Di Vittorio Venditti
(Foto), Di Salvatore Di Maria
E Siamo Solo All’Inizio!
Siamo sempre più vicini alla Santa Notte, (quella di Capodanno, s’intende!), cominciamo ad affilare le armi, anche dal punto di vista social-culinario, ed a patire le conseguenze che tali azioni poi comportano.
Ieri sera, usciti dal bar, avevamo in cuor nostro di rientrare a casa per andare a dormire, quando, incontrato quello scapestrato di Donatello Romano, (Bertolin), discutendo discutendo, siamo arrivati ad una conclusione:
Lasciare tutto e tutti ed andare al Serrone a farci una carbonara notturna, che poi, come dato di fatto si è dimostrata una bell’idea.
Arrivati nella “Tana” di Donatello, ci accingiamo a preparare il fuoco nel camino, che certo non poteva mancare, visto il freddo che faceva.
Certamente il freddo stesso sarebbe passato con il passare del tempo e la naturale carburazione, ma all’inizio, ti assicuro, che quel camino è stata qualcosa di Santo.
Preparato il fuoco, non restava altro da fare che mettere l’acqua per la pasta e cominciare ad approntare il condimento, fatto di guanciale di maiale, uova e formaggio,
che poi il sapiente Donatello avrebbe utilizzato per il completamento del piatto in progetto.
C’era da procurarsi però prima questi due elementi, quindi, il Nostro, aperta la “cataratta”, che in italiano non è altro che una botola, apertura presente in quasi tutte le case popolane di antica costruzione, e calatosi nel sottostante ripostiglio, con una certa rapidità d’azione, torna in superficie compiendo la missione.
Poi, avendo necessità di speziare un po’ il condimento, Donatello prende anche del peperoncino, lì appeso,
e lo comincia a tritare.
Non sarei voluto stare al posto di quella spezia.
Eccoci al dunque, e parte la messa in ebollizione dell’acqua,
raggiunta la giusta temperatura, buttata la pasta e fatta quocere questa a puntino, (settecentocinquanta grammi per tre persone), si arriva alla calata delle uova,
e del guanciale precedentemente soffritto.
Ma… manca qualcosa!
Sembrava, ma Donatello, senza farselo ripetere si cala di nuovo nella cataratta di cui sopra, e ne esce con la classica cinque litri, piena di vino di casa.
La “lampadina”, così la chiamiamo noi della C G Pelle in gergo, prima di essere canonicamente assaggiata, viene ripulita dell’olio che si mette a protezione del vino,
e poi, solennemente, viene accostata ai bicchieri che, a loro volta, vengono adeguatamente riempiti,
bicchieri che immediatamente passeranno al vaglio degli astanti, che ne decreteranno gusto e quanto di correlato.
E’ pronto:
Bisogna solo sedersi a mangiare.
Nel farlo, anche se il silenzio in questi casi è protagonista, (a Gambatesa si dice che “chi mangia, combatte contro la morte), si riesce a parlare del più e del meno.
Questa notte, anche se erano già le due meno un quarto, si è parlato del comportamento del nostro Sindaco nei confronti dei suoi concittadini,
comportamento, come già detto, non certo da incorniciare per il prossimo Natale,
comportamento altamente deludente,
comportamento utile a far comprendere a noi che lo abbiamo votato, che se avessimo avuto al suo posto Giuda, forse saremmo stati più fortunati.
Tornando a bomba, le pennette erano deliziose ed il vino e la birra erano perfetti, anche perché abbiamo bevuto alla faccia di chi c’invidia o non ci può vedere, Sindaco avvisato.
Alla fine di tutto, il nostro ospite trova per casa un organetto
Mezzo scassato ma ancora in grado di suonare, utile per chiudere la serata in bellezza.
Abbiamo fatte le tre, e ti assicuro che tutto è andato secondo regola, senza fastidi per nessuno e men che meno, fastidi da nessuno.
Come detto sopra, questo è solo il prologo a quanto accadrà in queste prossime due o tre settimane, che avranno come apice la nostra Tradizione per antonomasia, quel Capodanno da molti invidiato, da tanti scimmiottato, ma solo da noi, originalmente preparato ed eseguito.
Quel Capodanno di cui, a mio modo, ti parlerò nei giorni a venire.