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DA MONONGAH A MARCINELLE

Di Michele Petraroia

STORIE DI OPERAI E CONTADINI MOLISANI EMIGRATI IN CERCA DI FORTUNA E CADUTI SUL LAVORO

Locandina Marcinelle

Sessanta minatori abruzzesi e sette molisani persero la vita a Marcinelle l’otto agosto del millenovecentocinquantasei, poco meno della metà dei centotrentasei emigranti italiani che rimasero sepolti nel pozzo di Bois du Cazier da cui non uscirono più duecentosessantadue vittime di una delle più cruente stragi sul lavoro della storia europea più recente.

Per il Molise una sofferenza che si rinnovava nelle medesime modalità a quarantanove anni di distanza dallo scoppio della miniera di Monongah in West Virginia del sèi dicembre millenovecentosette dove su trecentosessanta morti se ne contarono centosettantuno italiani e tra questi ottantasette molisani.

La storia replicava il dolore delle famiglie, l’assenza di adeguate misure di sicurezza e la latitanza dello Stato Italiano che il ventitré giugno millenovecentoquarantasei aveva firmato l’Accordo Uomo – Carbone con il Belgio impegnandosi ad inviare operai e contadini, in gran parte del Sud, in cambio della fornitura di carbone che serviva prioritariamente allo sviluppo industriale del Centro – Nord.

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Uno Stato assente anche dopo la tragedia, come emerge dalle dichiarazioni di una delle sèi vedove molisane e che illustra la sofferenza, il sacrificio, l’attesa e il rientro delle salme dei nostri emigranti, salvo quella di chi non venne mai recuperato.

Ricordare questa pagina triste del Molise è un dovere morale perché si onori la memoria di quelle vittime e perché le classi dirigenti della nostra terra non si esaltino troppo nella rievocazione di quella borghesia parassitaria che perpetuava e perpetua i propri privilegi con scarso interesse per le fasce sociali meno abbienti.

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