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Democratica

Della Redazione Di Democratica

n. 34 venerdì 22 settembre 2017
“Si richiedono scelte nuove, se non vere e proprie svolte, nella politica economica e finanziaria delle istituzioni europee” (Giorgio Napolitano)
Sorpresa Istat
Economia L’Istituto di statistica: la riduzione del rapporto debito/Pil era già cominciata nel 2015. Ancora più chiaro l’effetto delle riforme
PAGINA 2
L’EDITORIALE

La conferma di una ripresa solida
Marco Fortis
LLa ripresa economica si fonda su importanti fattori strutturali e su azioni di rialzo degli investimenti e dei consumi privati, e non solo su “traini” esterni tali o presunti, come hanno spesso sostenuto i critici in modo strumetale.
SEGUE A PAGINA 2

M5S
LA NUOVA RIVISTA PD
PENSIERI E PAROLE
NUMERO 1
AUTUNNO 2017
I nuovi guai
Giuliano
“Manipolare è
ELEMENTI DI
POLITICA EUROPEA
E INTERNAZIONALE
fra Torino
Ferrara su
un vizio antico”
e “buffonarie”
EYU magazine
Parla Panarari
PAGINA 3
PAGINA 5
PAGINA 6
22
Mercoledì 30 settembre 2999
L’ Istat ha operato rilevanti revisioni sui valori e sulle di-namiche del Pil italiano nel 2015 e 2016 che si possono così riassumere: a valori correnti il Pil 2015 è stato rivisto al rialzo di 6,7 miliardi di euro e quello del 2016 è stato valutato più alto di 8,1 miliardi rispetto alle precedenti stime di marzo 2017; in termini reali l’aumento del Pil 2015 è stato rivisto al rialzo di 0,2 punti percentuali da +0,8% a +1%, cioè la cosiddetta crescita dello “zero virgola”, su cui tanti hanno lungamente polemizzato, era già finita nel 2015 (lo sappiamo solo ora ma meglio tardi che mai); il rapporto debito/Pil era già sceso nel 2015 in pieno Governo Renzi dal 131,8% a 131,5% (per poi risalire leggermente nel 2016 a 132%, re-stando sostanzialmente stabile): un calo del rapporto debito/Pil dell’I-talia non accadeva dai tempi del Governo Prodi e di Padoa Schioppa; Marco Fortis Segue dalla prima
come conseguenza delle revisioni verso l’alto dei Pil a valori correnti del 2015 e del 2016, la curva storica del rapporto debito/Pil si è abbassata strutturalmente di circa 0,5-0,6 punti percentuali negli ultimi due anni rispetto alle precedenti stime;
la crescita dei consumi delle famiglie del 2015 è stata rivista al rialzo di ben 0,5 punti percentuali da +1,5% a +2% (alla faccia di chi ha sempre detto che gli 80 euro non servono…);
nonostante il significativo rialzo del 2015, la crescita del Pil del 2016 è stata confermata a +0,9%, il che vuol dire che è stata comunque solida perché seguiva un ottimo +1%;
anche i consumi delle famiglie del 2016 sono stati rivisti al rialzo di 0,2 punti percentuali, da +1,3% a +1,5% confermando dunque di continuare a risentire positivamente dei buoni effetti dei tagli delle tasse e della crescita della occupazione;
ultimo ma non meno importante fatto: la pressione fiscale è scesa dal 43,6% del 2013 a 42,7% nel 2016.
Queste revisioni dei dati Istat di contabilità nazionale, qui solo sommariamente sintetizzate, confermano che le misure di politica economica varate dal Governo Renzi e proseguite dal Governo Gentiloni hanno dato e stanno dando un contributo decisivo al consolidamento
della ripresa economica italiana. Ripresa che si fonda su importanti fattori strutturali e su azioni importanti a favore del rilancio degli investimenti e dei consumi privati. E non solo su “traini” esterni, tali o presunti, come hanno spesso sostenuto i critici in modo strumentale per sminuire misure come gli 80 euro, i tagli delle tasse, il Jobs Act e le decontribuzioni, il superammortamento e piano Industria 4.0, ecc. I buoni dati attesi per il 2017 non faranno ora che irrobustire ulteriormente la crescita economica italiana. LEGGI SU DEMOCRATICA.COM
Focus Movimento 5 Stelle
Nuovi disastri a 5 Stelle
G7 di Torino, pasticcio internazionale
Così la Appendino scappa dall’imbarazzo
Caos e ritardi La triste fine delle buffonarie
L’incoronazione di Di Maio si trasforma in una farsa
Democratica CONDIVIDI SU
AAlle fine il pasticcio è stato fatto e ormai si può fare ben poco per recuperare. Torino ha ceduto alla paura e agli interessi politici di chi la sta amministrando. Il G20 di Amburgo era appena finito con duecento agenti feriti, il drammatico bilancio della notte di Champions a piazza San Carlo pesava come un macigno. Le pressioni dei centro sociali che sostengono la sindaca e il Movimento 5 Stelle si facevano sempre più pesanti. Da qui la decisione di spostare il vertice del G7 dal Lingotto alla Reggia di Venaria, mandando all’aria quella che sarebbe potuta essere una vetrina per la città.
Decisione che è stata contestata nel merito dal presidente della Regione Piemonte Sergio Chiamparino: “Perché vietare agli ospiti internazionali la visita ai luoghi simbolo di Torino? No c’è proprio nulla da temere, è una decisione che ci fa solo male”.
Così, in poche ore, è scattata la corsa contro il tempo di imprenditori, industriali e commercianti per riparare il riparabile. “Chiediamo al governo di riaprire il programma degli eventi collegati al vertice del G7 e restituire a Torino il ruolo che merita”. Incredibilmente firma anche la sindaca Appendino che, contestualmente, rilascia un’intervista alla Stampa in cui sostiene che “non si poteva bloccare un intero quartiere per sei giorni”.
E che, soprattutto, fa sapere che all’arrivo delle delegazioni dei ministri lei lascerà la città per “sopraggiunti impegni istituzionali a Madrid”. Forse vuole togliersi dall’imbarazzo di dover decidere se sfilare o meno insieme ai No Tav e ai suoi compagni di partito per le strade della città che indegnamente sta amministrando.
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CChi garantisce la veridicità del voto? E’ questa la domanda che rimbomba nella testa dei grillini. Ciò a cui abbiamo assistito nelle ultime ore ha davvero dell’incredibile. Siamo ai tempi supplementari. Dopo il “primo
upgrade” con cui nel pomeriggio di ieri il blog ha prolungato
dalle 19 alle 23 l’orario di votazione sul web per la premiership,
un “secondo upgrade” nella tarda serata di ieri ha raddoppiato
le giornate di votazione anche oggi dalle 8 alle 12. La decisione
è stata presa dopo le proteste degli iscritti che avevano lamen
tato di non aver potuto votare e/o di non aver capito se il voto
espresso fosse stato regolarmente registrato e acquisito.
I giornali attaccano senza pietà. Su Repubblica Claudio Tito os
serva con ironia come la legge del contrappasso si sia abbattuta
sul MoVimento: “In un giorno i grillini sono riusciti a smontare i
miti su cui hanno costruito il loro successo”. Ma non solo, c’è chi
vede proprio in questa debacle annunciata una crisi di identità,
o
meglio, i nodi che stanno venendo tutti al pettine. Non siamo stati noi a dirlo, sono stati loro a spiegarcelo per mesi durante la campagna elettorale del 2013. Lo ricorda molto bene Mattia Feltri nel suo Buongiono: “Non capite l’essenza della rivoluzione, diceva Grillo, ragionate male, antico, siete morti, non c’è leader, se cercate un leader prendetevi un Gps, il leader è il Movimento”. Che cosa sia cambiato oggi, non è stato spiegato. Ma è un processo che avrebbe dovuto davvero essere condiviso e capito dai militanti. Oggi invece, inferociti, davanti ad una tastiera, non possono far altro che constatare la fine della democrazia diretta in salsa grillina.
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Qui Livorno Nuova puntata della saga Nogarin Qui Roma La Raggi scarica le colpe… su se stessa
Mondo.com
Germania al voto Con alcune certezze e tante (grandi) incognite

Stefano Cagelli CONDIVIDI SU

NNel 1998 un logoro e stanco Helmut Kohl, giunto alla sua quinta campagna elettorale dopo sedici anni alla guida della Germania federale, confidava ai suoi che “la voglia di cambiare governo era percepibile e tangibile nell’elettorato tedesco”. Una previsione confermata dalle elezioni, che incoronarono la Spd di Gerard
Schröder primo partito con oltre il 40 per cento dei voti. Un traguardo
e uno scenario che sembrano lontani anni luce. Il quadro, in vista del
le elezioni federali di domenica, è per certi versi molto chiaro. L’Unio
ne cristiano-democratica guidata da Angela Merkel sarà riconferma
ta primo partito. Al secondo posto arriveranno i socialdemocratici di
Martin Schulz.
I veri dubbi riguardano le distanze che separeranno i vari partiti
tra loro. Altra incognita: quale sarà il terzo classificato? Infine, chi si
alleerà con la Cdu-Csu per sostenere il governo? Sondaggi alla mano,
l’Union vincerà le elezioni con il 36-37% dei voti. La Spd, molto stac
cata, con il 22-23%, peggio del 2013, quando il candidato era il “grigio”
Peer Steinbrück. Dietro di loro quattro formazioni tutte accreditate
con percentuali che vanno dal 7 al 12%. Nell’ordine i populisti di de
stra di Alternative für Deutschland, la sinistra radicale della Linke, i
verdi e i liberali.
Difficile quindi rispondere al quesito “chi sarà la terza forza nel
Bundestag”, anche se sembra favorita l’estrema destra di AfD, che sta
risalendo la china in maniera preoccupante grazie alla virata estremi
sta conseguente all’uscita di scena di Frauke Petry. Ora, giusto per far
si un’idea, il più anziano dei due candidati alla Cancelleria (il 76enne
Alexander Gauland) è uno che va in giro dicendo che i tedeschi “devo
no essere orgogliosi di come si sono comportati i propri soldati nelle
due guerre mondiali”. Il fatto che un partito del genere si appresti a
entrare in Parlamento è già di per sé una novità rilevante perché nel
dopoguerra nessuna formazione a destra della Cdu era mai riuscita nell’intento. Un dato che, inevitabilmente, finirà per condizionare il dibattito pubblico in maniera determinante.
Quando all’altra incognita, “con chi formerà il governo Angela Merkel?”, le opzioni sembrano ridotte a due. Per la terza volta su quattro mandati dal 2005 a oggi, ci potrebbe essere una riedizione della Große Koalition con la Spd. L’unica alternativa praticabile sembra la cosiddetta Jamaika-Koalition un’alleanza a tre Union-liberali-verde.
Il problema è che, se saranno larghe intese, con questi numeri i socialdemocratici arriveranno molto male al tavolo delle trattative per la formazione del governo. Molto peggio di quel che si poteva immaginare fino a qualche mese fa quando la candidatura di Martin Schulz suscitò inedite speranze. Rivelatesi del tutto vane. Mai come quest’anno alla Willy Brandt Haus si pensava di poter insidiare il trono della Kanzlerin. Le emergenze migranti e terrorismo, la fisiologica stanchezza nei confronti di una figura ormai da dodici anni al governo, gli scandali del Dieselgate: tutti fattori che sembravano spalancare le porte al cambiamento. Ma Schulz ha commesso un errore di visione che si è rivelato letale, impostando una campagna elettorale molto critica nei confronti delle politiche economiche dalla Cdu, ponendo l’accento sulla necessità di maggiore giustizia sociale e su un riequilibrio fiscale tra i vari settori economici.
Ma se c’è una cosa che i tedeschi non possono rimproverare alla Merkel è di non aver saputo gestire al meglio gli anni della crisi globale. Il ceto medio ha risposto alle provocazioni di Schulz con un simbolico “Keine linke Experimente!” (nessun esperimento a sinistra) e ha scelto di rinnovare la fiducia nella Cancelliera che chiude il suo terzo mandato con un tasso di disoccupazione pari al 5,5% e promette di portarlo, nei prossimi quattro anni, al 3%. E la Spd si è ritrovata chiusa dal senso di stabilità da una parte e dall’opposizione dura e pura dei populisti dall’altra. Il rischio è che altri quattro anni da trascorrere in precario equilibrio tra maggioranza e opposizione possano finire per erodere anche il consenso rimasto.
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SU DEMOCRATICA.COM
Firenze accoglie Theresa May Nardella: “Noi vogliamo un’Europa forte”
“F“Firenze città europea città. Per noi oggi è l’occasione, una volta del dialogo e capitale di più, per affermare con orgoglio la nostra della cultura dà il determinazione a costruire una Europa benvenuto al primo ministro sempre più forte, unita e plurale. Un’Europa dei britannico Theresa May che popoli e delle città, libera e capace di realizzare ha scelto il cuore storico il sogno di chi con coraggio seppe guardare
dell’Europa per il suo importante discorso. al futuro dalle macerie della seconda guerra Un evento che conferma il profondo legame mondiale. Non possiamo tradire quel sogno e culturale tra il popolo inglese e la nostra gli ideali che lo accompagnano”.
Il Partito

NUMERO 1
AUTUNNO 2017

ELEMENTI DI POLITICA EUROPEA E INTERNAZIONALE

QUASI AMICI

Un nuovo luogo di pensiero, cultura e politica
CCari amici,
Sono orgoglioso di presentarvi EYU
Europe Youth Utopia, rivista stagionale
della nostra Fondazione e tassello ulteriore dell’intensa attività politico-culturale che
finora abbiamo cercato di svolgere al meglio,
intraprendendo numerose iniziative e offrendo una parola diversa a un dibattito spesso troppo autoreferenziale. D’altronde, pur rimanendo salda la nostra prospettiva riformista, il senso di questo periodico è proprio quello di ampliare l’orizzonte del confronto dando spazio a letture
non scontate e omologabili della realtà, della
scena politica e dei fenomeni culturali.
Il tema centrale di questo primo numero (che potete trovare qui in formato digitale e presto anche in versione cartacea) è la politica
europea ed internazionale, con l’obbiettivo di
fornire ai lettori nuovi elementi di valutazione e comprensione riguardo ai fronti più interessanti: dall’America di Trump alla Russia di Putin, dalla vigilia del voto in Germania alla Gran Bretagna post Brexit ed elezioni; passando per la Francia di Macron, lo sguardo di Papa Francesco e la situazione mediorientale, nonché le prospettive del continente africano ed europeo.
È presente, inoltre, una seconda parte più generale e dedicata a temi di cultura e società, dalle interviste a personaggi di spicco ai con
sigli di lettura, dall’approfondimento filosofico
alle recensioni di musica e serie tv. Troverete questo e molto altro nella nostra rivista, e a me non resta altro che augurarvi una
buona lettura!
Un caro saluto
Francesco Bonifazi
Presidente Fondazione EYU
Make Politics Great Again
Giuliano Ferrara CONDIVIDI SU
SSe lo spirito conservatore è adesione a un sistema tradizionale di regolamento dei conflitti, un conservatore serio non può non essere anche un liberale, e tra i liberal non radicalizzati dal poli
ticamente corretto non può non esprimersi
anche una sfumatura conservatrice. Trump
è un sedizioso, uno che ha usato con mae
stria ma come una clava la peggior specie
di demagogia populista americana, dunque
un estraneo, un intruso, e per di più un im
postore, una maschera che illude, imbroglia
e non può fare altro che mantenere le sue
peggiori promesse parolaie senza combina
re alcunché di significativo. Di qui la strana
ma promettente alleanza antidemagogica,
in difesa del primato della decenza, tra con
servatori e liberal in America, e nel mondo,
in opposizione al confidence man, all’uomo
di fiducia, il personaggio che nel romanzo di
Herman Melville intorta della sua avidità e
della sua truffa metafisica, con mille trave
stimenti, i viaggiatori di un bastimento che va via placido in una sola giornata sul fiume Mississippi. Sempre più solitario nella sua corsa televisiva e social-mediatica, un circo come un altro, ma di risonanza planetaria, l’uomo di fiducia è tuttora operativo ma la bolla della sua credibilità elettorale, sette mesi dopo l’inaugurazione della sua presidenza, si è sgonfiata.
Che fare adesso? Trump è stato reso possibile dalla sconfitta del Grand Old Party, sommerso dalla paccottiglia della Tower e travolto dalla retorica dell’American carnage nata sotto le sue stesse ali, e dalla sonora disfatta dei democratici, che hanno offerto un modello di flaccida vicinanza morale, Stronger Together, invece che un soli
do progetto di guida politica e civile. I conservatori dovrebbero riflettere sui loro cedimenti, sulla loro low energy, come la chiamò il rutilante maestro del comizio e del reality. E dovrebbero riaffermare quello che nell’esercito, nella chiesa e tra i bravi domestici si chiama privilege to serve, la vocazione alla guida politica come servizio in nome del realismo e della cultura. I liberal dovrebbero sgombrare dalle loro spalle il fardello della
correttezza, e riscoprirsi avventurosi progressisti, gente inquieta e menti aperte al futuro invece che banali distruttori di statue e simboli del passato, arcigni tutori della legittimità della storia intesa come versione semplificata delle inclinazioni del presente. Trump, con tutta la pericolosità del suo essere un presidente la cui follia è vigente ma le cui competenze sono per fortuna nelle mani di generali, giudici indipendenti e funzionari, a qualcosa di utile può dunque servire. Restituirci, cioè, una destra conservatrice e una sinistra riformatrice in grado di dialogare, di intrecciarsi, di ibridarsi addirittura, di offrirsi un reciproco scambio di criteri e di valori, di ricostruirsi dopo la grande buriana.
È una questione che riguarda tutte le sinistre e le destre nel mondo occidentale, per lo meno. Con l’elezione di Macron e la prossima vittoria presuntiva della Merkel potrebbe dirsi ricostituito il terreno, che è di destra e di sinistra, della politica first, make politics great again, unico antidoto anche in Italia al casino familista e affarista della presidenza peggiore della storia americana, sulla cui scia si sono messi in modi vari i più nani tra i nani del populismo europeo e nazionale.
Pensieri e parole
Non solo Grillo Manipolare è un vecchio vizio

Mario Lavia CONDIVIDI SU
interviSta con maSSimiliano panarari

NNon si fa che parlare di fake news, di “verità” inventate di sana pianta, di pericoli di sottomissione dell’opinione pubblica alla Rete: eppure a leggere il suo saggio “Poteri e informazione” (Le Monnier) il problema della manipolazione del consenso non nasce certo oggi. Il suo saggio è imperniato sull’Italia liberale, partiamo di lì. La manipolazione è un pezzo della costruzione dell’egemonia della borghesia in ascesa, parliamo della metà dell’Ottocento. Allora la società era in gran parte analfabeta, quindi si tratta di un’operazione elitaria veicolata da giornali e gazzette, dalla massoneria e dai salotti. Più tardi, quando l’opinione pubblica comincia a differenziarsi al suo interno, l’azione manipolativa diventa più forte, e inizia davvero la modernità.
È il momento in cui si scatenano le lotte per il possesso dei
giornali. Professore, niente di nuovo sotto il sole…
Certo, è da lì che partono le commistioni fra giornali, grandi industriali e pezzi di istituzioni pubbliche. Si formano fondi neri, è il momento dei giornalisti prezzolati e della censura, che è una forma della manipolazione. Capisco che sono cose che ci parlano anche dell’oggi… La verità è che la manipolazione è una costante nella storia d’Italia. Per una ragione fondamentale: perché le classi dominanti, e i loro partiti, hanno sempre visto la questione sociale con fastidio, come una questione di ordine pubblico. E’ per questo che i partiti al potere hanno sempre avuto il problema di sedare, sopire, nascondere quelle problematiche che avrebbero potuto creare lo scontro sociale, turbando l’ordine pubblico. Di qui la manipolazione.
E le forze di opposizione che facevano? La sinistra come si
muoveva?
La sinistra è stata a lungo diffidente verso i media, non è mai stata a proprio agio con la tecnologia che è alla base della diffusione del sistema mediatico…
Il Pci che era contro la televisioni a colori.
Sì, ma anche un uomo come Ugo La Malfa lo era. Perché avevano un pregiudizio umanistico-culturale – e anche il mondo cattolico avanzato lo aveva – verso quegli strumenti “moderni” che veicolavano merci e valori propri delle classi dominanti, e che in effetti erano in mano al capitalismo. Una diffidenza culturale e psicologica. E dunque la sinistra su questo terreno ha sempre inseguito e spesso ha perso.
Oggi c’è Internet. Che ha cambiato tutto. È di destra o di sinistra
Internet?
Internet è uno strumento, il problema sono i contenuti di questo strumento. L’idea della democrazia del web è mitica, è ideologia pura. Stiamo vedendo cosa succede al M5S, alla mitica piattaforma Rousseau… Quello che in questo momento balza agli occhi è che la Rete può
essere, e spesso è, un formidabile mezzo manipolativo. I Cinque Stelle lo hanno capito e ne fanno questo pessimo uso. La loro democrazia basata sul clic non esiste.
Quindi la Rete non ri-unifica l’opinione pubblica? Ammesso che si possa ancora parlare di un’opinione pubblica.
No, non c’è più una sola opinione pubblica. Oggi è frammentata, ci sono opinioni pubbliche diverse. Come diverse monadi, ognuna è convinta di poter leggere in modo autonomo i fatti pubblici, la realtà che ci circonda ma in realtà le singole opinioni pubbliche sono oggetto di manipolazione forte proprio perché non esiste più uno scambio dialogico, una circolazione democratica delle idee. Di qui, sul web si arriva a una vera tribalizzazione senza dialogo e infine alla trasformazione in ultras, i famigerati haters. Vince la cultura del narcisismo in cui ci si autorappresenta aggredendo gli altri.
E i leader politici a chi si rivolgono?
Prima di tutto alla propria tribù, a segmenti di una società ormai destrutturata. E lo fanno necessariamente aumentando la propria capacità “spettacolare”. Questo fanno i capi politici più spregiudicati: poi uno va a vedere cosa c’è dietro e si domanda: ma cosa propongono realmente?
Come ci si difende da queste tendenze inquietanti?
I progressisti hanno un solo modo per rispondere: promuovere una forte crescita culturale del paese. Mettere le persone in condizione di potersi formare autonomamente, ma insieme agli altri, un’opinione critica rispetto all’esistente, analizzando non quello che appare ma quello che è, ponendosi sempre una domanda in più rispetto al messaggio che ti viene dato dai media. Questa è la nuova frontiera della sinistra al tempo di Internet; capire che l’emancipazione umana passa attraverso la crescita cognitiva e culturale.
Come sempre, Panarari, alla sinistra spetta la parte più difficile…
È così. È molto più facile semplificare, come fanno i populisti e i demagoghi come Beppe Grillo o Matteo Salvini. È molto più difficile una battaglia per dare alle persone strumenti efficaci per comprendere le cose complesse. Ma non vedo altre strade.
LEGGI
SU DEMOCRATICA.COM
Chi è
Massimiliano Panarari sociologo della
comunicazione, autore di numerosi saggi
sull’informazione e la politica. L’ultimo
libro è “Poteri e informazione – Storia della
manipolazione politica in Italia 1850-1930”
(Le Monnier-Mondadori)
Dal Partito Per il Partito
Festa de l’Unità di Imola 24 settembre ore 17.00 Area Festa Matteo Renzi DOMANI Arena Dibattiti Centrale ore 18.00: #ITALIA2020 – Partito Democratico con Matteo RICHETTI, Gianni CUPERLO modera Emilia PATTA Arena Dibattiti Centrale ore 22.00 #ITALIA2020 – Insieme con Andrea ORLANDO, Lorenzo GUERINI modera Alessandro DE ANGELIS Festival dell’Unità di Roma
Arena Dibattiti Centrale
ore 21.00 #ITALIA2020 Le donne fanno la differenza con
Maria Elena BOSCHI Monica MAGGIONI Maria Patrizia GRIECO
modera
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