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Vis A Vis – Fuoriluogo 19 – CONFINI

Di Federica Gonnelli

Vis à Vis – Fuoriluogo 19
Artists in Residence Project

ok light

PRESENTAZIONE PROGETTO  / martedì 23 agosto 2016 / ore 18,00
Sala Esposizioni Santa Maria delle Grazie
CASTELBOTTACCIO / Artists in Residence Project _ 5 / 26 agosto 2016
Federica Gonnelli

“Confini”

Il progetto “CONFINI” elaborato durante la residenza d’artista “Vis à Vis – Fuoriluogo 19” a Castelbottaccio nasce all’interno di una indagine sulla tematica dei confini iniziata da più di un anno.

Ogni opera diventa un dispositivo di collegamento, soglia, confine da attraversare, con il corpo e/o con lo sguardo, come una porta o una finestra, varco tra esterno e interno, tra generale e biografico. A Castelbottaccio, è stato possibile rapportarsi in modo diretto con gli abitanti e le specificità del luogo in un grande abbraccio totale di persone e territorio, un rapporto profondo ed esclusivo, che contribuisce a rendere la residenza unica ed emotivamente molto coinvolgente. Non si tratta più solo di abitanti inseriti in un determinato contesto e confine amministrativo, ma si tratta di persone dotate di sentimenti, si tratta di paesani, compaesani. Anzi, tanto accogliente e forte è stato l’abbraccio, che si è determinato un effetto di conoscenza atemporale. In realtà ci conosciamo da sempre, io sono sempre stata qui. I primi giorni di residenza sono stati dedicati allo studio dei confini amministrativi/abitativi del comune di Castelbottaccio, dai quali attraverso una progressiva rielaborazione e semplificazione ho ottenuto varie forme geometriche tradotte successivamente in una serie di sculture in filo di ferro saldato e opere su carta, opere tangibili per prendere coscienza, dei limiti e quindi dello spazio che, altrimenti, non essendo direttamente circoscritto sarebbe difficilmente comprensibile. La seconda parte della residenza è stata dedicata alla conoscenza diretta, prima in solitaria e successivamente accompagnata, del territorio di Castelbottaccio alla ricerca di risposte ai quesiti posti. Che cos’è un confine, come funziona, perché a un certo punto qualcuno decide di stabilire un confine arbitrario, artificiale, non direttamente legato alla presenza di confine naturale e infine come viene vissuto il confine, ed più in particolare da cosa è rappresentato un confine? Quali sono i luoghi/spazi del paese che sono percepiti come luoghi di confine dalle persone, luoghi abbandonati o in procinto di esserlo, perdendo con essi anche la memoria o i ricordi che custodivano, luoghi di conflitto, o di resistenza ad una possibile perdita? Tutte le risposte sono arrivate direttamente dalle persone incontrate nelle passeggiate o nelle lunghe chiacchierate in piazza, che hanno preceduto o anticipato la realizzazione dei ritratti. Sono luoghi di confine tra i più ricorrenti nei sentimenti delle persone di Castelbottaccio: Le Morge, il Tratturo, il Monte Giannone, le Cappelle di San Oto e Santa Giusta, il Palazzo Baronale, le varie masserie o appezzanti con i rispettivi rimandi a chi vi viveva, lavorava o a chi le possedeva, e infine ogni colle, ogni porta, ogni casa, ogni curva, ogni increspatura, ogni angolo simbolo di un’esperienza, di una vita o di una storia. La terza parte della residenza, è stata dedicata alla realizzazione della serie di ritratti a doppia esposizione nei quali ho sovrapposto il volto di tutti colori che generosamente si sono prestati ad altrettanti luoghi di confine di Castelbottaccio, fondendo confini fisici e spaziali. Si tratta di ritratti estremamente spontanei nei quali ho chiesto alle persone il semplice gesto di toccarsi il volto o fare un gesto con le mani. Tutto il nostro corpo è un luogo di confine costituito dalla pelle, in particolare il volto che ci identifica, è il nostro confine per eccellenza, il confine che ci differenzia e allo stesso tempo mette in comunicazione con gli altri perché attraverso il volto siamo riconosciuti. Gli abbinamenti tra volti e confini mi sono stati suggeriti, oltre che dalle indicazioni delle stesse persone, da suggestioni, dagli sguardi e dai gesti compiuti in sede di ritratto. Ogni doppia esposizione come ogni velo, mostra, racconta qualcosa di diverso, ma allo stesso tempo impone uno slancio agli osservatori che vogliono scoprire cosa vi si cela dentro, dietro. Oltre il confine. In ogni fotografia di questo progetto ridisegno i confini. Rielaborazione che parte dai confini, dalla definizione e riconoscibilità dell’identità, in un movimento che contraddistingue ogni mia ricerca, utilizzo il dato, l’elemento autobiografico e intimo, il confine percepito, per permettere l’analisi generale del tema condiviso.

Particolarmente importanti sono risultate le componenti della memoria legata a confini simbolici e ideali percepiti dagli abitanti ed ora non più visibili o quasi distrutti, come l’albero al confine verso Lupara o il vecchio mulino, ma anche la storica alla distinzione tra le quattro vie del paese, che danno luogo a quattro zone e che nonostante oggi abbiano nomi importanti, ma comuni a molti altri paesi e città italiane, sono indicate da tutti con i nomi di un tempo, nomi unici. Alle quattro vie è dedicata l’installazione tridimensionale a parete composta da altrettanti quattro elementi che uniti ricostituiscono il confine ideale di Castelbottaccio. In ogni elemento ad uno scorcio fotografico della via oggi si sovrappone in trasparenza il rimando all’antico nome “Cammond”, “Cabbal”, “Via Font” e “Ar’Nnuvl” attraverso una immagine in b/n. Nella sovrapposizione ridisegno i luoghi e gli spazi abbattendo la linea di confine tra dentro e fuori, sopra e sotto, alto e basso, natura e artificio, vita e morte, materia e spirito. Edifici e costruzioni dell’uomo si fondono e confondono con la natura rigogliosa, nascono paradossi. L’impossibile diventa visibile, facendo sorgere altri mondi dei quali dimenticare i confini, in un momento storico nel quale, invece, si vogliono costruire e ricostruire nuovi e vecchi confini.