Di Vittorio Venditti
(Foto), Prese Da Facebook Da Salvatore Di Maria
La Mafia Si Combatte Anche Così!
Finalmente dovremmo essere arrivati alla resa dei conti: Martedì prossimo infatti, devo andare a rispondere al giudice delle indagini preliminari Giampiero Scarlato, del reato di diffamazione nei confronti di Angela Testa: [download id=”1250″ format=”2″]. E’ un momento che attendevo da sèi anni e che quindi già mi ripaga dello sforzo fatto per difendermi e per questo mi leverò innanzitutto la soddisfazione di porre in atto ciò, proprio di fronte a chi rappresenta il Sistema chiedendo l’archiviazione per legittima difesa o in subordine per non aver commesso il fatto: Ma come intendo farlo? Di seguito la mia memoria difensiva.
Esimio Giudice, Quando Lei riceverà questo documento, saranno passati giusto sèi anni e sèi giorni dalla ragione per la quale sono stato costretto a “diffamare”, (dice la mia controparte), “ad esigere la giustizia che mi spetta” (propongo io), chi in precedenza aveva compiuto nei miei confronti un altro reato, obbrobrioso, ma dalle Leggi italiane trascurabile, quale quello dell’intimidazione: qui per rileggere quello che sul cartaceo sarà la nota 2<, (di seguito le note saranno solo numerate). Mentre pubblico questo documento, sono passati esattamente sèi anni da quanto appena rimesso in link per la Rete e nota per Lei e quella sera avrei avuta la possibilità di chiudere l'argomento sul nascere, ma io credo disgraziatamente nel fatto che uno Stato che abbia una Costituzione come quella italiana, possegga anche il potere della Giustizia, cosa che fino ad oggi a me è stata più volte spudoratamente negata. La mia controparte quella sera ha tentato di tacitarmi perché io, su richiesta dell'allora Sindaco di Gambatesa Emilio Venditti, avevo attivata una campagna stampa e web per la riconquista del nostro Castello che doveva venir chiuso al pubblico in quanto il precedente custode stava andando in pensione. (qui quell’inizio: 3). Come detto, avrei potuto chiudere la questione perché al dire della mia controparte in merito a ciò che stavo facendo per il bene di un monumento che è di tutta Gambatesa e può dar da vivere a quei giovani e meno tali che ne sono da allora e tutt’oggi i veri Custodi: “Non ti permettere di farlo! sono stufa di leggere tutto quello che succede a Gambatesa, ascoltato nei bar, sui blog; la devi smettere! io, quando vedo queste cose m’incazzo! Non ti azzardare a farlo, Perché se lo fai ti denuncio!”, (come se poi qualcuno imponesse a quella o al resto del mondo di leggere ciò che viene scritto…), avrei potuto rispondere tacitando quell’essere già allora insignificante per chi ha buon gusto, per sempre e senza nemmeno il dovermi procurare un’arma: sarebbe stato sufficiente metterle una mano in faccia turandole contemporaneamente bocca e naso ed in due o tre minuti avrei spenta quella protervia con la quale la mia controparte aveva pensato d’impaurirmi; di seguito mi sarei costituito e probabilmente a fronte di un omicidio provocato per reazione e tutte le attenuanti che ne sarebbero derivate, compresa la mia disabilità, mi sarei fatti quattro o cinque anni di arresti domiciliari e di conseguenza, tenendo conto del fatto che agli arresti ci sto da quando sono nato, (in buona sostanza anche per colpa di chi a suo tempo non mi ristorò con la giustizia che mi sarebbe spettata), avrei risolto il problema di cui sopra senza colpo ferire, anzi, con il plauso di coloro che descriverò di seguito come i risolutori del problema che sta a monte di tutta questa storiaccia. Insomma: Ad oggi, sarei Libero e Giulivo, alla faccia di ogni Legge scritta e difficilmente rispettata, come italianità vuole. Io, come già detto però, nonostante quanto da decenni patito, testardo come sono, credo nella Giustizia e nella civiltà che da questa deriva; inoltre ho una dignità da difendere e sicuramente mi darebbe fastidio venir assolto o tenuemente condannato per il mio deficit che è mio e non del resto dell’umanità. Detto questo, proprio per difendere la mia dignità, quel pomeriggio di sèi anni fa ho dovuto reagire e per questo avrei voluto presentare io querela per quanto appena descritto.
Fra ciò che mi tiene impegnato da più di trentacinque anni, vi è la disgrazia del mio essere radioamatore con tanto di patente ordinaria; questo fatto, oltre a provocarmi l’astio e tanta distruzione che mi sono stati “donati” da Gambatesa e dal Molise in genere con la loro cultura basata sulla Mafia che non spara, (lungo sarebbe discettarne qui, ma sono a sua disposizione in qualsiasi momento), mi ha permesso di conoscere gente di ogni razza, nazionalità e censo, cosa che mi ha educato a rispettare le persone al di là del loro numero di targa, di vedere gli esseri umani tutti “Uguali”, ma soprattutto mi permette oggi di divulgare con somma soddisfazione questo modus vivendi che io ritengo d’alta civiltà. Fra le persone che ho conosciute e che mi onoro di avere come amiche, ce n’è una che per il suo lavoro, da tempo si occupa di Mafia ad alti livelli ed in tutte le sue sfaccettature. Ho chiesto dunque consiglio a questa persona, (che non nomino per evitare che abbia problemi, non tanto da questo fatto, quanto dalla pubblicità che ne deriverebbe), e la risposta è stata ovvia quanto disarmante: “Se pensi di andare a querelare chi ti ha intimidito, riceverai rispetto e comprensione, ma nulla di più; ti potrebbe capitare anzi di trovarti di fronte qualcuno che ridendoti in faccia, ti spiegherà che le procure ed i tribunali hanno cose ben più importanti da trattare, che una stupida intimidazione. Dunque: Se vuoi provare a ricevere giustizia e se hai soldi da spendere e tempo da perdere, dovrai costringere la tua controparte a portarti in tribunale e lì, far valere le tue ragioni”, cosa attualizzata con il presente scritto. Ho seguito il Consiglio, approfittando del fatto che conoscevo il mio nemico, vale a dire la mia controparte.
La soluzione è venuta fuori quattro anni dopo i fatti del duemilaundici, ma prima di arrivare al punto, mi corre l’obbligo di riprendere un pettegolezzo che girava già durante il periodo nel quale stavo attualizzando la campagna “pro Castello di Gambatesa”: Si diceva infatti che si stava preparando una gara per l’arrembaggio al posto di custode presso il locale Maniero, quell’occupazione resa vacante dal pensionamento del precedente impiegato, (vedi nota 3); io non credo ai pettegolezzi e sinceramente ho voluto proprio evitare di svolgere un’indagine conoscitiva in merito, tanto mi faceva e mi fa schifo questo genere di appropriazioni indebite, punto di Mafia o male estremo da combattere con quegli estremi rimedi dei quali tratterò a seguire.
“Cru/Fidelia demon/str”
La cosa però si rendeva evidente dal fatto che la mia controparte, con la prepotenza che distingue i vetero-comunisti come lei, aveva assunto d’imperio il comando del costituendo gruppo di volontari del castello, compagine che già dall’inizio mal tollerava quell’ingombrante presenza, ma che aveva dovuto fare buon viso a cattivo gioco, proprio per la necessità di avere un numero il più alto possibile di gente impegnata nella riconquista e conseguente difesa del nostro monumento. L’imporsi di chi oggi si sente diffamata, si estrinsecava nel fatto che in qualsiasi occasione di visibilità del problema “castello di Gambatesa” o di ciò che in termini di guadagno per il paese iniziava a venirne fuori, quella e soltanto quella, soprattutto se erano presenti telecamere e o giornalisti in genere, si metteva in mostro, (ho scritto proprio in mostro), per pavoneggiarsi e tentar di dimostrare che senza il suo “operare”, nulla si sarebbe potuto realizzare in tema.
Per la serie: Non si muove foglia che Angela Testa non voglia!
Si è andati avanti fra alti e bassi e più o meno velate lamentele del resto dei volontari, fino all’undici aprile duemilaquindici, quando è scoccata la scintilla che avrebbe permesso di rivalermi sulla mia controparte: (qui il fatto di cronaca contrassegnato come nota 4). Da quel momento è partito un botta e risposta fra me e Marco Abiuso, allora ed attuale vicesindaco, nonché appartenente al gruppo dei volontari descritto sopra, discussione che metteva finalmente in chiaro l’incompetenza di chi si arrogava il diritto di comandare a bacchetta un’associazione fin troppo tollerante nei suoi confronti, con i risultati presenti, fra i quali la mancanza di un’adeguata segnalazione dei tempi e modi per poter visitare il castello, cosa risolta egregiamente a seguire, (vedi home page del sito istituzionale del municipio di Gambatesa): (5 e 6), cosa che con un comunicato stampa rimettevo anche ai giornali cartacei e web in generale, scritto che allego alla memoria che le consegno, come nota 7: [download id=”1251″ format=”2″]. Per la Legge del contrappasso, il volersi mettere in mostro, ha provocato il calcolato “aiuto” da me elargito a chi anelava a tali forme di pubblicità; per la serie: Chi è causa del suo mal, pianga sé stesso. In quel documento facevo esplicitamente il nome della mia controparte, mettendo in risalto le sue capacità d’azione, ma senza ancora arrivare a quanto stavo per fare in ottemperanza al mio proposito di farmi giustizia da solo, (vista l’assenza di chi è pagato per questo), per i fatti del duemilaundici. Sopra, ho accennato al pettegolezzo e quindi si rendeva necessario che il proposito, vero o supposto che fosse, venisse sventato: Ora o mai più! Per questo, il diciotto aprile del duemilaquindici, approfittando di un fatto contingente che vedeva comunque come convitato di pietra il castello di Gambatesa, ho deliberatamente aggiunto quanto riporto di seguito, estrapolando il tutto da ciò che si può rileggere nella nota otto o cliccando questo link.
“… Già, ma per te, scemetta scialba ed insulsa, inutile vipera frustrata che stai davanti al bar di cafter mentre io sparlo delle tue gesta inconcludenti e non hai il coraggio del confronto… gli obiettivi sono ben altri!
S’è capito con chi ce l’ho? …”.
Io in questo modo ho colpito nel segno ed ho provocata la ragione stessa della mia rivincita che si sarebbe estrinsecata di lì a qualche mese, quando anche a seguito della sveglia data dal sottoscritto con quella settimana di fuoco, per dirla con chi ha tentato d’insegnarmi la buona educazione, la mia controparte “è stata convinta a modificare il proprio modus operandi, valutando la possibilità di allontanarsi dal gruppo dei volontari e dal castello di Gambatesa tout court”, per dirla i maniera più lumeggiante: la mia controparte è stata cacciata, (a detta di più d’un componente di quella squadra anche abbastanza in malo modo), dal gruppo dei volontari del castello e da qualsiasi velleità in tema, proprio da quell’associazione che fino ad allora aveva sopportata la Nostra, sia pur mal volentieri. La controprova di quanto sto dicendo, sta nel fatto che la querela contro di me è stata presentata, non immediatamente, ma quasi tre mesi dopo quanto appena ricordato, periodo che già vedeva all’orizzonte la divisione delle strade fra il gruppo dei volontari del castello di Gambatesa e chi fino a quel momento aveva pensato di porsi una spanna più in alto dei primi. Sono convinto per questo del fatto che se quanto da me portato a termine nella settimana fra l’undici ed il diciotto aprile duemilaquindici non avesse dati i frutti da me desiderati, noi oggi non staremmo a trattare il presente tema.
Ma analizziamo il come sono arrivato a tal soluzione: L’essere umano, per la sua natura può sbagliare; ciò è capitato e tutt’ora accade anche a me che sono il primo imperfetto. Scrivendo dal settembre duemiladieci le quasi trentaduemila pagine, corrispondenti a poco più di seimila articoli che danno vita al mio sito, è normale che anch’io possa incappare nel possibile errore consistente nel far del male a qualcuno; per questo io ho da sempre esortato chi per qualsiasi ragione avesse da ridire su ciò che scrivo, a farlo, in maniera tale che là dove io sbagli, possa avere la possibilità di chiedere scusa ed in qualche modo riparare. La riprova di quanto sto dicendo, la si trova in basso a destra alla home page di gambatesaweb, esortazione di seguito riportata:
“Ai sensi della Legge 7 marzo 2001 n.62, il presente sito non rappresenta una testata giornalistica, in quanto verra’ aggiornato senza alcuna periodicita’. Non e’ finanziato con fondi di Enti, Istituzioni e/o Privati. E’ sostenuto nella compilazione dei testi in modo volontaristico, gratuito e popolare da chiunque, non costa nulla, (eccetto quanto dovuto per il dominio, a totale carico del responsabile del sito stesso), e non produce effetti economici per se o per terzi. Non puo’ pertanto considerarsi un prodotto editoriale. La maggior parte delle immagini qui inserite sono tratte dai fatti di cui chi scrive e’ testimone; se qualche immagine violasse i diritti d’autore, comunicatelo e sara’ immediatamente rimossa.”
Va da sé che ogni persona che non persegue altre finalità, sentendosi toccata, può tranquillamente e civilmente chiedere quanto sopra, comprese le scuse che io devo in caso di mio errore. E’ accaduto tutto ciò in diverse occasioni ed io ne riporto per sintesi un paio: (qui 9 e qui 10) e la situazione si è composta come civiltà e buon vivere prevedono. In quest’ultimo caso, addirittura ho ricevuti io i ringraziamenti verbali, (con l’aggiunta: “questo ti fa onore”), da parte di Marco Abiuso, atteso che mi sia accorto per tempo del mio errore e senza aspettare alcuna richiesta in merito abbia riparato a quanto erroneamente scritto. E’ capitato pure che io abbia avuta ragione di chi mi querelava, ma non posso riportare l’argomento, in quanto ho data la mia parola al mediatore che ha risolta la questione che per altro mi vedeva danneggiato; di conseguenza, tutto resta in archivio a disposizione di chi avesse voglia di leggere quanto accaduto, ma chi vorrà, dovrà fare la ricerca senza il mio aiuto. Ciò, come detto, vale quando ci si trova di fronte al buon vivere civile e non se si agisce in malafede; la mia controparte è da sempre conosciuta per il suo agire e per me è stato un gioco da ragazzi prevedere che più che confrontarsi, avrebbe scelta la sia pur legittima strada del tentare ancora una volta di far valere le proprie ragioni secondo sovietica azione, cosa che la storia ha già bocciato a livello mondiale e di conseguenza anche a livello locale, come descritto sopra.
Andando ad esibire i termini da me utilizzati per farmi querelare: Detto già della cattiveria che contraddistingue la mia controparte, (vipera),cosa che se la rende compatita da buona parte dei nostri concittadini, la allontana da Questi, me in primis, per giustificare il resto di quanto estrapolato sopra, è sufficiente guardare le foto che mostrano chi mi ha querelato, mentre si esprime pubblicamente secondo quanto da me descritto; chi si morde le mani, a detta di tutti, normalmente è frustrato; se poi tal frustrazione deriva dal non poter portare a termine quanto ci si prefigge, nulla vieta, per diritto di critica, che qualcuno lo faccia notare. Per essere più chiaro: A chiunque fa piacere sentirsi definito/a bello/a; diverso è quando si esplicita che chi si ha di fronte non rispetta i canoni estetici vigenti nel tempo nel quale vive. Voglio dire che se la venere di Botticelli o come viene raffigurata Cleopatra a suo tempo erano il non plus ultra in fatto di bellezza, (sono maschio e prendo in considerazione esclusivamente il “gentil Sesso”), nessuno mi può vietare di definire le figure prese ad esempio, oggigiorno, autentiche cesse.
tornando alla figura che sto trattando come mia controparte. Il cocktail di cattiveria e stupidità che attribuisco alla Nostra, in questi giorni e probabilmente in attesa dell’udienza di martedì venti giugno, si è palesato nel racconto del recente episodio che sarebbe esilarante se non facesse parte di un documento serio che mette in mostro chi lo merita, per mia difesa personale da ciò che sto comprovando momento per momento, necessario a tamponare una situazione che da subito è risultata nociva, prima che a me, a Gambatesa tutta.
Venerdì nove giugno duemiladiciassette, Gambatesa, viale ventiquattro maggio.
Mi ha raccontato la sera stessa il mio amico e collaboratore Salvatore Di Maria, (di seguito Totore), che verso le undici e trenta antimeridiane di quel giorno, aveva parcheggiata la sua automobile, accostandola come si conviene ad uno dei lati della strada appena menzionata. Poco dopo, stando al racconto, arrivava la mia controparte ed invece di posteggiare davanti o dietro la macchina del mio amico, si metteva di traverso con una delle due fiancate del suo veicolo, posta a quarantacinque gradi, rispetto al mezzo di Totore, ponendosi a ridosso dell’angolo posteriore sinistro di quest’ultimo veicolo, con il preciso intento di non farlo uscire, se non dopo che Questo l’avesse toccata; tutto ciò, evitando di tener conto dell’abbondante spazio che si poteva trovare nelle adiacenze per potersi parcheggiare in modo corretto. A ciò, stando sempre alle parole di Totore, va aggiunto che la mia controparte, scesa dalla sua macchina ed appostatasi a debita distanza, osservava gli eventuali errori di manovra che avrebbero potuto portare alla collisione delle due auto, cosa che non è avvenuta anche perché a differenza della Lancia Musa di proprietà di chi mi è contraria, il mio collaboratore possiede una Citroen C3, nota per il suo maggior angolo di sterzata, proprietà che ha permesso a Totore di uscire dal suo regolare parcheggio senza colpo ferire e con la delusione della mia controparte che per altro non si accorgeva di essere a sua volta sotto osservazione.
Finito il racconto della provocazione stupida e non riuscita, stavo per rimbrottare Totore, in quanto avrei voluto che lui avesse scattata almeno una foto, da allegare come prova del suo racconto. Il mio amico, senza perdere tempo mi ha risposto: “Va bene prendere delle foto così ripugnanti da internet, ma mi sembra un po’ troppo, dover infettare irrimediabilmente il mio telefonino con scatti del genere! L’ho comprato da poco e mi sembra un inutile martirio!”, cosa che mi ha fatto desistere dal rimproverare Totore, anzi, mi ha obbligato a chiedergli scusa, riconoscendo che a tutto c’è un limite.
Facile ora sarebbe definire la mia controparte per nome, (che dimostra l’esatto contrario del significato dal quale deriva), e cognome, che lascio a lei decidere a quale organo umano possa essere accostato, sempre che non sia diffamatorio nei confronti di quest’ultimo soggetto, (l’organo), costringerlo ad un simile accostamento, con la reazione che lo Spartaco che vive in lui, inevitabilmente porrebbe in essere, riducendone le dimensioni quasi al punto di farlo scomparire…
Chissà se adesso la mia controparte “s’incazza” e magari mi denuncia…
A proposito poi della definizione di “scemetta”: Va detto che se io definisco scemo qualcuno, chi viene toccato ha due soluzioni per rispondere alla mia provocazione: La prima, quella di querelarmi; la seconda, quella di dimostrare con i fatti l’esatto contrario. A me capita ogni giorno che per pregiudizi o per miopia di tanta gente, soprattutto molisana, io venga definito scemo ed anche peggio, solo perché invece di guardare il mio operare, viene tenuto in conto il mio deficit. Per questo, giudice, se volessi sporgere querela per il modo nel quale vengo trattato giornalmente, dovrei arrivare al punto di chiedere di fornirmi un ufficio affianco al suo, così che io possa regolare il traffico di tali denunce, nella speranza di riceverne giustizia. Io invece ho un’altra idea del rispondere a tali comportamenti: Quella di dimostrare quel contrario che la mia controparte, con il suo agire messo nero su bianco, ha spiegato a tutti noi, quindi, senza nemmeno bisogno che fossi io ad evidenziare il suo quoziente intellettivo.
Ma perché ho proposto il sottotitolo: “La Mafia Si Combatte Anche Così”? Ciò che mi ha portato ad agire secondo quanto descritto sopra, è palesemente accostabile all’humus nel quale si crogiola quella che viene definita Mafia che altro non è che il prodotto della cultura umana, secondo i derivati dal vivere, in questo caso gambatesano. Voglio dire con ciò che il cercar di tacitare chi sta operando secondo la Legge, tentando di zittire quest’ultimo per fini terzi e personali, non è altro che il comportamento derivato da una mafiosità che però in questo caso, (forse anche per il mio reagire), non ha portati frutti. Plaudo dunque alla reazione dei gambatesani che hanno estromessa Angela Testa dal gruppo dei volontari del castello, in quanto sono stati così intelligenti da abortire qualsiasi progetto collaterale che la mia controparte avrebbe voluto o potuto portare a termine. Quando sopra ho detto che non ho voluto indagare sul pettegolezzo che fa da sfondo a tutta questa storia, è stato perché alla luce dei fatti successi di lì a qualche mese dal giorno della mia reazione, tutto è stato precluso a chi ora non ha più nulla a che vedere con quei volontari, ciò, in maniera esiziale, cosa che mi fa dire che ho vinto su tutti i fronti. Se ne deve essere accorta anche la locale procura della repubblica che aveva già richiesta l’archiviazione di questa querela, cosa da me riportata qui, 11. Il resto è storia di questi giorni, cosa che lei, giudice, ha diretto secondo quanto previsto dalle Leggi vigenti, ragione della quale volentieri le do atto, ([download id=”1252″ format=”2″], [download id=”1253″ format=”2″], [download id=”1254″ format=”2″], [download id=”1255″ format=”2″] e [download id=”1256″ format=”2″]), atteso che Lei abbia ragione nel dire che non può archiviare la querela dalla quale mi sto difendendo, visto che fino a questo momento io non abbia fatta sentire la mia voce in mia difesa e che se vogliamo, il reato a mio carico è in essere e volendo essere onesto fino in fondo, dovrei affermare, (parafrasando Nino Manfredi che nel film di Luigi Magni “In nome del popolo sovrano”, volendo per estrema ratio dire la sua ad un giudice/fantoccio che doveva scrivere per il regime austriaco una sentenza di morte per fucilazione, già redatta dalla realpolitik del tempo, contro chi aveva fatto parte della repubblica romana del milleottocentoquarantanove, disse per sommi capi: “io mi sono impicciato di politica, pur essendo un carrettiere; la politica della quale mi sono impicciato, riguarda la mia città; se questo è un reato, io mi dichiaro colpevole, anzi, reo confesso! E m’offennerebbe pure si me mannasse assolto!”; le cose però, nel mio caso, non dovrebbero esser messe così male, atteso che come già più volte ribadito, oggi io viva protetto dalle Leggi di uno Stato democratico, che pur avendo vistose lacune in materia, permettono la difesa di chi è imputato, se vogliamo, proprio per dare la possibilità a quest’ultimo di spiegare le ragioni di quanto accaduto e magari chiedere a sua volta giustizia.
Esimio Giudice, è per questo che io Le chiedo di archiviare questa querela, (pensando di superare anche quanto disposto dal [download id=”1257″ format=”2″], sicuro comunque che anche in questo caso, Lei terrà conto di quanto sentenziato dalla [download id=”1258″ format=”2″] ed evito di domandarle la stigmatizzazione del comportamento che ha provocata la fittizia doglianza proposta da chi mi accusa. La mafia, non è necessariamente corrispondente alle figure di Totò Riina o attualmente di Matteo Messina Denaro, ma come detto in molteplici occasioni da Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e tutti i martiri di chi uccidendo pensava di vincere, la Mafia stessa è il risultato esplicito derivante dalla cultura ed il conseguente comportamento di noi cittadini: Esiste l’omertà e l’intimidazione, che in molti casi portano i prepotenti a raggiungere i propri scopi, leciti o illeciti che siano, e la forza della reazione a tutto ciò, che sgomina alla radice i propositi di cui ho appena detto, restituendo all’ambiente quella genuina civiltà della quale si parla nelle ricorrenze che se non messe in pratica restano inutilmente tali, discorso da me già affrontato qui 19, lo scorso ventitré maggio, in occasione della ricorrenza della strage di Capaci. Oggi posso affermare che dopo l’estromissione della mia controparte da ciò che avviene presso il Castello di Gambatesa, in quel luogo, se pur non si è arrivati a quanto da me agognato ed esposto nella nota tre, si è sulla buona strada. In quel Maniero infatti, grazie alla ritrovata armonia e competenza del gruppo dei volontari, spesso si svolgono concerti e quant’altro restituisce a Gambatesa quel minimo di cultura che sta facendo rialzare il livello di civiltà in paese, senza che qualcuno si metta in mostro per reclamare meriti non suoi, ma dell’intero staff.
Per questo, rinunciando anche a chiedere ristoro economico alla mia controparte, che a trentotto anni suonati ha fallito su tutti i fronti della vita, (dovrei chiedere danaro ad una affittacamere che opera in nero perché la Legge, speriamo ancora per poco, le permette un comportamento che offende chi, come me e credo anche Lei, paga regolarmente le tasse, spesso non ottenendo i servizi che da queste derivano), evito d’insistere a chiederle di condannare il torto che io ho ricevuto, pregandola però di voler dichiarare che io non ho diffamato nessuno, a meno che non sia considerato un crimine l’aver scossa la coscienza dei miei concittadini ed aver data loro la possibilità di ribellarsi ad un virus, debole, ma forse per questo ancor più corruttivo.
Diceva il Grande Pietro Mennea, (che fra l’altro fu Avvocato): “vince il più forte, non chi è più furbo”; (Cit. Manuela Olivieri, trasmissione Radio Uno RAI, “Life” del sèi giugno duemiladiciassette).
Io mi sento già soddisfatto per aver vinto sul fronte teorico, mettendo in luce l’obbrobrio di quella nefandezza che si chiama Mafia, estrinsecatasi in questo caso mediante l’omertà e l’intimidazione, dilettantesche entrambi, ma da me patite e che mi fanno ancora male, così come all’atto pratico, eliminando dal castello di Gambatesa e da chi vi opera onestamente, se pur senza un giusto reddito, un cancro che come tutte le malattie ha trovato il suo anticorpo, fra gli altri, nell’ostinazione di un blogger, chiamato a costruire una campagna che doveva essere portata a termine per il bene della Cosa Pubblica del nostro borgo, ma che si stava trasformando all’italiana nel piatto nel quale qualcuno, più di qualcuno, voleva mangiare alla faccia di chi è onesto: (primo grado).
Oggi, come detto sopra, mi sono tolta la soddisfazione di arrivare al Suo cospetto e lamentare ciò che ho patito per lacune dei poteri dello Stato, per cui ho dovuto provvedere a farmi giustizia con le mie sole forze, alla faccia di chi lo dice, ma all’atto pratico fa la pecorella, magari smarrita: (secondo grado).
Non chiedo niente di più di quanto già descritto perché con questa esposizione ritengo di aver messi in luce i difetti di un sistema che costringe il cittadino a compiere il lavoro di chi tergiversa per cultura o addirittura crede di arrivare alla prescrizione di un reato, ritenendo di aver data così giustizia a chi, per questo, oggi si presenta a testa alta al suo cospetto, facendolo in solitaria o al limite con chi viene imposto da finti obblighi che un sistema bacato come quello che risponde al nome di giustizia italiana impone alla stregua di “questo è ciò che passa il convento”, dimenticando che la difesa è un diritto e non un dovere corporativo da imporre per cercare di costringere nell’ingranaggio della burocrazia chi, capito il gioco, si permette di dichiarare ciò al mondo, vincendo anche in questo caso a man bassa: (terzo grado).
L’alternativa a questo finale è purtroppo quella reazione che ho descritta come possibile, qualora dovessi accorgermi che i tecnicismi burocratici arriveranno a superare la forza dell’umana intelligenza, alternativa che spero di non dover mettere in pratica.
Io mi onoro di sentirmi definire “diffamatore”, alla stessa stregua dell’ultimo dei soldati, considerato “assassino” alla fine di una battaglia, magari vinta con onore. Se qualcuno mi spara addosso, o giudice, io non aspetto che l’azione venga riproposta, ma al momento opportuno faccio fuoco a mia volta e me ne frego se a differenza di chi ha sparato per prima senza colpirmi, centro il bersaglio, distruggendolo inesorabilmente.
Per la serie: QUAND’E’ GUERRA, E’ GUERRA!!!
Da martiri come Peppino Impastato o Giancarlo Siani, ho imparato a combattere la Mafia, ma a differenza di questi, avendo vista l’assenza di uno Stato che a parole è vicino a chi lo difende anche a livello culturale, passando, “a fine uso”, a miglior vita per diventare un periodico ricordo a vantaggio di questo o quel personaggio che deve mostrarsi per far bella figura, io preferisco colpire la piovra, prima che questa mi avviluppi, facendomi diventare suo cibo, con buona pace dello stato di cui sopra. Dice un mio amico che serve lo Stato da più di trent’anni: “Meglio ricevere uno schifo di processo, che un sontuoso funerale”, aggiungo io: Magari di Stato ed a spese dei contribuenti.
Io, vorrei considerare lo Stato: Presente, più che la più becera espressione di un participio passato.
Io, se lo Stato davvero esiste, non voglio e non dovrei arrivare nemmeno al processo, comunque esso sia.
Io, non mi aspetto ringraziamenti, ma solo di ritrovare la mia pace, dopo aver sottolineati con forza i principi di civiltà che sono stati violati da chi, non avendo avuta soddisfazione, ha pensato di provare a farsi campare da me, cosa che al di là del verdetto che lei a seguire renderà noto, giudice, comunque non avverrà.
Chiedo dunque che la Sua sentenza divenga definitiva in tutti i sensi, così da evitarmi ulteriori fastidi da chi, parassita per il suo modus operandi, va a sua volta placata, visto quanto sopra descritto e ammesso che un tal trattamento sia ancora necessario.
Chi ha diffamato chi?
Io, di ciò che ho fatto, soprattutto se ne è derivato del bene per la comunità nella quale vivo, questa sì, diffamata ed offesa nella propria intelligenza dall’“intellighenzia” che la mia controparte ha tentato d’imporre fuori da ogni ragionevole storicità, non solo non mi pento,
MA A TESTA ALTA NE VADO ORGOGLIOSAMENTE FIERO!!!!!!!