alle loro famiglie. Siamo oggi alla 66a edizione di una giornata diventata momento fondamentale per parlare di sicurezza sul lavoro. Lo spirito della Giornata è rimasto invariato in oltre mezzo secolo, sebbene si sia arricchito di nuove, legittime istanze: oggi costituisce un doveroso
momento di riflessione sul sacrificio di chi ha perso la
vita nello svolgimento della sua professione, nonché un’occasione per rivendicare la centralità dei diritti di ogni lavoratore. Il lavoratore, padrone anch’esso dell’impresa come
nella definizione di Giorgio
La Pira, padrone perchè padrone del mestiere La normativa italiana sulla salute e sicurezza sul lavoro è oggi incentrata su una norma, il Decreto legislativo n. 81 del 9 aprile 2008, fortemente voluto dal Governo Prodi e dai ministri Damiano e Turco, tanto che fu approvato a pochi giorni dalle elezioni politiche del 2008 e dal Consiglio dei Ministri in carica solo per l’ordinaria amministrazione. E’ sentire comune a molti, che parliamo della migliore legislazione a livello europeo Una normativa che si è evoluta nel tempo, nel 1859 prima dell’Unità d’Italia fu approvata la prima legge che regolava il lavoro in miniera, nel 1886 fu approvata la legge sul lavoro dei fanciulli e l’Assicurazione contro gli infortuni ( oggi l’Inail ) Con la legge del 22 dicembre 1947 nasce la Costituzione e quello che per me è uno dei capolavori dei nostri
padri costituenti, l’articolo
41:
“l’iniziativa privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale
o
in modo da arrecare danni alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana”. La parola d’ordine deve essere lotta al sommerso,
per sconfiggere le morti
bianche e prevenire gli infortuni sul lavoro. Occorre creare un modello innanzitutto in grado di prevenire. Repressione nei confronti dei trasgressori da una parte, anche con misure straordinarie, ripristino di diritti dei lavoratori e soprattutto consapevolezza negli stessi che un diritto può essere tale.
Si può quantificare quanto
possa valere la vita umana? Al tempo degli schiavi d’America forse sì, in quelle parti del mondo dove viene considerata un bene da scambiare per poter mangiare, ma nel nostro Paese possiamo stabilire un valore? Da qualche parte si scopre che questo dono prezioso, inestimabile, vale due euro all’ora. Si prova uno strano senso di confusione,
una difficoltà apatica ad
accettare una tragedia nella tragedia, ma sta di fatto che il dono divino che dovrebbe essere valorizzato vivendo, si scopre abbia un bassissimo valore nella morte nei campi, nei sottoscala, tra arance e pomodori. Morire in una realtà morta, perché mai esistita, un luogo di lavoro fantasma che ha inghiottito l’esistenza delle vittime, ma anche la coscienza di chi ha contribuito perché questa tragedia accadesse. La contrapposizione, quantomeno nella variazione cromatica alle morti bianche, il fenomeno del lavoro nero. Dobbiamo unire le forze per non disperdere energie in un Paese spesso distratto e soffocato da una grave crisi economica che potrebbe indurre a diventare indulgenti verso un meccanismo deleterio e pericoloso che vede progressivamente abbassare l’asticella dei diritti; il bisogno di lavoro è forte e il rischio di perderlo potrebbe portarci ad accettare condizioni incivili pur di lavorare e sopravvivere.
#terrazzaPd Oggi alle 18.00
“Il futuro è nei piccoli comuni”
con
Matteo Ricci
Responsabile Enti locali Pd
Lunedì 9 ottobre ore 17.00
via Masserano 6, Torino
Verso la conferenza programmatica del partito democratico
Incontro pubblico con
Simona Malpezzi, Umberto D’Ottavio Gianna Pentenero
#OreNove
SEGUI LA DIRETTA SULLA PAGINA FACEBOOK DEL PD
Mercoledì 11 ottobre ore 18.00
Ezio Mauro Matteo Renzi
presentano il libro di
Piero Fassino
Pd davvero
Roma Eventi Piazza di Spagna via Aliberti, 5A (Roma)
Lunedì 9 ottobre ore 9.00 con
Luigi Marattin
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